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Giovanni Blanco / Francesco Falciani – SAMMELN
I due artisti sono stati invitati a creare opere da porre in dialogo con i pezzi antichi della collezione di Bruno ed Eleonora. Lavori site specific dunque, che offrono un’ originale ed attraente meditazione sul collezionismo e sulla wunderkammer
Comunicato stampa
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SAMMELN
Giovanni Blanco – Francesco Falciani
La mostra di due artisti contemporanei in una grande galleria antiquaria non è certo una novità in un momento in cui lo sguardo ha imparato a posarsi su opere che provengono da epoche e da culture diverse; un momento in cui, pur mantenendo una coscienza storica ci si lascia volentieri suggestionare da dialoghi vertiginosi che costruiscono punti di vista inediti.
Sovente si è giocato con la semplice giustapposizione fra l’antico e il moderno cercando di esaltare i contrasti e lo stridore che l’incontro di materiali e sensibilità così lontane va naturalmente creando. In questo caso si è cercato invece di sviluppare un dialogo lungo un piano concettualmente più strutturato che coinvolge anche la funzione estetica dello spazio espositivo antiquariale nel suo rapporto sia con le opere raccolte in esso sia con la sua natura di spazio d’incontro e di ricerca. Si è pensato quindi che il desiderio di collezionare, in tutte le sue declinazioni del raccogliere e dell’accumulare, fosse una delle principali ragioni che portano a frequentare questo tipo speciale di luoghi, e di conseguenza la mostra è stata costruita intorno all’idea di collezione nelle sue differenti forme e tipologie: le collezioni per antonomasia, stereotipi logori come la collezione di farfalle o di soprammobili, la collezione patologica di chi raccoglie in modo compulsivo gli scarti della società, o la wunderkammer con le sue meraviglie lussuose o deformi. L’idea di collezione e la figura del collezionista vengono quindi indagati attraverso una molteplicità di tecniche e linguaggi, dal video alla fotografia alla pittura in un processo che coinvolge le opere antiche presenti normalmente in galleria ricollocate per l’occasione in modo da diventare parte integrante del discorso.
Inaugurazione 6 dicembre ore 18 - mostra aperta fino al 6 gennaio
GALLERIA BOTTICELLI, Via Maggio 39R 50125 Firenze -
tel/fax 055 2302095
email:botticelliantichita@botticelliantichita.com
Nella sua memorabile e incompiuta opera dedicata ai Passages di Parigi, il filosofo Walter
Benjamin paragona la figura del collezionista a quella del fisiognomico: i collezionisti sono
fisiognomici dell’universo delle cose e pertanto divengono anch’essi “i divinatori del
destino”. “Basta osservare un collezionista che maneggia gli oggetti nella sua vetrina: a stento li trattiene nella mano, e già sembra esserne ispirato, e il suo sguardo, come quello di un mago, sembra attraversali per perdersi lontano”. Collezionare assume dunque un significato alto, divinatorio e nella camera delle meraviglie si riuniscono oggetti tra sé incongrui, naturalia - dal regno animale, vegetale, minerale - e artificialia. L’accumulo di frammenti estrapolati dal loro contesto per dialogare con altri, ha origini antiche, medioevali, trionfa nel Cinquecento e poi nel Seicento concorrendo a generare quel “fin di meraviglia” proprio dell’età barocca; diviene poi “abregé du monde” in epoca illuminista, un microcosmo che è specchio dell’universo, poi veicolo a infrangere la rottura della crosta del reale nella seconda metà dell’Ottocento. Quella “grammatica della invenzione miracolosa”, per dirla con Adalgisa Lugli, prosegue nel Novecento, dal Merzbau di Kurt Schwitters, straordinaria wunderkammer di accumuli
eterogenei, alla raccolta del surrealista André Bréton – che definiva la sua collezione “un
grande geroglifico della mente in fase progettuale”- Broodthaers, cabinet di meraviglie concettuale, ripieno di scritte sul museo, la pittura, la collezione. E oltre ancora. Nel 1986 proprio la Lugli prima citata, volle dedicare una mostra nell’ambito della XLII Biennale di Venezia, sul tema “Arte Scienza”, alla wunderkammer, tracciando “un viaggio nella capacità di meraviglia che gli artisti contemporanei possono
ancora suscitare”: Pascali, Fabro, Zorio, ed altri ancora furono invitati a questa sfida. In occasione di più recenti Biennali di Venezia il fascino della wunderkammer è stato riproposto in
maniera eclatante nelle mostre Artempo, Infinitum, Tra, dove, nelle fascinose sale di Palazzo Fortuny, già di per sé colme di oggetti dai due pittori spagnoli, dialogavano opere di epoche
lontanissime, provenienti dalla ricca collezione di Axel Vervoordt: Buddha millenari, rotoli cinesi, pietre votive erano posti a fronte di Klein, Kapoor, Opalka, Turrel, ma anche Kimsooja,
Shiraga, Bartolini, etc, suscitando straordinarie analogie. Ma se in quel caso lo scenario,
denso di sollecitazioni molteplici per il visitatore, era frutto della mente dei curatori e del collezionista, nell’installazione di Kader Attia presente a Documenta 13 (2012), a Kassel. Partecipe della forte sensibilità di questi ultimi anni verso le tematiche dell’archivio e della catalogazione, che ha visto infatti il grande revival del metodo warbourghiano, Attia aveva racchiuso in bacheche residuati bellici, sculture deformi e totemiche, accostate a immagini dell’arte e della storia.
fino alla Salle Blanche di Marcel un’evocazione
suggestiva di wunderkammer era anche, ad esempio,
In questo panorama sommariamente delineato si colloca l’esperimento della Galleria
Botticelli, serbando tuttavia una sua specificità: i due artisti Giovanni Blanco e Francesco Falciani sono stati infatti invitati a creare opere da porre in dialogo con i pezzi antichi della
collezione di Bruno ed Eleonora. Lavori site specific dunque, che offrono un’ originale ed
attraente meditazione sul collezionismo e sulla wunderkammer, svolgendone alcuni temi: per Falciani quello del topos della collezione, le farfalle trasfigurate come impronte fossili a grafite che diventano notturne presenze, oppure i ritratti su tavola, dove volti familiari si deformano in quelli di animali da museo di scienza naturale bloccati in grida o in trattenuti respiri, ma anche le immagini di viaggio descritte però da didascalie convenzionali estrapolate da cataloghi d’asta quali estranianti souvenirs, oppure ancora le derive del ‘raccogliere’, come è l’accumulo patologico trattato nei video dedicati al soffocante conforto che gli oggetti, pur di scarto, portano all’esistenza. Per Blanco invece l’ossario, memore della Cripta dei Cappuccini di Palermo declinato in un décor contemporaneo, gli oggetti casuali ritratti come meraviglie da cabinet, ma anche l’evocazione del lavoro dell’artista come raccoglitore di immagini della
memoria che si accumulano e si elidono l’una sull’altra nella performance al piano inferiore della galleria, mentre la grande tela di Blanco che ritrae una scimmia, memore di quella dipinta da Chardin, posta a contrasto con le sculture raccolte da Eleonora e Bruno Botticelli, diventa metafora del collezionista e di noi tutti di fronte allo spettacolo dell’arte.
Laura Lombardi
Giovanni Blanco – Francesco Falciani
La mostra di due artisti contemporanei in una grande galleria antiquaria non è certo una novità in un momento in cui lo sguardo ha imparato a posarsi su opere che provengono da epoche e da culture diverse; un momento in cui, pur mantenendo una coscienza storica ci si lascia volentieri suggestionare da dialoghi vertiginosi che costruiscono punti di vista inediti.
Sovente si è giocato con la semplice giustapposizione fra l’antico e il moderno cercando di esaltare i contrasti e lo stridore che l’incontro di materiali e sensibilità così lontane va naturalmente creando. In questo caso si è cercato invece di sviluppare un dialogo lungo un piano concettualmente più strutturato che coinvolge anche la funzione estetica dello spazio espositivo antiquariale nel suo rapporto sia con le opere raccolte in esso sia con la sua natura di spazio d’incontro e di ricerca. Si è pensato quindi che il desiderio di collezionare, in tutte le sue declinazioni del raccogliere e dell’accumulare, fosse una delle principali ragioni che portano a frequentare questo tipo speciale di luoghi, e di conseguenza la mostra è stata costruita intorno all’idea di collezione nelle sue differenti forme e tipologie: le collezioni per antonomasia, stereotipi logori come la collezione di farfalle o di soprammobili, la collezione patologica di chi raccoglie in modo compulsivo gli scarti della società, o la wunderkammer con le sue meraviglie lussuose o deformi. L’idea di collezione e la figura del collezionista vengono quindi indagati attraverso una molteplicità di tecniche e linguaggi, dal video alla fotografia alla pittura in un processo che coinvolge le opere antiche presenti normalmente in galleria ricollocate per l’occasione in modo da diventare parte integrante del discorso.
Inaugurazione 6 dicembre ore 18 - mostra aperta fino al 6 gennaio
GALLERIA BOTTICELLI, Via Maggio 39R 50125 Firenze -
tel/fax 055 2302095
email:botticelliantichita@botticelliantichita.com
Nella sua memorabile e incompiuta opera dedicata ai Passages di Parigi, il filosofo Walter
Benjamin paragona la figura del collezionista a quella del fisiognomico: i collezionisti sono
fisiognomici dell’universo delle cose e pertanto divengono anch’essi “i divinatori del
destino”. “Basta osservare un collezionista che maneggia gli oggetti nella sua vetrina: a stento li trattiene nella mano, e già sembra esserne ispirato, e il suo sguardo, come quello di un mago, sembra attraversali per perdersi lontano”. Collezionare assume dunque un significato alto, divinatorio e nella camera delle meraviglie si riuniscono oggetti tra sé incongrui, naturalia - dal regno animale, vegetale, minerale - e artificialia. L’accumulo di frammenti estrapolati dal loro contesto per dialogare con altri, ha origini antiche, medioevali, trionfa nel Cinquecento e poi nel Seicento concorrendo a generare quel “fin di meraviglia” proprio dell’età barocca; diviene poi “abregé du monde” in epoca illuminista, un microcosmo che è specchio dell’universo, poi veicolo a infrangere la rottura della crosta del reale nella seconda metà dell’Ottocento. Quella “grammatica della invenzione miracolosa”, per dirla con Adalgisa Lugli, prosegue nel Novecento, dal Merzbau di Kurt Schwitters, straordinaria wunderkammer di accumuli
eterogenei, alla raccolta del surrealista André Bréton – che definiva la sua collezione “un
grande geroglifico della mente in fase progettuale”- Broodthaers, cabinet di meraviglie concettuale, ripieno di scritte sul museo, la pittura, la collezione. E oltre ancora. Nel 1986 proprio la Lugli prima citata, volle dedicare una mostra nell’ambito della XLII Biennale di Venezia, sul tema “Arte Scienza”, alla wunderkammer, tracciando “un viaggio nella capacità di meraviglia che gli artisti contemporanei possono
ancora suscitare”: Pascali, Fabro, Zorio, ed altri ancora furono invitati a questa sfida. In occasione di più recenti Biennali di Venezia il fascino della wunderkammer è stato riproposto in
maniera eclatante nelle mostre Artempo, Infinitum, Tra, dove, nelle fascinose sale di Palazzo Fortuny, già di per sé colme di oggetti dai due pittori spagnoli, dialogavano opere di epoche
lontanissime, provenienti dalla ricca collezione di Axel Vervoordt: Buddha millenari, rotoli cinesi, pietre votive erano posti a fronte di Klein, Kapoor, Opalka, Turrel, ma anche Kimsooja,
Shiraga, Bartolini, etc, suscitando straordinarie analogie. Ma se in quel caso lo scenario,
denso di sollecitazioni molteplici per il visitatore, era frutto della mente dei curatori e del collezionista, nell’installazione di Kader Attia presente a Documenta 13 (2012), a Kassel. Partecipe della forte sensibilità di questi ultimi anni verso le tematiche dell’archivio e della catalogazione, che ha visto infatti il grande revival del metodo warbourghiano, Attia aveva racchiuso in bacheche residuati bellici, sculture deformi e totemiche, accostate a immagini dell’arte e della storia.
fino alla Salle Blanche di Marcel un’evocazione
suggestiva di wunderkammer era anche, ad esempio,
In questo panorama sommariamente delineato si colloca l’esperimento della Galleria
Botticelli, serbando tuttavia una sua specificità: i due artisti Giovanni Blanco e Francesco Falciani sono stati infatti invitati a creare opere da porre in dialogo con i pezzi antichi della
collezione di Bruno ed Eleonora. Lavori site specific dunque, che offrono un’ originale ed
attraente meditazione sul collezionismo e sulla wunderkammer, svolgendone alcuni temi: per Falciani quello del topos della collezione, le farfalle trasfigurate come impronte fossili a grafite che diventano notturne presenze, oppure i ritratti su tavola, dove volti familiari si deformano in quelli di animali da museo di scienza naturale bloccati in grida o in trattenuti respiri, ma anche le immagini di viaggio descritte però da didascalie convenzionali estrapolate da cataloghi d’asta quali estranianti souvenirs, oppure ancora le derive del ‘raccogliere’, come è l’accumulo patologico trattato nei video dedicati al soffocante conforto che gli oggetti, pur di scarto, portano all’esistenza. Per Blanco invece l’ossario, memore della Cripta dei Cappuccini di Palermo declinato in un décor contemporaneo, gli oggetti casuali ritratti come meraviglie da cabinet, ma anche l’evocazione del lavoro dell’artista come raccoglitore di immagini della
memoria che si accumulano e si elidono l’una sull’altra nella performance al piano inferiore della galleria, mentre la grande tela di Blanco che ritrae una scimmia, memore di quella dipinta da Chardin, posta a contrasto con le sculture raccolte da Eleonora e Bruno Botticelli, diventa metafora del collezionista e di noi tutti di fronte allo spettacolo dell’arte.
Laura Lombardi
06
dicembre 2012
Giovanni Blanco / Francesco Falciani – SAMMELN
Dal 06 dicembre 2012 al 06 gennaio 2013
arte contemporanea
arti decorative e industriali
arti decorative e industriali
Location
BOTTICELLI VIA MAGGIO
Firenze, Via Maggio, 39R, (Firenze)
Firenze, Via Maggio, 39R, (Firenze)
Vernissage
6 Dicembre 2012, ore 18
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