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Globe Theatre Art
Concepito come grande palcoscenico, lo spazio espositivo di questo nuovo allestimento si propone di dare voce alla narrazione drammatica dell’esistenza
Comunicato stampa
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Otto giovani artisti “si espongono” nella mostra GLOBE THEATRE ART, allestita alla Fabbrica del Vapore, dal 24 giungo al 30 agosto. La curatela è affidata a Marina Mojana e Giuliana Montrasio, l’organizzazione è di Opera d’Arte, con il contributo dell’Assessorato Sport e Giovani del Comune di Milano e il patronato della Regione Lombardia.
GLOBE THEATRE ART è l’atto conclusivo di una trilogia di mostre d’arte contemporanea iniziata nel 2004 da MARINA MOJANA e GIULIANA MONTRASIO, nella suggestiva cornice della Fabbrica del Vapore di Milano. Concepito come grande palcoscenico, lo spazio espositivo di questo nuovo allestimento si propone di dare voce alla narrazione drammatica dell’esistenza, attraverso la commistione dei codici e la dimensione performativa dell’atto creativo. Nei lavori di otto giovani autori, diversi per linguaggio e tecnica espressiva, l’opera d’arte diventa rappresentazione universale della commedia umana, svolgimento scenografico di una storia personale e collettiva.
“Quello che ci sta a cuore è dare fiducia e visibilità a chi intende l'arte come momento prezioso della vita, come ricerca del destino, esperienza del bello, racconto della felicità di esistere, anche nelle sue forme più tragiche”, affermano le curatrici. “Da qui, l’importanza di un manufatto che sappia dare all’idea una forma, possibilmente, perfetta. Siamo convinte, infatti, che senza forma venga meno il contenuto e che l'arte non sia mera rappresentazione, ma processo di azione-creazione. Globe Theatre Art appunto, in cui gesto, colore, luce, movimento e suono, sono gli strumenti da affinare per realizzare il sogno della sinestesia delle arti o dell’arte totale”.
Pittura, scultura, fotografia, video, installazioni e musica, si fondono in un unico impianto visivo, all’interno del quale lo spettatore si aggira liberamente come in un set scenografico, alla ricerca della sua propria umanità, nel riflesso sublimato di un’esperienza creativa che è promessa di trasformazione. Come accade nella scala “genealogica” di MARIA GRAZIA SERINA, cubi di legno composti a piramide che marcano il passaggio graduale dall’identità biologica famigliare alla nuova identità artistica cui sente di appartenere.
Nella terra di confine fra ciò che appare e ciò che esiste, persona e personaggio, due grandi lembi fissati al soffitto come quinte teatrali calano al centro della sala descrivendo gli spazi di un proscenio e di un fondale. Sulle tele di garza, le giovani donne di ROBERTA SAVELLI esprimono vissuti e stati mentali differenti: assorte nell’artificio della messinscena le prime, più spontanee e rilassate le seconde. Entrambe, comunque, parte di una stessa inesorabile esistenza, primo e secondo tempo di un eterno “Doppio atto”.
Sempre soggetti femminili nelle stampe fotografiche di SARA GIANNATEMPO, corpi di donna raggomitolati in posizione fetale che gradualmente si aprono all’esterno e invocano il contatto. Dal magma primordiale di un mondo senza tempo, un presente nuovo è restituito alla memoria per il tramite dello spettatore-testimone. A lui un accorato appello: “Aiutami ad ardere ancora”.
Di forte impatto emotivo, le due opere di FEDERICA GIGLIO, “Benedetta da Dio” e “Film”, entrambe parte di un progetto più complesso esposto con “Mostramostro” alla Stazione Termini di Roma nel marzo 2006. Il calco dell’artista nasce come immagine iconografica iperrealistica-surreale a descrivere sinteticamente una condizione personale universalmente umana, nonché al femminile, di resistenza, di esistenza, di silenzio per omissione su un tema difficile, cristallizzando un momento grave ed estremo come la depressione Bipolare. Il “Film”, invece, è narrazione “Performance” che costringe lo spettatore a vivere la costruzione, la costrizione, la catarsi attraverso il mezzo a noi ormai più congeniale del suono, del silenzio, dell’immagine in movimento.
Diversamente surrealista ma ugualmente densa di narrazione, la pittura maniacale di FULVIO DI PIAZZA propone allo spettatore l’inedito “Turbulivo”, olio su tela che lo riconferma vate del particolare, della citazione dotta e mai ridondante, ostinata e mai bizzarra. Portavoce di una sicilianità fantascientifica, Di Piazza controlla le masse di colore e le restituisce nella forma di un surrealismo compassato, venato di lucida veridicità. Più che un tuffo nella dimensione onirica, l’artista siracusano propone un connubio con l’assurdo, con quel tanto d’illogica consequenzialità che permea la cultura di oggigiorno.
In un gioco di rimandi e contaminazioni, il lavoro di ANDREA MASTROVITO, “Anyway the wind blows”, trae invece le mosse da Bohemian Rhapsody dei Queen, primo e insuperabile esempio di rock operistico in cinque atti, capace di fondere suoni, immagini e parole. L'istallazione, realizzata con carta, luci e ombre sincronizzate alle note del brano, dà vita ad un vero e proprio spettacolo teatrale, espressione visuale dei movimenti musicali: dal preludio esplicativo allo svolgimento dell’azione, passando per il coro shakespeariano (col celeberrimo "Oh mamma mia mamma mia let me go”), fino alla chiusa sommessa e disperata.
Pongo bianco su fondo bianco, anche i mezzibusti di CLAUDIO MARCONI vivono di riflessi, ombre nate dall'incontro-scontro fra luce e materia. Bozzetti modellati e poi distrutti, immagini plasmate dall’impronta di una mano e trattenute nell’ingrandimento di una stampa. Vite autonome, vite anonime, vite ingigantite di “Quadri dirigenti”.
La sera dell’inaugurazione, alle ore 21, PAOLO F. BRAGAGLIA, in collaborazione con Matteo Pennese, presenterà la performance videomusicale “Mystère du printemps” su musiche da lui composte.
GLOBE THEATRE ART è l’atto conclusivo di una trilogia di mostre d’arte contemporanea iniziata nel 2004 da MARINA MOJANA e GIULIANA MONTRASIO, nella suggestiva cornice della Fabbrica del Vapore di Milano. Concepito come grande palcoscenico, lo spazio espositivo di questo nuovo allestimento si propone di dare voce alla narrazione drammatica dell’esistenza, attraverso la commistione dei codici e la dimensione performativa dell’atto creativo. Nei lavori di otto giovani autori, diversi per linguaggio e tecnica espressiva, l’opera d’arte diventa rappresentazione universale della commedia umana, svolgimento scenografico di una storia personale e collettiva.
“Quello che ci sta a cuore è dare fiducia e visibilità a chi intende l'arte come momento prezioso della vita, come ricerca del destino, esperienza del bello, racconto della felicità di esistere, anche nelle sue forme più tragiche”, affermano le curatrici. “Da qui, l’importanza di un manufatto che sappia dare all’idea una forma, possibilmente, perfetta. Siamo convinte, infatti, che senza forma venga meno il contenuto e che l'arte non sia mera rappresentazione, ma processo di azione-creazione. Globe Theatre Art appunto, in cui gesto, colore, luce, movimento e suono, sono gli strumenti da affinare per realizzare il sogno della sinestesia delle arti o dell’arte totale”.
Pittura, scultura, fotografia, video, installazioni e musica, si fondono in un unico impianto visivo, all’interno del quale lo spettatore si aggira liberamente come in un set scenografico, alla ricerca della sua propria umanità, nel riflesso sublimato di un’esperienza creativa che è promessa di trasformazione. Come accade nella scala “genealogica” di MARIA GRAZIA SERINA, cubi di legno composti a piramide che marcano il passaggio graduale dall’identità biologica famigliare alla nuova identità artistica cui sente di appartenere.
Nella terra di confine fra ciò che appare e ciò che esiste, persona e personaggio, due grandi lembi fissati al soffitto come quinte teatrali calano al centro della sala descrivendo gli spazi di un proscenio e di un fondale. Sulle tele di garza, le giovani donne di ROBERTA SAVELLI esprimono vissuti e stati mentali differenti: assorte nell’artificio della messinscena le prime, più spontanee e rilassate le seconde. Entrambe, comunque, parte di una stessa inesorabile esistenza, primo e secondo tempo di un eterno “Doppio atto”.
Sempre soggetti femminili nelle stampe fotografiche di SARA GIANNATEMPO, corpi di donna raggomitolati in posizione fetale che gradualmente si aprono all’esterno e invocano il contatto. Dal magma primordiale di un mondo senza tempo, un presente nuovo è restituito alla memoria per il tramite dello spettatore-testimone. A lui un accorato appello: “Aiutami ad ardere ancora”.
Di forte impatto emotivo, le due opere di FEDERICA GIGLIO, “Benedetta da Dio” e “Film”, entrambe parte di un progetto più complesso esposto con “Mostramostro” alla Stazione Termini di Roma nel marzo 2006. Il calco dell’artista nasce come immagine iconografica iperrealistica-surreale a descrivere sinteticamente una condizione personale universalmente umana, nonché al femminile, di resistenza, di esistenza, di silenzio per omissione su un tema difficile, cristallizzando un momento grave ed estremo come la depressione Bipolare. Il “Film”, invece, è narrazione “Performance” che costringe lo spettatore a vivere la costruzione, la costrizione, la catarsi attraverso il mezzo a noi ormai più congeniale del suono, del silenzio, dell’immagine in movimento.
Diversamente surrealista ma ugualmente densa di narrazione, la pittura maniacale di FULVIO DI PIAZZA propone allo spettatore l’inedito “Turbulivo”, olio su tela che lo riconferma vate del particolare, della citazione dotta e mai ridondante, ostinata e mai bizzarra. Portavoce di una sicilianità fantascientifica, Di Piazza controlla le masse di colore e le restituisce nella forma di un surrealismo compassato, venato di lucida veridicità. Più che un tuffo nella dimensione onirica, l’artista siracusano propone un connubio con l’assurdo, con quel tanto d’illogica consequenzialità che permea la cultura di oggigiorno.
In un gioco di rimandi e contaminazioni, il lavoro di ANDREA MASTROVITO, “Anyway the wind blows”, trae invece le mosse da Bohemian Rhapsody dei Queen, primo e insuperabile esempio di rock operistico in cinque atti, capace di fondere suoni, immagini e parole. L'istallazione, realizzata con carta, luci e ombre sincronizzate alle note del brano, dà vita ad un vero e proprio spettacolo teatrale, espressione visuale dei movimenti musicali: dal preludio esplicativo allo svolgimento dell’azione, passando per il coro shakespeariano (col celeberrimo "Oh mamma mia mamma mia let me go”), fino alla chiusa sommessa e disperata.
Pongo bianco su fondo bianco, anche i mezzibusti di CLAUDIO MARCONI vivono di riflessi, ombre nate dall'incontro-scontro fra luce e materia. Bozzetti modellati e poi distrutti, immagini plasmate dall’impronta di una mano e trattenute nell’ingrandimento di una stampa. Vite autonome, vite anonime, vite ingigantite di “Quadri dirigenti”.
La sera dell’inaugurazione, alle ore 21, PAOLO F. BRAGAGLIA, in collaborazione con Matteo Pennese, presenterà la performance videomusicale “Mystère du printemps” su musiche da lui composte.
24
giugno 2006
Globe Theatre Art
Dal 24 giugno al 30 agosto 2006
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
FABBRICA DEL VAPORE
Milano, Via Giulio Cesare Procaccini, 4, (Milano)
Milano, Via Giulio Cesare Procaccini, 4, (Milano)
Orario di apertura
martedì, mercoledì, giovedì 16-22; venerdì, sabato, domenica 16-19
Vernissage
24 Giugno 2006, ore 19
Autore
Curatore