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Giuseppe Tattarletti – Passi e visioni
L’artista non cerca il sublime, vi è predisposto da una sorta di ingiallito ricordo di un bambinesco timore; dal disorientamento nell’accostarsi a quelle forme immutate nella memoria che furono le prime ad aver spinto l’immaginazione oltre la comprensione.
Comunicato stampa
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PASSI E VISIONI - un'ascesa al Monte Bisbino
<< L’invadenza dell’informazione giunge al punto di rendere l’opera d’arte come oggetto auto-referenziale. L’oggetto, qualsiasi oggetto, è riferito a se stesso e nell’accostarsi vi è frapposto il filtro della caotica confusione di un sistema di segni che non fanno da codice interpretativo ma da limite alla comprensione ed all’interpretazione. L’arte contemporanea ha rispecchiato i meccanismi di questa separazione anche nel riproporre temi come quello della montagna, divenuta in certi casi oggetto altro dalla percezione, autonomo o estraneo; oppure il tramite per riprodurre l’esperienza sensoriale che, vissuta precedentemente, si è persa nell’attimo in cui è stata percepita: un paradosso che ha confermato la difficoltà di comunicare una particolare disposizione dell’animo attraverso l’opera.
La montagna è stata protagonista della ricerca, misurazione e catalogazione di fenomeni che la ragione voleva comprendere. E’ stata altresì il luogo dove questa indagine si è scontrata con un ordine ed una perfezione incomprensibili, oppure un altrettanto incomprensibile disordine: l’infinito numerico e l’eternità temporale hanno prodotto una variazione della disposizione d’animo del soggetto verso l’oggetto osservato. Laddove la “misurabilità” dava appagamento, l’impatto con un disordine a dismisura d’uomo ha consegnato il diletto dell’orrore.
La distanza, frapposta tra ciò che è inconcepibile razionalmente e il soggetto, plasma davvero la “disposizione dell’animo”? Forse no, il soggetto non cerca quello che si definisce dal ‘600, il sublime, vi è predisposto, da una sorta di ingiallito ricordo di un bambinesco timore, dal disorientamento nell’accostarsi a quelle forme immutate nella memoria, che furono le prime ad aver spinto l’immaginazione oltre la comprensione; “e il naufragar m’è dolce in questo mare”, scrisse Leopardi, intendendo che il sublime lascia il piacere anche nella resa. La visione del soggetto (l’artista), mediata dall’opera, che è un oggetto (al pari della montagna), vorrebbe comunicare l’incomprensibile; far guardare un “paesaggio” attraverso altri occhi, vorrebbe spingere a di là del sensibile. >>
<< L’invadenza dell’informazione giunge al punto di rendere l’opera d’arte come oggetto auto-referenziale. L’oggetto, qualsiasi oggetto, è riferito a se stesso e nell’accostarsi vi è frapposto il filtro della caotica confusione di un sistema di segni che non fanno da codice interpretativo ma da limite alla comprensione ed all’interpretazione. L’arte contemporanea ha rispecchiato i meccanismi di questa separazione anche nel riproporre temi come quello della montagna, divenuta in certi casi oggetto altro dalla percezione, autonomo o estraneo; oppure il tramite per riprodurre l’esperienza sensoriale che, vissuta precedentemente, si è persa nell’attimo in cui è stata percepita: un paradosso che ha confermato la difficoltà di comunicare una particolare disposizione dell’animo attraverso l’opera.
La montagna è stata protagonista della ricerca, misurazione e catalogazione di fenomeni che la ragione voleva comprendere. E’ stata altresì il luogo dove questa indagine si è scontrata con un ordine ed una perfezione incomprensibili, oppure un altrettanto incomprensibile disordine: l’infinito numerico e l’eternità temporale hanno prodotto una variazione della disposizione d’animo del soggetto verso l’oggetto osservato. Laddove la “misurabilità” dava appagamento, l’impatto con un disordine a dismisura d’uomo ha consegnato il diletto dell’orrore.
La distanza, frapposta tra ciò che è inconcepibile razionalmente e il soggetto, plasma davvero la “disposizione dell’animo”? Forse no, il soggetto non cerca quello che si definisce dal ‘600, il sublime, vi è predisposto, da una sorta di ingiallito ricordo di un bambinesco timore, dal disorientamento nell’accostarsi a quelle forme immutate nella memoria, che furono le prime ad aver spinto l’immaginazione oltre la comprensione; “e il naufragar m’è dolce in questo mare”, scrisse Leopardi, intendendo che il sublime lascia il piacere anche nella resa. La visione del soggetto (l’artista), mediata dall’opera, che è un oggetto (al pari della montagna), vorrebbe comunicare l’incomprensibile; far guardare un “paesaggio” attraverso altri occhi, vorrebbe spingere a di là del sensibile. >>
04
ottobre 2008
Giuseppe Tattarletti – Passi e visioni
Dal 04 al 05 ottobre 2008
arte contemporanea
Location
CENTRO CIVICO DI ROVENNA
Cernobbio, Via Iv Novembre, 3 , (Como)
Cernobbio, Via Iv Novembre, 3 , (Como)
Orario di apertura
sabato 15:30 – 23:00 domenica 9:30 – 18:30
Vernissage
4 Ottobre 2008, ore 15:30 – 23:00
Autore