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Goya e la tradizione italiana
Una mostra che è anche un risarcimento postumo a un genio venticinquenne, allora non del tutto compreso
Comunicato stampa
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Una mostra che è anche un risarcimento postumo a un genio venticinquenne, allora non del tutto compreso.
Quando, infatti, nel 1771 Francisco Goya partecipò al celebre concorso di pittura dell’Accademia di Parma, ottenne solo un onorevole secondo posto, alle spalle di un certo Paolo Borroni, preferitogli da una giuria che pure godeva di un eccellente prestigio e che si era già in precedenza dimostra aperta al nuovo.
Annibale che scorge le terre italiche per la prima volta e Il genio della guerra guida Annibale attraverso le Alpi, ovvero gli oli di Goya e di Borroni, saranno nuovamente a confronto, dal 9 settembre al 3 dicembre, a Mamiano di Traversetolo, ai piedi delle colline parmensi, ad aprire la grande mostra “GOYA e la tradizione italiana” proposta dalla Fondazione Magnani Rocca nella meravigliosa casa-museo che fu di Luigi Magnani.
L’esposizione, curata da Fred Licht e da Simona Tosini Pizzetti, vuole documentare e analizzare le circostanze che legano Francisco de Goya y Lucientes (1746 – 1828) all’Italia e in particolare a Parma. Qui non solo Goya ottenne il suo primo, anche se parziale, riconoscimento pubblico, ma da questa corte venne Maria Luisa, moglie del principe ereditario di Spagna, destinata a pesare non poco sulle scelte artistiche di quel Paese.
La sorte ha poi voluto che proprio alla Fondazione Magnani Rocca si conservi il capolavoro La famiglia dell’Infante don Luis, opera chiave della ritrattistica di Goya.
Nella prima delle 4 sezioni, la mostra si sofferma appunto sul rapporto tra Goya e Parma presentando le opere vincitrici del concorso del 1771 ma anche dell’anno precedente e seguente, rispettivamente di Antoine Gobelin-Esprit e Pierre Duhallas, a conferma sia del prestigio del Premio assegnato dall’Accademia parmense sia dell’apertura che gli accademici dimostrarono verso le proposte di superamento della tradizione tardo-barocca allora in auge.
Chiudono la prima sezione due affascinanti ritratti di Raphael Mengs raffiguranti Maria Luisa di Parma e il marito Carlos di Borbone destinato a diventare Re di Spagna col nome di Carlos IV.
La seconda e terza sezione rappresentano il fulcro della mostra. Consentono di raffrontare la tradizione italiana del ritratto con l’interpretazione che dello stesso tema offre Francisco Goya che pur da questa tradizione risultò non poco influenzato.
Anche se l’artista aragonese è considerato una delle figure più personali, indipendenti e significative dell’arte spagnola, è riconosciuta l’influenza che la pittura barocca e classicistica italiana, soprattutto di area veneta e napoletana, ha esercitato sulle sue opere, a effetto del viaggio in Italia, durante il quale Goya assorbe principalmente la cultura ritrattistica di ambito romano, ma anche della conoscenza di artisti italiani che lavorarono per la corte madrilena, come Giambattista Tiepolo e il figlio Gian Domenico e il napoletano Corrado Giaquinto.
Nella seconda sezione una ampia sequenza di opere di Tiepolo, Giaquinto, Traversi, Mengs, Kauffman, Batoni, Bonito, Benefial, Ghezzi documentano i livelli raggiunti dal “Ritratto italiano singolo e di gruppo al tempo di Goya”,
La “risposta” di Goya a questi modelli, così come a quello francese, allora imperante in Spagna, viene proposta nella terza sezione della mostra, sezione interamente riservata a “La ritrattistica di Goya”. Qui, a raggiungere La famiglia dell’infante don Luis, patrimonio della Magnani Rocca, sono capolavori concessi dal Prado, dal Museo di Saragozza e da altre raccolte spagnole, dalla National Gallery di Washington, dal Museu de Arte di San Paolo del Brasile, dagli Uffizi di Firenze. Le opere di Goya esposte sono tutte celeberrime, basti citare La famiglia dei duchi di Osuna, La Marchesa di Pontejos, Maria Teresa de Borbón y Vallabriga contessa di Chinchòn, Il cardinale Luis Maria de Borbón y Vallabriga arcivescovo di Toledo.
Sono capolavori che dimostrano come Goya, pur nella fissità della posa richiesta dall’ufficialità dei ritratti, sappia inserire livelli persino inquietanti di penetrazione psicologica dei personaggi.
Infine, con la consulenza dello Studio Mistrali di Parma, una sezione dedicata alla grafica propone il confronto dei lavori di Gian Domenico Tiepolo, di Pier Leone Ghezzi e di altri disegnatori italiani coi celebri Caprichos di Goya, presentati qui integralmente.
A documentare l’enorme salto in avanti nel tempo e nella stessa concezione del racconto pittorico segnato da Goya, da un’epoca che stava tramontando al sorgere di un mondo nuovo.
Quando, infatti, nel 1771 Francisco Goya partecipò al celebre concorso di pittura dell’Accademia di Parma, ottenne solo un onorevole secondo posto, alle spalle di un certo Paolo Borroni, preferitogli da una giuria che pure godeva di un eccellente prestigio e che si era già in precedenza dimostra aperta al nuovo.
Annibale che scorge le terre italiche per la prima volta e Il genio della guerra guida Annibale attraverso le Alpi, ovvero gli oli di Goya e di Borroni, saranno nuovamente a confronto, dal 9 settembre al 3 dicembre, a Mamiano di Traversetolo, ai piedi delle colline parmensi, ad aprire la grande mostra “GOYA e la tradizione italiana” proposta dalla Fondazione Magnani Rocca nella meravigliosa casa-museo che fu di Luigi Magnani.
L’esposizione, curata da Fred Licht e da Simona Tosini Pizzetti, vuole documentare e analizzare le circostanze che legano Francisco de Goya y Lucientes (1746 – 1828) all’Italia e in particolare a Parma. Qui non solo Goya ottenne il suo primo, anche se parziale, riconoscimento pubblico, ma da questa corte venne Maria Luisa, moglie del principe ereditario di Spagna, destinata a pesare non poco sulle scelte artistiche di quel Paese.
La sorte ha poi voluto che proprio alla Fondazione Magnani Rocca si conservi il capolavoro La famiglia dell’Infante don Luis, opera chiave della ritrattistica di Goya.
Nella prima delle 4 sezioni, la mostra si sofferma appunto sul rapporto tra Goya e Parma presentando le opere vincitrici del concorso del 1771 ma anche dell’anno precedente e seguente, rispettivamente di Antoine Gobelin-Esprit e Pierre Duhallas, a conferma sia del prestigio del Premio assegnato dall’Accademia parmense sia dell’apertura che gli accademici dimostrarono verso le proposte di superamento della tradizione tardo-barocca allora in auge.
Chiudono la prima sezione due affascinanti ritratti di Raphael Mengs raffiguranti Maria Luisa di Parma e il marito Carlos di Borbone destinato a diventare Re di Spagna col nome di Carlos IV.
La seconda e terza sezione rappresentano il fulcro della mostra. Consentono di raffrontare la tradizione italiana del ritratto con l’interpretazione che dello stesso tema offre Francisco Goya che pur da questa tradizione risultò non poco influenzato.
Anche se l’artista aragonese è considerato una delle figure più personali, indipendenti e significative dell’arte spagnola, è riconosciuta l’influenza che la pittura barocca e classicistica italiana, soprattutto di area veneta e napoletana, ha esercitato sulle sue opere, a effetto del viaggio in Italia, durante il quale Goya assorbe principalmente la cultura ritrattistica di ambito romano, ma anche della conoscenza di artisti italiani che lavorarono per la corte madrilena, come Giambattista Tiepolo e il figlio Gian Domenico e il napoletano Corrado Giaquinto.
Nella seconda sezione una ampia sequenza di opere di Tiepolo, Giaquinto, Traversi, Mengs, Kauffman, Batoni, Bonito, Benefial, Ghezzi documentano i livelli raggiunti dal “Ritratto italiano singolo e di gruppo al tempo di Goya”,
La “risposta” di Goya a questi modelli, così come a quello francese, allora imperante in Spagna, viene proposta nella terza sezione della mostra, sezione interamente riservata a “La ritrattistica di Goya”. Qui, a raggiungere La famiglia dell’infante don Luis, patrimonio della Magnani Rocca, sono capolavori concessi dal Prado, dal Museo di Saragozza e da altre raccolte spagnole, dalla National Gallery di Washington, dal Museu de Arte di San Paolo del Brasile, dagli Uffizi di Firenze. Le opere di Goya esposte sono tutte celeberrime, basti citare La famiglia dei duchi di Osuna, La Marchesa di Pontejos, Maria Teresa de Borbón y Vallabriga contessa di Chinchòn, Il cardinale Luis Maria de Borbón y Vallabriga arcivescovo di Toledo.
Sono capolavori che dimostrano come Goya, pur nella fissità della posa richiesta dall’ufficialità dei ritratti, sappia inserire livelli persino inquietanti di penetrazione psicologica dei personaggi.
Infine, con la consulenza dello Studio Mistrali di Parma, una sezione dedicata alla grafica propone il confronto dei lavori di Gian Domenico Tiepolo, di Pier Leone Ghezzi e di altri disegnatori italiani coi celebri Caprichos di Goya, presentati qui integralmente.
A documentare l’enorme salto in avanti nel tempo e nella stessa concezione del racconto pittorico segnato da Goya, da un’epoca che stava tramontando al sorgere di un mondo nuovo.
08
settembre 2006
Goya e la tradizione italiana
Dall'otto settembre al 03 dicembre 2006
arte antica
Location
FONDAZIONE MAGNANI ROCCA
Traversetolo, Via Fondazione Magnani Rocca, 4, (Parma)
Traversetolo, Via Fondazione Magnani Rocca, 4, (Parma)
Biglietti
€ 8,00 (comprensivo delle Raccolte permanenti)
Orario di apertura
10-18; lunedì chiuso
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Autore
Curatore