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Giulio Saverio Rossi – Un’immagine ci tiene prigionieri
Quartz Studio ha il piacere di presentare Un’immagine ci tiene prigionieri, la prima mostra personale a Torino dell’artista italiano Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988), a cura di Alessandra Franetovich.
Comunicato stampa
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Quartz Studio ha il piacere di presentare Un’immagine ci tiene prigionieri, la prima mostra personale a Torino dell’artista italiano Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988), a cura di Alessandra Franetovich. Il progetto espositivo è concepito per rappresentare un nuovo capitolo nella riflessione sulla pittura quale dispositivo di indagine critica sullo statuto delle immagini nell'epoca attuale, distintiva della poetica di Rossi.
Un'immagine ci tiene prigionieri accosta due immaginari teoricamente distanti quali l'illustrazione scientifica e l'osservazione quotidiana del paesaggio urbano. L'associazione rivela la coesistenza di diverse possibilità della visione che, rispecchiate nella presenza di un occhio animale, nell’uso di strumenti ottici e nel ruolo della vista umana, raccontano una concezione allargata dell'atto del vedere. L'occhio di un Odontodactylus scyllarus (Canocchia pavone), le ali di una farfalla osservate al microscopio, un coltello conficcato su assi di legno in un cantiere edile cittadino: sebbene oggetto di indagine anche a livello iconografico, queste immagini si mostrano come differenti forme di soggettività dello sguardo e rappresentano altrettante occasioni per ripensare alla prossimità e alla distanza esistente tra l'osservatore e l'oggetto di osservazione. Ne deriva un gioco articolato di rimandi entro cui si connota anche la presenza stessa del fruitore, solo apparentemente esterno, in quanto parte attiva nel contesto della mostra.
Traendo il titolo da una traduzione infedele di Ludwig Wittgenstein, la mostra contestualizza il ruolo della pittura a partire dagli slittamenti di senso posti in essere dalle teorie filosofiche del post-strutturalismo e dalla critica al linguaggio. Tuttavia, diversamente dalla fonte letteraria originale in cui la riflessione è definita al tempo passato (“teneva” e non “tiene”), Un'immagine ci tiene prigionieri dialoga con le condizioni odierne dell’osservazione che viviamo come utenti sommersi nel labirinto della sistematizzazione di impronta positivista ancora oggi così centrale nelle forme istituzionali di controllo del reale, e soffocati dalla sovra-produzione e sovra-esposizione di contenuti visuali. La condizione attuale del medium pittorico è quindi intesa quale chiave di interpretazione rivelativa dei processi di costruzione dell'immagine la quale, nell'era digitale, si dimostra sempre più problematica per le dinamiche che ne regolano la formulazione, produzione, circolazione e il consumo, e una possibile risposta per stabilire invece nuove forme di ecologia dello sguardo.
Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988) vive e lavora a Torino. Ha studiato pittura all’Accademia di Venezia e all’Accademia Albertina di Torino. L’artista lavora sul ripensamento della pittura come controparte rispetto al dominio dell’immagine digitale. Al centro della sua ricerca c’è l’idea di “ecologia dello sguardo”: condizione sospesa fra immagine, materialità e temporalità della fruizione. Il suo lavoro è stato presentato in mostre collettive ed eventi in musei, gallerie e spazi indipendenti in Italia e all’estero. Fra le sue mostre personali: Rodopsina (Ombrelloni Art Space, Roma, 2022); De-clouding (M.A.D, Firenze, 2021); Il giardino di notte (Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno, 2021); Prima di un’immagine dopo di un quadro (CAR DRDE, Bologna, 2021); Nuova Scuola delle Nuvole e della Nebbia (Sichuan Fine Arts Institute, Chongqing, Cina, 2019); Chiasmo (Giorgio Galotti – Alley, Torino, 2019); Ogni cosa rappresa (CAR DRDE, Bologna, 2018); No Subject (Localedue, Bologna, 2017). L’artista è rappresentato da CAR DRDE, Bologna.
Alessandra Franetovich è dottore di ricerca in storia dell'arte contemporanea, critica e curatrice.
Quartz Studio ringrazia l’artista Giulio Saverio Rossi e la curatrice Alessandra Franetovich.
La mostra resterà aperta dal 4 novembre 2023 al 20 gennaio 2024, su appuntamento.
Un'immagine ci tiene prigionieri accosta due immaginari teoricamente distanti quali l'illustrazione scientifica e l'osservazione quotidiana del paesaggio urbano. L'associazione rivela la coesistenza di diverse possibilità della visione che, rispecchiate nella presenza di un occhio animale, nell’uso di strumenti ottici e nel ruolo della vista umana, raccontano una concezione allargata dell'atto del vedere. L'occhio di un Odontodactylus scyllarus (Canocchia pavone), le ali di una farfalla osservate al microscopio, un coltello conficcato su assi di legno in un cantiere edile cittadino: sebbene oggetto di indagine anche a livello iconografico, queste immagini si mostrano come differenti forme di soggettività dello sguardo e rappresentano altrettante occasioni per ripensare alla prossimità e alla distanza esistente tra l'osservatore e l'oggetto di osservazione. Ne deriva un gioco articolato di rimandi entro cui si connota anche la presenza stessa del fruitore, solo apparentemente esterno, in quanto parte attiva nel contesto della mostra.
Traendo il titolo da una traduzione infedele di Ludwig Wittgenstein, la mostra contestualizza il ruolo della pittura a partire dagli slittamenti di senso posti in essere dalle teorie filosofiche del post-strutturalismo e dalla critica al linguaggio. Tuttavia, diversamente dalla fonte letteraria originale in cui la riflessione è definita al tempo passato (“teneva” e non “tiene”), Un'immagine ci tiene prigionieri dialoga con le condizioni odierne dell’osservazione che viviamo come utenti sommersi nel labirinto della sistematizzazione di impronta positivista ancora oggi così centrale nelle forme istituzionali di controllo del reale, e soffocati dalla sovra-produzione e sovra-esposizione di contenuti visuali. La condizione attuale del medium pittorico è quindi intesa quale chiave di interpretazione rivelativa dei processi di costruzione dell'immagine la quale, nell'era digitale, si dimostra sempre più problematica per le dinamiche che ne regolano la formulazione, produzione, circolazione e il consumo, e una possibile risposta per stabilire invece nuove forme di ecologia dello sguardo.
Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988) vive e lavora a Torino. Ha studiato pittura all’Accademia di Venezia e all’Accademia Albertina di Torino. L’artista lavora sul ripensamento della pittura come controparte rispetto al dominio dell’immagine digitale. Al centro della sua ricerca c’è l’idea di “ecologia dello sguardo”: condizione sospesa fra immagine, materialità e temporalità della fruizione. Il suo lavoro è stato presentato in mostre collettive ed eventi in musei, gallerie e spazi indipendenti in Italia e all’estero. Fra le sue mostre personali: Rodopsina (Ombrelloni Art Space, Roma, 2022); De-clouding (M.A.D, Firenze, 2021); Il giardino di notte (Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno, 2021); Prima di un’immagine dopo di un quadro (CAR DRDE, Bologna, 2021); Nuova Scuola delle Nuvole e della Nebbia (Sichuan Fine Arts Institute, Chongqing, Cina, 2019); Chiasmo (Giorgio Galotti – Alley, Torino, 2019); Ogni cosa rappresa (CAR DRDE, Bologna, 2018); No Subject (Localedue, Bologna, 2017). L’artista è rappresentato da CAR DRDE, Bologna.
Alessandra Franetovich è dottore di ricerca in storia dell'arte contemporanea, critica e curatrice.
Quartz Studio ringrazia l’artista Giulio Saverio Rossi e la curatrice Alessandra Franetovich.
La mostra resterà aperta dal 4 novembre 2023 al 20 gennaio 2024, su appuntamento.
04
novembre 2023
Giulio Saverio Rossi – Un’immagine ci tiene prigionieri
Dal 04 novembre 2023 al 20 gennaio 2024
arte contemporanea
Location
QUARTZ STUDIO
Torino, Via Giulia Di Barolo, 18d, (Torino)
Torino, Via Giulia Di Barolo, 18d, (Torino)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
4 Novembre 2023, h 18
Sito web
Autore
Curatore