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Giulio Paolini – In via d’ipotesi
le antiche celle dei monaci affacciate su un semplice chiostro di mattoni, ospitano una serie di opere di Giulio Paolini, dedicate alla natura dell’opera d’arte e alla sua formazione, tra disegno, progetto e realizzazione. Nelle stanze del conventino, Paolini presenta un percorso concettuale che si dipana tra idea, immagine, identità, progetto, disegno e fotografia.
Comunicato stampa
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Dopo aver ospitato le mostre personali di Enzo Cucchi nel 2007, Ettore Spalletti nel 2008, Mario Merz nel 2009, quest’anno l’arte contemporanea internazionale torna nel convento dei Servi di Maria di Monteciccardo con il quarto appuntamento di MEMORIALE DAL CONVENTO, dedicato a GIULIO PAOLINI.
Il titolo del ciclo, tratto dal un celebre romanzo dello scrittore portoghese Josè Saramago, sottolinea la particolare natura del luogo che ospita la mostra: un convento del Seicento immerso nel paesaggio marchigiano.
Così, le antiche celle dei monaci affacciate su un semplice chiostro di mattoni, ospitano una serie di opere di Giulio Paolini, dedicate alla natura dell’opera d’arte e alla sua formazione, tra disegno, progetto e realizzazione. Nelle stanze del conventino, Paolini presenta un percorso concettuale che si dipana tra idea, immagine, identità, progetto, disegno e fotografia.
Tutte le opere, costituite da cornici dorate, fotografie, disegni e collages su parete, sono realizzate e datate nel periodo dell’esposizione.
Un itinerario intimo e inedito all’interno della ricerca dell’artista, concepito come un’ipotesi di approccio alla natura stessa dell’opera, in perenne bilico tra passato, presente e futuro.
“Cinque stanze in successione, a cannocchiale, un piccolo labirinto senza ingresso e senza uscita, un’area dove tutto può restare com’è date le tracce e le memorie che vi sono nascoste. L’ospite, sulla soglia, non entra e non esce: resta a osservare, si ferma a guardare… Riuscirà a vedere?” scrive Giulio Paolini.
“La mostra è costruita sul rapporto tra le celle del convento e le opere dell’artista, quasi a voler suggerire una sorta di diario privato di lavoro, che viene rivelato al pubblico nell’atmosfera rarefatta dell’edificio monastico, adibito un tempo alla preghiera e alla meditazione“ scrive Ludovico Pratesi.
Giulio Paolini è nato a Genova nel 1940 e vive a Torino.
Dalla sua prima partecipazione a un’esposizione collettiva (1961) e dalla sua prima personale (1964) ha tenuto innumerevoli mostre in gallerie e musei di tutto il mondo. Tra le maggiori antologiche si ricordano quelle al Palazzo della Pilotta a Parma (1976), allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1980), al Nouveau Musée di Villeurbanne (1984), alla Staatsgalerie di Stoccarda (1986), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1988), alla Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz (1998) e alla Fondazione Prada a Milano (2003).
Ha partecipato a diverse mostre di Arte povera e a varie edizioni della Documenta di Kassel e della Biennale di Venezia. Il suo lavoro è rappresentato in numerose collezioni pubbliche internazionali.
Il titolo del ciclo, tratto dal un celebre romanzo dello scrittore portoghese Josè Saramago, sottolinea la particolare natura del luogo che ospita la mostra: un convento del Seicento immerso nel paesaggio marchigiano.
Così, le antiche celle dei monaci affacciate su un semplice chiostro di mattoni, ospitano una serie di opere di Giulio Paolini, dedicate alla natura dell’opera d’arte e alla sua formazione, tra disegno, progetto e realizzazione. Nelle stanze del conventino, Paolini presenta un percorso concettuale che si dipana tra idea, immagine, identità, progetto, disegno e fotografia.
Tutte le opere, costituite da cornici dorate, fotografie, disegni e collages su parete, sono realizzate e datate nel periodo dell’esposizione.
Un itinerario intimo e inedito all’interno della ricerca dell’artista, concepito come un’ipotesi di approccio alla natura stessa dell’opera, in perenne bilico tra passato, presente e futuro.
“Cinque stanze in successione, a cannocchiale, un piccolo labirinto senza ingresso e senza uscita, un’area dove tutto può restare com’è date le tracce e le memorie che vi sono nascoste. L’ospite, sulla soglia, non entra e non esce: resta a osservare, si ferma a guardare… Riuscirà a vedere?” scrive Giulio Paolini.
“La mostra è costruita sul rapporto tra le celle del convento e le opere dell’artista, quasi a voler suggerire una sorta di diario privato di lavoro, che viene rivelato al pubblico nell’atmosfera rarefatta dell’edificio monastico, adibito un tempo alla preghiera e alla meditazione“ scrive Ludovico Pratesi.
Giulio Paolini è nato a Genova nel 1940 e vive a Torino.
Dalla sua prima partecipazione a un’esposizione collettiva (1961) e dalla sua prima personale (1964) ha tenuto innumerevoli mostre in gallerie e musei di tutto il mondo. Tra le maggiori antologiche si ricordano quelle al Palazzo della Pilotta a Parma (1976), allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1980), al Nouveau Musée di Villeurbanne (1984), alla Staatsgalerie di Stoccarda (1986), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1988), alla Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz (1998) e alla Fondazione Prada a Milano (2003).
Ha partecipato a diverse mostre di Arte povera e a varie edizioni della Documenta di Kassel e della Biennale di Venezia. Il suo lavoro è rappresentato in numerose collezioni pubbliche internazionali.
17
luglio 2010
Giulio Paolini – In via d’ipotesi
Dal 17 luglio al 17 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA IL CONVENTINO
Monteciccardo, Via Conventino, 3, (Pesaro E Urbino)
Monteciccardo, Via Conventino, 3, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
da venerdì a domenica 18-20 o su prenotazione
Vernissage
17 Luglio 2010, ore 19
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore