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Giovanni Gastel – Vintage Polaroids 1981 – 1997
Cultore della sperimentazione e dei materiali Polaroid, Gastel ha introdotto nella fotografia di moda e di ritratto contemporanea alcune modalità espressive peculiari quali le tecniche “old mix”, “a incrocio”, le rielaborazioni pittoriche e gli eterogenei e sorprendenti accostamenti di oggetti nello still-life
Comunicato stampa
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PHOTO&CONTEMPORARY è lieta di presentare una selezione di POLAROIDS 20 x 25 cm. realizzate dal noto fotografo milanese Giovanni Gastel tra gli anni 1981 e 1997 e già presentate al Palazzo della Triennale di Milano nell’autunno del 1997 in una mostra curata da Germano Celant e raccolte in un volume per l’editore Idea Books di Milano.
Cultore della sperimentazione e dei materiali Polaroid, Gastel ha introdotto nella fotografia di moda e di ritratto contemporanea alcune modalità espressive peculiari quali le tecniche “old mix”, “a incrocio”, le rielaborazioni pittoriche e gli eterogenei e sorprendenti accostamenti di oggetti nello still-life.
Una delle prime vittime della digitalizzazione del mondo è appunto la Polaroid; la sua aura si è persa a favore dello scatto digitale reiterabile all'infinito. Oggetto desueto e ormai anti-economico, la Polaroid crolla nel fallimento dell'azienda che la produce, ma con lei perisce un'intera estetica. “Quando ho capito che quel linguaggio era finito – spiega Gastel - ho capito che avrei dovuto trovare nel digitale un nuovo modo di fotografare che fosse mio, ma non ho mai pensato di chiedere al nuovo mezzo quel che mi ha dato Polaroid. È stata un'esperienza meravigliosa ma come è successo in pittura, dove la tempera ha lasciato il posto alla tecnica ad olio e tutto è cambiato, anche il digitale ha trasformato tutto. Io non faccio più le foto che facevo con Polaroid, perché ogni mezzo contiene una sua estetica e come fotografo devi cercarla, abbandonando l'estetica precedente”.
Cultura visiva, riflessi letterari e charme aristocratico si riflettono nello stile sofisticato e variegato della sua ricerca; a volte rarefatte, oniriche e simboliche, a volte surreali e smitizzanti, in altre occasioni ironiche e giocose, le sue immagini raccontano un percorso visivo travolgente e bulimico che metabolizza e rispecchia l’evoluzione del costume e della moda negli ultimi 40 anni.
“Contaminazione” è la parola chiave insieme ad “Eleganza” dello stile cangiante di questo autore che utilizza l’artificio fotografico ingegnosamente, creando nuove combinazioni di elementi visivi e che giungendo sino al limite di rottura delle regole, senza distruggerle, dimostra di rispettare una visione classica della bellezza e del meraviglioso, sul filo dell’incertezza, della leggerezza e di una profonda ironia.
Giovanni Gastel: dopo Benjamin, prima di Cattelan
Sfruttando un'installazione inedita, questa prima mostra personale da Photo&Contemporary mette in relazione diretta i soggetti femminili e gli still-life che Giovanni Gastel realizza nell'arco di poco più di un quindicennio, dal 1981 al 1997, contrassegnato prima dall'estetica neo-pop e poi dall'avvento della tecnologia digitale. In queste opere si respira l'aria di una libertà creativa riconquistata, rispetto alle strettoie concettuali ed engagé dei due decenni precedenti. La moda, nella sua ricchezza di stimoli e nel suo incessante forgiare ideali di bellezza, offre a Gastel gli spunti per andare oltre e creare visioni personali. Ciò che lo distingue è l’impossibilità di classificarlo, di catalogarlo una volta per tutte: antico e moderno, classico e avanguardista.
Nel suo viaggio dentro l’universo femminile Gastel attraversa le epoche e i luoghi per scoprire una moltitudine di donne. “Provenivo da una cultura classica – spiega Gastel – quando visitai la mostra sulla Pop Art alla Rotonda della Besana a Milano; ne uscii che ero un altro uomo”. Contraddistinti da un'inesauribile inventiva gli scatti di Gastel ritraggono un universo femminile nel quale la bellezza non è più fine a se stessa ma diventa il mezzo attraverso il quale raggiungere valori più alti, ideali estetici degni di una classicità nella quale Gastel, formatosi adolescente con lo zio Luchino Visconti, si trova a proprio agio.
In fotografia vale per Gastel quel “tutto è permesso” che vale in amore e in guerra. Gastel usa il proprio sguardo divertito per tradurre la donna in elemento libero di significazione esaltata nella forza fragile di un volto e di un corpo che il fotografo, come il demiurgo platonico plasma inseguendo un'idea superiore. “Ho sempre pensato che le donne mi avrebbero salvato” dice Gastel.
Certi suoi still-life scattati a metà anni Ottanta invece sembrano anticipatori dell'estetica igraffiante di una rivista attuale e di successo come Toilet Paper, creatura di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari nata nel 2010.
“Io sono felice se mi copiano, la cosa orribile è quando nessuno ti copia più”, osserva con acume Gastel, ben sapendo che uno dei parametri di valutazione sin dai tempi della classicità, come ha ben spiegato Salvatore Settis, è proprio la quantità di copie tratte da una singola opera o da uno stile.
Così, in parallelo alle sue donne, viaggiano certi still-life con i quali Gastel osserva e trasforma il mondo della moda, e l'ossessione che questa ha per la bellezza, in una carrellata di immagini-idee, di dichiarazioni visive istantanee di matrice ermetico-surrealista, capaci di schioccare la frusta davanti al naso dello spettatore con un fare provocatorio tanto impetuoso quanto sottile ed elegante: il kiwi a forma di vulva, il mascara da cui esce una lama, la Tour Eiffel come tacco dodici, le pere scarificate e ricucite o la bocca di diamanti che fuma una sigaretta spenta, sono esempi di un linguaggio che usa l'oggetto in modo irriverente e perturbante, da enfant terrible. “Con gli oggetti riesco a scherzare molto più che con le donne: ho troppo rispetto dell'essere umano per ironizzarci su. Mi diverte quando Fabrizio Ferri mi dice che fotografo le scarpe come se fossero donne e le donne come se fossero scarpe”, dice Gastel.
La forza di questa mostra, oggi, si evince anche dalla proposta di uno sguardo legato all'esistenza della Polaroid intesa come opera unica e irripetibile al pari della pittura. “Benjamin insegna – sostiene Gastel – che la latenza dell'originale impoverisce la fotografia rispetto alla pittura. La Polaroid, al contrario, mi ha sempre suscitato la meraviglia e offerto la poesia dell'attimo infinito, nel senso che la Polaroid è unica; procura enorme emozione a chi ne scatta o ne possiede una, poiché essa è la fotografia elevata a massima potenza. La Polaroid produce un'interruzione del tempo che crea una cristallizzazione e lo fa con una potenza che il negativo non ti può dare. Per me significava vivere nella tensione data dalla sensazione di come il fotografo si giochi tutto in quel momento e senta di non avere alternativa... sai che quando ricaricherai il dorso della macchina non avrai più quella specifica relazione con il soggetto, sai che quell'attimo è bruciato, finito per sempre, un'andata senza ritorno”.
Come sostiene Marshall McLuhan “il mezzo è il messaggio” e questa mostra racconta i messaggi di un tempo trascorso, concluso e pronto per ammantarsi presto di un'aura di unicità e miticità resa possibile anche dalla presenza di opere come quelle in mostra, capaci di raccontare una fotografia eseguita in presa diretta con il proprio tempo e anche in grado di assumere su di sé il ruolo e il valore di una nuova aura. Una fotografia di cui Giovanni Gastel è stato uno dei (pochi) massimi cantori.
Cenni biografici.
Giovanni Gastel è nato a Milano da Ida Pace Visconti di Modrone, detta Nane, originaria della famiglia Visconti che risale all’undicesimo secolo e dal 1277 al 1447 ha governato il Ducato di Milano, e da Giuseppe Gastel, imprenditore.
Compie la sua prima formazione estetica e culturale in ambito teatrale, anche influenzato dallo zio Luchino Visconti, famoso regista di cinema e teatro, recitando in una compagnia sperimentale. Scrive poesie e a soli 16 anni, pubblica Kasbah. Dal 1972 comincia a fotografare. Tra il 1975 e il 1976 comincia a produrre still-life per la casa d’aste Christie’s ed elabora l’identità visiva di diverse aziende italiane.
Dai primi anni Ottanta a oggi Gastel ha collaborato con più di 50 testate italiane e internazionali e pubblicato circa 130 copertine; ha prodotto più di 500 tra campagne e cataloghi per diverse maisons di moda e grandi firme di beauty, gioielli e design; ha scattato più di 300 ritratti in bianco e nero e a colori.
I suoi primi 40 anni di fotografia sono stati celebrati da una grande mostra retrospettiva a Palazzo della Ragione di Milano nel Settembre 2016 e curata da Germano Celant (catalogo Silvana Editoriale).
Cultore della sperimentazione e dei materiali Polaroid, Gastel ha introdotto nella fotografia di moda e di ritratto contemporanea alcune modalità espressive peculiari quali le tecniche “old mix”, “a incrocio”, le rielaborazioni pittoriche e gli eterogenei e sorprendenti accostamenti di oggetti nello still-life.
Una delle prime vittime della digitalizzazione del mondo è appunto la Polaroid; la sua aura si è persa a favore dello scatto digitale reiterabile all'infinito. Oggetto desueto e ormai anti-economico, la Polaroid crolla nel fallimento dell'azienda che la produce, ma con lei perisce un'intera estetica. “Quando ho capito che quel linguaggio era finito – spiega Gastel - ho capito che avrei dovuto trovare nel digitale un nuovo modo di fotografare che fosse mio, ma non ho mai pensato di chiedere al nuovo mezzo quel che mi ha dato Polaroid. È stata un'esperienza meravigliosa ma come è successo in pittura, dove la tempera ha lasciato il posto alla tecnica ad olio e tutto è cambiato, anche il digitale ha trasformato tutto. Io non faccio più le foto che facevo con Polaroid, perché ogni mezzo contiene una sua estetica e come fotografo devi cercarla, abbandonando l'estetica precedente”.
Cultura visiva, riflessi letterari e charme aristocratico si riflettono nello stile sofisticato e variegato della sua ricerca; a volte rarefatte, oniriche e simboliche, a volte surreali e smitizzanti, in altre occasioni ironiche e giocose, le sue immagini raccontano un percorso visivo travolgente e bulimico che metabolizza e rispecchia l’evoluzione del costume e della moda negli ultimi 40 anni.
“Contaminazione” è la parola chiave insieme ad “Eleganza” dello stile cangiante di questo autore che utilizza l’artificio fotografico ingegnosamente, creando nuove combinazioni di elementi visivi e che giungendo sino al limite di rottura delle regole, senza distruggerle, dimostra di rispettare una visione classica della bellezza e del meraviglioso, sul filo dell’incertezza, della leggerezza e di una profonda ironia.
Giovanni Gastel: dopo Benjamin, prima di Cattelan
Sfruttando un'installazione inedita, questa prima mostra personale da Photo&Contemporary mette in relazione diretta i soggetti femminili e gli still-life che Giovanni Gastel realizza nell'arco di poco più di un quindicennio, dal 1981 al 1997, contrassegnato prima dall'estetica neo-pop e poi dall'avvento della tecnologia digitale. In queste opere si respira l'aria di una libertà creativa riconquistata, rispetto alle strettoie concettuali ed engagé dei due decenni precedenti. La moda, nella sua ricchezza di stimoli e nel suo incessante forgiare ideali di bellezza, offre a Gastel gli spunti per andare oltre e creare visioni personali. Ciò che lo distingue è l’impossibilità di classificarlo, di catalogarlo una volta per tutte: antico e moderno, classico e avanguardista.
Nel suo viaggio dentro l’universo femminile Gastel attraversa le epoche e i luoghi per scoprire una moltitudine di donne. “Provenivo da una cultura classica – spiega Gastel – quando visitai la mostra sulla Pop Art alla Rotonda della Besana a Milano; ne uscii che ero un altro uomo”. Contraddistinti da un'inesauribile inventiva gli scatti di Gastel ritraggono un universo femminile nel quale la bellezza non è più fine a se stessa ma diventa il mezzo attraverso il quale raggiungere valori più alti, ideali estetici degni di una classicità nella quale Gastel, formatosi adolescente con lo zio Luchino Visconti, si trova a proprio agio.
In fotografia vale per Gastel quel “tutto è permesso” che vale in amore e in guerra. Gastel usa il proprio sguardo divertito per tradurre la donna in elemento libero di significazione esaltata nella forza fragile di un volto e di un corpo che il fotografo, come il demiurgo platonico plasma inseguendo un'idea superiore. “Ho sempre pensato che le donne mi avrebbero salvato” dice Gastel.
Certi suoi still-life scattati a metà anni Ottanta invece sembrano anticipatori dell'estetica igraffiante di una rivista attuale e di successo come Toilet Paper, creatura di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari nata nel 2010.
“Io sono felice se mi copiano, la cosa orribile è quando nessuno ti copia più”, osserva con acume Gastel, ben sapendo che uno dei parametri di valutazione sin dai tempi della classicità, come ha ben spiegato Salvatore Settis, è proprio la quantità di copie tratte da una singola opera o da uno stile.
Così, in parallelo alle sue donne, viaggiano certi still-life con i quali Gastel osserva e trasforma il mondo della moda, e l'ossessione che questa ha per la bellezza, in una carrellata di immagini-idee, di dichiarazioni visive istantanee di matrice ermetico-surrealista, capaci di schioccare la frusta davanti al naso dello spettatore con un fare provocatorio tanto impetuoso quanto sottile ed elegante: il kiwi a forma di vulva, il mascara da cui esce una lama, la Tour Eiffel come tacco dodici, le pere scarificate e ricucite o la bocca di diamanti che fuma una sigaretta spenta, sono esempi di un linguaggio che usa l'oggetto in modo irriverente e perturbante, da enfant terrible. “Con gli oggetti riesco a scherzare molto più che con le donne: ho troppo rispetto dell'essere umano per ironizzarci su. Mi diverte quando Fabrizio Ferri mi dice che fotografo le scarpe come se fossero donne e le donne come se fossero scarpe”, dice Gastel.
La forza di questa mostra, oggi, si evince anche dalla proposta di uno sguardo legato all'esistenza della Polaroid intesa come opera unica e irripetibile al pari della pittura. “Benjamin insegna – sostiene Gastel – che la latenza dell'originale impoverisce la fotografia rispetto alla pittura. La Polaroid, al contrario, mi ha sempre suscitato la meraviglia e offerto la poesia dell'attimo infinito, nel senso che la Polaroid è unica; procura enorme emozione a chi ne scatta o ne possiede una, poiché essa è la fotografia elevata a massima potenza. La Polaroid produce un'interruzione del tempo che crea una cristallizzazione e lo fa con una potenza che il negativo non ti può dare. Per me significava vivere nella tensione data dalla sensazione di come il fotografo si giochi tutto in quel momento e senta di non avere alternativa... sai che quando ricaricherai il dorso della macchina non avrai più quella specifica relazione con il soggetto, sai che quell'attimo è bruciato, finito per sempre, un'andata senza ritorno”.
Come sostiene Marshall McLuhan “il mezzo è il messaggio” e questa mostra racconta i messaggi di un tempo trascorso, concluso e pronto per ammantarsi presto di un'aura di unicità e miticità resa possibile anche dalla presenza di opere come quelle in mostra, capaci di raccontare una fotografia eseguita in presa diretta con il proprio tempo e anche in grado di assumere su di sé il ruolo e il valore di una nuova aura. Una fotografia di cui Giovanni Gastel è stato uno dei (pochi) massimi cantori.
Cenni biografici.
Giovanni Gastel è nato a Milano da Ida Pace Visconti di Modrone, detta Nane, originaria della famiglia Visconti che risale all’undicesimo secolo e dal 1277 al 1447 ha governato il Ducato di Milano, e da Giuseppe Gastel, imprenditore.
Compie la sua prima formazione estetica e culturale in ambito teatrale, anche influenzato dallo zio Luchino Visconti, famoso regista di cinema e teatro, recitando in una compagnia sperimentale. Scrive poesie e a soli 16 anni, pubblica Kasbah. Dal 1972 comincia a fotografare. Tra il 1975 e il 1976 comincia a produrre still-life per la casa d’aste Christie’s ed elabora l’identità visiva di diverse aziende italiane.
Dai primi anni Ottanta a oggi Gastel ha collaborato con più di 50 testate italiane e internazionali e pubblicato circa 130 copertine; ha prodotto più di 500 tra campagne e cataloghi per diverse maisons di moda e grandi firme di beauty, gioielli e design; ha scattato più di 300 ritratti in bianco e nero e a colori.
I suoi primi 40 anni di fotografia sono stati celebrati da una grande mostra retrospettiva a Palazzo della Ragione di Milano nel Settembre 2016 e curata da Germano Celant (catalogo Silvana Editoriale).
21
settembre 2017
Giovanni Gastel – Vintage Polaroids 1981 – 1997
Dal 21 settembre al 25 novembre 2017
fotografia
Location
PHOTO & CONTEMPORARY
Torino, Via Dei Mille, 36, (Torino)
Torino, Via Dei Mille, 36, (Torino)
Orario di apertura
dal Martedì al Sabato dalle ore 15 alle 19
Vernissage
21 Settembre 2017, ore 18
Autore
Curatore