La rassegna, promossa dall’Assessorato alla Cultura e dalla Comunità di Sant’Egidio, è frutto di un concorso fotografico nazionale realizzato nel 2003 per celebrare i trent’anni di amicizia della Comunità di Sant’Egidio con gli anziani. Fotografi professionisti e amatoriali si sono impegnati a raccontare, in uno o due scatti, i problemi e la voglia di vivere degli anziani, le loro necessità e le loro ricchezze. Dalle immagini si ricava l’impressione di un viaggio a molte sfaccettature, molto italiano ed europeo, dove si toccano i diversi aspetti della vita di chi invecchia: la vita in istituto e in famiglia, la solitudine e la compagnia, le relazioni sociali e l’amicizia, il lavoro e il rapporto tra le diverse generazioni, l’Italia che cambia e che accanto agli anziani mostra altri colori: gli anziani che non smettono di parlare e di comunicare quello che conta: ovvero la pace e la guerra, il valore della storia e del lavoro delle mani.
La Comunità di Sant’Egidio, nata a Roma nel 1968, si è avvicinata al mondo degli anziani fin dall’inizio. L’amicizia con loro è proseguita negli anni con fedeltà ed è diventata la strada che ha aiutato a conoscere il continente anziani. Ogni Comunità di Sant’Egidio, sia essa nel Nord o nel Sud del mondo, vive una predilezione per gli anziani: condivide le loro ansie, la loro vita e la loro fede. “E questa passione - ricordano i promotori della mostra fotografica- rappresenta un affresco ricco di emozioni, a volte ingenuo come ingenui sono alcuni scatti, ma mai convenzionale. ‘Viva gli anziani’ è uno slogan che non si usa quasi mai. Si vive, infatti, immersi in un paradosso. C’è il desiderio da parte di tutti di vivere e vivere a lungo. Eppure la vecchiaia, quando non è con i colori pastello della pubblicità, e quando essere anziano smette di assomigliare all’essere giovani, fa molta paura. Ma l’età in più è una grande conquista della nostra società, ma a volte non si sa cosa farci. L’età più lunga è una grande chance, che va colta e vissuta nel tempo. C’è molta vita anche quando si riducono alcune capacità fisiche”. Alcune limitazioni quotidiane, in realtà, possono essere un’occasione per riaffermare una civiltà dell’essere sulla civiltà dell’avere, una cultura delle relazioni umane su una cultura della fretta, anche per far sì che donne e uomini possano trovare spazi propri e di una socializzazione tesa a condividere tempi e modi della quotidianità.