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giunglaVideo 2006 – torturegarden
giunglaVideo: settimana del videoraduno
Comunicato stampa
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Nel Parco Di Toppo Florio a Buttrio (UD) è in preparazione la mostra d'arte contemporanea Torture Garden, appuntamento notturno, all'aperto nel contesto arboreo di un giardino pubblico d'ispirazione romantica aperto per cinque notti da giovedì 20 a lunedì 24 luglio, ore 21-24.
Voluta dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Assessorato all¹Istruzione e Cultura e dal Comune di Buttrio ed organizzata da Neo associazione culturale di Udine in collaborazione con il Mittelfest di Cividale del Friuli e lo Spac di Buttrio che la ospita, la mostra è curata da Paolo Toffolutti. L'inaugurazione alle ore 21 di giovedì 20 luglio prevede un intervento di Moni Ovadia che farà seguito a quello delle autorità.
La mostra si propone di affrontare il tema quanto mai attuale della tortura: guerra in Irak, nella ex Yugoslavia, eccidi nel Darfur, Guantanamo, episodi di pedofiliaŠ ma anche situazioni che appartengono al vissuto "civile" di pacifici paesi occidentali dove l'esperienza quotidiana, in primis quella del lavoro, può acquisire connotati di tortura quantomeno psicologica. Storicamente, ovunque si diano relazioni umane l'esperienza della tortura è possibile come irrisolta pratica della cultura che si scontra con i limiti e le conflittualità che derivano dalle dicotomie ricchezza/povertà, maschile/femminile, pubblico/privato, legale/illegale - in occidente quanto in oriente.
Lavoro, salute, relazioniŠ possono essere completamente alterati con l¹atto o la filosofia della tortura esercitata consapevolmente od inconsapevolmente, nascosta od esibita, volta a stabilire un¹attesa tra vittima e carnefice che, anche se non consenzienti, si ritrovano uniti nella rappresentazione dei rispettivi ruoli.
Con regolarità gli spettacoli tv ed home video impongono una dose quotidiana di tortura: turbano il nostro immaginario, lo violentano ed al contempo ingenerano assuefazione, inducono un desiderio di trauma ed orientano l¹attenzione verso immagini sempre più choccanti, corrosive, volgari. Senza soluzione di continuità tra fiction e realtà, il desiderio viene coltivato ed accresciuto esibendo situazioni di degrado relazionale ed ambientale. L¹opinione pubblica e la coscienza individuale, abilmente sollecitate dai media, affrontano con sempre maggior leggerezza queste problematiche, fino all'accettazione passiva ed acritica dei fatti.
Opere cinematografiche e della video arte riflettono lo stato dell¹immaginario contemporaneo ed elaborano l¹atto e la filosofia della violenza, rivelandoli alla consapevolezza critica del soggetto.
Vissuti oggettivi o emotivi di sopraffazione, casi di "torture invisibili" spesso non confluenti in immagini di esplicita violenza, serie di sottili crudeltà diluite in piccole dosi di sofferenza oppure drammi talmente macroscopici da doverli rimuovere, tutto ciò viene rivisitato dalle immagini con "occhio responsabile".
La mostra raccoglie materiali video prodotti negli ultimi cinque anni da artisti non specificatamente impegnati sul tema per verificare se nei loro lavori si possano riscontrare tracce di questo vissuto collettivo e della sua rielaborazione.La specificità del linguaggio video - come nel film "Blow up" accadeva con la fotografia - sollecita il pubblico a riconoscere aspetti nascosti o offuscati dei rapporti umani quando intervengano azioni di natura coercitiva, sia essa fisica o psicologica, sofferte dall¹individuo, dall¹ambiente, dalla cultura.
Il video artistico - mezzo molto praticato dalle giovani generazioni di artisti grazie alla diffusione delle tecnologie - dà spazio alle pratiche di ricerca più attuali e "popolari" del linguaggio.
La morte di Nam June Paik avvenuta all'inizio del 2006, ha suggerito, seguendo il filone di ricerca aperto dal grande artista coreano iniziatore della video-arte, una riflessione sulla tecnologia comunicativa che più di ogni altra ha contribuito al cambiamento della società e della cultura globali. Il sottotitolo della rassegna vuole rendergli omaggio citando la sua opera Giunglavideo del 1977.
I visitatori, inseriti in un contesto di natura e tecnologia integrate, potranno passeggiare tra fondali arborei e video-proiezioni dei venti autori provenienti dall'Italia e da alcuni paesi europei che, seguendo un preciso calendario d'incontri, converseranno con il pubblico. Un percorso di crescita dove autori e pubblico potranno sperimentare la duttilità del mezzo e riflettere sulla reale capacità che l'arte contemporanea ancora possiede di superare tabù e parlare di temi del vissuto quotidiano, rifuggendo la dimensione del puro intrattenimento.
La mostra verrà quotidianamente riallestita proponendo una sessantina di opere nell¹arco delle cinque serate, oltre ad azioni "live media" ed incontri con gli autori.
In mostra Piermaria Agostini (Udine) propone dei corti dove i riferimenti alla filmografia di Tarantino divengono pretesto per rivisitare situazioni ed ambienti dell¹esperienza quotidiana nel mondo degli adolescenti. Scuola, tempo libero, genitori, alcool, musica, divengono motori di ricerca per una serie di gags banali costruite ad arte, che ammiccano agli stereotipi di una società frustrata dalle lusinghe del benessere e completamente priva di riferimenti.
Manuela Balint (Rijeka) con "Dodir" ("Tocco" in croato) affronta il rapporto tra il corpo e la sua fragilità. Sull'immagine di un corpo femminile viene versata della cera d¹api in stato liquido, che appena tocca la superficie inizia a raffreddarsi e l'immagine a scomparire. Versando altra cera calda, l¹immagine ricompare. Una sequenza ripetuta più volte sul tema del prendere e perdere l'immagine e l'impronta del corpo.
Michele Bazzana (Udine) è presente con un¹installazione interattiva, un apparato costituito da una telecamera a circuito chiuso che riprende lo spettatore e lo pone in relazione con un monitor. L¹avvicinarsi del pubblico determina una vibrazione perturbante, un tremolio dell¹immagine. Il pubblico è la causa dello spavento, il suo approssimarsi minaccia la tecnologia.
Giorgia Boller (Vicenza) in "Esercizi" affronta e risolve con critica determinazione ipotetici compiti imposti dalla società all¹identità femminile: la necessità della maternità, il desiderio di verginità, il bisogno di non sentirsi donna. Trova delle soluzioni che fanno emergere una sottile violenza, costruite ad immagine e somiglianza dell'identità maschile.
Sergey Bratkov (Kharkov) propone una giovane aspirante cantante lirica, che il destino ha portato a calcare altri palchi per una romanza interpretata in un albergo ad ore di Berlino: immagini che portano i segni di una ripetuta sofferenza.
Stefano Cagol (Trento) ci mostra la bandiera degli Stati Uniti d¹America, magnetica nei suoi movimenti al vento; una fiamma che brucia e si consuma minacciosa in cielo. L¹immagine s¹impone come apparizione
sinistra nella sua ambigua simmetria e nella tensione che infiamma di sé tutta l¹aria.
Lorenzo Commisso (Udine) affronta il tema dell¹imposizione costrittiva di svincoli, di attraversamenti viari, di sequenze e ritmi percussivi dove l¹ossessiva ripetizione costringe a subire l¹imprigionamento obbligato in sequenze di movimenti e riff chiusi, animati unicamente dall¹accidente e dal caso.
Virginia Di Lazzaro (Udine) si fa sorprendere mentre ruba la notte delle rose nei giardini di abitazioni private per impossessarsi di un segno di passione che, al contempo, dissimula la traccia del suo martirio, le spine, che la feriscono nella fretta di impossessarsi del fiore.
Stefan Henrich Ebner (Berlino) costruisce paradisi artificiali psichedelici fatti di luce e colore come fossero astrazioni cromatiche in movimento, pareti di colore che avvolgono, sopraffacendolo, lo spettatore.
Luca Gabrielli (Muggia) con le sue video-animazioni cattura immagini mentali e materiali comuni, producendo aggregati complessi in movimento che esprimono una forte tensione ideale a liberarsi delle sovrastrutture e delle divisioni di genere e specie. Ci possono apparire come disegni animati di propaganda artistica ispirati a concetti e comportamenti della scultura sociale teorizzata da Joseph Beuys.
Interno Tre (Venezia) propongono, tra l'altro, "Glitch Fitness Machine", una suite live di 25 minuti per elettrostimolatore amplificato, modulo sonoro multieffetto e due laptop computers per due sorgenti video. Il segnale a onde quadre diventa uno strumento sonoro che scandisce la durata dei movimenti della proiezione. Le immagini video sono assemblate come corpo di un tessuto predeterminato, che si destruttura producendo errori - glitch - attraverso l'immagine digitale. Si tratta di un work in progress che si esemplifica "live" con la manipolazione delle immagini e dei suoni anche mediante l'utilizzo di dissonanze audio-visive.
Melania Lanzini (Firenze) al centro delle opere inscrive il proprio corpo che dialoga con un¹immaginario pittorico barocco costruito per sovrapposizioni e dissolvenze di fonti e repertori narrativi esistenziali. Immagini e suoni fortemente suggestivi che rimandano a video clip e allegorie dell¹origine e fine della vita.
Elisabetta Novello (Vicenza) da sempre utilizza la cenere come materia prossima al grado zero, da interpretare nelle sue particolarità di corpuscoli invisibili che si addensano e si dissolvono. Una geografia di spostamenti che, nelle immagini video fortemente ingrandite, l¹artista fa apparire simili a micro eventi atmosferici di ispirazione romantica, della quale conserva la brutalità del rapporto uomo-natura.
Alessandro Pascoli (Udine), come un cane alla catena, in "Una Tira l¹Altra" riprende con un¹inquadratura fissa il proprio volto in primo piano, deconcentrato, nell¹atto meccanico e ripetuto di masticare; cibi ed atteggiamenti tipici della società dei consumi e dell¹intrattenimento, ai quali, come ad una tortura, non è dato sottrarsi.
Stefano Pasquini (Bologna) propone alcune immagini simili a documenti di repertorio, dove il luogo del tormento, Bagdad, accomuna uomini e bestie. Le immagini di un mercato, di un corpo in agonia e della sua esposizione al pubblico sguardo, aumentano in crudeltà se accompagnate al brano musicale che le incornicia.
Daniela Perego (Roma) in "Loro" riempie di struggente significato tutte quelle infinite tensioni che accompagnano ed accolgono la violenza dei sentimenti non corrisposti nel rapporto di coppia. I due soggetti si fronteggiano senza incrociare i loro sguardi, innescando un tormentoso percorso alla ricerca di affetto ed attenzione non ricambiati.
Robert Pettena + Opplà (Firenze) in "Ceck Point", così come nelle altre opere presenti in mostra, stabiliscono un clima di costante minaccia dove il più delle volte trova sviluppo una micro storia votata all¹inevitabile. Deriva delle intenzioni esistenziali, situazioni di abbandono di qualsivoglia volontà, vissute in un clima d¹instabilità ed insicurezza che accidentalmente precipita.
Prufrock spa (Rovigo) con "Radiorama" fanno emergere all¹ombra di un recinto in un pomeriggio assolato situazioni contraddittorie di cattività e reclusione, maternità e affezione. In "Shahrazâd Re-Tell-Me" propongono immagini e suoni attentamente composti in riferimento ad una novella tratta da "Le Mille e Una Notte": un percorso narrativo che si snoda attraverso la rappresentazione di quattro episodi strettamente interrelati, che trasformano di fatto una commedia degli equivoci in tragedia.
Davide Skerlj (Trieste) in "Tempo Muto", attraverso un attento repertorio d¹immagini ed atti simbolici, ripropone la parabola esistenziale ed il travaglio che la caratterizza, con la forza icastica di una tragedia classica dove il trascorrere del tempo si è fermato nell'alveo secco di un fiume.
Lara Trevisan (Udine) in "Carne" focalizza l¹attenzione su un pezzo di carne macellato che potrebbe non appartenere a nessuno, oppure potrebbe essere il prolungamento di una parte di un corpo da eliminare, o invece una preda ben precisa. La carne come elemento costitutivo che, se stimolata, induce in noi delle reazioni psicologiche differenti a seconda del tipo di attenzione che essa subisce. La carne può essere massacrata, torturata, dilaniata, accarezzata, squartata, baciataŠ uomini o animali, la sensazione che ne deriva è comune.
Voluta dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Assessorato all¹Istruzione e Cultura e dal Comune di Buttrio ed organizzata da Neo associazione culturale di Udine in collaborazione con il Mittelfest di Cividale del Friuli e lo Spac di Buttrio che la ospita, la mostra è curata da Paolo Toffolutti. L'inaugurazione alle ore 21 di giovedì 20 luglio prevede un intervento di Moni Ovadia che farà seguito a quello delle autorità.
La mostra si propone di affrontare il tema quanto mai attuale della tortura: guerra in Irak, nella ex Yugoslavia, eccidi nel Darfur, Guantanamo, episodi di pedofiliaŠ ma anche situazioni che appartengono al vissuto "civile" di pacifici paesi occidentali dove l'esperienza quotidiana, in primis quella del lavoro, può acquisire connotati di tortura quantomeno psicologica. Storicamente, ovunque si diano relazioni umane l'esperienza della tortura è possibile come irrisolta pratica della cultura che si scontra con i limiti e le conflittualità che derivano dalle dicotomie ricchezza/povertà, maschile/femminile, pubblico/privato, legale/illegale - in occidente quanto in oriente.
Lavoro, salute, relazioniŠ possono essere completamente alterati con l¹atto o la filosofia della tortura esercitata consapevolmente od inconsapevolmente, nascosta od esibita, volta a stabilire un¹attesa tra vittima e carnefice che, anche se non consenzienti, si ritrovano uniti nella rappresentazione dei rispettivi ruoli.
Con regolarità gli spettacoli tv ed home video impongono una dose quotidiana di tortura: turbano il nostro immaginario, lo violentano ed al contempo ingenerano assuefazione, inducono un desiderio di trauma ed orientano l¹attenzione verso immagini sempre più choccanti, corrosive, volgari. Senza soluzione di continuità tra fiction e realtà, il desiderio viene coltivato ed accresciuto esibendo situazioni di degrado relazionale ed ambientale. L¹opinione pubblica e la coscienza individuale, abilmente sollecitate dai media, affrontano con sempre maggior leggerezza queste problematiche, fino all'accettazione passiva ed acritica dei fatti.
Opere cinematografiche e della video arte riflettono lo stato dell¹immaginario contemporaneo ed elaborano l¹atto e la filosofia della violenza, rivelandoli alla consapevolezza critica del soggetto.
Vissuti oggettivi o emotivi di sopraffazione, casi di "torture invisibili" spesso non confluenti in immagini di esplicita violenza, serie di sottili crudeltà diluite in piccole dosi di sofferenza oppure drammi talmente macroscopici da doverli rimuovere, tutto ciò viene rivisitato dalle immagini con "occhio responsabile".
La mostra raccoglie materiali video prodotti negli ultimi cinque anni da artisti non specificatamente impegnati sul tema per verificare se nei loro lavori si possano riscontrare tracce di questo vissuto collettivo e della sua rielaborazione.La specificità del linguaggio video - come nel film "Blow up" accadeva con la fotografia - sollecita il pubblico a riconoscere aspetti nascosti o offuscati dei rapporti umani quando intervengano azioni di natura coercitiva, sia essa fisica o psicologica, sofferte dall¹individuo, dall¹ambiente, dalla cultura.
Il video artistico - mezzo molto praticato dalle giovani generazioni di artisti grazie alla diffusione delle tecnologie - dà spazio alle pratiche di ricerca più attuali e "popolari" del linguaggio.
La morte di Nam June Paik avvenuta all'inizio del 2006, ha suggerito, seguendo il filone di ricerca aperto dal grande artista coreano iniziatore della video-arte, una riflessione sulla tecnologia comunicativa che più di ogni altra ha contribuito al cambiamento della società e della cultura globali. Il sottotitolo della rassegna vuole rendergli omaggio citando la sua opera Giunglavideo del 1977.
I visitatori, inseriti in un contesto di natura e tecnologia integrate, potranno passeggiare tra fondali arborei e video-proiezioni dei venti autori provenienti dall'Italia e da alcuni paesi europei che, seguendo un preciso calendario d'incontri, converseranno con il pubblico. Un percorso di crescita dove autori e pubblico potranno sperimentare la duttilità del mezzo e riflettere sulla reale capacità che l'arte contemporanea ancora possiede di superare tabù e parlare di temi del vissuto quotidiano, rifuggendo la dimensione del puro intrattenimento.
La mostra verrà quotidianamente riallestita proponendo una sessantina di opere nell¹arco delle cinque serate, oltre ad azioni "live media" ed incontri con gli autori.
In mostra Piermaria Agostini (Udine) propone dei corti dove i riferimenti alla filmografia di Tarantino divengono pretesto per rivisitare situazioni ed ambienti dell¹esperienza quotidiana nel mondo degli adolescenti. Scuola, tempo libero, genitori, alcool, musica, divengono motori di ricerca per una serie di gags banali costruite ad arte, che ammiccano agli stereotipi di una società frustrata dalle lusinghe del benessere e completamente priva di riferimenti.
Manuela Balint (Rijeka) con "Dodir" ("Tocco" in croato) affronta il rapporto tra il corpo e la sua fragilità. Sull'immagine di un corpo femminile viene versata della cera d¹api in stato liquido, che appena tocca la superficie inizia a raffreddarsi e l'immagine a scomparire. Versando altra cera calda, l¹immagine ricompare. Una sequenza ripetuta più volte sul tema del prendere e perdere l'immagine e l'impronta del corpo.
Michele Bazzana (Udine) è presente con un¹installazione interattiva, un apparato costituito da una telecamera a circuito chiuso che riprende lo spettatore e lo pone in relazione con un monitor. L¹avvicinarsi del pubblico determina una vibrazione perturbante, un tremolio dell¹immagine. Il pubblico è la causa dello spavento, il suo approssimarsi minaccia la tecnologia.
Giorgia Boller (Vicenza) in "Esercizi" affronta e risolve con critica determinazione ipotetici compiti imposti dalla società all¹identità femminile: la necessità della maternità, il desiderio di verginità, il bisogno di non sentirsi donna. Trova delle soluzioni che fanno emergere una sottile violenza, costruite ad immagine e somiglianza dell'identità maschile.
Sergey Bratkov (Kharkov) propone una giovane aspirante cantante lirica, che il destino ha portato a calcare altri palchi per una romanza interpretata in un albergo ad ore di Berlino: immagini che portano i segni di una ripetuta sofferenza.
Stefano Cagol (Trento) ci mostra la bandiera degli Stati Uniti d¹America, magnetica nei suoi movimenti al vento; una fiamma che brucia e si consuma minacciosa in cielo. L¹immagine s¹impone come apparizione
sinistra nella sua ambigua simmetria e nella tensione che infiamma di sé tutta l¹aria.
Lorenzo Commisso (Udine) affronta il tema dell¹imposizione costrittiva di svincoli, di attraversamenti viari, di sequenze e ritmi percussivi dove l¹ossessiva ripetizione costringe a subire l¹imprigionamento obbligato in sequenze di movimenti e riff chiusi, animati unicamente dall¹accidente e dal caso.
Virginia Di Lazzaro (Udine) si fa sorprendere mentre ruba la notte delle rose nei giardini di abitazioni private per impossessarsi di un segno di passione che, al contempo, dissimula la traccia del suo martirio, le spine, che la feriscono nella fretta di impossessarsi del fiore.
Stefan Henrich Ebner (Berlino) costruisce paradisi artificiali psichedelici fatti di luce e colore come fossero astrazioni cromatiche in movimento, pareti di colore che avvolgono, sopraffacendolo, lo spettatore.
Luca Gabrielli (Muggia) con le sue video-animazioni cattura immagini mentali e materiali comuni, producendo aggregati complessi in movimento che esprimono una forte tensione ideale a liberarsi delle sovrastrutture e delle divisioni di genere e specie. Ci possono apparire come disegni animati di propaganda artistica ispirati a concetti e comportamenti della scultura sociale teorizzata da Joseph Beuys.
Interno Tre (Venezia) propongono, tra l'altro, "Glitch Fitness Machine", una suite live di 25 minuti per elettrostimolatore amplificato, modulo sonoro multieffetto e due laptop computers per due sorgenti video. Il segnale a onde quadre diventa uno strumento sonoro che scandisce la durata dei movimenti della proiezione. Le immagini video sono assemblate come corpo di un tessuto predeterminato, che si destruttura producendo errori - glitch - attraverso l'immagine digitale. Si tratta di un work in progress che si esemplifica "live" con la manipolazione delle immagini e dei suoni anche mediante l'utilizzo di dissonanze audio-visive.
Melania Lanzini (Firenze) al centro delle opere inscrive il proprio corpo che dialoga con un¹immaginario pittorico barocco costruito per sovrapposizioni e dissolvenze di fonti e repertori narrativi esistenziali. Immagini e suoni fortemente suggestivi che rimandano a video clip e allegorie dell¹origine e fine della vita.
Elisabetta Novello (Vicenza) da sempre utilizza la cenere come materia prossima al grado zero, da interpretare nelle sue particolarità di corpuscoli invisibili che si addensano e si dissolvono. Una geografia di spostamenti che, nelle immagini video fortemente ingrandite, l¹artista fa apparire simili a micro eventi atmosferici di ispirazione romantica, della quale conserva la brutalità del rapporto uomo-natura.
Alessandro Pascoli (Udine), come un cane alla catena, in "Una Tira l¹Altra" riprende con un¹inquadratura fissa il proprio volto in primo piano, deconcentrato, nell¹atto meccanico e ripetuto di masticare; cibi ed atteggiamenti tipici della società dei consumi e dell¹intrattenimento, ai quali, come ad una tortura, non è dato sottrarsi.
Stefano Pasquini (Bologna) propone alcune immagini simili a documenti di repertorio, dove il luogo del tormento, Bagdad, accomuna uomini e bestie. Le immagini di un mercato, di un corpo in agonia e della sua esposizione al pubblico sguardo, aumentano in crudeltà se accompagnate al brano musicale che le incornicia.
Daniela Perego (Roma) in "Loro" riempie di struggente significato tutte quelle infinite tensioni che accompagnano ed accolgono la violenza dei sentimenti non corrisposti nel rapporto di coppia. I due soggetti si fronteggiano senza incrociare i loro sguardi, innescando un tormentoso percorso alla ricerca di affetto ed attenzione non ricambiati.
Robert Pettena + Opplà (Firenze) in "Ceck Point", così come nelle altre opere presenti in mostra, stabiliscono un clima di costante minaccia dove il più delle volte trova sviluppo una micro storia votata all¹inevitabile. Deriva delle intenzioni esistenziali, situazioni di abbandono di qualsivoglia volontà, vissute in un clima d¹instabilità ed insicurezza che accidentalmente precipita.
Prufrock spa (Rovigo) con "Radiorama" fanno emergere all¹ombra di un recinto in un pomeriggio assolato situazioni contraddittorie di cattività e reclusione, maternità e affezione. In "Shahrazâd Re-Tell-Me" propongono immagini e suoni attentamente composti in riferimento ad una novella tratta da "Le Mille e Una Notte": un percorso narrativo che si snoda attraverso la rappresentazione di quattro episodi strettamente interrelati, che trasformano di fatto una commedia degli equivoci in tragedia.
Davide Skerlj (Trieste) in "Tempo Muto", attraverso un attento repertorio d¹immagini ed atti simbolici, ripropone la parabola esistenziale ed il travaglio che la caratterizza, con la forza icastica di una tragedia classica dove il trascorrere del tempo si è fermato nell'alveo secco di un fiume.
Lara Trevisan (Udine) in "Carne" focalizza l¹attenzione su un pezzo di carne macellato che potrebbe non appartenere a nessuno, oppure potrebbe essere il prolungamento di una parte di un corpo da eliminare, o invece una preda ben precisa. La carne come elemento costitutivo che, se stimolata, induce in noi delle reazioni psicologiche differenti a seconda del tipo di attenzione che essa subisce. La carne può essere massacrata, torturata, dilaniata, accarezzata, squartata, baciataŠ uomini o animali, la sensazione che ne deriva è comune.
20
luglio 2006
giunglaVideo 2006 – torturegarden
Dal 20 al 24 luglio 2006
arte contemporanea
Location
PARCO DI TOCCO FLORIO
Buttrio, Via Sottomonte, 17, (Udine)
Buttrio, Via Sottomonte, 17, (Udine)
Orario di apertura
ore 21-24
Vernissage
20 Luglio 2006, ore 21-24
Curatore