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Giulio Cesare Matusali – Tsunamami
Con la nuova personale “Tsunamami”, curata da Giuseppe Salerno, Giulio Cesare Matusali presenta le sue opere più recenti nel borgo di Calcata.
Comunicato stampa
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E’ intorno alla metà degli anni ‘70 il suo esordio quando produce opere di matrice concettuale dove il mondo naturale e quello dell’artificio convivono in rapporto simbiotico. Appartiene a tale periodo il pannello di legno con nodi e venature sul quale, come trapianto, a copertura di un tassello appare la fotocopia dello stesso. Una evidente metafora della quotidianità dove da tempo siamo immersi in una crescente con-fusione di realtà e finzione.
Le attenzioni poi negli anni ’80 alla decorazione tout court, il sottrarla agli intonaci delle architetture che per secoli ne sono stati i luoghi deputati ed il riproporla su tela per tornare a collocarla a parete con diversa visibilità, è anch’essa operazione che per certi versi si ascrive al territorio dell’arte concettuale. Straniamento e sottile ironia (il pollo che assurge a elemento di decoro) ne sono elementi costitutivi congiuntamente al piacere del gioco e della costruzione. Un piacere che affonda le proprie radici nella passione da sempre coltivata per il giocattolo di un tempo, di legno, di latta o di ferro, meccano e trenino che fosse.
Una produzione artistica quella di Matusali che con il passare degli anni diviene materica, cresce di intensità e si arricchisce alimentata da un rapporto difficile con la società dei consumi, la cui incombenza l’artista vive in tutta la sua drammaticità.
E’ della fine degli anni ‘80 l’esposizione di dodici tele dedicate all’”assedio”. Opere queste che inequivocabilmente affrontano la condizione esistenziale di chi, letteralmente assediato da mondi governati dall’ipocrisia in cui non si riconosce, erige intorno a sé alti muri dietro cui rifugiarsi nel tentativo di salvaguardare la propria integrità. Una legittima resistenza al bombardamento di una società che lancia messaggi che prendono unicamente in considerazione l’essere umano come mero consumatore, incasellato per età, sesso, classe sociale e reddito. Chiave di lettura questa che inevitabilmente ci porta poi ad individuare nella forza dirompente del “Vulcano”, opera del 1995, l’autoritratto dell’artista, vaso di Pandora pronto a rovesciare le sofferenze in esso racchiuse per poter infine recuperare, sul fondo, la speranza.
Negli anni successivi le attenzioni di Matusali continuano ad essere rivolte al contemporaneo, alla società che tutto frammenta e organizza, che disconosce i ritmi vitali, che sintetizza e offre modelli di riferimento che allontanano l’uomo dal centro di se stesso, dall’idea di complessità ed unicità. Questa la visione che dell’artista traspare nelle opere più recenti dove persino le crescenti dimensioni delle tele sembrano andare a soddisfare un bisogno urgente di riappropriazione di spazi vitali. Opere con titoli suggestivi, assolutamente casuali, sono la risultante di un gran numero di tessere. La frammentarietà delle immagini e del racconto in ciascuna di esse racchiuso sembra tendere al ristabilimento di connessioni ed alla ricomposizione, come in un grande puzzle, della visione d’insieme.
In questi ultimi lavori “c’è la ricerca di un piccolo spazio (magico) che sta da qualche parte e che soddisfi il mio senso estetico”, dichiara l’artista. Un senso estetico che, fondato sulla ricerca di equilibri, ci sembra, date le premesse, non possa inconsciamente non collegarsi ad una visione di natura etica.
Memorie residenti in scritture automatiche, segni, sequenze numeriche, “maglie grafiche” e colori appaiono costrette in ambiti circoscritti, in sé esteticamente risolti, ai quali è vano tentare di attribuire un senso, invece riscontrabile nella loro propinquità, proprio come trovandoci di fronte a cellule costitutive di un unico, grande organismo vivente.
Una visione dall’alto quella di Matusali il quale su composizioni formalmente ineccepibili, massimamente curate nel dettaglio, interviene con velature leggere e ripetute, quasi a volerle proteggere ed affidare quindi ad una sorta di oblio il recupero di antichi orizzonti.
Giuseppe Salerno
Le attenzioni poi negli anni ’80 alla decorazione tout court, il sottrarla agli intonaci delle architetture che per secoli ne sono stati i luoghi deputati ed il riproporla su tela per tornare a collocarla a parete con diversa visibilità, è anch’essa operazione che per certi versi si ascrive al territorio dell’arte concettuale. Straniamento e sottile ironia (il pollo che assurge a elemento di decoro) ne sono elementi costitutivi congiuntamente al piacere del gioco e della costruzione. Un piacere che affonda le proprie radici nella passione da sempre coltivata per il giocattolo di un tempo, di legno, di latta o di ferro, meccano e trenino che fosse.
Una produzione artistica quella di Matusali che con il passare degli anni diviene materica, cresce di intensità e si arricchisce alimentata da un rapporto difficile con la società dei consumi, la cui incombenza l’artista vive in tutta la sua drammaticità.
E’ della fine degli anni ‘80 l’esposizione di dodici tele dedicate all’”assedio”. Opere queste che inequivocabilmente affrontano la condizione esistenziale di chi, letteralmente assediato da mondi governati dall’ipocrisia in cui non si riconosce, erige intorno a sé alti muri dietro cui rifugiarsi nel tentativo di salvaguardare la propria integrità. Una legittima resistenza al bombardamento di una società che lancia messaggi che prendono unicamente in considerazione l’essere umano come mero consumatore, incasellato per età, sesso, classe sociale e reddito. Chiave di lettura questa che inevitabilmente ci porta poi ad individuare nella forza dirompente del “Vulcano”, opera del 1995, l’autoritratto dell’artista, vaso di Pandora pronto a rovesciare le sofferenze in esso racchiuse per poter infine recuperare, sul fondo, la speranza.
Negli anni successivi le attenzioni di Matusali continuano ad essere rivolte al contemporaneo, alla società che tutto frammenta e organizza, che disconosce i ritmi vitali, che sintetizza e offre modelli di riferimento che allontanano l’uomo dal centro di se stesso, dall’idea di complessità ed unicità. Questa la visione che dell’artista traspare nelle opere più recenti dove persino le crescenti dimensioni delle tele sembrano andare a soddisfare un bisogno urgente di riappropriazione di spazi vitali. Opere con titoli suggestivi, assolutamente casuali, sono la risultante di un gran numero di tessere. La frammentarietà delle immagini e del racconto in ciascuna di esse racchiuso sembra tendere al ristabilimento di connessioni ed alla ricomposizione, come in un grande puzzle, della visione d’insieme.
In questi ultimi lavori “c’è la ricerca di un piccolo spazio (magico) che sta da qualche parte e che soddisfi il mio senso estetico”, dichiara l’artista. Un senso estetico che, fondato sulla ricerca di equilibri, ci sembra, date le premesse, non possa inconsciamente non collegarsi ad una visione di natura etica.
Memorie residenti in scritture automatiche, segni, sequenze numeriche, “maglie grafiche” e colori appaiono costrette in ambiti circoscritti, in sé esteticamente risolti, ai quali è vano tentare di attribuire un senso, invece riscontrabile nella loro propinquità, proprio come trovandoci di fronte a cellule costitutive di un unico, grande organismo vivente.
Una visione dall’alto quella di Matusali il quale su composizioni formalmente ineccepibili, massimamente curate nel dettaglio, interviene con velature leggere e ripetute, quasi a volerle proteggere ed affidare quindi ad una sorta di oblio il recupero di antichi orizzonti.
Giuseppe Salerno
15
maggio 2011
Giulio Cesare Matusali – Tsunamami
Dal 15 al 29 maggio 2011
arte contemporanea
Location
CAFFE’ EMPORIO
Roma, Piazza Dell'emporio, 2, (Roma)
Roma, Piazza Dell'emporio, 2, (Roma)
Orario di apertura
ore 15-20
Vernissage
15 Maggio 2011, ore 16.00
Autore
Curatore