Tra le città che hanno vissuto il XX secolo in tutti i suoi vari e ingloriosi momenti, Berlino trasmette una lezione che commuove il senso della sorte e congiura i fatti più violenti della civilizzazione europea. Le ricchezze accumulate diligentemente nel Sette e Ottocento sono poi in larga misura state polverizzate durante i bombardamenti e la caduta finale della capitale. Il luogo di una fantomatica quanto mastodontica utopia germanica fu ridotto a un campo di ruderi tra i più desolati mai visti. Una Troia o una Cartagine, ma con una popolazione sopravvissuta per un futuro diviso tra i due massimi sistemi politici del dopoguerra in forma schizofrenica ed esibizionista.

Mosso da un istinto per i sismi creati dalla storia umana, Chiaramonte ha cominciato presto a raccogliere le pagine di una cronaca urbana che, dopo il cosiddetto crollo del muro – che certo non crollò da sé – assunse una duplice dimensione come retro-visione e progetto, come utopia (perduta) e futuro (tutto da inventare). Lo storico antico Lucano descrive la commozione di Cesare quando camminando sulle rovine di Troia scoprì che ogni pietra era drappeggiata di leggende. Chiaramonte è ritornato a Berlino per prendere la misura e per intendere la smisuratezza del destino urbano.

La profondità che si apre in queste immagini di Berlino è precisamente quella del tempo.

Dalla presentazione di Kurt W. Forster