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Giovanni Spinazzola – LA QUARTA PARETE
In esposizione i “pittogrammi metropolitani” del talentuoso artista lucano, formatosi all’Accademia di Brera, che ritorna ad esporre nel capoluogo potentino con ventidue grandi opere della sua ultima interessante produzione artistica.
Comunicato stampa
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Domenica 10 dicembre, alle ore 18,00, negli spazi della Galleria Idearte di Potenza, al n. 75 di Via Londra, sarà inaugurata la mostra : LA QUARTA PARETE – Opere di Giovanni Spinazzola
Il vernissage, alla presenza dell'artista, prevede l'intervento del critico d'arte Rino Cardone, che ha curato il testo di presentazione in catalogo.
In esposizione, ancora una volta, i “pittogrammi metropolitani” del talentuoso artista lucano formatosi all'Accademia di Brera sotto la guida dei Maestri Salvatore Terruso e Natale Addamiano, che ritorna ad esporre nel capoluogo potentino con ventidue grandi opere della sua ultima interessante produzione artistica.
La mostra, a cura di Rino Cardone e Grazia Lo Re, sarà visitabile dal martedì al sabato nei seguenti orari: 11.00/13.00 – 17.30/20.00 fino al 10 gennaio prossimo.
«LA QUARTA PARETE»
La «surmodernità iconico-urbana» della pittura di Giovanni Spinazzola.
Rino Cardone.
La «tavolozza cromatica» di Giovanni Spinazzola spazia dai «colori primari» (il blu, il giallo e il rosso) fino alle mille sfumature di tinte, che fanno parte (sul piano accademico) dei colori «secondari» e «terziari». L’arancione, il viola ed il verde fungono da «contraltare» (nei suoi quadri) all’uso aranciato del rosso e del giallo, del verde-giallognolo, dell’azzurro-verdastro, del viola-bluastro e del rosso-violaceo. Le gradazioni che primeggiano in questi suoi dipinti rientrano nella «rosa allargata» dei «colori primari». In questo caso parliamo: del blu-ciano, del giallo-limone e del rosso-magenta. Essi denotano una «vena emotiva» (da parte di quest’artista) di grande «forza espressiva» e di forte «impatto emotivo».
È immediata la «presa stilistica» di queste «immagini metropolitane» (tipiche della «surmodernità iconico-urbana») di Giovanni Spinazzola che risultano essere perfettamente in linea con quella «società liquida-moderna» che è stata ben tratteggiata (da un punto di vista estetico) dal filosofo e sociologo polacco, Zygmunt Bauman (Poznań, 19 novembre 1925 – Leeds, 9 gennaio 2017). In queste medie e grandi tele, Giovanni Spinazzola coglie l'atmosfera che appartiene alle grandi metropoli, nazionali ed internazionali. Pensiamo, ad esempio, alle città di Milano e New York. Ed in altri casi afferra, invece, il clima che si respira nei borghi antichi che si sono trasformati, a mano a mano, in città d’arte, come nel caso di Matera. Nell’uno e nell’altro caso (dei grandi e dei piccoli centri urbani) è identica la «tensione cosmopolita» che si avverte e che si respira. Questo dimostra che la «globalizzazione» (proprio come diceva il succitato Zygmunt Bauman) ha prodotto, a tutti i livelli, dei comportamenti «che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante ed incerto, fluido e volatile».1 E dove «il cambiamento è l'unica cosa permanente e l'incertezza è l'unica certezza».2
Giovanni Spinazzola registra nei suoi dipinti queste «realtà urbane»: difformi nella sostanza ma uguali nei loro contenuti di fondo. E lo fa producendo dei quadri di forte «intensità emotiva» che sono una «espressione plastica» di una realtà che non è quella che appare ma che è quella che si manifesta, invece, solo e soltanto, nella «mente creativa» dell’artista. Si tratta di un processo tipico dell’«ermetismo dell’arte». E questo è un fenomeno che è caratteristico del prendere una immagine così com’essa è per (dopo) «destrutturarla» in qualcosa di altro. Ovvero di «immaginifico» che supera le «evidenze visive». L’analisi dell’«operare artistico» di Giovanni Spinazzola porta, inoltre, a considerare (con la dovuta attenzione) la «velocità di segno» e la «potenza di tratto» con cui egli opera sulla tela. Dobbiamo, inoltre, riconoscere (a questo riguardo) che la sua «pennellata asciutta» e la sua «tavolozza vibrante» costituiscono un «unicum» che lo rende puntualmente riconoscibile tra i numerosi artisti (per lo più di marca «postimpressionista») che praticano, oggi, questo «genere pittorico» dai colori forti e vividi, e dagli accentuati contrasti di luci ed ombre.
L’intento di Giovanni Spinazzola (nel dipingere questi «pittogrammi metropolitani») è quello di realizzare un «sistema pittorico» equilibrato ed armonico, di forte impatto emotivo. In definitiva, l’obiettivo che egli si pone è quello di realizzare un tipo di lavori che possa avere una «validità assoluta» in termini di «resa realistica» e (di riflesso) di risposta ai «canoni classici» della pittura. Egli sa benissimo (del resto) che questi sono gli unici elementi che resteranno per sempre validi e che non passeranno mai di moda, per il perenne senso di «utilità» e «concretezza» che essi manifestano, portano con se e che è necessario che debbano avere per mostrare il «bello». Nella fattispecie ci riferiamo al rispetto: della «prospettiva aerea» e all’osservanza della «profondità di campo» i quali assicurano al dipinto (tutti e due) la possibilità di rappresentare (su una stessa superficie piana): l’«altezza», la «lunghezza» ed i «livelli di profondità» (che debbono risultare il più possibile nitidi e netti).
In ogni caso Giovanni Spinazzola si spinge oltre tutto questo. E attraverso un «artificio retorico» (preso in prestito dal mondo del teatro, di concezione pirandelliana) si spinge a descrivere e a superare la «Quarta Parete» del «tempo» e ancor più di quel «muro immaginario» che divide l’autore dell’opera d’arte, con il suo fruitore. Sappiamo che ci sono «Porte Ermetiche» che nessuno ha mai attraversato. E che ci sono muri e pareti che nessuno ha mai valicato. Ma Giovanni Spinazzola (come novello Giasone alla ricerca del «vello d'oro artistico» e come «pellegrino-alchimista» delle tinte e dei toni) si spinge «fin dentro» quei territori che fanno parte della «finzione» e della «realtà», che portarono lo scrittore siciliano, Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) a sostenere che «ogni realtà è un inganno». A questo stesso riguardo Pablo Picasso affermò che «l'arte è una menzogna che ci avvicina alla verità». A Giovanni Spinazzola spetta il merito di aver superato (con i suoi dipinti) questo «confine immaginario» consegnandoci dei lavori dove minore sembra essere il livello della «fandonia» e della «bugia». E dove le «fantasticherie» sono un processo che appartiene alla immaginazione e alla creatività. E non (invece) all’inganno e alla falsità. Quanto ne deriva (alla fine di tutto questo) è una verità che appare in trasparenza di un «processo lucido» fatto di luci, colori e barlumi luminosi, oltre che di «bagliori» di pensieri, idee e progettualità.
Per concludere dobbiamo dire che una volta che cade questa «Quarta Parete» esce, in superficie, una «forma specchiata» d’imitazione di una «realtà non visibile»: che è proprio quella che appartiene ad una dimensione «occultata» e «segreta» che altro non è che un’«estensione metafisica» e «metempirica» della nostra mente. E che nel «passaggio fattuale» successivo (proprio dell’esecuzione pratica della pittura) si «espande» nei mondi del «vissuto creativo» e dell’«espressione impercettibile». In ultimo, occorre osservare che appare alquanto audace, ma per nulla imprudente, la soluzione adottata da Giovanni Spinazzola d’inserire (all’interno del suo «codice pittorico») le istanze moderne: sia dell’Action Painting (pensiamo al ricorso, che egli fa, al «dripping», ovvero al «colore sgocciolato»); sia della Pop Art (con delle «icone pop-impalpabili» che si «stemperano» nelle forme del paesaggio come fossero degli «ectoplasmi in trasparenza») e sia del Postimpressionismo (sviluppato per grandi «macchie di colore») di marca opposta al Macchiaiolismo e al Puntinismo, di antica memoria accademica.
Il vernissage, alla presenza dell'artista, prevede l'intervento del critico d'arte Rino Cardone, che ha curato il testo di presentazione in catalogo.
In esposizione, ancora una volta, i “pittogrammi metropolitani” del talentuoso artista lucano formatosi all'Accademia di Brera sotto la guida dei Maestri Salvatore Terruso e Natale Addamiano, che ritorna ad esporre nel capoluogo potentino con ventidue grandi opere della sua ultima interessante produzione artistica.
La mostra, a cura di Rino Cardone e Grazia Lo Re, sarà visitabile dal martedì al sabato nei seguenti orari: 11.00/13.00 – 17.30/20.00 fino al 10 gennaio prossimo.
«LA QUARTA PARETE»
La «surmodernità iconico-urbana» della pittura di Giovanni Spinazzola.
Rino Cardone.
La «tavolozza cromatica» di Giovanni Spinazzola spazia dai «colori primari» (il blu, il giallo e il rosso) fino alle mille sfumature di tinte, che fanno parte (sul piano accademico) dei colori «secondari» e «terziari». L’arancione, il viola ed il verde fungono da «contraltare» (nei suoi quadri) all’uso aranciato del rosso e del giallo, del verde-giallognolo, dell’azzurro-verdastro, del viola-bluastro e del rosso-violaceo. Le gradazioni che primeggiano in questi suoi dipinti rientrano nella «rosa allargata» dei «colori primari». In questo caso parliamo: del blu-ciano, del giallo-limone e del rosso-magenta. Essi denotano una «vena emotiva» (da parte di quest’artista) di grande «forza espressiva» e di forte «impatto emotivo».
È immediata la «presa stilistica» di queste «immagini metropolitane» (tipiche della «surmodernità iconico-urbana») di Giovanni Spinazzola che risultano essere perfettamente in linea con quella «società liquida-moderna» che è stata ben tratteggiata (da un punto di vista estetico) dal filosofo e sociologo polacco, Zygmunt Bauman (Poznań, 19 novembre 1925 – Leeds, 9 gennaio 2017). In queste medie e grandi tele, Giovanni Spinazzola coglie l'atmosfera che appartiene alle grandi metropoli, nazionali ed internazionali. Pensiamo, ad esempio, alle città di Milano e New York. Ed in altri casi afferra, invece, il clima che si respira nei borghi antichi che si sono trasformati, a mano a mano, in città d’arte, come nel caso di Matera. Nell’uno e nell’altro caso (dei grandi e dei piccoli centri urbani) è identica la «tensione cosmopolita» che si avverte e che si respira. Questo dimostra che la «globalizzazione» (proprio come diceva il succitato Zygmunt Bauman) ha prodotto, a tutti i livelli, dei comportamenti «che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante ed incerto, fluido e volatile».1 E dove «il cambiamento è l'unica cosa permanente e l'incertezza è l'unica certezza».2
Giovanni Spinazzola registra nei suoi dipinti queste «realtà urbane»: difformi nella sostanza ma uguali nei loro contenuti di fondo. E lo fa producendo dei quadri di forte «intensità emotiva» che sono una «espressione plastica» di una realtà che non è quella che appare ma che è quella che si manifesta, invece, solo e soltanto, nella «mente creativa» dell’artista. Si tratta di un processo tipico dell’«ermetismo dell’arte». E questo è un fenomeno che è caratteristico del prendere una immagine così com’essa è per (dopo) «destrutturarla» in qualcosa di altro. Ovvero di «immaginifico» che supera le «evidenze visive». L’analisi dell’«operare artistico» di Giovanni Spinazzola porta, inoltre, a considerare (con la dovuta attenzione) la «velocità di segno» e la «potenza di tratto» con cui egli opera sulla tela. Dobbiamo, inoltre, riconoscere (a questo riguardo) che la sua «pennellata asciutta» e la sua «tavolozza vibrante» costituiscono un «unicum» che lo rende puntualmente riconoscibile tra i numerosi artisti (per lo più di marca «postimpressionista») che praticano, oggi, questo «genere pittorico» dai colori forti e vividi, e dagli accentuati contrasti di luci ed ombre.
L’intento di Giovanni Spinazzola (nel dipingere questi «pittogrammi metropolitani») è quello di realizzare un «sistema pittorico» equilibrato ed armonico, di forte impatto emotivo. In definitiva, l’obiettivo che egli si pone è quello di realizzare un tipo di lavori che possa avere una «validità assoluta» in termini di «resa realistica» e (di riflesso) di risposta ai «canoni classici» della pittura. Egli sa benissimo (del resto) che questi sono gli unici elementi che resteranno per sempre validi e che non passeranno mai di moda, per il perenne senso di «utilità» e «concretezza» che essi manifestano, portano con se e che è necessario che debbano avere per mostrare il «bello». Nella fattispecie ci riferiamo al rispetto: della «prospettiva aerea» e all’osservanza della «profondità di campo» i quali assicurano al dipinto (tutti e due) la possibilità di rappresentare (su una stessa superficie piana): l’«altezza», la «lunghezza» ed i «livelli di profondità» (che debbono risultare il più possibile nitidi e netti).
In ogni caso Giovanni Spinazzola si spinge oltre tutto questo. E attraverso un «artificio retorico» (preso in prestito dal mondo del teatro, di concezione pirandelliana) si spinge a descrivere e a superare la «Quarta Parete» del «tempo» e ancor più di quel «muro immaginario» che divide l’autore dell’opera d’arte, con il suo fruitore. Sappiamo che ci sono «Porte Ermetiche» che nessuno ha mai attraversato. E che ci sono muri e pareti che nessuno ha mai valicato. Ma Giovanni Spinazzola (come novello Giasone alla ricerca del «vello d'oro artistico» e come «pellegrino-alchimista» delle tinte e dei toni) si spinge «fin dentro» quei territori che fanno parte della «finzione» e della «realtà», che portarono lo scrittore siciliano, Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) a sostenere che «ogni realtà è un inganno». A questo stesso riguardo Pablo Picasso affermò che «l'arte è una menzogna che ci avvicina alla verità». A Giovanni Spinazzola spetta il merito di aver superato (con i suoi dipinti) questo «confine immaginario» consegnandoci dei lavori dove minore sembra essere il livello della «fandonia» e della «bugia». E dove le «fantasticherie» sono un processo che appartiene alla immaginazione e alla creatività. E non (invece) all’inganno e alla falsità. Quanto ne deriva (alla fine di tutto questo) è una verità che appare in trasparenza di un «processo lucido» fatto di luci, colori e barlumi luminosi, oltre che di «bagliori» di pensieri, idee e progettualità.
Per concludere dobbiamo dire che una volta che cade questa «Quarta Parete» esce, in superficie, una «forma specchiata» d’imitazione di una «realtà non visibile»: che è proprio quella che appartiene ad una dimensione «occultata» e «segreta» che altro non è che un’«estensione metafisica» e «metempirica» della nostra mente. E che nel «passaggio fattuale» successivo (proprio dell’esecuzione pratica della pittura) si «espande» nei mondi del «vissuto creativo» e dell’«espressione impercettibile». In ultimo, occorre osservare che appare alquanto audace, ma per nulla imprudente, la soluzione adottata da Giovanni Spinazzola d’inserire (all’interno del suo «codice pittorico») le istanze moderne: sia dell’Action Painting (pensiamo al ricorso, che egli fa, al «dripping», ovvero al «colore sgocciolato»); sia della Pop Art (con delle «icone pop-impalpabili» che si «stemperano» nelle forme del paesaggio come fossero degli «ectoplasmi in trasparenza») e sia del Postimpressionismo (sviluppato per grandi «macchie di colore») di marca opposta al Macchiaiolismo e al Puntinismo, di antica memoria accademica.
10
dicembre 2023
Giovanni Spinazzola – LA QUARTA PARETE
Dal 10 dicembre 2023 al 10 gennaio 2024
arte contemporanea
Location
GALLERIA IDEARTE
Potenza, Via Londra, 75, (PZ)
Potenza, Via Londra, 75, (PZ)
Orario di apertura
Da martedì a sabato ore 11.00/13.00 e 17.30/20.00
Vernissage
10 Dicembre 2023, Vernissage ore 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico
Grazie alla Redazione per la pubblicazione dell’evento!