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Giovanni Dell’Acqua – Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni
La mostra antologica presenta una selezione di cinquanta opere tra dipinti e sculture che, dal 1975 ad oggi, tracciano l’esperienza di uno dei principali interpreti, dalla metà degli anni settanta, dell’Optical art in area meridionale.
Comunicato stampa
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FRaC Baronissi
MUSEO-FONDO REGIONALE D'aRTE CONTEMPORANEA
Comune di Baronissi - Regione Campania
Giovanni Dell’Acqua
Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni
Galleria dei Frati
04.05 > 09.06.2019
Comunicato stampa
Sabato 4 maggio alle ore 18:30, apre al pubblico la mostra antologica dedicata all’artista materano GIOVANNI DELL’ACQUA dal titolo “Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni”.
Curata da Massimo Bignardi la mostra è stata progettata e realizzata dal Museo-FRaC Baronissi ed è patrocinata dalla Regione Basilicata e dal Museo ARCOS di Benevento: essa presenta una selezione di cinquanta opere, tra dipinti e sculture che, dal 1975 ad oggi, tracciano l’esperienza di uno dei principali interpreti, dalla metà degli anni settanta, dell’Optical art in area meridionale.
“L’atavica “questione meridionale” – scrive Bignardi nel saggio che apre il volume monografico pubblicato da Gutenberg Edizioni – investe gli aspetti di una “questione culturale” e, nello specifico quella dell’arte, che evidenzia la mancanza di una complessiva politica culturale nazionale e del persistere di una dismisura tra centro e periferia, che riguarda soprattutto gli intellettuali e il loro ruolo. Il caso dell’esperienza artistica di Giovanni Dell’Acqua è uno dei tanti aspetti di tale problematica; l’energia, la forza che il nostro ha speso nell’avviare, negli anni settanta e poi consolidare negli ottanta, il suo tentativo di fare l’artista (per giunta nell’ambito di un nuovo astrattismo, fondato sulle capacità percettive e visuali) nel proprio territorio, risponde pienamente al disegno di dar vita ad un soggetto culturale che non cedesse, come auspicava Gramsci, alla “passività intellettuale”. La sua esperienza artistica trova origine nel ponderato rapporto tra misura e dismisura, che anima il paesaggio urbano della vecchia Matera, nell’articolata architettura dell’esistenza sostenuta, visivamente, dalla trama di una geometria, leitmotiv della ‘narrazione’ propostaci, nelle pagine della monografia, dagli scatti fotografici di Michele Morelli. […] La sua adesione all’Optical art, già dagli anni settanta, si palesava come una ricerca attenta, fortemente proiettata verso nuovi linguaggi, senza, però, perdere il collante con la propria dimensione antropologica e, soprattutto, la propria identità esistenziale. Nel pensiero del giovane artista, il Mezzogiorno non era solo il luogo romantico del paesaggio naturalistico, a volte la bella cartolina di spiagge incorniciate dal blu del mare o di paesini vivi solo nei depliant del folclore. Era ed è ancora oggi – così come per tanti altri artisti – una condizione sociale e, al tempo stesso, una prospettiva culturale. […] In questi ultimi anni, la sua pittura si è aperta maggiormente ad esperienze di grande respiro, soprattutto vero, autentico, sentito quale misura del proprio essere nelle dinamiche che movimentano il nostro presente. Opere, che l’artista ha avuto modo di presentare in più occasioni sia nelle personali tenute a Padova nel 2016 o Parma di due anni fa, sia nelle rassegne e fiere quali “ArteCremona”, del 2015. Nel corso di questi anni, parallelamente alle esperienze poc’anzi citate, Dell’Acqua sperimenta una ulteriore prospettiva: si affida a piccole, medie campiture, piatte di colore, saturo che lasciano, ciascuno affiorare una intensa luminosità: una serie di composizioni che l’artista ha chiamato Il colore lo sa, realizzata tra il 2014 e il 2017. Le superfici sono racchiuse in cornici colorate, a volte giocando su complementari, oppure insistendo su interferenze tra i rettangoli disegnati dalla cornice e dalla tela. Si tratta di grandi installazioni, solitamente coprenti una intera parete, ma anche a combinazioni modulari, concepite come pittura, ma libere da un definito programma. Composizioni che mi ricordano, solo formalmente per il ricorso a piccole tele, a quelle a cui, nei primi anni sessanta, Lucio Fontana diede il titolo di “I Quanta”. La «felice spontaneità dell’invenzione», così come lo stesso artista sintetizza la sua esperienza, diviene luogo interiore di un viaggio che si rinnova, di volta in volta, nel contatto con la vita”.
GIOVANNI DELL’ACQUA (nota tratta dall’ Autobiografia) - Nato a Matera il 25 giugno 1952 da padre e madre contadini, sono il primo di tre figli. Dopo aver frequentato l’Istituto Professionale di Stato ‘L. da Vinci’ di Matera, mi sono diplomato come elettricista, per poi proseguire gli studi e conseguire il diploma di maturità, titolo d’accesso alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Ateneo di Bari, dove mi sono ‘scontrato’ con il Diritto Romano, primo esame da sostenere. Terminato l’obbligo di leva, comincia per me l’esperienza nel mondo dell’arte: l’amicizia con Mimmo D’Errico, allora segretario della Federazione Giovani Comunisti Italiani, mi consente la conoscenza di Domenico Notarangelo, ex segretario del P.C.I. provinciale, il quale, lasciato il partito, apre uno spazio culturale, il Centro Studi “Il Subbio”. Notarangelo, i cui interessi si muovevano tra giornalismo e fotografia, coinvolge nel gruppo Enzo Spera, già docente di Storia delle Tradizioni Popolari presso l’Ateneo barese e interessato anche alla critica d’arte: è di quest’ultimo la lucida presentazione in catalogo della mia prima personale, ospitata negli spazi de’ Il Subbio nel 1977. Altra figura del Centro Studio è Nino Fortunato, pittore dimenticato, a mio avviso da storicizzare, le cui opere sono da annoverare fra le prime esperienze astratte nel panorama dell’arte visiva del Mezzogiorno. La mia ‘innocente inesperienza’ ha così il privilegio di confrontarsi con un clima culturale che da una parte mi stimolava ma che, intimamente, mi creava soggezione: sentivo di non essere ‘attrezzato’ culturalmente. Il Subbio fu per me la palestra in cui crescere e formarmi culturalmente, e acquisire inoltre una coscienza politica. Lo stesso Notarangelo, da giornalista, era stato corrispondente de ‘L’Unità’, testata allora più diffusa in Italia: erano dunque tante le personalità che gravitavano nel Centro. In particolare ricordo Giorgio Amendola, figura eminente del Partito, la cui moglie, la pittrice Germaine Lecoq, tenne una personale nello spazio del Centro Studi. Conobbi Maria Lai, grande artista, di squisita umanità, la quale mi presentò a Marcello Venturoli. Nel 1977, dopo la mia prima personale, fui assunto come operaio in un’azienda metalmeccanica. Negli anni ottanta, a latere dell’attività di corniciaio, diedi vita alla galleria “S. Biagio”, spazio culturale sito nell’omonima via del centro storico di Matera. La prima mostra con il suo titolo, “L’altro spazio”, e nei suoi postulati, dichiarava polemicamente superata la cartolina oleografica legata alla civiltà contadina di cui era impregnata l’arte visiva meridionale. Luigi Guerricchio e soprattutto Carlo Levi ne avevano appesantito gli accenti in Basilicata. Proprio con Guerricchio si instaurò un rapporto di cordiale rispetto: d’altronde, ritengo l’opera del ma estro meritevole di attenzione, almeno per quanto attiene ai lavori nati entro la fine degli anni sessanta. Venivano indicati nuovi spazi entro cui si muoveva la ricerca visiva non solo italiana: presenti in catalogo erano Le Parc, Agostini, Garcia Rossi, Castellani, Bonalumi, De Marco, Campesan, Nigro, Munari, Facchin; maestri oggi tutti storicizzati. La mostra ebbe un grande successo: Agostini, Campesan e Garcia Rossi insistevano affinché la rassegna annoverasse anche il mio nome. Agostini, aveva infatti costituito il Museo Umbro Apollonio a S. Martino di Lupari (Padova), che esponeva in rassegna tutti gli artisti legati all’arte geometrica-cinetica-programmata e considerato, non solo in Italia, prestigioso esempio di museo di tendenza. Anche il mio nome è oggi annoverato nel museo: io, già allora, avvertivo l’esigenza di te - nere separata la figura dell’artista da quella del gallerista. Negli anni che seguirono la Galleria ha presentato inoltre Dorazio, Reggiani, Scanavino, Kolar, Scialoja, Biasi, Grignani, Del Pezzo, Hsiao Chin, Nangeroni, Veronesi, Vasarely, Morellet, Soto, Perilli, Santomaso, Accardi, Vedova, citando a memoria. Alcuni di questi maestri sono stati presenti in galleria: la conoscenza diretta mi ha dato la possibilità di creare amicizie che mi mettevano nella condizione di affacciarmi ad un panorama che mi sprovincializzava. Padova fu poi l’occasione di ricevere lezioni sul “mercato” da Biasi. A Venezia ricordo invece la meraviglia con cui Sara Campesan apprese il numero di opere vendute alla sua personale di Matera. Alla metà degli anni ottanta inizia una collaborazione con la Galleria Artevalente di Finale Ligure (Savona), diretta da Mario Valente, che mi propone in varie rassegne d’arte contemporanea: Expo Bari, ArteFiera Bologna, Basileart a Basilea. In un’edizione di Expo Arte a Bari, Valente mi presenta con una personale di scultura: i lavori suscitano, tra l’altro, l’interesse di Rinaldo Rotta, dell’omonima galleria genovese, prestigiosa anche per tradizione familiare. Ne consegue l’invito a tenere una personale, onorato, presi in grande considerazione l’opportunità di poter inserire tra le mie mostre questo traguardo. Purtroppo il tempo da dedicare alla corniceria, alla galleria e alla famiglia lasciavano poco spazio alla realizzazione delle opere e ciò non mi consentì di portare a termine l’impegno. Nel 1986 fui invitato alla XI Quadriennale romana, su segnalazione di Enrico Crispolti e Massimo Bignardi. Nel 2015 ho deciso di chiudere la corniceria e la galleria: attualmente sono impegnato in una collaborazione con le gallerie “Ferrara Art Gallery” e“Ferrari” di Treviglio (Bergamo), che mi presentano nelle varie fiere di arte contemporanea, divenute ormai numerose non solo in Italia e indispensabili per valorizzare e far conoscere il mio lavoro.
Accompagna la mostra il volume monografico, pubblicato da Gutenberg Edizioni, Giovanni Dell’Acqua curato da Massimo Bignardi, con un’intervista all’artista di Maria Vertulli, con apparati biografici e bibliografici, uno scritto autobiografico dell’artista e un ampio corredo illustrativo a colori e in bianco e nero
Ufficio stampa: Caterina La Bella
Eventi, didattica e visite guidate:
Associazione Culturale “Tutti Suonati”
Orario di apertura: lunedì-giovedì ore 9:00/12:30 lunedì e giovedì anche ore 16:00/18:30
venerdì e sabato: ore 10:00 /13:00; 17:00/20:00 domenica e festivi: ore 10:00/13:00; 17:00/21:00
Convento Francescano SS. Trinità, 84081 - Baronissi
Settore Affari Generali ed Amministrazione Strategica – Servizi alla Persona, Comune di Baronissi - tel. 089 828209 – fax 089 828217
E-mail: cultura@comune.baronissi.sa.it - Sito Web: www.comune.baronissi.sa.it
MUSEO-FONDO REGIONALE D'aRTE CONTEMPORANEA
Comune di Baronissi - Regione Campania
Giovanni Dell’Acqua
Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni
Galleria dei Frati
04.05 > 09.06.2019
Comunicato stampa
Sabato 4 maggio alle ore 18:30, apre al pubblico la mostra antologica dedicata all’artista materano GIOVANNI DELL’ACQUA dal titolo “Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni”.
Curata da Massimo Bignardi la mostra è stata progettata e realizzata dal Museo-FRaC Baronissi ed è patrocinata dalla Regione Basilicata e dal Museo ARCOS di Benevento: essa presenta una selezione di cinquanta opere, tra dipinti e sculture che, dal 1975 ad oggi, tracciano l’esperienza di uno dei principali interpreti, dalla metà degli anni settanta, dell’Optical art in area meridionale.
“L’atavica “questione meridionale” – scrive Bignardi nel saggio che apre il volume monografico pubblicato da Gutenberg Edizioni – investe gli aspetti di una “questione culturale” e, nello specifico quella dell’arte, che evidenzia la mancanza di una complessiva politica culturale nazionale e del persistere di una dismisura tra centro e periferia, che riguarda soprattutto gli intellettuali e il loro ruolo. Il caso dell’esperienza artistica di Giovanni Dell’Acqua è uno dei tanti aspetti di tale problematica; l’energia, la forza che il nostro ha speso nell’avviare, negli anni settanta e poi consolidare negli ottanta, il suo tentativo di fare l’artista (per giunta nell’ambito di un nuovo astrattismo, fondato sulle capacità percettive e visuali) nel proprio territorio, risponde pienamente al disegno di dar vita ad un soggetto culturale che non cedesse, come auspicava Gramsci, alla “passività intellettuale”. La sua esperienza artistica trova origine nel ponderato rapporto tra misura e dismisura, che anima il paesaggio urbano della vecchia Matera, nell’articolata architettura dell’esistenza sostenuta, visivamente, dalla trama di una geometria, leitmotiv della ‘narrazione’ propostaci, nelle pagine della monografia, dagli scatti fotografici di Michele Morelli. […] La sua adesione all’Optical art, già dagli anni settanta, si palesava come una ricerca attenta, fortemente proiettata verso nuovi linguaggi, senza, però, perdere il collante con la propria dimensione antropologica e, soprattutto, la propria identità esistenziale. Nel pensiero del giovane artista, il Mezzogiorno non era solo il luogo romantico del paesaggio naturalistico, a volte la bella cartolina di spiagge incorniciate dal blu del mare o di paesini vivi solo nei depliant del folclore. Era ed è ancora oggi – così come per tanti altri artisti – una condizione sociale e, al tempo stesso, una prospettiva culturale. […] In questi ultimi anni, la sua pittura si è aperta maggiormente ad esperienze di grande respiro, soprattutto vero, autentico, sentito quale misura del proprio essere nelle dinamiche che movimentano il nostro presente. Opere, che l’artista ha avuto modo di presentare in più occasioni sia nelle personali tenute a Padova nel 2016 o Parma di due anni fa, sia nelle rassegne e fiere quali “ArteCremona”, del 2015. Nel corso di questi anni, parallelamente alle esperienze poc’anzi citate, Dell’Acqua sperimenta una ulteriore prospettiva: si affida a piccole, medie campiture, piatte di colore, saturo che lasciano, ciascuno affiorare una intensa luminosità: una serie di composizioni che l’artista ha chiamato Il colore lo sa, realizzata tra il 2014 e il 2017. Le superfici sono racchiuse in cornici colorate, a volte giocando su complementari, oppure insistendo su interferenze tra i rettangoli disegnati dalla cornice e dalla tela. Si tratta di grandi installazioni, solitamente coprenti una intera parete, ma anche a combinazioni modulari, concepite come pittura, ma libere da un definito programma. Composizioni che mi ricordano, solo formalmente per il ricorso a piccole tele, a quelle a cui, nei primi anni sessanta, Lucio Fontana diede il titolo di “I Quanta”. La «felice spontaneità dell’invenzione», così come lo stesso artista sintetizza la sua esperienza, diviene luogo interiore di un viaggio che si rinnova, di volta in volta, nel contatto con la vita”.
GIOVANNI DELL’ACQUA (nota tratta dall’ Autobiografia) - Nato a Matera il 25 giugno 1952 da padre e madre contadini, sono il primo di tre figli. Dopo aver frequentato l’Istituto Professionale di Stato ‘L. da Vinci’ di Matera, mi sono diplomato come elettricista, per poi proseguire gli studi e conseguire il diploma di maturità, titolo d’accesso alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Ateneo di Bari, dove mi sono ‘scontrato’ con il Diritto Romano, primo esame da sostenere. Terminato l’obbligo di leva, comincia per me l’esperienza nel mondo dell’arte: l’amicizia con Mimmo D’Errico, allora segretario della Federazione Giovani Comunisti Italiani, mi consente la conoscenza di Domenico Notarangelo, ex segretario del P.C.I. provinciale, il quale, lasciato il partito, apre uno spazio culturale, il Centro Studi “Il Subbio”. Notarangelo, i cui interessi si muovevano tra giornalismo e fotografia, coinvolge nel gruppo Enzo Spera, già docente di Storia delle Tradizioni Popolari presso l’Ateneo barese e interessato anche alla critica d’arte: è di quest’ultimo la lucida presentazione in catalogo della mia prima personale, ospitata negli spazi de’ Il Subbio nel 1977. Altra figura del Centro Studio è Nino Fortunato, pittore dimenticato, a mio avviso da storicizzare, le cui opere sono da annoverare fra le prime esperienze astratte nel panorama dell’arte visiva del Mezzogiorno. La mia ‘innocente inesperienza’ ha così il privilegio di confrontarsi con un clima culturale che da una parte mi stimolava ma che, intimamente, mi creava soggezione: sentivo di non essere ‘attrezzato’ culturalmente. Il Subbio fu per me la palestra in cui crescere e formarmi culturalmente, e acquisire inoltre una coscienza politica. Lo stesso Notarangelo, da giornalista, era stato corrispondente de ‘L’Unità’, testata allora più diffusa in Italia: erano dunque tante le personalità che gravitavano nel Centro. In particolare ricordo Giorgio Amendola, figura eminente del Partito, la cui moglie, la pittrice Germaine Lecoq, tenne una personale nello spazio del Centro Studi. Conobbi Maria Lai, grande artista, di squisita umanità, la quale mi presentò a Marcello Venturoli. Nel 1977, dopo la mia prima personale, fui assunto come operaio in un’azienda metalmeccanica. Negli anni ottanta, a latere dell’attività di corniciaio, diedi vita alla galleria “S. Biagio”, spazio culturale sito nell’omonima via del centro storico di Matera. La prima mostra con il suo titolo, “L’altro spazio”, e nei suoi postulati, dichiarava polemicamente superata la cartolina oleografica legata alla civiltà contadina di cui era impregnata l’arte visiva meridionale. Luigi Guerricchio e soprattutto Carlo Levi ne avevano appesantito gli accenti in Basilicata. Proprio con Guerricchio si instaurò un rapporto di cordiale rispetto: d’altronde, ritengo l’opera del ma estro meritevole di attenzione, almeno per quanto attiene ai lavori nati entro la fine degli anni sessanta. Venivano indicati nuovi spazi entro cui si muoveva la ricerca visiva non solo italiana: presenti in catalogo erano Le Parc, Agostini, Garcia Rossi, Castellani, Bonalumi, De Marco, Campesan, Nigro, Munari, Facchin; maestri oggi tutti storicizzati. La mostra ebbe un grande successo: Agostini, Campesan e Garcia Rossi insistevano affinché la rassegna annoverasse anche il mio nome. Agostini, aveva infatti costituito il Museo Umbro Apollonio a S. Martino di Lupari (Padova), che esponeva in rassegna tutti gli artisti legati all’arte geometrica-cinetica-programmata e considerato, non solo in Italia, prestigioso esempio di museo di tendenza. Anche il mio nome è oggi annoverato nel museo: io, già allora, avvertivo l’esigenza di te - nere separata la figura dell’artista da quella del gallerista. Negli anni che seguirono la Galleria ha presentato inoltre Dorazio, Reggiani, Scanavino, Kolar, Scialoja, Biasi, Grignani, Del Pezzo, Hsiao Chin, Nangeroni, Veronesi, Vasarely, Morellet, Soto, Perilli, Santomaso, Accardi, Vedova, citando a memoria. Alcuni di questi maestri sono stati presenti in galleria: la conoscenza diretta mi ha dato la possibilità di creare amicizie che mi mettevano nella condizione di affacciarmi ad un panorama che mi sprovincializzava. Padova fu poi l’occasione di ricevere lezioni sul “mercato” da Biasi. A Venezia ricordo invece la meraviglia con cui Sara Campesan apprese il numero di opere vendute alla sua personale di Matera. Alla metà degli anni ottanta inizia una collaborazione con la Galleria Artevalente di Finale Ligure (Savona), diretta da Mario Valente, che mi propone in varie rassegne d’arte contemporanea: Expo Bari, ArteFiera Bologna, Basileart a Basilea. In un’edizione di Expo Arte a Bari, Valente mi presenta con una personale di scultura: i lavori suscitano, tra l’altro, l’interesse di Rinaldo Rotta, dell’omonima galleria genovese, prestigiosa anche per tradizione familiare. Ne consegue l’invito a tenere una personale, onorato, presi in grande considerazione l’opportunità di poter inserire tra le mie mostre questo traguardo. Purtroppo il tempo da dedicare alla corniceria, alla galleria e alla famiglia lasciavano poco spazio alla realizzazione delle opere e ciò non mi consentì di portare a termine l’impegno. Nel 1986 fui invitato alla XI Quadriennale romana, su segnalazione di Enrico Crispolti e Massimo Bignardi. Nel 2015 ho deciso di chiudere la corniceria e la galleria: attualmente sono impegnato in una collaborazione con le gallerie “Ferrara Art Gallery” e“Ferrari” di Treviglio (Bergamo), che mi presentano nelle varie fiere di arte contemporanea, divenute ormai numerose non solo in Italia e indispensabili per valorizzare e far conoscere il mio lavoro.
Accompagna la mostra il volume monografico, pubblicato da Gutenberg Edizioni, Giovanni Dell’Acqua curato da Massimo Bignardi, con un’intervista all’artista di Maria Vertulli, con apparati biografici e bibliografici, uno scritto autobiografico dell’artista e un ampio corredo illustrativo a colori e in bianco e nero
Ufficio stampa: Caterina La Bella
Eventi, didattica e visite guidate:
Associazione Culturale “Tutti Suonati”
Orario di apertura: lunedì-giovedì ore 9:00/12:30 lunedì e giovedì anche ore 16:00/18:30
venerdì e sabato: ore 10:00 /13:00; 17:00/20:00 domenica e festivi: ore 10:00/13:00; 17:00/21:00
Convento Francescano SS. Trinità, 84081 - Baronissi
Settore Affari Generali ed Amministrazione Strategica – Servizi alla Persona, Comune di Baronissi - tel. 089 828209 – fax 089 828217
E-mail: cultura@comune.baronissi.sa.it - Sito Web: www.comune.baronissi.sa.it
04
maggio 2019
Giovanni Dell’Acqua – Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni
Dal 04 maggio al 09 giugno 2019
arte contemporanea
Location
FRAC – CONVENTO FRANCESCANO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Baronissi, Via Convento, (Salerno)
Baronissi, Via Convento, (Salerno)
Orario di apertura
lunedì-giovedì ore 9:00/12:30
lunedì e giovedì anche ore 16:00/18:30
venerdì e sabato: ore 10:00 /13:00; 17:00/20:00
domenica e festivi: ore 10:00/13:00; 17:00/21:00
Vernissage
4 Maggio 2019, ore 18.30
Autore
Curatore