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Giulio Obici
Wave Photogallery inaugura sabato 19 Ottobre la mostra dedicata agli oltre cento scatti del giornalista Giulio Obici, editorialista e inviato speciale il cui occhio attento ha saputo raccontare i più grandi eventi giudiziari e di cronaca italiani.
Comunicato stampa
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L'esposizione e il relativo catalogo stampato per l'occasione nascono dalla volontà di presentare una rilettura ragionata dell'archivio del fotografo, il cui animo narrativo trova un'espressione visiva che si rivela evocativa al pari delle sue più conosciute parole.
Giulio Obici, classe 1934, è dai più conosciuto per la sua lunga e intensa carriera da giornalista, attraverso la quale ha scavato, analizzato e indagato i fatti, per presentarceli riordinati sulle pagine dei giornali. Quello che non tutti sanno e conoscono è la passione, quasi occulta, che nutriva per la fotografia. Non un hobby ne tantomeno un passatempo, ma una metodologia precisa per guardare il mondo. E se qualcosa hanno in comune il giornalismo e la fotografia forse è proprio che entrambe si basano sul guardare ciò che ci circonda e trovare un modo di ordinarlo, incorniciarlo e presentarlo, solo dopo averlo capito.
Negli oltre cento scatti che compongono la mostra presentata alla Wave Photogallery ripercorriamo così gli sguardi di Giulio Obici dagli anni ottanta al duemiladieci. Sguardi, non sguardo: perché, durante il lavoro di riorganizzazione dell’archivio che ci ha permesso una scelta oculata e rappresentativa del suo lavoro, oltre che la stampa di un ragionato catalogo, ci siamo accorti che il metodo di Obici era reiterativo, narrativo, e seguiva filoni precisi, ben delimitati ma differenti tra loro per tematiche e trattamenti tecnici.
Una parte dunque pubblica, metropolitana composta da scatti metaforici, caratterizzati dall’accostamento stridente di elementi urbani o dal gusto antropologico ma poetico allo stesso tempo. Segue poi una parte più intima, privata composta da paesaggi deformati dai grandangoli, nature morte artificiali e figure umane che diventano al contrario elemento d’arredo fotografico nella serie dei folletti.
Se la divisione in categorie serve a evidenziare le diramazioni narrative del fotografo è importante però non pensarli come comparti stagni. Sarebbe un errore non considerare anche tutti gli scatti come frammenti di un'unica grande narrazione che altro non è che la poetica del fotografo. Una poetica che funziona come minimo comune denominatore di ogni scatto e che credo sia riassumibile nel concetto di epifania, una piccola rivelazione che scosta il velo della lente quotidiana che uniforma la visione e permette di vedere ciò che ci circonda come se fosse la prima volta che lo vediamo; è allora che il nostro sguardo si pulisce dalle contaminazioni abitudinarie e riesce a decontestualizzare l’oggetto della visione, in una parola a svelarcelo.
Giulio Obici utilizzava questo metodo ogni volta che accostava l’occhio al mirino, cercando il momento giusto per compiere quel gesto che impressiona la pellicola definitivamente.
Giulio Obici, classe 1934, è dai più conosciuto per la sua lunga e intensa carriera da giornalista, attraverso la quale ha scavato, analizzato e indagato i fatti, per presentarceli riordinati sulle pagine dei giornali. Quello che non tutti sanno e conoscono è la passione, quasi occulta, che nutriva per la fotografia. Non un hobby ne tantomeno un passatempo, ma una metodologia precisa per guardare il mondo. E se qualcosa hanno in comune il giornalismo e la fotografia forse è proprio che entrambe si basano sul guardare ciò che ci circonda e trovare un modo di ordinarlo, incorniciarlo e presentarlo, solo dopo averlo capito.
Negli oltre cento scatti che compongono la mostra presentata alla Wave Photogallery ripercorriamo così gli sguardi di Giulio Obici dagli anni ottanta al duemiladieci. Sguardi, non sguardo: perché, durante il lavoro di riorganizzazione dell’archivio che ci ha permesso una scelta oculata e rappresentativa del suo lavoro, oltre che la stampa di un ragionato catalogo, ci siamo accorti che il metodo di Obici era reiterativo, narrativo, e seguiva filoni precisi, ben delimitati ma differenti tra loro per tematiche e trattamenti tecnici.
Una parte dunque pubblica, metropolitana composta da scatti metaforici, caratterizzati dall’accostamento stridente di elementi urbani o dal gusto antropologico ma poetico allo stesso tempo. Segue poi una parte più intima, privata composta da paesaggi deformati dai grandangoli, nature morte artificiali e figure umane che diventano al contrario elemento d’arredo fotografico nella serie dei folletti.
Se la divisione in categorie serve a evidenziare le diramazioni narrative del fotografo è importante però non pensarli come comparti stagni. Sarebbe un errore non considerare anche tutti gli scatti come frammenti di un'unica grande narrazione che altro non è che la poetica del fotografo. Una poetica che funziona come minimo comune denominatore di ogni scatto e che credo sia riassumibile nel concetto di epifania, una piccola rivelazione che scosta il velo della lente quotidiana che uniforma la visione e permette di vedere ciò che ci circonda come se fosse la prima volta che lo vediamo; è allora che il nostro sguardo si pulisce dalle contaminazioni abitudinarie e riesce a decontestualizzare l’oggetto della visione, in una parola a svelarcelo.
Giulio Obici utilizzava questo metodo ogni volta che accostava l’occhio al mirino, cercando il momento giusto per compiere quel gesto che impressiona la pellicola definitivamente.
19
ottobre 2013
Giulio Obici
Dal 19 ottobre al 27 novembre 2013
fotografia
Location
WAVE PHOTOGALLERY
Brescia, Via Trieste, 32/a, (Brescia)
Brescia, Via Trieste, 32/a, (Brescia)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19.30
Vernissage
19 Ottobre 2013, h 19
Autore