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Giulio Picelli – Dame e Cavalieri
Mostra personale
Comunicato stampa
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Dal 24 aprile al 13 maggio 2001 la Galleria “Arianna Sartori Arte & object design” di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, ospita la mostra personale dell’artista milanese Giulio Picelli intitolata “Dame e Cavalieri”. L’inaugurazione si svolgerà Sabato 24 aprile dalle ore 18.00 alla presenza dell’artista.
L’evento, che si concluderà il 13 maggio 2010, resterà aperta al pubblico dal Lunedì al Sabato, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30.
“LE STANZE DI MNEMOSINE”
Le stanze sono in penombra. Il silenzio intenso, di velluto, è vivo, fremente d’echi sepolti di brusii. Una patina lieve d’opaco riveste gli oggetti, più immateriale ed adesa d’un velo di polvere. Nello specchio incrinato una piccola macchia s’apre la via ramificandosi tra il cristallo e l’argento: un fiore verde del tempo, uno iato tra l’ieri e il domani.
Le stanze di Mnemosine si susseguono, liete e dolenti, in uno spento lucore d’ombre variopinte. La sorella di Crono è madre delle Muse: la poesia, le scienze, le arti tutte, sono figlie della memoria.
Accumulo, stratificazione, metabolizzazione, d’esperienze ed emozioni, prima e più che d’oggetti atti a rievocarle, la memoria ci accompagna costante, tessendo una rete fitta di cunicoli che istantanei ci rapportano, nel tempo e nello spazio, ad altri, e a quegli altri che noi siamo stati.
Per Picelli la memoria recita un ruolo primario anteriormente al dipinto: al di qua e prima. Nel senso che tutto ciò che questo artista trasfonde nell’opera non giunge dal suo occhio, bensì dalla sua coscienza. Ogni visione è stata còlta e assorbita, assimilata e poi riproposta, attraverso un doppio filtro personalizzante. Figurative o aniconiche che siano (già Luciano Budigna evidenziò di Picelli “l’emancipazione dagli schemi della rigida ortodossia figurale e, più ancora, del conformismo naturalistico”), non si tratta d’immagini della realtà esterna, bensì di proiezioni da dentro, di visioni interiori.
Una cassetta per caratteri da tipografia è parsa a Picelli l’emblema stesso della memoria: un contenitore di piombi e di testi virtuali, di tutto ciò che è stato o potrà essere pensato e scritto, comunicato ad altri, tramandato attraverso la generazioni. Posto in verticale, esso è divenuto una bacheca: in luogo dei caratteri accoglie minuscoli oggetti, con infinite possibi¬lità di racconto, di ricordi evocati e di fantasie indotte.
Il cassetto da tipografia non è solo un espediente mentale, o un luogo dello spirito: nello studio di Picelli troneggia nella sua reale fisicità, fitto di ninnoli e oggettini. E ricorre nei dipinti dell’artista: non a caso. A volte è solo un pretesto, e gli oggetti incasellati non risultano leggibili. A volte si tramuta in un teatrino multiplo, ogni scomparto ospitando figurine alluse eppure eloquenti, in una loro solennità araldica.
Quella bacheca è un passaggio segreto per entrare nel mondo di Picelli. O piuttosto un ingresso privilegiato. Perché è del tutto palese l’interesse dell’artista per la dimensione della memoria, dei ricordi: d’oggetti e situazioni, di persone e sentimenti. Lo è nei “ritratti di famiglia”, dove protagonista, più della caratterizzazione fisioniomica, è l’atmosfera d’antan, che nella posa costruita per giungere ai posteri è palpabile come la griglia dei rapporti interpersonali, leggibile quanto la trama compositiva o l’ordito cromatico del dipinto. Lo è, non meno, negli specchi che nei lavori di Picelli rimandano visioni d’interni che in realtà sono spaccati d’esistenza, finali d’atto della commedia umana. Oppure contrappongono un io al proprio doppio, alla propria imago, veritiera e misteriosa insieme. D’ogni realtà, d’ogni verità, esiste un’immagine speculare; un mondo nascosto si lascia intravedere riflesso.
“Dietro lo specchio”, tra visioni interiori, il ritratto può quindi slittare sotto il pennello, e la figura mutare di coordinate, spazio-temporali, trasformarsi in archetipo; la statuina di cavallo e cavaliere può prendere vita, e l’armato irrigidirsi a serrare la lancia per il torneo, oppure ingentilirsi a reggere nel guanto d’acciaio ageminato un fragrante mazzo di fiori; ciarpame accatastato in un solaio o in un magazzino di rigattiere sembra mostrare un’inspiegabile vitalità, e l’accumulo pare mutarsi in organismo...
Anche composizioni d’oggetti, con la scacchiera, i frutti, un fiore secco, la guépière che consapevolmente rimanda ad Hogart... più che le loro fattezze presentano le loro aure, i vissuti connessi, i legami che attraverso il tempo hanno intrecciato con altre voci del creato.
Picelli osserva e incasella: persone, oggetti, situazioni, relazioni. Stipa il tutto in una sterminata soffitta mentale. Numerosi fantasmi vi avranno accompagnato antichi bauli o saranno rimasti imprigionati in vecchi ritratti. Forme e colori si sono stratificati con ricordi e sentimenti. Poi... un colpo di bacchetta (l’asticciola di un pennello, di lunghezza adeguata) basta ad animare un angolo del deposito e i revenants si materializzano sulla tela. O sulla lastra. Perché Picelli, pittore colorista generoso, talvolta impetuoso, sepprir sempre ben equilibrato, è anche incisore sopraffino. Ma le sue punte sono mosse dall’impazienza del “detta dentro” più che dal rigore che accompagna tecniche tanto esigenti. Il risultato tuttavia non lo lascia sospettare: il segno è elegante e perfetto e la stampa - eseguita di persona, con il tor¬chio che fa bella mostra di sé in bottega, lungo il Naviglio Grande - presenta ricercatezze sorprendenti.
Nelle incisioni come nei dipinti (affreschi compresi) un senso di mistero, un racconto accennato e non svolto, echi lontani e molteplici di vissuto e di cultura, evocazioni di stati d’animo, aleggiano sopra gli oggetti raffigurati, di cui s’appalesa il ruolo di spunto. La casualità degli accumuli è apparente: gli accostamenti nascono da percorsi sommersi ma coerenti, necessari. Ma essi non sono i protagonisti: vera protagonista è la vita, la vicenda umana, che lascia tracce di sé attraverso il tempo, oltre il susseguirsi delle generazioni. Può coglierne il messaggio, dal più umile degli oggetti come da una grande testimonianza di civiltà, chi è animato da un sentimento di apertura e partecipazione: verso gli altri, verso l’umanità non transeunte, verso la vita che continua oltre ogni singolo individuo. Come un’aquila bicipite, si vedrà allora insieme in due direzioni opposte: con gli occhi della memoria e quelli della fantasia.
“Dove vien meno l’interesse, vien meno anche la memoria”. L’asserzione è di Goethe.
Pier Luigi Senna, Milano, marzo 1997
Colori
S’io riposo, nel lento divenire/ degli occhi, mi soffermo/ all’eccesso beato dei colori;/ qui non temo più fughe o fantasie/ ma la “penetrazione” mi abolisce.// Amo i colori, tempi di un anelito/ inquieto, irresolvibile, vitale,/ spiegazione umilissima e sovrana/ dei cosmici “perché” del mio respiro.// La luce mi sospinge ma il colore/ m’attenua, predicando l’impotenza/ del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.//
Ed è per il colore cui mi dono/ s’io mi ricordo a tratti del mio aspetto/ e quindi del mio limite.//
La gioia dell’artista è sempre stata quella di realizzare il suo pensiero, sia in parole, sia in musica, sia in colore.
Fin da ragazza la pittura mi ha appassionato e ancora adesso riempio la casa di oggetti che simultaneamente mi danno il senso del colore. Il pittore sa che la magia del colore si piega a tutti gli effetti, come il poeta sa che la parola può essere distrutta e riedificata.
Lo spirito che vibra nelle opere del Picelli è appunto quel vago sentore di sapienza e di ritmo che porta all’invenzione della parola. Ogni quadro quindi è una chiusura ermetica, una poesia compiuta, come ogni poesia è un quadro a sé stante, qualche cosa di irrepetibile che lascia nell’animo un chiaro ricordo del metafisico.
La pittura si intende anche, talvolta, come bacio della fortuna, di questa Dea magnifica che lascia spesso gli artisti nella rinuncia. Ma c’è mai stata rinuncia nell’artista?
Il Picelli nei suoi dipinti ci parla di magnificenza e fasti di larga immaginazione.
Non credo che la riva sinistra del Naviglio abbia influenzato la sua opera: egli ha sostato da noi come un colombo che si posa momentaneamente su un ramo. Ma la realtà nostra, di tutti gli artisti, non è nel panorama circostante, ma nel gaudio che promana da noi stessi.
Alda Merini
Predominano nella sua produzione temi fondati sulla fantasia, sul sogno, sulla memoria. Una pic¬cola galleria di figure indicative del mistero, della sacralità e della dissacrazione, che i trionfi della civiltà tecnocratica e consumistica non hanno certo espunto dal subliminale contesto dell’anima umana, un coacervo di poveri oggetti in disuso magicamente evocati dal limbo delle soffitte e delle cantine in una luce pulviscolare di “réverie”: ecco il repertorio prediletto della pittura di Picelli, i pretesti, le “occasioni” più felici del suo impulso creativo.
Luciano Budigna
… immagini ed elementi che entrano nella composizione, sono soltanto evocazioni di stati d’animo, di pensieri, ma l’artista le ha sentite tanto vive da riuscire a descrivercele, pur nel groviglio della conduzione, da mostrarcele ricche di particolari surreali che fanno da sottofondo come un accompa¬gnamento musicale a quella che sarà la materializzazione dell’immagine protagonista di un discorso che va facendosi sempre meno nebuloso nei momenti più felici vissuti dall’artista durante le varie fasi creative tra le quali passa la sua opera.
Dino Villani
Ancorato saldamente alle linee fondamentali della figurazione emblematica, con un rapporto diretto tanto con l’interno dei soggetti quanto con l’esterno che definisce di ciascuno di essi il significato compositivo, egli dilata e stravolge il senso oggettivo dei contenuti con una reinvenzione formale stupefacente, in cui il grottesco-allegorico si carica di mistero.
A prima vista può sembrare che l’intento illustrativo assolva a una funzione peculiare del codice artistico picelliano; ma poi, a una esame più attento e minuzioso di ogni opera, si scopre che ciascuna documenta una tematica precisa e nessun particolare del suo insieme è pretestuoso, banale, superfluo. Giulio Picelli non ricorre ad espedienti deteriori, a finzioni. Ogni cosa che dipinge ha il valore di una frase, di un verso, come se egli scrivesse un racconto o una poesia.
J.Pierre Jouvet
…un cavaliere con celata ed una mazzo di fiori. Il cavaliere è Don Chisciotte, che sogna sé medesimo, non può finire in soffitta, lui è il “Cavaliere inesistente”, sogno di un sogno. Un coccodrillo ridotto al suo ultimo stadio di borsetta, ad adornare in compagnia di una ex volpe siberiana, una signora misteriosa come Mata Hari.
La donna, presenza costante. Sempre la stessa, enigmatica, diafana, lontana. Per precauzione forse, spesso è già messa in cornice: non una donna, ma il ritratto di una donna, anch’essa destinata alla polvere del tempo.
Oggetti dunque sfuggenti, inafferrabili, ombre intraviste e dimenticate. Ma l’insieme, il quadro, ha una presenza reale, un peso che si impone.
Perché Picelli, altrettanto è vago nel racconto e nei significati, quanto concreto nella stesura pittorica; sfaccettata, variegata di tante implicazioni, complessa quanto ricca. Dipingendo, è come se si facesse condurre una mano dalla sua completa preparazione classica, l’altra dagli echi magicamente frammisti del post-impressionismo.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: attraverso componenti tanto eterogenee, e con una oggettualità così ambigua, qual è il risultato?
Un quadro romantico senza romanticismo, crepuscolare senza sentimentalismo, espressionista senza espressionismo1 simbolico senza simbolismo, reale senza realismo, moderno senza modernismo: è un quadro di Giulio Picelli.
Maurizio Corgnati
L’uomo, diciamo pure l’amico, non è facile né subitaneo nell’aprire l’animo a chicchessia; ascolta, osserva medita e pian piano si rivela, inizia a comunicare; i giorni di Verona, nella atmosfera cordiale di casa Parise, hanno sciolto il ghiaccio e la profonda dimensione umana di Giulio Picelli si è palesata pari alla compiuta personalità d’arte che le sue opere denunciano.
Picelli sta alle calcagna dell’uomo con l’intento di capirne e carpirne il segreto esistenziale, egli si appropria di ogni cosa l’uomo si lascia alle spalle; in ognuno di quegli oggetti scorge le tracce di un sentimento, di una idea, di un legame che per breve o lungo tempo sono stati compagni d’esistenza. Qui insorge l’artista, il pittore che a proprio giudizio dispone gli oggetti, li accosta secondo un gusto compositivo che subito ne rivela la classe: tutto rivive come ad un tocco dal magico effetto, il pennello di Picelli non solo ridona ai soggetti lo splendore primigenio, ma li ricrea li sublima in una realtà che bilica tra la poesia ed il ricordo, dosando toni chiaroscurali che innescano una atmosfera di sogno. Così trascorre la vita dell’uomo, dimentica di tanti, troppi episodi che pur ne sono stati parte integrante, Picelli sa scegliere tra questi scampoli un materiale esaltante per la sua creazione d’arte.
Queste splendide spettrali nature morte a volte si animano e dal loro contesto sorgono, come per incanto, forme umane di antichi guerrieri, di paludati cavalli dalle sgargianti gualdrappe, di scultorei atleti dell’Ellade, di figure legate alla trascendenza. Guardiamole a fondo, queste magiche invenzioni dell’estro di Giulio Picelli, non sarà difficile arguire il reimpiego di quella congerie di materiali refusé, di cui abbiamo esaminato la natura nella prima parte di questa analisi, ora sono acconciati a produrre le epiche scene cavalleresche, le sciarpe i veli le stoffe a vestire cavalli e cavalieri; gli orpelli, le statue, i giochi dei bimbi han ripreso vita, si sono dilatati nella nuova dimensione compositiva; i volti, le figure degli sbiaditi dagherrotipi hanno protagonizzato i lineamenti dei nuovi eroi immaginati dall’artista.
È un mondo che nasce dal sogno, dalla memoria, soprattutto dalla cultura di un autore che pensa, che sogna ripeto, che sa farci sognare.
Mario Pistono
Il suo approccio con i Navigli, avviene nei primi anni settanta, quando apre uno studio in un vecchio cortile di Via Magolfa, in seguito si trasferisce sull’Alzaia Naviglio Grande; una rampa di scale ed una ringhiera. Poi si è spostato più in là, direttamente visibile dalla strada.
Capita di vederlo, inquadrato nella porta del suo studio, mentre lascia scivolare uno sguardo filtrato, oltre il canale, oltre anche le case di fronte, impenetrabile come i cavalieri dei suoi quadri, di allora e di ora.
Emozioni, sentimenti, sono parole preziose di cui il pittore dipinge i gusci per i quali l’uomo si fa impenetrabile scrigno. Ma emozioni e sentimenti sono oggetto di costante ricerca, il suo cuore è occupato a rinnovare l’incontro, il felice incontro con la donna velata, quella che il cavaliere invola su cavalli che sono anche l’Ippogrifo dei suoi sogni e l’Unicorno dei suoi desideri.
Quasi in segno di gratitudine, nei confronti della realtà che lo protegge, egli si sente custode dei segni della quotidianità: nel suo studio, oltre al torchio da incisione, cavalletti, tele, pennelli, colori, trovano spazio in ordinata confusione, oggetti vari, fiori secchi, e un paio di gambe da manichino, che spuntano da sotto un tavolo con macchina da scrivere, la sua “mezza segreteria”.
Mariarita Brami
Giulio Picelli, nato a Padova il 31 gennaio 1934, vive e opera a Milano.
Mostre personali:
1970 - Galleria “Accademia”, Milano. Circolo “FC Internazionale”, Milano.
1971 - Galleria “Plinius”, Milano. Galleria “La Ripa”, Milano.
1972 - Galleria “Il Ricciolo”, Milano.
1973 - Galleria “Permanente”, Bergamo. Galleria “Le Firme”, Milano.
1974 - Galleria “Permanente”, Bergamo. Galleria “La Cornice”, Desenzano. Galleria “Le Firme”, Milano.
1975 - Galleria “The Judgement”, Padova.
1976 - Galleria “Il Vertice”, Milano. Galleria “L’incontro”, Verona. Galleria “Il Cenacolo”, Ravenna.
1977 - Galleria “Il Voltone della Molinella”, Faenza. Galleria “Il Vertice”, Milano.
1978 - Galleria “Trentotto”, Bergamo. Galleria “Tibaldi”, Bologna. Galleria “Città di Riva”, Riva del Garda.
1979 - Galleria “La Meridiana”, Verona. Galleria “La Sfinge”, Catania.
1980 - Galleria “Il Vertice”, Milano. Galleria “T. Tasso”, Bergamo. Galleria “George Gallery”, Londra.
1981 - Galleria “Club del Collezionista”, Novara.
1982 - Galleria “Palazzo Comunale”, Brindisi. Galleria “Sant’Andrea”, Milano.
1983 - Galleria “Andreani”, Mantova. Galleria “Città di Riva”, Riva del Garda. Galleria “L’Acquario”, Forlì.
1984 - Galleria “Il Prisma”, Verona. Galleria “La Cittadella”, Torino. Galleria “San Paolo”, Bologna. Galleria “La Garritta”, Bergamo.
1985 - Galleria “Arte Studio”, Montichiari. Galleria “La Primula”, Camogli. Galleria “La Filanda”, Verano Brianza.
1986 - Galleria “Centro dell’Incisione”, Milano. Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure. Galleria “Biblioteca Comunale”, Brindisi.
1987 - Galleria “Giordano”, Genova. Galleria “Ghelfi”, Verona.
1988 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
1989 - Galleria “M.G. Arte”, Brindisi.
1990 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure. Galleria “Espace Bonnard”, Le Cannet. Galleria “Falco”, Martinsicuro (Teramo).
1991 - Galleria “Manzoni”, Bergamo. Galleria “M.G. Arte”, Brindisi.
1992 - Spazio Espositivo “Giò”, Perugia.
1993 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
1995 - Galleria “Mainart”, Bologna. Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure. Palazzina “Warowland”, Salsomaggiore.
1996 - Comune di Magreglio (Como).
1997 - Galleria “Boeri”, Salsomaggiore. Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
1998 - Galleria “La Torre”, Milano.
2000 - Galleria “Man Arte”, Parigi.
2005 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
2007 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
2009 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
2010 - Galleria “arianna Sartori”, Mantova.
Recensioni:
Catalogo Pittura Europea Contemporanea; La Revue Moderne; Annuario Artisti visivi; Archivio Storico Degli Artisti - Ed. I.E.D.A.; La Valigia Diplomatica; Il Pungolo Verde; Il Quadrato; Mercato della Pittura Contemporanea; Annuario Comanducci; Catalogo Nazionale Bolaffi; Informazione Arte; Panarte; Il Subbio; Il Miliardo; Parliamoci; Artecultura; Bresciaoggi; La Gazzetta di Mantova; l’Eco di Bergamo; Il Mattino di Verona; La Stampa; La Gazzetta del Mezzogiorno; Il Resto del Carlino; Il Giorno; Il Gazzettino; Il Secolo XIX, ARCHIVIO.
Hanno scritto di lui:
L. Budigna, D. Villani, L. Lazzari, A. Peracchio; M. Monteverdi, I. Pessina, V. Castelli, M. Pistono, P. Rossi, E. Vigorelli, B. Rosa, A. Mistrangelo, M. Tinazzi, V. Bottino, M. Corgnati, J. Pierre Jouvet, Daniela Ruggi, Pier Luigi Senna.
Sue opere si trovano in collezioni private di:
Argentina, Austria, Canadà, Cina, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Israele, Spagna e Stati Uniti.
L’evento, che si concluderà il 13 maggio 2010, resterà aperta al pubblico dal Lunedì al Sabato, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30.
“LE STANZE DI MNEMOSINE”
Le stanze sono in penombra. Il silenzio intenso, di velluto, è vivo, fremente d’echi sepolti di brusii. Una patina lieve d’opaco riveste gli oggetti, più immateriale ed adesa d’un velo di polvere. Nello specchio incrinato una piccola macchia s’apre la via ramificandosi tra il cristallo e l’argento: un fiore verde del tempo, uno iato tra l’ieri e il domani.
Le stanze di Mnemosine si susseguono, liete e dolenti, in uno spento lucore d’ombre variopinte. La sorella di Crono è madre delle Muse: la poesia, le scienze, le arti tutte, sono figlie della memoria.
Accumulo, stratificazione, metabolizzazione, d’esperienze ed emozioni, prima e più che d’oggetti atti a rievocarle, la memoria ci accompagna costante, tessendo una rete fitta di cunicoli che istantanei ci rapportano, nel tempo e nello spazio, ad altri, e a quegli altri che noi siamo stati.
Per Picelli la memoria recita un ruolo primario anteriormente al dipinto: al di qua e prima. Nel senso che tutto ciò che questo artista trasfonde nell’opera non giunge dal suo occhio, bensì dalla sua coscienza. Ogni visione è stata còlta e assorbita, assimilata e poi riproposta, attraverso un doppio filtro personalizzante. Figurative o aniconiche che siano (già Luciano Budigna evidenziò di Picelli “l’emancipazione dagli schemi della rigida ortodossia figurale e, più ancora, del conformismo naturalistico”), non si tratta d’immagini della realtà esterna, bensì di proiezioni da dentro, di visioni interiori.
Una cassetta per caratteri da tipografia è parsa a Picelli l’emblema stesso della memoria: un contenitore di piombi e di testi virtuali, di tutto ciò che è stato o potrà essere pensato e scritto, comunicato ad altri, tramandato attraverso la generazioni. Posto in verticale, esso è divenuto una bacheca: in luogo dei caratteri accoglie minuscoli oggetti, con infinite possibi¬lità di racconto, di ricordi evocati e di fantasie indotte.
Il cassetto da tipografia non è solo un espediente mentale, o un luogo dello spirito: nello studio di Picelli troneggia nella sua reale fisicità, fitto di ninnoli e oggettini. E ricorre nei dipinti dell’artista: non a caso. A volte è solo un pretesto, e gli oggetti incasellati non risultano leggibili. A volte si tramuta in un teatrino multiplo, ogni scomparto ospitando figurine alluse eppure eloquenti, in una loro solennità araldica.
Quella bacheca è un passaggio segreto per entrare nel mondo di Picelli. O piuttosto un ingresso privilegiato. Perché è del tutto palese l’interesse dell’artista per la dimensione della memoria, dei ricordi: d’oggetti e situazioni, di persone e sentimenti. Lo è nei “ritratti di famiglia”, dove protagonista, più della caratterizzazione fisioniomica, è l’atmosfera d’antan, che nella posa costruita per giungere ai posteri è palpabile come la griglia dei rapporti interpersonali, leggibile quanto la trama compositiva o l’ordito cromatico del dipinto. Lo è, non meno, negli specchi che nei lavori di Picelli rimandano visioni d’interni che in realtà sono spaccati d’esistenza, finali d’atto della commedia umana. Oppure contrappongono un io al proprio doppio, alla propria imago, veritiera e misteriosa insieme. D’ogni realtà, d’ogni verità, esiste un’immagine speculare; un mondo nascosto si lascia intravedere riflesso.
“Dietro lo specchio”, tra visioni interiori, il ritratto può quindi slittare sotto il pennello, e la figura mutare di coordinate, spazio-temporali, trasformarsi in archetipo; la statuina di cavallo e cavaliere può prendere vita, e l’armato irrigidirsi a serrare la lancia per il torneo, oppure ingentilirsi a reggere nel guanto d’acciaio ageminato un fragrante mazzo di fiori; ciarpame accatastato in un solaio o in un magazzino di rigattiere sembra mostrare un’inspiegabile vitalità, e l’accumulo pare mutarsi in organismo...
Anche composizioni d’oggetti, con la scacchiera, i frutti, un fiore secco, la guépière che consapevolmente rimanda ad Hogart... più che le loro fattezze presentano le loro aure, i vissuti connessi, i legami che attraverso il tempo hanno intrecciato con altre voci del creato.
Picelli osserva e incasella: persone, oggetti, situazioni, relazioni. Stipa il tutto in una sterminata soffitta mentale. Numerosi fantasmi vi avranno accompagnato antichi bauli o saranno rimasti imprigionati in vecchi ritratti. Forme e colori si sono stratificati con ricordi e sentimenti. Poi... un colpo di bacchetta (l’asticciola di un pennello, di lunghezza adeguata) basta ad animare un angolo del deposito e i revenants si materializzano sulla tela. O sulla lastra. Perché Picelli, pittore colorista generoso, talvolta impetuoso, sepprir sempre ben equilibrato, è anche incisore sopraffino. Ma le sue punte sono mosse dall’impazienza del “detta dentro” più che dal rigore che accompagna tecniche tanto esigenti. Il risultato tuttavia non lo lascia sospettare: il segno è elegante e perfetto e la stampa - eseguita di persona, con il tor¬chio che fa bella mostra di sé in bottega, lungo il Naviglio Grande - presenta ricercatezze sorprendenti.
Nelle incisioni come nei dipinti (affreschi compresi) un senso di mistero, un racconto accennato e non svolto, echi lontani e molteplici di vissuto e di cultura, evocazioni di stati d’animo, aleggiano sopra gli oggetti raffigurati, di cui s’appalesa il ruolo di spunto. La casualità degli accumuli è apparente: gli accostamenti nascono da percorsi sommersi ma coerenti, necessari. Ma essi non sono i protagonisti: vera protagonista è la vita, la vicenda umana, che lascia tracce di sé attraverso il tempo, oltre il susseguirsi delle generazioni. Può coglierne il messaggio, dal più umile degli oggetti come da una grande testimonianza di civiltà, chi è animato da un sentimento di apertura e partecipazione: verso gli altri, verso l’umanità non transeunte, verso la vita che continua oltre ogni singolo individuo. Come un’aquila bicipite, si vedrà allora insieme in due direzioni opposte: con gli occhi della memoria e quelli della fantasia.
“Dove vien meno l’interesse, vien meno anche la memoria”. L’asserzione è di Goethe.
Pier Luigi Senna, Milano, marzo 1997
Colori
S’io riposo, nel lento divenire/ degli occhi, mi soffermo/ all’eccesso beato dei colori;/ qui non temo più fughe o fantasie/ ma la “penetrazione” mi abolisce.// Amo i colori, tempi di un anelito/ inquieto, irresolvibile, vitale,/ spiegazione umilissima e sovrana/ dei cosmici “perché” del mio respiro.// La luce mi sospinge ma il colore/ m’attenua, predicando l’impotenza/ del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.//
Ed è per il colore cui mi dono/ s’io mi ricordo a tratti del mio aspetto/ e quindi del mio limite.//
La gioia dell’artista è sempre stata quella di realizzare il suo pensiero, sia in parole, sia in musica, sia in colore.
Fin da ragazza la pittura mi ha appassionato e ancora adesso riempio la casa di oggetti che simultaneamente mi danno il senso del colore. Il pittore sa che la magia del colore si piega a tutti gli effetti, come il poeta sa che la parola può essere distrutta e riedificata.
Lo spirito che vibra nelle opere del Picelli è appunto quel vago sentore di sapienza e di ritmo che porta all’invenzione della parola. Ogni quadro quindi è una chiusura ermetica, una poesia compiuta, come ogni poesia è un quadro a sé stante, qualche cosa di irrepetibile che lascia nell’animo un chiaro ricordo del metafisico.
La pittura si intende anche, talvolta, come bacio della fortuna, di questa Dea magnifica che lascia spesso gli artisti nella rinuncia. Ma c’è mai stata rinuncia nell’artista?
Il Picelli nei suoi dipinti ci parla di magnificenza e fasti di larga immaginazione.
Non credo che la riva sinistra del Naviglio abbia influenzato la sua opera: egli ha sostato da noi come un colombo che si posa momentaneamente su un ramo. Ma la realtà nostra, di tutti gli artisti, non è nel panorama circostante, ma nel gaudio che promana da noi stessi.
Alda Merini
Predominano nella sua produzione temi fondati sulla fantasia, sul sogno, sulla memoria. Una pic¬cola galleria di figure indicative del mistero, della sacralità e della dissacrazione, che i trionfi della civiltà tecnocratica e consumistica non hanno certo espunto dal subliminale contesto dell’anima umana, un coacervo di poveri oggetti in disuso magicamente evocati dal limbo delle soffitte e delle cantine in una luce pulviscolare di “réverie”: ecco il repertorio prediletto della pittura di Picelli, i pretesti, le “occasioni” più felici del suo impulso creativo.
Luciano Budigna
… immagini ed elementi che entrano nella composizione, sono soltanto evocazioni di stati d’animo, di pensieri, ma l’artista le ha sentite tanto vive da riuscire a descrivercele, pur nel groviglio della conduzione, da mostrarcele ricche di particolari surreali che fanno da sottofondo come un accompa¬gnamento musicale a quella che sarà la materializzazione dell’immagine protagonista di un discorso che va facendosi sempre meno nebuloso nei momenti più felici vissuti dall’artista durante le varie fasi creative tra le quali passa la sua opera.
Dino Villani
Ancorato saldamente alle linee fondamentali della figurazione emblematica, con un rapporto diretto tanto con l’interno dei soggetti quanto con l’esterno che definisce di ciascuno di essi il significato compositivo, egli dilata e stravolge il senso oggettivo dei contenuti con una reinvenzione formale stupefacente, in cui il grottesco-allegorico si carica di mistero.
A prima vista può sembrare che l’intento illustrativo assolva a una funzione peculiare del codice artistico picelliano; ma poi, a una esame più attento e minuzioso di ogni opera, si scopre che ciascuna documenta una tematica precisa e nessun particolare del suo insieme è pretestuoso, banale, superfluo. Giulio Picelli non ricorre ad espedienti deteriori, a finzioni. Ogni cosa che dipinge ha il valore di una frase, di un verso, come se egli scrivesse un racconto o una poesia.
J.Pierre Jouvet
…un cavaliere con celata ed una mazzo di fiori. Il cavaliere è Don Chisciotte, che sogna sé medesimo, non può finire in soffitta, lui è il “Cavaliere inesistente”, sogno di un sogno. Un coccodrillo ridotto al suo ultimo stadio di borsetta, ad adornare in compagnia di una ex volpe siberiana, una signora misteriosa come Mata Hari.
La donna, presenza costante. Sempre la stessa, enigmatica, diafana, lontana. Per precauzione forse, spesso è già messa in cornice: non una donna, ma il ritratto di una donna, anch’essa destinata alla polvere del tempo.
Oggetti dunque sfuggenti, inafferrabili, ombre intraviste e dimenticate. Ma l’insieme, il quadro, ha una presenza reale, un peso che si impone.
Perché Picelli, altrettanto è vago nel racconto e nei significati, quanto concreto nella stesura pittorica; sfaccettata, variegata di tante implicazioni, complessa quanto ricca. Dipingendo, è come se si facesse condurre una mano dalla sua completa preparazione classica, l’altra dagli echi magicamente frammisti del post-impressionismo.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: attraverso componenti tanto eterogenee, e con una oggettualità così ambigua, qual è il risultato?
Un quadro romantico senza romanticismo, crepuscolare senza sentimentalismo, espressionista senza espressionismo1 simbolico senza simbolismo, reale senza realismo, moderno senza modernismo: è un quadro di Giulio Picelli.
Maurizio Corgnati
L’uomo, diciamo pure l’amico, non è facile né subitaneo nell’aprire l’animo a chicchessia; ascolta, osserva medita e pian piano si rivela, inizia a comunicare; i giorni di Verona, nella atmosfera cordiale di casa Parise, hanno sciolto il ghiaccio e la profonda dimensione umana di Giulio Picelli si è palesata pari alla compiuta personalità d’arte che le sue opere denunciano.
Picelli sta alle calcagna dell’uomo con l’intento di capirne e carpirne il segreto esistenziale, egli si appropria di ogni cosa l’uomo si lascia alle spalle; in ognuno di quegli oggetti scorge le tracce di un sentimento, di una idea, di un legame che per breve o lungo tempo sono stati compagni d’esistenza. Qui insorge l’artista, il pittore che a proprio giudizio dispone gli oggetti, li accosta secondo un gusto compositivo che subito ne rivela la classe: tutto rivive come ad un tocco dal magico effetto, il pennello di Picelli non solo ridona ai soggetti lo splendore primigenio, ma li ricrea li sublima in una realtà che bilica tra la poesia ed il ricordo, dosando toni chiaroscurali che innescano una atmosfera di sogno. Così trascorre la vita dell’uomo, dimentica di tanti, troppi episodi che pur ne sono stati parte integrante, Picelli sa scegliere tra questi scampoli un materiale esaltante per la sua creazione d’arte.
Queste splendide spettrali nature morte a volte si animano e dal loro contesto sorgono, come per incanto, forme umane di antichi guerrieri, di paludati cavalli dalle sgargianti gualdrappe, di scultorei atleti dell’Ellade, di figure legate alla trascendenza. Guardiamole a fondo, queste magiche invenzioni dell’estro di Giulio Picelli, non sarà difficile arguire il reimpiego di quella congerie di materiali refusé, di cui abbiamo esaminato la natura nella prima parte di questa analisi, ora sono acconciati a produrre le epiche scene cavalleresche, le sciarpe i veli le stoffe a vestire cavalli e cavalieri; gli orpelli, le statue, i giochi dei bimbi han ripreso vita, si sono dilatati nella nuova dimensione compositiva; i volti, le figure degli sbiaditi dagherrotipi hanno protagonizzato i lineamenti dei nuovi eroi immaginati dall’artista.
È un mondo che nasce dal sogno, dalla memoria, soprattutto dalla cultura di un autore che pensa, che sogna ripeto, che sa farci sognare.
Mario Pistono
Il suo approccio con i Navigli, avviene nei primi anni settanta, quando apre uno studio in un vecchio cortile di Via Magolfa, in seguito si trasferisce sull’Alzaia Naviglio Grande; una rampa di scale ed una ringhiera. Poi si è spostato più in là, direttamente visibile dalla strada.
Capita di vederlo, inquadrato nella porta del suo studio, mentre lascia scivolare uno sguardo filtrato, oltre il canale, oltre anche le case di fronte, impenetrabile come i cavalieri dei suoi quadri, di allora e di ora.
Emozioni, sentimenti, sono parole preziose di cui il pittore dipinge i gusci per i quali l’uomo si fa impenetrabile scrigno. Ma emozioni e sentimenti sono oggetto di costante ricerca, il suo cuore è occupato a rinnovare l’incontro, il felice incontro con la donna velata, quella che il cavaliere invola su cavalli che sono anche l’Ippogrifo dei suoi sogni e l’Unicorno dei suoi desideri.
Quasi in segno di gratitudine, nei confronti della realtà che lo protegge, egli si sente custode dei segni della quotidianità: nel suo studio, oltre al torchio da incisione, cavalletti, tele, pennelli, colori, trovano spazio in ordinata confusione, oggetti vari, fiori secchi, e un paio di gambe da manichino, che spuntano da sotto un tavolo con macchina da scrivere, la sua “mezza segreteria”.
Mariarita Brami
Giulio Picelli, nato a Padova il 31 gennaio 1934, vive e opera a Milano.
Mostre personali:
1970 - Galleria “Accademia”, Milano. Circolo “FC Internazionale”, Milano.
1971 - Galleria “Plinius”, Milano. Galleria “La Ripa”, Milano.
1972 - Galleria “Il Ricciolo”, Milano.
1973 - Galleria “Permanente”, Bergamo. Galleria “Le Firme”, Milano.
1974 - Galleria “Permanente”, Bergamo. Galleria “La Cornice”, Desenzano. Galleria “Le Firme”, Milano.
1975 - Galleria “The Judgement”, Padova.
1976 - Galleria “Il Vertice”, Milano. Galleria “L’incontro”, Verona. Galleria “Il Cenacolo”, Ravenna.
1977 - Galleria “Il Voltone della Molinella”, Faenza. Galleria “Il Vertice”, Milano.
1978 - Galleria “Trentotto”, Bergamo. Galleria “Tibaldi”, Bologna. Galleria “Città di Riva”, Riva del Garda.
1979 - Galleria “La Meridiana”, Verona. Galleria “La Sfinge”, Catania.
1980 - Galleria “Il Vertice”, Milano. Galleria “T. Tasso”, Bergamo. Galleria “George Gallery”, Londra.
1981 - Galleria “Club del Collezionista”, Novara.
1982 - Galleria “Palazzo Comunale”, Brindisi. Galleria “Sant’Andrea”, Milano.
1983 - Galleria “Andreani”, Mantova. Galleria “Città di Riva”, Riva del Garda. Galleria “L’Acquario”, Forlì.
1984 - Galleria “Il Prisma”, Verona. Galleria “La Cittadella”, Torino. Galleria “San Paolo”, Bologna. Galleria “La Garritta”, Bergamo.
1985 - Galleria “Arte Studio”, Montichiari. Galleria “La Primula”, Camogli. Galleria “La Filanda”, Verano Brianza.
1986 - Galleria “Centro dell’Incisione”, Milano. Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure. Galleria “Biblioteca Comunale”, Brindisi.
1987 - Galleria “Giordano”, Genova. Galleria “Ghelfi”, Verona.
1988 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
1989 - Galleria “M.G. Arte”, Brindisi.
1990 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure. Galleria “Espace Bonnard”, Le Cannet. Galleria “Falco”, Martinsicuro (Teramo).
1991 - Galleria “Manzoni”, Bergamo. Galleria “M.G. Arte”, Brindisi.
1992 - Spazio Espositivo “Giò”, Perugia.
1993 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
1995 - Galleria “Mainart”, Bologna. Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure. Palazzina “Warowland”, Salsomaggiore.
1996 - Comune di Magreglio (Como).
1997 - Galleria “Boeri”, Salsomaggiore. Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
1998 - Galleria “La Torre”, Milano.
2000 - Galleria “Man Arte”, Parigi.
2005 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
2007 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
2009 - Galleria “Ghiglieri”, Finale Ligure.
2010 - Galleria “arianna Sartori”, Mantova.
Recensioni:
Catalogo Pittura Europea Contemporanea; La Revue Moderne; Annuario Artisti visivi; Archivio Storico Degli Artisti - Ed. I.E.D.A.; La Valigia Diplomatica; Il Pungolo Verde; Il Quadrato; Mercato della Pittura Contemporanea; Annuario Comanducci; Catalogo Nazionale Bolaffi; Informazione Arte; Panarte; Il Subbio; Il Miliardo; Parliamoci; Artecultura; Bresciaoggi; La Gazzetta di Mantova; l’Eco di Bergamo; Il Mattino di Verona; La Stampa; La Gazzetta del Mezzogiorno; Il Resto del Carlino; Il Giorno; Il Gazzettino; Il Secolo XIX, ARCHIVIO.
Hanno scritto di lui:
L. Budigna, D. Villani, L. Lazzari, A. Peracchio; M. Monteverdi, I. Pessina, V. Castelli, M. Pistono, P. Rossi, E. Vigorelli, B. Rosa, A. Mistrangelo, M. Tinazzi, V. Bottino, M. Corgnati, J. Pierre Jouvet, Daniela Ruggi, Pier Luigi Senna.
Sue opere si trovano in collezioni private di:
Argentina, Austria, Canadà, Cina, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Israele, Spagna e Stati Uniti.
24
aprile 2010
Giulio Picelli – Dame e Cavalieri
Dal 24 aprile al 13 maggio 2010
arte contemporanea
Location
ARIANNA SARTORI ARTE & OBJECT DESIGN
Mantova, Via Ippolito Nievo, 10, (Mantova)
Mantova, Via Ippolito Nievo, 10, (Mantova)
Orario di apertura
ore 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi
Vernissage
24 Aprile 2010, ore 18.00
Autore
Curatore