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Giovanni da Milano
Capolavori del gotico fra Lombardia e Toscana
Comunicato stampa
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Come molte mostre promosse dalla Galleria dell’Accademia diretta da Franca Falletti, anche questa prima monografica dedicata a Giovanni da Milano (curatela di Daniela Parenti, collaborazione scientifica di Mina Gregori) prende spunto dalle collezioni qui conservate, in particolare dalla commovente tavola con la Pietà. Intorno a questo caposaldo si sviluppa una mostra di valore eccezionale, sia per i capolavori esposti, che per la ricostruzione di numerosi Polittici da secoli smembrati, di nuovo insieme per la prima volta. 44 le opere, 21 di Giovanni da Milano (fra cui un raro disegno con la Crocifissione proveniente dai Musei di Berlino), in un contesto di straordinari dipinti e manufatti artistici dell’epoca, per lo più di origine lombarda.
La mostra fa parte delle iniziative di Un Anno ad Arte 2008, terza edizione del programma espositivo coprodotto dalla Soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino con Firenze Musei e dall’Ente Cassa di Risparmio
Nativo di Caversaccio, borgo in prossimità di Como, Giovanni diventa ‘da Milano’ forse in virtù di un’attività non documentata svolta nella capitale della signoria viscontea, città dominata dal clima culturale cosmopolita creato da Azzone Visconti (1302 – 1339), che chiamò i maggiori artisti ad abbellirla, al culmine di una politica fin lì basata sul potere delle armi.
Lo scultore pisano Giovanni di Balduccio ebbe un ruolo fondamentale nel rinnovamento del linguaggio artistico locale e per i Visconti produsse tra l’altro un monumento sepolcrale nella chiesa di S. Eustorgio, di cui la mostra presenta una parte significativa (Rilievo con la Madonna in trono). Da Firenze arrivò invece Giotto (1267 – 1337), all’apice della fama, per realizzare opere purtroppo perdute: forse un ciclo pittorico sui grandi della storia, tema caro all’umanesimo e ispiratore dello splendido codice miniato lombardo, esposto in mostra, con i Fatti degli Uomini Illustri dello scrittore latino Valerio Massimo.
Intensi anche i contatti con la Francia, in particolare con la non lontana Avignone, dove il papato in fuga da Roma (dal 1305 al 1377) aveva raccolto una corte raffinata e celebri maestri come Simone Martini e Matteo Giovanetti. I rapporti della Milano viscontea con il mondo gotico transalpino si estesero col tempo anche grazie a matrimoni e alleanze dinastiche. Nel 1350 Galeazzo II sposò Bianca di Savoia e di lei resta un piccolo, preziosissimo Libro d’Ore, testo religioso miniato di Giovanni Benedetto da Como, che prelude ai fasti della cultura tardogotica. Un esempio, che la mostra espone, dei gusti ricercati della corte milanese.
Cresciuto in questo clima, Giovanni approda a Firenze forse per affinare la propria tecnica pittorica. Nel 1346 figura in un elenco di stranieri presenti in città, ma la peste del 1348 lo induce a cercare riparo nella terra d’origine. Con lui si rifugiano in Lombardia vari pittori fiorentini, tra cui Stefano, nipote di Giotto, e Giusto de’ Menabuoi, che influenzarono sensibilmente lo sviluppo della pittura in Italia settentrionale. Di un collaboratore di Stefano fiorentino rimane il grande affresco con Maria Maddalena al sepolcro e il Noli me tangere proveniente da Novara. Di Giusto de’ Menabuoi sono invece esposti frammenti del grande polittico dipinto nel 1363 per il convento domenicano della Vettabbia a Milano.
Finita la peste Giovanni torna in Toscana e fra le prime opere produce lo stupendo Polittico dell’altare del Pellegrinaio nell’Ospedale della Misericordia a Prato. Le specifiche indagini condotte per la mostra hanno permesso di accertare meglio le circostanze dell’esecuzione (1355 circa). Voluta dal rettore dell’Ospedale Fra Francesco Tieri, l’opera presenta parti di realismo quasi stridente (la terribile figura di S. Bartolomeo sanguinante mentre viene scorticato) accanto a figure di straordinaria eleganza gotica come S. Caterina.
All’insolita struttura con doppio gradino di predella servì forse da modello la pala d’altare (oggi agli Uffizi) dipinta da Bernardo Daddi per S. Maria del Fiore. A riprova dell’attenzione con cui Giovanni riportava elementi di moda quotidiana, vicino al polittico pratese è esposta un’opera di oreficeria trecentesca pressoché unica, una bellissima cintura d’argento e smalti rinvenuta nella sepoltura di S. Zita nella chiesa di S. Frediano a Lucca.
Nel 1362, a Firenze, il pittore si iscrive all’Arte dei Medici e Speziali. E nel 1366 ottiene la cittadinanza fiorentina per sé e i discendenti, pur con il vincolo dell’esclusione dalle cariche pubbliche per 20 anni. Così il Comune si difendeva da ingerenze straniere.
Sono ben tre i Polittici ricomposti per l’esposizione. Spicca quello creato verso il 1360 per la chiesa fiorentina d’Ognissanti, allora in possesso del potente ordine monastico degli Umiliati, legato alla lavorazione della lana. Il recente restauro ha restituito la finezza esecutiva del dipinto, la sensibilità cromatica, la capacità di trasformare volti convenzionali in ritratti e sante martiri in dame vestite alla moda e con ampie scollature. Ai 10 scomparti degli Uffizi, la mostra accosta la cuspide centrale, raffigurante la Trinità, rinvenuta in una raccolta privata.
L’altro polittico, di probabili origini pisane (oggi è diviso tra Louvre, Museo Nazionale di Pisa e Museo di Williamstown - Massachusetts), attesta invece la fortuna di Giovanni in Toscana anche al di fuori della cerchia fiorentina. Quanto al terzo (oggi smembrato tra Milano - Pinacoteca di Brera, Torino - Galleria Sabauda, Londra - National Gallery e una collezione privata di Parigi), è una delle sue ultime opere. L’alto contenuto dogmatico, centrato sul tema del Cristo Giudice, sembra alludere agli stretti rapporti che l’artista intrattenne con le supreme gerarchie ecclesiastiche. Documenti del 1369, le sue ultime tracce, lo ricordano infatti a Roma con altri pittori, fra i quali Giottino, Agnolo Gaddi, Bartolomeo Bulgarini, a decorare il palazzo Vaticano in vista del ritorno del papato.
Gli affreschi della Cappella Rinuccini (storie della Vergine e di S. Maria Maddalena) nella chiesa fiorentina di S. Croce risalgono al 1365 e sono la maggiore impresa del pittore oggi nota. Per documentare l’opera la mostra espone il tondo con Redentore, dipinto su tavola normalmente inavvicinabile perché collocato nella volta della cappella. La circostanza e le indagini dell’Opificio delle Pietre Dure chiariranno se si tratta, come pare, di un dipinto originale di Giovanni da Milano, oppure, come talvolta supposto, di un rifacimento settecentesco.
Il 1365 è anche l’anno in cui il maestro firma e data la drammatica Pietà della Galleria dell’Accademia, opera di grande impatto emotivo che mira a coinvolgere lo spettatore attraverso al resa materica delle lacrime in rilievo sui volti dei dolenti e attraverso il gesto della Vergine che sfiora la ferita di Cristo sul costato. La tonalità grigiastra è dovuta alla presenza dell’originale verniciatura con chiara d’uovo che ha conservato pressoché intatta la superficie pittorica, anch’essa stesa con tratti finissimi, in punta di pennello.
Difficile individuare, fra i contemporanei di Giovanni da Milano, pittori che possano a pieno titolo considerarsi suoi allievi. Il suo linguaggio individualissimo di artista girovago non produsse né scuole né seguaci. Lo stesso sviluppo della pittura lombarda dell’ultimo terzo del Trecento, che alcuni accreditano alla sua attività in patria, mostra in effetti un cammino autonomo di cui sono esempio, in mostra, la Crocifissione di Anovelo da Imbonate, le miniature dalla Cronaca Malabaila di Asti e lo stesso Libro d’Ore di Bianca di Savoia.
La mostra fa parte delle iniziative di Un Anno ad Arte 2008, terza edizione del programma espositivo coprodotto dalla Soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino con Firenze Musei e dall’Ente Cassa di Risparmio
Nativo di Caversaccio, borgo in prossimità di Como, Giovanni diventa ‘da Milano’ forse in virtù di un’attività non documentata svolta nella capitale della signoria viscontea, città dominata dal clima culturale cosmopolita creato da Azzone Visconti (1302 – 1339), che chiamò i maggiori artisti ad abbellirla, al culmine di una politica fin lì basata sul potere delle armi.
Lo scultore pisano Giovanni di Balduccio ebbe un ruolo fondamentale nel rinnovamento del linguaggio artistico locale e per i Visconti produsse tra l’altro un monumento sepolcrale nella chiesa di S. Eustorgio, di cui la mostra presenta una parte significativa (Rilievo con la Madonna in trono). Da Firenze arrivò invece Giotto (1267 – 1337), all’apice della fama, per realizzare opere purtroppo perdute: forse un ciclo pittorico sui grandi della storia, tema caro all’umanesimo e ispiratore dello splendido codice miniato lombardo, esposto in mostra, con i Fatti degli Uomini Illustri dello scrittore latino Valerio Massimo.
Intensi anche i contatti con la Francia, in particolare con la non lontana Avignone, dove il papato in fuga da Roma (dal 1305 al 1377) aveva raccolto una corte raffinata e celebri maestri come Simone Martini e Matteo Giovanetti. I rapporti della Milano viscontea con il mondo gotico transalpino si estesero col tempo anche grazie a matrimoni e alleanze dinastiche. Nel 1350 Galeazzo II sposò Bianca di Savoia e di lei resta un piccolo, preziosissimo Libro d’Ore, testo religioso miniato di Giovanni Benedetto da Como, che prelude ai fasti della cultura tardogotica. Un esempio, che la mostra espone, dei gusti ricercati della corte milanese.
Cresciuto in questo clima, Giovanni approda a Firenze forse per affinare la propria tecnica pittorica. Nel 1346 figura in un elenco di stranieri presenti in città, ma la peste del 1348 lo induce a cercare riparo nella terra d’origine. Con lui si rifugiano in Lombardia vari pittori fiorentini, tra cui Stefano, nipote di Giotto, e Giusto de’ Menabuoi, che influenzarono sensibilmente lo sviluppo della pittura in Italia settentrionale. Di un collaboratore di Stefano fiorentino rimane il grande affresco con Maria Maddalena al sepolcro e il Noli me tangere proveniente da Novara. Di Giusto de’ Menabuoi sono invece esposti frammenti del grande polittico dipinto nel 1363 per il convento domenicano della Vettabbia a Milano.
Finita la peste Giovanni torna in Toscana e fra le prime opere produce lo stupendo Polittico dell’altare del Pellegrinaio nell’Ospedale della Misericordia a Prato. Le specifiche indagini condotte per la mostra hanno permesso di accertare meglio le circostanze dell’esecuzione (1355 circa). Voluta dal rettore dell’Ospedale Fra Francesco Tieri, l’opera presenta parti di realismo quasi stridente (la terribile figura di S. Bartolomeo sanguinante mentre viene scorticato) accanto a figure di straordinaria eleganza gotica come S. Caterina.
All’insolita struttura con doppio gradino di predella servì forse da modello la pala d’altare (oggi agli Uffizi) dipinta da Bernardo Daddi per S. Maria del Fiore. A riprova dell’attenzione con cui Giovanni riportava elementi di moda quotidiana, vicino al polittico pratese è esposta un’opera di oreficeria trecentesca pressoché unica, una bellissima cintura d’argento e smalti rinvenuta nella sepoltura di S. Zita nella chiesa di S. Frediano a Lucca.
Nel 1362, a Firenze, il pittore si iscrive all’Arte dei Medici e Speziali. E nel 1366 ottiene la cittadinanza fiorentina per sé e i discendenti, pur con il vincolo dell’esclusione dalle cariche pubbliche per 20 anni. Così il Comune si difendeva da ingerenze straniere.
Sono ben tre i Polittici ricomposti per l’esposizione. Spicca quello creato verso il 1360 per la chiesa fiorentina d’Ognissanti, allora in possesso del potente ordine monastico degli Umiliati, legato alla lavorazione della lana. Il recente restauro ha restituito la finezza esecutiva del dipinto, la sensibilità cromatica, la capacità di trasformare volti convenzionali in ritratti e sante martiri in dame vestite alla moda e con ampie scollature. Ai 10 scomparti degli Uffizi, la mostra accosta la cuspide centrale, raffigurante la Trinità, rinvenuta in una raccolta privata.
L’altro polittico, di probabili origini pisane (oggi è diviso tra Louvre, Museo Nazionale di Pisa e Museo di Williamstown - Massachusetts), attesta invece la fortuna di Giovanni in Toscana anche al di fuori della cerchia fiorentina. Quanto al terzo (oggi smembrato tra Milano - Pinacoteca di Brera, Torino - Galleria Sabauda, Londra - National Gallery e una collezione privata di Parigi), è una delle sue ultime opere. L’alto contenuto dogmatico, centrato sul tema del Cristo Giudice, sembra alludere agli stretti rapporti che l’artista intrattenne con le supreme gerarchie ecclesiastiche. Documenti del 1369, le sue ultime tracce, lo ricordano infatti a Roma con altri pittori, fra i quali Giottino, Agnolo Gaddi, Bartolomeo Bulgarini, a decorare il palazzo Vaticano in vista del ritorno del papato.
Gli affreschi della Cappella Rinuccini (storie della Vergine e di S. Maria Maddalena) nella chiesa fiorentina di S. Croce risalgono al 1365 e sono la maggiore impresa del pittore oggi nota. Per documentare l’opera la mostra espone il tondo con Redentore, dipinto su tavola normalmente inavvicinabile perché collocato nella volta della cappella. La circostanza e le indagini dell’Opificio delle Pietre Dure chiariranno se si tratta, come pare, di un dipinto originale di Giovanni da Milano, oppure, come talvolta supposto, di un rifacimento settecentesco.
Il 1365 è anche l’anno in cui il maestro firma e data la drammatica Pietà della Galleria dell’Accademia, opera di grande impatto emotivo che mira a coinvolgere lo spettatore attraverso al resa materica delle lacrime in rilievo sui volti dei dolenti e attraverso il gesto della Vergine che sfiora la ferita di Cristo sul costato. La tonalità grigiastra è dovuta alla presenza dell’originale verniciatura con chiara d’uovo che ha conservato pressoché intatta la superficie pittorica, anch’essa stesa con tratti finissimi, in punta di pennello.
Difficile individuare, fra i contemporanei di Giovanni da Milano, pittori che possano a pieno titolo considerarsi suoi allievi. Il suo linguaggio individualissimo di artista girovago non produsse né scuole né seguaci. Lo stesso sviluppo della pittura lombarda dell’ultimo terzo del Trecento, che alcuni accreditano alla sua attività in patria, mostra in effetti un cammino autonomo di cui sono esempio, in mostra, la Crocifissione di Anovelo da Imbonate, le miniature dalla Cronaca Malabaila di Asti e lo stesso Libro d’Ore di Bianca di Savoia.
09
giugno 2008
Giovanni da Milano
Dal 09 giugno al 02 novembre 2008
arte antica
Location
GALLERIA DELL’ACCADEMIA
Firenze, Via Ricasoli, 58-60, (Firenze)
Firenze, Via Ricasoli, 58-60, (Firenze)
Biglietti
Intero € 10,00 (comprensivo dell’ingresso al museo)
Ridotto € 5,00 per i cittadini dell’Unione Europea tra i 18 ed i 25 anni
Gratuito per i cittadini dell’Unione Europea sotto i 18 e sopra i 65 anni
Orario di apertura
Martedì – Domenica, ore 8.15 - 18.50
Dal 1 luglio al 30 settembre ogni martedì e mercoledì
apertura prolungata del museo e della mostra fino alle 22.00;
il giovedì apertura straordinaria della mostra dalle 19.00
alle 22.00 con ingresso gratuito
La biglietteria chiude alle 18.05
Chiuso il lunedì
Vernissage
9 Giugno 2008, ore 18
Sito web
www.giovannidamilano2008.it
Editore
GIUNTI
Ufficio stampa
CATOLA & PARTNERS
Ufficio stampa
CAMILLA SPERANZA
Autore
Curatore