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Graziano Locatelli – Hic incipit…
La mostra si compone di un corpo opere inedito e mirato al concetto tridimensionale della vita intesa come rinascita. La materia prima utilizzata dall’artista, mattonelle di ceramica diamantate, nelle mani di Locatelli diventa oggetto malleabile, mediante il quale esprime la sua visione artistica.
Comunicato stampa
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La mostra si compone di un corpo opere totalmente inedito e mirato al concetto tridimensionale della vita intesa come rinascita.
La materia prima utilizzata dall'artista, mattonelle di ceramica diamantate, materiale umile e ben più noto per altri utilizzi, nelle mani di Locatelli diventa oggetto malleabile, mediante il quale esprime la sua visione artistica. Lo spezzare fisico delle mattonelle e il cercare un direzionamento della crepa preciso e determinato fa si che l'opera finita diventi declinazione di una ricerca sfaccettata e poliedrica.
"Le superfici levigate delle piastrelle sembrano rappresentare un mare calmo e tranquillo che all’improvviso si increspa e si agita fino a disvelare le profondità degli abissi così come spesso avviene con la nostra mente. Ma il messaggio, se così si può chiamare, alla fine, rimane un invito alla serenità, ad una atarassia che non è indifferenza bensì lucida osservazione della realtà." Elio Rumma.
TESTO CRITICO DI ELIO RUMMA
Hic incipit vita nova… scriveva Dante qualche secolo fa; nel caso di Graziano Locatelli non si tratta di una nuova vita ma di una nuova fase della sua ricerca artistica.
Dopo la mostra “Disabitare” tenuta a Roma lo scorso anno che gli ha portato importanti riconoscimenti, sia in termini di critica che di mercato, Graziano è tornato alle sue radici, ben presenti nel modus operandi che contraddistingue il suo “stile”. Certo in questa esposizione milanese l’artista ha rinunciato alla policromia presente nella sua esperienza romana ma la virata verso il monocromatismo ha ulteriormente rafforzato l’originalità del suo lavoro. La tridimensionalità delle sue opere, che non sono né quadri né sculture ma composizioni materiche, che sfuggono ad una definizione precisa, ha raggiunto una maturità espressiva che traduce in piena contemporaneità la lezione dei grandi maestri del XX secolo.
E tuttavia i lavori di questo artista hanno una cifra di lettura del tutto personale come è caratteristica del talento genuino: infatti, basta guardare le opere di Locatelli un paio di volte e in seguito si riconoscerà all’istante la mano dell’autore. Il recupero di un materiale “povero” e banale come la piastrella da bagno (o da cucina) è assolutamente originale ed è un tratto distintivo che, a mia memoria, non è presente nel panorama dell’arte italiana contemporanea. Come per le opere di un grande scultore quale è stato Pietro Consagra così la caratteristica essenziale dei lavori di Locatelli è la “frontalità” che ci riporta a quella “perdita del centro” che, tante volte nel recente passato, è stata chiamata in causa come condizione dell’uomo contemporaneo. Scegliendo la frontalità l’artista ha voluto liberarsi dalla preoccupazione, direi, forse, ossessione di occupare uno spazio fisico-temporale al centro del quale costruire il focus dell’attenzione di chi guarda queste opere.
Naturalmente la povertà dei materiali e la sapiente frammentazione e curvatura degli stessi, mai casuale ma armonicamente composta imprimono a questi lavori di Graziano Locatelli una forte drammaticità. E però questa drammaticità non è mai condizione lacerante, lamento tragico o con un risvolto psicologico: è soltanto una tensione di forze indirizzate a creare un rapporto diretto, direi intimo, tra chi osserva e l’opera che egli ha di fronte. In questo modo s’instaura un colloquio, muto ma profondo, tra lo spettatore e l’oggetto del suo sguardo, una comunicazione che quasi mai genera indifferenza.
Le fenditure, gli squarci, le rotture sono sempre cifre di un alfabeto primordiale che impatta come un messaggio subliminale sulla sensibilità dell’osservatore.
Pur essendo un autodidatta, Locatelli dimostra di avere ben presente la storia dell’arte contemporanea e delle grandi intuizioni di artisti come Burri, Fontana o Warhol.
Mi piace pensare ai lavori di Graziano come a degli spartiti musicali di Alban Berg o ai primi compositori di musica elettronica come Terry Riley e Alvin Curran. Un universo a prima vista quasi impenetrabile ma che, una volta entrati, come dicono gli Americani, nel mood ci avvolge e compenetra fino alle fibre più interiori del nostro essere.Ma la ricerca del nostro artista va oltre: gli squarci, le frammentazioni, l’uso dei materiali rispondono ad esigenze spirituali e psicologiche che sono parte integrante della simbologia delle giovani generazioni.
Non c’è più un’ideologia astratta cui rapportarsi ma una concreta visione del mondo cosi come si è venuto a manifestare negli ultimi decenni.
L’arte e il talento di Graziano Locatelli sono dunque espressione tattile e visiva di una realtà in continua evoluzione che non ammette più assiomi e liturgie. Tutto ciò risulta molto evidente nelle sue opere presenti in questa mostra. Non a caso le “fratture” e gli squarci sono sempre verticali come ad indicare un anelito a liberarsi dalla banalità e materialità della vita quotidiana.
Il nostro artista sa bene come l’essere umano dovrebbe poter vivere, come non riesce a vivere e, quindi, si disimpegna dalla produzione seriale, offrendo al pubblico la propria nudità creativa. D’altra parte Locatelli trova proprio nel coraggio di questa elisione, di questo chiamarsi “fuori”, la sua identità particolare che si concretizza in una pratica che non vuole produrre effetti sociali ma affermare con il proprio linguaggio lo scollamento, direi la liberazione dell’Io dal corpo materiale. E’ quasi come la famosa parabola zen che ci chiede quale sia il suono di una mano sola quando le due mani, battute insieme, producono un suono unico.
Nelle opere di questa mostra sembrano convivere due realtà in apparente contrasto: la luce e l’abisso. In questi lavori, infatti il nero, il colore scuro non è il manifestarsi della tenebra disperata bensì rappresentazione dell’ignoto, dell’inesprimibile o, ancora del “vuoto” inteso come il “Sunyata” dei canoni buddhisti. Quindi, non luogo, non sogno, non illusione ma esperienza mistica alla ricerca della simbiosi tra gesto, pensiero e contenuto. Proprio per questa ragione non c’è pessimismo nelle opere di Locatelli ma ferma consapevolezza dell’arduo cammino da percorrere per giungere alla luce della vera conoscenza e, quindi, immergersi nel flusso dell’energia cosmica.
Le superfici levigate delle piastrelle sembrano rappresentare un mare calmo e tranquillo che all’improvviso si increspa e si agita fino a disvelare le profondità degli abissi così come spesso avviene con la nostra mente. Ma il messaggio, se così si può chiamare, alla fine, rimane un invito alla serenità, ad una atarassia che non è indifferenza bensì lucida osservazione della realtà.
In conclusione, vorrei rimarcare l’originalità delle opere e dello stile di questo artista che, con fatica ma anche con ferma convinzione, sta incamminandosi verso esiti ancora ignoti, benchè certamente luminosi, con la sua ricerca fatta di sensibilità, gusto e grande manualità.
Graziano Locatelli era e resta un “muratore” nel senso più alto del termine così come erano muratori i creatori delle splendide cattedrali gotiche del Medioevo che ancora oggi ci incutono stupore e meraviglia; proprio come le sue opere.
La materia prima utilizzata dall'artista, mattonelle di ceramica diamantate, materiale umile e ben più noto per altri utilizzi, nelle mani di Locatelli diventa oggetto malleabile, mediante il quale esprime la sua visione artistica. Lo spezzare fisico delle mattonelle e il cercare un direzionamento della crepa preciso e determinato fa si che l'opera finita diventi declinazione di una ricerca sfaccettata e poliedrica.
"Le superfici levigate delle piastrelle sembrano rappresentare un mare calmo e tranquillo che all’improvviso si increspa e si agita fino a disvelare le profondità degli abissi così come spesso avviene con la nostra mente. Ma il messaggio, se così si può chiamare, alla fine, rimane un invito alla serenità, ad una atarassia che non è indifferenza bensì lucida osservazione della realtà." Elio Rumma.
TESTO CRITICO DI ELIO RUMMA
Hic incipit vita nova… scriveva Dante qualche secolo fa; nel caso di Graziano Locatelli non si tratta di una nuova vita ma di una nuova fase della sua ricerca artistica.
Dopo la mostra “Disabitare” tenuta a Roma lo scorso anno che gli ha portato importanti riconoscimenti, sia in termini di critica che di mercato, Graziano è tornato alle sue radici, ben presenti nel modus operandi che contraddistingue il suo “stile”. Certo in questa esposizione milanese l’artista ha rinunciato alla policromia presente nella sua esperienza romana ma la virata verso il monocromatismo ha ulteriormente rafforzato l’originalità del suo lavoro. La tridimensionalità delle sue opere, che non sono né quadri né sculture ma composizioni materiche, che sfuggono ad una definizione precisa, ha raggiunto una maturità espressiva che traduce in piena contemporaneità la lezione dei grandi maestri del XX secolo.
E tuttavia i lavori di questo artista hanno una cifra di lettura del tutto personale come è caratteristica del talento genuino: infatti, basta guardare le opere di Locatelli un paio di volte e in seguito si riconoscerà all’istante la mano dell’autore. Il recupero di un materiale “povero” e banale come la piastrella da bagno (o da cucina) è assolutamente originale ed è un tratto distintivo che, a mia memoria, non è presente nel panorama dell’arte italiana contemporanea. Come per le opere di un grande scultore quale è stato Pietro Consagra così la caratteristica essenziale dei lavori di Locatelli è la “frontalità” che ci riporta a quella “perdita del centro” che, tante volte nel recente passato, è stata chiamata in causa come condizione dell’uomo contemporaneo. Scegliendo la frontalità l’artista ha voluto liberarsi dalla preoccupazione, direi, forse, ossessione di occupare uno spazio fisico-temporale al centro del quale costruire il focus dell’attenzione di chi guarda queste opere.
Naturalmente la povertà dei materiali e la sapiente frammentazione e curvatura degli stessi, mai casuale ma armonicamente composta imprimono a questi lavori di Graziano Locatelli una forte drammaticità. E però questa drammaticità non è mai condizione lacerante, lamento tragico o con un risvolto psicologico: è soltanto una tensione di forze indirizzate a creare un rapporto diretto, direi intimo, tra chi osserva e l’opera che egli ha di fronte. In questo modo s’instaura un colloquio, muto ma profondo, tra lo spettatore e l’oggetto del suo sguardo, una comunicazione che quasi mai genera indifferenza.
Le fenditure, gli squarci, le rotture sono sempre cifre di un alfabeto primordiale che impatta come un messaggio subliminale sulla sensibilità dell’osservatore.
Pur essendo un autodidatta, Locatelli dimostra di avere ben presente la storia dell’arte contemporanea e delle grandi intuizioni di artisti come Burri, Fontana o Warhol.
Mi piace pensare ai lavori di Graziano come a degli spartiti musicali di Alban Berg o ai primi compositori di musica elettronica come Terry Riley e Alvin Curran. Un universo a prima vista quasi impenetrabile ma che, una volta entrati, come dicono gli Americani, nel mood ci avvolge e compenetra fino alle fibre più interiori del nostro essere.Ma la ricerca del nostro artista va oltre: gli squarci, le frammentazioni, l’uso dei materiali rispondono ad esigenze spirituali e psicologiche che sono parte integrante della simbologia delle giovani generazioni.
Non c’è più un’ideologia astratta cui rapportarsi ma una concreta visione del mondo cosi come si è venuto a manifestare negli ultimi decenni.
L’arte e il talento di Graziano Locatelli sono dunque espressione tattile e visiva di una realtà in continua evoluzione che non ammette più assiomi e liturgie. Tutto ciò risulta molto evidente nelle sue opere presenti in questa mostra. Non a caso le “fratture” e gli squarci sono sempre verticali come ad indicare un anelito a liberarsi dalla banalità e materialità della vita quotidiana.
Il nostro artista sa bene come l’essere umano dovrebbe poter vivere, come non riesce a vivere e, quindi, si disimpegna dalla produzione seriale, offrendo al pubblico la propria nudità creativa. D’altra parte Locatelli trova proprio nel coraggio di questa elisione, di questo chiamarsi “fuori”, la sua identità particolare che si concretizza in una pratica che non vuole produrre effetti sociali ma affermare con il proprio linguaggio lo scollamento, direi la liberazione dell’Io dal corpo materiale. E’ quasi come la famosa parabola zen che ci chiede quale sia il suono di una mano sola quando le due mani, battute insieme, producono un suono unico.
Nelle opere di questa mostra sembrano convivere due realtà in apparente contrasto: la luce e l’abisso. In questi lavori, infatti il nero, il colore scuro non è il manifestarsi della tenebra disperata bensì rappresentazione dell’ignoto, dell’inesprimibile o, ancora del “vuoto” inteso come il “Sunyata” dei canoni buddhisti. Quindi, non luogo, non sogno, non illusione ma esperienza mistica alla ricerca della simbiosi tra gesto, pensiero e contenuto. Proprio per questa ragione non c’è pessimismo nelle opere di Locatelli ma ferma consapevolezza dell’arduo cammino da percorrere per giungere alla luce della vera conoscenza e, quindi, immergersi nel flusso dell’energia cosmica.
Le superfici levigate delle piastrelle sembrano rappresentare un mare calmo e tranquillo che all’improvviso si increspa e si agita fino a disvelare le profondità degli abissi così come spesso avviene con la nostra mente. Ma il messaggio, se così si può chiamare, alla fine, rimane un invito alla serenità, ad una atarassia che non è indifferenza bensì lucida osservazione della realtà.
In conclusione, vorrei rimarcare l’originalità delle opere e dello stile di questo artista che, con fatica ma anche con ferma convinzione, sta incamminandosi verso esiti ancora ignoti, benchè certamente luminosi, con la sua ricerca fatta di sensibilità, gusto e grande manualità.
Graziano Locatelli era e resta un “muratore” nel senso più alto del termine così come erano muratori i creatori delle splendide cattedrali gotiche del Medioevo che ancora oggi ci incutono stupore e meraviglia; proprio come le sue opere.
12
novembre 2014
Graziano Locatelli – Hic incipit…
Dal 12 novembre al 12 dicembre 2014
arte contemporanea
Location
GALLERIA ASSO DI QUADRI
Milano, Via Dell'orso, 12, (Milano)
Milano, Via Dell'orso, 12, (Milano)
Orario di apertura
mart/ven: 10,30-14,00 15,00-19,30;
sab: 11,30-14,00 15,00-19,30;
dom/lun: su appuntamento
Vernissage
12 Novembre 2014, ore 18.00
Autore
Curatore