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Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da Mantegna a Raffaello e Giulio Romano
La mostra presenta una selezione – trentaquattro opere – degli arazzi più belli appartenuti ai Gonzaga e realizzati durante il Rinascimento.
Comunicato stampa
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“Si ritirorno tutti insieme in alcune camere tappezzate di finissimi et bellissimi
drappi d’oro, d’argento et di seta di più colori, maestrevolmente contesti, ne i quali
tanti diversi animali, alberi, frutti et fiori al vero conformi dentro vi si scorgeano,
che’l gran Parasio et l’ingegnoso Fidia, l’uno in tela et l’altro in marmo a gran pena
gli havrebbe potuti più alla maestra natura verisimili dimostrare.”
Ecco come descrive la residenza episcopale del cardinale Ercole Gonzaga a
Mantova un testimone delle nozze, avvenute nell’ottobre del 1549, tra Francesco
III, figlio del duca Federico II, e Caterina d’Austria. Fin dall’antichità i tessuti preziosi
sono stati la componente ornamentale mobile prediletta di re e nobili di
tutta Europa e dalla metà del Trecento gli arazzi ne hanno rappresentato la parte
primaria. Quei tessuti di dimensioni gigantesche, veri e propri affreschi mobili,
facili da trasportare da una residenza all’altra, da appendere e staccare, non si
limitavano alla funzione di difendere dal freddo e dalle intemperie ma dovevano
anche costituire uno sfondo variopinto e conforme ai desideri dei committenti e
ne manifestavano la ricchezza e il prestigio. La maggior parte degli arazzi delle
antiche collezioni era realizzato da artisti fiamminghi e proponeva scene campestri
che offrivano durante le stagioni più rigide la possibilità di usufruire di una
specie di “giardino d’inverno”. Ma ne esistevano anche altri con intessute storie
complesse e considerate sia dei modelli, che dei suggerimenti autocelebrativi dei
loro proprietari: per un cardinale venivano ad esempio commissionate storie di
eroi biblici, come Davide o Saul o Mosé, o di personaggi cristiani dagli Atti degli
apostoli, oppure per un uomo d’armi storie profane, come quelle di Enea o di
Alessandro o le Fatiche di Ercole.
L’affascinante mostra primaverile Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da
Mantegna a Raffaello e Giulio Romano, fortemente voluta dal Comitato Scientifico
del Centro di Palazzo Te presieduto da Salvatore Settis, posta sotto l’Alto
Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e di S.M. Alberto II Re del
Belgio, patrocinata dalla Regione Lombardia Assessorato alle Culture, Identità
e Autonomie della Lombardia, promossa e organizzata dal Comune di Mantova,
dal Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di
Palazzo Te, dal Museo Diocesano Francesco Gonzaga e dal Museo di Palazzo
Ducale – Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le
Provincie di Mantova Brescia e Cremona, sostenuta da Provincia di Mantova,
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Mantova e Fondazione
Banca Agricola Mantovana, con il contributo di Fondazione Monte dei
Paschi di Siena, e curata da Guy Delmarcel, tra i massimi esperti europei di arte
del tessuto, in collaborazione con Nello Forti Grazzini, Stefano L’Occaso e Lucia
Meoni, presenta una selezione - trentaquattro opere - degli arazzi più belli appartenuti
ai Gonzaga e realizzati durante il Rinascimento.
I signori di Mantova acquistarono infatti degli arazzi fin dal Quattrocento, seguendo
in questo l’esempio delle altre grandi famiglie italiane, come gli Estensi
a Ferrara o i Farnese a Parma. Ma fu soprattutto nel Cinquecento che gli acquisti
di arazzi conobbero un forte incremento per via dell’interesse nutrito verso questa
particolare arte dai tre figli di Francesco II Gonzaga (1466-1519), quarto marchese di Mantova, e di Isabella d’Este (1474-1539): Federico II (1500-
1540), primo duca e committente di Palazzo Te; Ercole (1505-1563), cardinale
e legato pontificio al Concilio di Trento, e Ferrante (1507-1557), comandante in
capo delle truppe imperiali, poi governatore di Milano e fondatore del ramo di
Guastalla. Le loro collezioni, e in parte minore anche quelle dei loro successori,
ebbero dimensioni imponenti. L’inventario di Federico dopo la sua morte, avvenuta
nel 1541, riporta 315 pezzi, purtroppo senza molti dettagli relativamente
ai soggetti. Quello dei signori di Guastalla, eredi di Ferrante, redatto nel 1590,
comprende 27 serie per un totale di 172 arazzi; infine quello dei duchi di Mantova,
stilato nel 1614, ne segnala 57 per un totale di 386 pezzi. Molti di questi
nei secoli seguenti andarono incontro a distruzione, o furono consunti dall’uso,
molti vennero acquisti da altri nobili italiani. Tanto è vero che quando nel 1749 il
ramo dei Gonzaga di Guastalla si estinse, gli arazzi sopravvissuti erano solo 58.
Ma nell’insieme tutto ciò che è giunto fino a noi non è che una piccola parte
dei tesori dei tre figli di Isabella: un arazzo che fu del duca Federico, ventuno
di Ercole e trenta di Ferrante, per un totale di cinquantadue opere. Una buona
parte è oggi esposta in mostra a Palazzo Te, insieme ad alcuni lavori dell’inizio
e della fine del Cinquecento.
Quasi tutti gli arazzi furono realizzati nelle Fiandre, oppure in Italia a opera di
arazzieri di origine fiamminga. A quell’epoca i Paesi Bassi meridionali erano i
maggiori produttori di arazzi, con Bruxelles come epicentro e con Anversa come
principale centro di vendita grazie al porto più grande del Nord Europa, sede
di un mercato apposito, il cosidetto “tapissierspand” dove, a partire dal 1554,
molti maestri arazzieri e commercianti potevano prendere botteghe in affitto. I
clienti stranieri potevano acquistarvi delle serie già pronte, oppure commissionarne
di particolari, da tessere sulla base di cartoni da essi stessi procurati. La
predominanza fiamminga dei manufatti era dovuta alla superiorità progettuale
e tecnica e alla organizzazione dell’“industria artistica” di Bruxelles. La maggior
parte dei tessitori rimangono senza nome, anche se i loro prodotti sono contraddistinti
dai marchi di bottega, obbligatori a Bruxelles dopo il 1528. A quell’epoca
infatti quasi un terzo dei cittadini di Bruxelles era impiegato nella produzione
di arazzi.
Esistono numerose lettere scambiate tra il cardinale Ercole e suo fratello Ferrante
e i loro agenti inviati al Nord, che ci rendono l’immagine viva di intense
trattative commerciali. Gli arazzi in nostro
possesso risalgono tutti all’“epoca aurea” di quella produzione fiamminga. D’altra
parte va aggiunto che arazzieri fiamminghi erano in attività anche in Italia.
Federico II, per esempio, assunse nell’ottobre del 1539 il tessitore oriundo
di Bruxelles Nicolas Karcher, attivo presso la corte ferrarese all’incirca fin dal
1517. Karcher lavorò al suo servizio, quindi a quello del cardinale Ercole fino
all’ottobre del 1545, quando si trasferì a Firenze ivi chiamato dai Medici. Tornò
a Mantova alla fine del 1553, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1562. Alcuni
suoi arazzi realizzati a Mantova sono presentati in questa mostra. I Gonzaga
si rivolsero talvolta anche ad altre manifatture, come per esempio all’arazzeria
medicea di Firenze, per un arazzo con Giasone, e a una bottega parigina
per una serie di arazzi dal soggetto religioso e destinata al duomo di Mantova.
Lo studio sistematico della collezione di arazzi gonzagheschi è cominciato nel
1977. I Musei Reali di Arte e Storia di Bruxelles acquisiscono un grande arazzo,
che rappresenta un corteo trionfale all’antica recante l’iscrizione Fructus Belli. Guy
Delmarcel, storico dell’arte e curatore del museo, ne ricostruisce la pertinenza
alle collezioni di Ferrante Gonzaga e scopre poi il resto del ciclo in Inghilterra ein Francia.
Altrettanto significativa è la scoperta, ad opera di esperti del Museo del Louvre, di
cartoni serviti ai tappezzieri di Bruxelles per la tessitura delle opere del succitato
ciclo. Gli studiosi del Louvre contattano Clifford Brown, professore a Ottawa e
specialista di temi gonzagheschi. Per molti anni Brown studia i documenti relativi
agli arazzi, riuscendo così a individuare vari arazzi ancora esistenti, riscoperti da
Delmarcel, alcuni con lo stemma Gonzaga come la già citata serie dei Fructus Belli
e i Giochi di Putti conservati a Lisbona. Questa ricerca culmina in una monografia
pubblicata dalla College Art Association of America nel 1996, punto di partenza
per l’allestimento della mostra di Palazzo Te. Tradotto in italiano dal Centro Internazionale
d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, il testo confluirà in un volume edito
da Skira, completato da successive e interessanti scoperte effettuate da Nello Forti
Grazzini, Stefano L’Occaso e Lucia Meoni. Skira pubblicherà inoltre una Guida alla
mostra con, oltre alle opere esposte a Palazzo Te e al Museo Diocesano, il ciclo Gli
Atti degli Apostoli collocato a Mantova a Palazzo Ducale.
A Mantova sono attualmente presenti diciotto arazzi commissionati dai Gonzaga:
i nove arazzi degli Atti degli Apostoli, copie della serie della Cappella Sistina eseguiti
su cartoni di Raffaello, acquistati dal cardinale Ercole Gonzaga e poi donati
alla basilica palatina di Santa Barbara, oggi custoditi presso il Palazzo Ducale; i
tre Millefiori di Isabella d’Este e sei episodi della Vita di Cristo, donati dal vescovo
Francesco Gonzaga nel 1598, oggi nel Museo Diocesano. Ma la maggior
parte della collezione, composta da cinquantadue pezzi, è sparsa in altre località
italiane (Milano, Monselice, Trissino e Palermo) e estere (Francia, Belgio, Inghilterra,
Germania, Portogallo e Stati Uniti d’America). La mostra, allestita da Roberto
Soggia con COPRAT nelle sale dell’Ala Napoleonica di Palazzo Te e nell’ambiente
delle Fruttiere, presenta trentaquattro arazzi tra cui segnaliamo alcuni eccezionali
capolavori: la famosa Annunciazione di Chicago (1470-71 circa), il più antico
arazzo di gusto rinascimentale sopravvisuto, che rievoca la Camera degli Sposi
di Andrea Mantegna a Palazzo Ducale, tessuto per Ludivico II e utilizzato come
ornamento del pulpito della Cattedrale di Mantova; un arazzo del ciclo Millefiori,
dal Palazzo Vescovile di Mantova, restaurato in occasione di questa esposizione;
alcuni esemplari di serie differenti Giochi di Putti: un ciclo completo della Fondazione
Progetto Marzotto di Trissino, un arazzo conservato presso la Galleria Raffale
Verolino di Modena accompagnato da un disegno preparatorio di Giulio Romano
e bottega proveniente dagli Uffizi, e un esemplare oggi al Gulbenkian Museum
di Lisbona; tre arazzi della celebre serie Fructus Belli, provenienti da Bruxelles e
Ecouen; otto arazzi con la Vita di Mosé, di cui quattro provenienti dal Centre des
Monuments Nationaux di Châteaudun in Francia, e quattro dal Museo del Duomo
di Milano; il magnifico arazzo della Storia di Giasone, con le armi di Alfonso I
Gonzaga di Novellara, datato 1554 e acquisito nel 2003 dal Comune di Novellara,
tessuto a Firenze nella Arazzeria Medicea, fondata dai fiamminghi Rost e Karcher
che testimonia come anche i rami cadetti delle famiglie nobiliari s’interessavano a
questa arte di corte; una serie, quasi sconosciuta, di quattro arazzi del ciclo Cefalo
e Procri restaurati per la mostra e provenienti dai Musei Vaticani e da Ecouen;
Incontro di Enea e Didone dalle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco e Venere
appare ad Enea dal Patrimonio Nacional (Madrid); quattro splendidi esemplari
dalla Vita di Alessandro Magno (1600 circa) da Monselice (Padova). Il corpus
principale di questi esemplari é stato collezionato dai tre fratelli Gonzaga, a parte
L’Annunziazione, commissionata da Ludovico II, e la serie di Alessandro da
Vincenzo I. L’unico esemplare che non fa parte della collezione Gonzaga è La
pesca miracolosa da Raffaello e bottega, il cui cartone originale è stato eseguito
dal maestro tra il 1514 e il 1516, mentre l’arazzo, insieme agli altri nove della
serie, è stato tessuto nella Bottega di Pieter van Aelst di Bruxelles tra il 1516 e il 1519/21. L’opera, proveniente dai Musei Pontifici, era destinata alla decorazione
della Cappella Sistina.
Una successiva versione dell’intero ciclo degli Atti degli Apostoli è permanente
esposta a Palazzo Ducale di Mantova, tra cui appunto il soggetto della Pesca miracolosa.
Al Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova saranno invece esposti altri
sei splendidi arazzi del ciclo Storie di Cristo e dei Santi mantovani realizzati dalla
Manifattura di Dubout a Parigi e tre disegni preparatori provenienti dalla Bibliothèque
Nationale di Parigi e due dal Cabinet de dessins del Louvre.
Un viaggio emozionante tra la seta e i colori dei magnifici arazzi fatti realizzare dai
Gonzaga nel Rinascimento è dunque quello proposto da Palazzo Te e dal Museo Diocesano
di Mantova che ci offrono uno spettro ampiamente rappresentativo di quest’arte
in Europa, in cui la varietà dei soggetti è pari alla bellezza del disegno.
drappi d’oro, d’argento et di seta di più colori, maestrevolmente contesti, ne i quali
tanti diversi animali, alberi, frutti et fiori al vero conformi dentro vi si scorgeano,
che’l gran Parasio et l’ingegnoso Fidia, l’uno in tela et l’altro in marmo a gran pena
gli havrebbe potuti più alla maestra natura verisimili dimostrare.”
Ecco come descrive la residenza episcopale del cardinale Ercole Gonzaga a
Mantova un testimone delle nozze, avvenute nell’ottobre del 1549, tra Francesco
III, figlio del duca Federico II, e Caterina d’Austria. Fin dall’antichità i tessuti preziosi
sono stati la componente ornamentale mobile prediletta di re e nobili di
tutta Europa e dalla metà del Trecento gli arazzi ne hanno rappresentato la parte
primaria. Quei tessuti di dimensioni gigantesche, veri e propri affreschi mobili,
facili da trasportare da una residenza all’altra, da appendere e staccare, non si
limitavano alla funzione di difendere dal freddo e dalle intemperie ma dovevano
anche costituire uno sfondo variopinto e conforme ai desideri dei committenti e
ne manifestavano la ricchezza e il prestigio. La maggior parte degli arazzi delle
antiche collezioni era realizzato da artisti fiamminghi e proponeva scene campestri
che offrivano durante le stagioni più rigide la possibilità di usufruire di una
specie di “giardino d’inverno”. Ma ne esistevano anche altri con intessute storie
complesse e considerate sia dei modelli, che dei suggerimenti autocelebrativi dei
loro proprietari: per un cardinale venivano ad esempio commissionate storie di
eroi biblici, come Davide o Saul o Mosé, o di personaggi cristiani dagli Atti degli
apostoli, oppure per un uomo d’armi storie profane, come quelle di Enea o di
Alessandro o le Fatiche di Ercole.
L’affascinante mostra primaverile Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da
Mantegna a Raffaello e Giulio Romano, fortemente voluta dal Comitato Scientifico
del Centro di Palazzo Te presieduto da Salvatore Settis, posta sotto l’Alto
Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e di S.M. Alberto II Re del
Belgio, patrocinata dalla Regione Lombardia Assessorato alle Culture, Identità
e Autonomie della Lombardia, promossa e organizzata dal Comune di Mantova,
dal Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di
Palazzo Te, dal Museo Diocesano Francesco Gonzaga e dal Museo di Palazzo
Ducale – Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le
Provincie di Mantova Brescia e Cremona, sostenuta da Provincia di Mantova,
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Mantova e Fondazione
Banca Agricola Mantovana, con il contributo di Fondazione Monte dei
Paschi di Siena, e curata da Guy Delmarcel, tra i massimi esperti europei di arte
del tessuto, in collaborazione con Nello Forti Grazzini, Stefano L’Occaso e Lucia
Meoni, presenta una selezione - trentaquattro opere - degli arazzi più belli appartenuti
ai Gonzaga e realizzati durante il Rinascimento.
I signori di Mantova acquistarono infatti degli arazzi fin dal Quattrocento, seguendo
in questo l’esempio delle altre grandi famiglie italiane, come gli Estensi
a Ferrara o i Farnese a Parma. Ma fu soprattutto nel Cinquecento che gli acquisti
di arazzi conobbero un forte incremento per via dell’interesse nutrito verso questa
particolare arte dai tre figli di Francesco II Gonzaga (1466-1519), quarto marchese di Mantova, e di Isabella d’Este (1474-1539): Federico II (1500-
1540), primo duca e committente di Palazzo Te; Ercole (1505-1563), cardinale
e legato pontificio al Concilio di Trento, e Ferrante (1507-1557), comandante in
capo delle truppe imperiali, poi governatore di Milano e fondatore del ramo di
Guastalla. Le loro collezioni, e in parte minore anche quelle dei loro successori,
ebbero dimensioni imponenti. L’inventario di Federico dopo la sua morte, avvenuta
nel 1541, riporta 315 pezzi, purtroppo senza molti dettagli relativamente
ai soggetti. Quello dei signori di Guastalla, eredi di Ferrante, redatto nel 1590,
comprende 27 serie per un totale di 172 arazzi; infine quello dei duchi di Mantova,
stilato nel 1614, ne segnala 57 per un totale di 386 pezzi. Molti di questi
nei secoli seguenti andarono incontro a distruzione, o furono consunti dall’uso,
molti vennero acquisti da altri nobili italiani. Tanto è vero che quando nel 1749 il
ramo dei Gonzaga di Guastalla si estinse, gli arazzi sopravvissuti erano solo 58.
Ma nell’insieme tutto ciò che è giunto fino a noi non è che una piccola parte
dei tesori dei tre figli di Isabella: un arazzo che fu del duca Federico, ventuno
di Ercole e trenta di Ferrante, per un totale di cinquantadue opere. Una buona
parte è oggi esposta in mostra a Palazzo Te, insieme ad alcuni lavori dell’inizio
e della fine del Cinquecento.
Quasi tutti gli arazzi furono realizzati nelle Fiandre, oppure in Italia a opera di
arazzieri di origine fiamminga. A quell’epoca i Paesi Bassi meridionali erano i
maggiori produttori di arazzi, con Bruxelles come epicentro e con Anversa come
principale centro di vendita grazie al porto più grande del Nord Europa, sede
di un mercato apposito, il cosidetto “tapissierspand” dove, a partire dal 1554,
molti maestri arazzieri e commercianti potevano prendere botteghe in affitto. I
clienti stranieri potevano acquistarvi delle serie già pronte, oppure commissionarne
di particolari, da tessere sulla base di cartoni da essi stessi procurati. La
predominanza fiamminga dei manufatti era dovuta alla superiorità progettuale
e tecnica e alla organizzazione dell’“industria artistica” di Bruxelles. La maggior
parte dei tessitori rimangono senza nome, anche se i loro prodotti sono contraddistinti
dai marchi di bottega, obbligatori a Bruxelles dopo il 1528. A quell’epoca
infatti quasi un terzo dei cittadini di Bruxelles era impiegato nella produzione
di arazzi.
Esistono numerose lettere scambiate tra il cardinale Ercole e suo fratello Ferrante
e i loro agenti inviati al Nord, che ci rendono l’immagine viva di intense
trattative commerciali. Gli arazzi in nostro
possesso risalgono tutti all’“epoca aurea” di quella produzione fiamminga. D’altra
parte va aggiunto che arazzieri fiamminghi erano in attività anche in Italia.
Federico II, per esempio, assunse nell’ottobre del 1539 il tessitore oriundo
di Bruxelles Nicolas Karcher, attivo presso la corte ferrarese all’incirca fin dal
1517. Karcher lavorò al suo servizio, quindi a quello del cardinale Ercole fino
all’ottobre del 1545, quando si trasferì a Firenze ivi chiamato dai Medici. Tornò
a Mantova alla fine del 1553, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1562. Alcuni
suoi arazzi realizzati a Mantova sono presentati in questa mostra. I Gonzaga
si rivolsero talvolta anche ad altre manifatture, come per esempio all’arazzeria
medicea di Firenze, per un arazzo con Giasone, e a una bottega parigina
per una serie di arazzi dal soggetto religioso e destinata al duomo di Mantova.
Lo studio sistematico della collezione di arazzi gonzagheschi è cominciato nel
1977. I Musei Reali di Arte e Storia di Bruxelles acquisiscono un grande arazzo,
che rappresenta un corteo trionfale all’antica recante l’iscrizione Fructus Belli. Guy
Delmarcel, storico dell’arte e curatore del museo, ne ricostruisce la pertinenza
alle collezioni di Ferrante Gonzaga e scopre poi il resto del ciclo in Inghilterra ein Francia.
Altrettanto significativa è la scoperta, ad opera di esperti del Museo del Louvre, di
cartoni serviti ai tappezzieri di Bruxelles per la tessitura delle opere del succitato
ciclo. Gli studiosi del Louvre contattano Clifford Brown, professore a Ottawa e
specialista di temi gonzagheschi. Per molti anni Brown studia i documenti relativi
agli arazzi, riuscendo così a individuare vari arazzi ancora esistenti, riscoperti da
Delmarcel, alcuni con lo stemma Gonzaga come la già citata serie dei Fructus Belli
e i Giochi di Putti conservati a Lisbona. Questa ricerca culmina in una monografia
pubblicata dalla College Art Association of America nel 1996, punto di partenza
per l’allestimento della mostra di Palazzo Te. Tradotto in italiano dal Centro Internazionale
d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, il testo confluirà in un volume edito
da Skira, completato da successive e interessanti scoperte effettuate da Nello Forti
Grazzini, Stefano L’Occaso e Lucia Meoni. Skira pubblicherà inoltre una Guida alla
mostra con, oltre alle opere esposte a Palazzo Te e al Museo Diocesano, il ciclo Gli
Atti degli Apostoli collocato a Mantova a Palazzo Ducale.
A Mantova sono attualmente presenti diciotto arazzi commissionati dai Gonzaga:
i nove arazzi degli Atti degli Apostoli, copie della serie della Cappella Sistina eseguiti
su cartoni di Raffaello, acquistati dal cardinale Ercole Gonzaga e poi donati
alla basilica palatina di Santa Barbara, oggi custoditi presso il Palazzo Ducale; i
tre Millefiori di Isabella d’Este e sei episodi della Vita di Cristo, donati dal vescovo
Francesco Gonzaga nel 1598, oggi nel Museo Diocesano. Ma la maggior
parte della collezione, composta da cinquantadue pezzi, è sparsa in altre località
italiane (Milano, Monselice, Trissino e Palermo) e estere (Francia, Belgio, Inghilterra,
Germania, Portogallo e Stati Uniti d’America). La mostra, allestita da Roberto
Soggia con COPRAT nelle sale dell’Ala Napoleonica di Palazzo Te e nell’ambiente
delle Fruttiere, presenta trentaquattro arazzi tra cui segnaliamo alcuni eccezionali
capolavori: la famosa Annunciazione di Chicago (1470-71 circa), il più antico
arazzo di gusto rinascimentale sopravvisuto, che rievoca la Camera degli Sposi
di Andrea Mantegna a Palazzo Ducale, tessuto per Ludivico II e utilizzato come
ornamento del pulpito della Cattedrale di Mantova; un arazzo del ciclo Millefiori,
dal Palazzo Vescovile di Mantova, restaurato in occasione di questa esposizione;
alcuni esemplari di serie differenti Giochi di Putti: un ciclo completo della Fondazione
Progetto Marzotto di Trissino, un arazzo conservato presso la Galleria Raffale
Verolino di Modena accompagnato da un disegno preparatorio di Giulio Romano
e bottega proveniente dagli Uffizi, e un esemplare oggi al Gulbenkian Museum
di Lisbona; tre arazzi della celebre serie Fructus Belli, provenienti da Bruxelles e
Ecouen; otto arazzi con la Vita di Mosé, di cui quattro provenienti dal Centre des
Monuments Nationaux di Châteaudun in Francia, e quattro dal Museo del Duomo
di Milano; il magnifico arazzo della Storia di Giasone, con le armi di Alfonso I
Gonzaga di Novellara, datato 1554 e acquisito nel 2003 dal Comune di Novellara,
tessuto a Firenze nella Arazzeria Medicea, fondata dai fiamminghi Rost e Karcher
che testimonia come anche i rami cadetti delle famiglie nobiliari s’interessavano a
questa arte di corte; una serie, quasi sconosciuta, di quattro arazzi del ciclo Cefalo
e Procri restaurati per la mostra e provenienti dai Musei Vaticani e da Ecouen;
Incontro di Enea e Didone dalle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco e Venere
appare ad Enea dal Patrimonio Nacional (Madrid); quattro splendidi esemplari
dalla Vita di Alessandro Magno (1600 circa) da Monselice (Padova). Il corpus
principale di questi esemplari é stato collezionato dai tre fratelli Gonzaga, a parte
L’Annunziazione, commissionata da Ludovico II, e la serie di Alessandro da
Vincenzo I. L’unico esemplare che non fa parte della collezione Gonzaga è La
pesca miracolosa da Raffaello e bottega, il cui cartone originale è stato eseguito
dal maestro tra il 1514 e il 1516, mentre l’arazzo, insieme agli altri nove della
serie, è stato tessuto nella Bottega di Pieter van Aelst di Bruxelles tra il 1516 e il 1519/21. L’opera, proveniente dai Musei Pontifici, era destinata alla decorazione
della Cappella Sistina.
Una successiva versione dell’intero ciclo degli Atti degli Apostoli è permanente
esposta a Palazzo Ducale di Mantova, tra cui appunto il soggetto della Pesca miracolosa.
Al Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova saranno invece esposti altri
sei splendidi arazzi del ciclo Storie di Cristo e dei Santi mantovani realizzati dalla
Manifattura di Dubout a Parigi e tre disegni preparatori provenienti dalla Bibliothèque
Nationale di Parigi e due dal Cabinet de dessins del Louvre.
Un viaggio emozionante tra la seta e i colori dei magnifici arazzi fatti realizzare dai
Gonzaga nel Rinascimento è dunque quello proposto da Palazzo Te e dal Museo Diocesano
di Mantova che ci offrono uno spettro ampiamente rappresentativo di quest’arte
in Europa, in cui la varietà dei soggetti è pari alla bellezza del disegno.
13
marzo 2010
Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da Mantegna a Raffaello e Giulio Romano
Dal 13 marzo al 27 giugno 2010
arte antica
Location
PALAZZO TE
Mantova, Viale Te, 19, (Mantova)
Mantova, Viale Te, 19, (Mantova)
Biglietti
intero: 10 Euro
ridotto: 8 Euro
gruppi di minimo 20 persone, maggiori di 60 anni, possessori Mantova Card, possessori
Mantova-Verona Card, possessori di CardBresciaMusei, soci Touring Club Italiano, soci FAI,
altre categorie convenzionate
ridotto: 2,50 Euro
visitatori tra i 12 e i 18 anni, studenti universitari e disabili
gratuito
minori di 11 anni, un accompagnatore per gruppo, due accompagnatori per scolaresca,
accompagnatori di disabili che presentino necessità, giornalisti, forze de
Orario di apertura
lunedì: 13-18, martedì-domenica: 9-18 (chiusura biglietteria 17.30)
Museo Diocesano Francesco Gonzaga
lunedì: 15-17.30, martedì-domenica: 9.30-12; 15-17.30
Museo di Palazzo Ducale
martedì-domenica: 8.30-19
Vernissage
13 Marzo 2010, ore 11.30 su invito
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
LUCIA CRESPI
Ufficio stampa
MEDIAMENTE COMUNICAZIONE
Autore
Curatore