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Gruppo Artistico Quartodecimo – Le stanze dell’arte
“Le stanze dell’arte”, mostra di pittura, scultura, fotografia e installazioni del Gruppo Artistico “Quartodecimo” di Como presentata in catalogo da Elena Di Raddo e Katia Trinca Colonel.
Comunicato stampa
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Le Stanze dell'Arte
Elena Di Raddo
Nel Medioevo gli artisti si riunivano nelle botteghe per condividere le proprie capacità artigianali, durante le avanguardie e poi dagli anni Cinquanta i gruppi hanno invece manifestato caratteristiche di ben più solida coesione teorica. Ma dagli anni Novanta del XX secolo ha prevalso nell'arte la via individualistica, tracciata da artisti star, che hanno fatto terra bruciata attorno a sé per rifulgere della propria, unica e indiscutibile personalità. Sempre più raramente gli artisti negli ultimi decenni hanno sentito il bisogno di confrontarsi a livello operativo con altri autori dando luogo, non solo a gruppi o movimenti altrettanto coesi come quelli delle neoavanguardie, ma neppure a luoghi di confronto, come avvenne a Como tra gli anni Trenta e i Cinquanta, quando pittori astratti e figurativi, insieme agli architetti e ai pensatori hanno promosso cenacoli culturali di grande creatività.
Il gruppo “Quartodecimo”, che da qualche anno opera nella città di Como, anche attraverso esposizioni collettive, mantiene una sorta di continuità con quello spirito che ha animato in passato la città. Come il cosiddetto “Gruppo Como”, al quale aderivano non solo gli astratti ma anche artisti figurativi, anche questo più giovane gruppo ha al suo interno più anime - ricerche che spaziano dalla figura alla geometria, dalle pittura alla fotografia - e artisti che appartengono a generazioni diverse. I componenti negli anni sono in parte mutati, ma ciò che li ha sempre accomunati è il bisogno di sentirsi partecipi di un'unica esigenza creativa. L'artista, “il genio – ha scritto Andrej Tarkovskij - si manifesta non nell'assoluta perfezione della sua opera, bensì nell'assoluta fedeltà a se stesso, nella coerenza della propria passione. L'appassionata tensione dell'artista verso la verità, verso la conoscenza del mondo e di se stesso in questo mondo, attribuisce una speciale significatività anche ai passi non del tutto comprensibili o, come si suol dire, 'non riusciti' delle sue opere”. Solo in questo modo il risultato dell'atto creativo avrà la forza di dialogare con l'altro, che è la funzione che dall'opera prende avvio nel momento in cui l'autore ne decreta la completezza. Ed è talvolta proprio questo momento quello che distingue il capolavoro da un'opera non riuscita. Se, infatti, il momento creativo richiede il confronto dell'artista con se stesso, quello dell'abbandono dell'opera, una volta terminata, da parte dell'autore si nutre del dialogo con l'altro. L'opera, divenuta acefala, come ci ha indicato Luis Borges trova la sua forza nel riuscire a creare un dialogo con l'altro. E' a questo punto che il confronto con altri artisti può diventare un'occasione preziosa per dialogare con chi condivide la stessa passione. La connotazione primaria di “Quartodecimo” è proprio non tanto, o almeno non solo, quella di proporre i propri lavori in esposizioni collettive, ma soprattutto quello di generare un confronto di idee attraverso l'“esposizione” del proprio lavoro e della propria poetica al più esigente dei pubblici, quello, appunto, dei colleghi.
Prima di giungere alle “stanze dell'arte”, quindi, le opere qui presentate hanno incontrato lo sguardo attento degli altri artisti, del loro confronto si sono nutrite, delle loro suggestioni certamente arricchite. Anche per questo motivo nella mostra le opere, pur molto diverse, arrivano a dialogare tra di loro generando confronti e assonanze.
L'Uomo
Si può partire dalla figura umana, scoprendo che i modi di osservarla e interpretarla mutano a seconda della sensibilità dell'artista. Nel trittico Messa a fuoco Daniela Antoniali si sofferma sul ritratto, di una figura femminile, autoritratto forse o comunque alter ego dell'artista stessa, indagando introspettivamente il suo essere nel mondo. L'immagine è sfocata, il fondo scuro e alle sue spalle una folla silenziosa e distratta sembra non curarsi della sua presenza. Un senso di solitudine pervade tutte le immagini e le riempie di quello stesso senso di angoscia che caratterizza le opere di Munch ad esempio o la letteratura di Ibsen: siamo soli su questa terra, in cerca del nostro posto nel mondo. Pur con una ricerca meno introspettiva Stefano Venturini nei suoi dipinti mostra una simile sensibilità cogliendo la figura umana in ambienti metropolitani. Nelle sue opere non c'è un'indagine del singolo, ma della folla in movimento. I suoi “paesaggi”, inquadrati con un evidente taglio fotografico, esprimono l'immediatezza dell'esperienza visiva, ma si caricano di significati che vanno oltre la semplice constatazione. La folla rende anonime le persone, ne appiattisce le caratteristiche individuali: così le loro fattezze appaiono sfocate, sfuggenti, come gli attimi distratti delle nostre giornate. Il movimento, che non è quello fisico, ma quello psicologico dell'élan vital nietszchiano coinvolge il singolo uomo e lo porta a farsi parte di un tutto, la folla, appunto. Questa stessa visione dell'esistenza è interpretata con una pittura molto diversa anche da Alberto Bogani, pittore noto per la sua lunga attività di freschista, i cui dipinti (come Pioggia e Trappola) presentano figure umane invischiate in movimenti cosmici. I volti deformati dai tagli netti di zone colorate, i corpi praticamente assenti nella furia compositiva delle immagini ricordano la pittura simbolista di inizio secolo e in particolare quella del grande protagonista italiano della pittura murale Aristide Sartorio, che Bogani ama molto. Il tema di fondo di tali dipinti è quello dell'uomo in balia degli eventi e soprattutto della violenza che attanaglia il mondo; non rappresentano la guerra, ma ne esprimono comunque la radice profonda, che è radicata nell'animo umano. La pittura di Bogani, sia che si soffermi sul tema religioso – che caratterizza molta della sua attività – sia che affronti, come in questo caso, il tema laico è sempre in fondo una pittura ricca di contenuti sociali.
E' sempre l'uomo ad essere al centro anche nell'opera di Aldo Scorza, colto in situazioni di dialogo in caffè o luoghi di ritrovo sociale come il teatro, la sala da gioco o la sala da ballo. Con una chiara matrice espressionista, le scene ritratte da Scorza presentano sempre tratti di ambiguità, mistero e generano un senso di sottile inquietudine. All'artista interessano le ombre delle cose quotidiane, che possono diventare altre cose, “generare mostri”, come scriveva Breton. La comunicazione tra le persone può infatti degenerare nei “pettegolezzi” - per citare il titolo di una sua china – mostrando il lato più malizioso e addirittura talvolta morboso del nostro vivere accanto agli altri. Un tema del resto molto amato anche da un grande protagonista della pittura novecentesca come Gauguin.
La figura umana è al centro anche della scultura di Massimo Clerici, che, nel segno della tradizione della scultura ottocentesca e del mestiere, interpreta il corpo dell'uomo nell'abbraccio o in gesti di profonda intimità.
Paesaggi
“Interiors” di Jo Taiana sono paesaggi al chiuso dove, pur non essendo presente la figura umana, si percepisce la sua storia: luoghi abbandonati come un'antica chiesa in cui la natura penetra impossessandosi delle sue forme architettoniche, un bar dismesso di un luogo della provincia americana in cui la luce che penetra dagli infissi si rifrange modificandone le forme, una vecchia cucina dalle forme tornite da una luce misteriosa o la sala di una antica villa dominata da un maestoso camino. I luoghi dipinti da Tajana sono frammenti di universi lontanissimi, che nulla hanno a che fare con la quotidianità, ma appartengono alla dimensione del sogno e dell'immaginazione. Possono alludere al mondo delle favole, del cinema e addirittura del videogioco, e scatenare l'immaginazione di chi osserva, chiamato a ricostruire delle storie, scoprire indizi e segreti... aprire forzieri pieni d'oro.
Decisamente aperti e ariosi sono al contrario i paesaggi naturali di Silvio Di Martino: visioni a volo d'uccello di cieli eterei e campi coltivati realizzati attraverso l'uso di sabbie, resine, colle e gesso. L’amore verso gli elementi della natura, verso la materia e una sottile nostalgia di una dimensione onirica pervadono le sue tele. La natura è percepita nella sua essenza, energia perenne e immutabile che, attraverso la luce, anima e si manifesta nelle forme, nei colori e nei limiti della materia. Le sue tele appaiono così pervase da una grande poesia che trasfigura i luoghi conosciuti e vicini in paesaggi di grande suggestione.
Il paesaggio, ancora, è ravvicinato, zoomato dalla visione fotografica nel lavoro di Angelo Minardi, dedicato interamente all'acqua. Che la fotografia non sia obiettiva, come è stato sottolineato da molti critici e fotografi fin dagli anni Settanta, è dimostrato in questo caso dalla trasfigurazione che l'artista riesce a fare del dato reale. Minardi coglie il movimento continuo dell'acqua avvicinando il suo sguardo agli effetti di luce e di movimento che la natura regala continuamente a chi la osserva veramente. Attraverso immagini in digitale dirette o create attraverso la sovrapposizione di più scatti egli genera, enfatizzando l'effetto quasi pittorico dell'immagine, un universo naturale quasi parallelo alla natura stessa, pur da essa generato.
Al mondo naturale fa riferimento anche gran parte del lavoro di Nicoletta Brenna, che si esprime attraverso il linguaggio del frammento e della lacerazione. Il suo interesse per la sperimentazione tecnica e l'alchimia dei materiali si esprime nell'uso dell'incisione, attraverso la quale, l'artista ha elaborato un lavoro che affronta il tema dell'acqua e quello della figura femminile. Nelle “Sezioni marine” i fondali appaiono animati da pesci e alghe misteriose, mentre nelle opere dedicate alla donna sono gli abiti o le immagini di icone della femminilità come Frida Kahlo o Tilda Swinton ad interpretare la ricchezza e complessità dell'animo femminile.
Elisa Perin crea invece nella stanza a lei dedicata una sorta di wunderkammer naturale, che dialoga con le sculture organicistiche di Vito Valentino Cimarosti. Il suo lavoro si definisce in quella particolare tendenza che unisce arte e design, dal momento che le sue creazioni alludono sempre in qualche modo alle arti applicate. Ispirata all'erbario, l'installazione è realizzata attraverso tele ricamate, sagome ritagliate e materiali di recupero. Al centro della sala un vecchio tronco assume una nuova funzione artistica coperto da un cuscino in pelle lavorato a intaglio. In una sorta di universo artificiale, ci si immerge quindi nella natura colta e raffinata dell'erbario, come entrando in una pagina di un vecchio libro scientifico. Fanno da contrasto a questo mondo naturale “stilizzato” disegnato, le sculture di Vito Valentino Cimarosti, che, appaiono invece animate da un'energia interna, da una forza organica che ne plasma le forme sinuose. Tali opere tuttavia dialogano molto bene con quel mondo anche nella loro presenza tridimensionale che enfatizza il pieno della materia, sul vuoto del disegno.
Forme e frammenti
Per raggiungere il segreto più intimo della natura e dell'arte, ci ha insegnato l'Arte almeno dall'epoca di Kandinskij e poi con Mondrian e l'Arte Concreta, non c'è bisogno di imitarla. Bruno Saba, erede del concretismo, è tra i protagonisti di una pittura fatta di segni e di colori che si organizzano sulla tela dando luogo a universi conclusi e autonomi. Le forme geometriche sono mosse da un'energia interna che genera universi colorati. Ciò non significa tuttavia che le sue opere fuggano dal mondo per rifugiarsi nella pura immaginazione, al contrario testimoniano la presenza di un fare, l'energia umana del creare che appartiene all'artista e al suo impegno sociale. Nella linea del formalismo-marxismo degli anni Cinquanta, Saba concepisce la ricerca artistica come impegno: non allontanamento dalla realtà attraverso l'immaginazione, ma concreta ricerca della forma.
Al mondo musicale si ispira Roberto Parisi per realizzare composizioni astratte che traducono in forme geometriche la dodecafonia. Il procedimento che sottende i suoi lavori è quindi estremamente rigoroso e matematico: le sue opere appaiono animate da un sottile ritmo continuo di segni neri marcati e colori particolarmente brillanti che generano talvolta particolari effetti ottici. Ed è questo ritmo visivo e musicale insieme che si coglie nelle tele, a volte intervallato da segni anche grafici e figurativi, che dà vita a sottili effetti percettivi.
Alberto Rovi sperimenta invece nei suoi dipinti mondi più onirici. La sua ricerca astratta sembra partecipare più alla tendenza tracciata dal lirismo del pensiero di Novalis e dall'esoterismo di certa ricerca astratto geometrica degli anni Trenta, che a quella dell'arte concreta, da quel mondo poetico cioè che lascia libera l'immaginazione. Le forme che si incuneano e fluttuano nelle tele germinano in modo autonomo, suggestionate dalla sensibilità cromatica dell'artista. La modalità con cui Rovi tratta il colore, frammentato dal puntino e alleggerito tonalmente dalle sfumature, contribuisce inoltre a rendere meno esplicita l'organizzazione geometrica della forma. E il pensiero si libera nel flusso continuo dell'energia vitale che sembra animare i mondi creati dall'artista.
Nella ricerca non figurativa, la linea seguita da Enrica Frigerio si inserisce infine sul versante dell'informe. Attraverso l'uso di vernici, chine su carta, stoffe e rafia l'artista lavora sulla sovrapposizione di materiali diversi, intervallati da interventi grafici, servendosi della tela come di un campo su cui organizzare liberamente i materiali. L'opera si genera quindi nel farsi e si arricchisce di frammenti di materia, di effetti marmorei e luministici di particolare suggestione. Talvolta questo “informe” nasconde anche dei temi, come la Maternità, in cui il colore verde prevalente allude al rapporto intrinseco tra la donna e i ritmi della natura. La generazione dell'uomo, come la generazione del mondo attraverso, appunto, la materia.
Elena Di Raddo
Nel Medioevo gli artisti si riunivano nelle botteghe per condividere le proprie capacità artigianali, durante le avanguardie e poi dagli anni Cinquanta i gruppi hanno invece manifestato caratteristiche di ben più solida coesione teorica. Ma dagli anni Novanta del XX secolo ha prevalso nell'arte la via individualistica, tracciata da artisti star, che hanno fatto terra bruciata attorno a sé per rifulgere della propria, unica e indiscutibile personalità. Sempre più raramente gli artisti negli ultimi decenni hanno sentito il bisogno di confrontarsi a livello operativo con altri autori dando luogo, non solo a gruppi o movimenti altrettanto coesi come quelli delle neoavanguardie, ma neppure a luoghi di confronto, come avvenne a Como tra gli anni Trenta e i Cinquanta, quando pittori astratti e figurativi, insieme agli architetti e ai pensatori hanno promosso cenacoli culturali di grande creatività.
Il gruppo “Quartodecimo”, che da qualche anno opera nella città di Como, anche attraverso esposizioni collettive, mantiene una sorta di continuità con quello spirito che ha animato in passato la città. Come il cosiddetto “Gruppo Como”, al quale aderivano non solo gli astratti ma anche artisti figurativi, anche questo più giovane gruppo ha al suo interno più anime - ricerche che spaziano dalla figura alla geometria, dalle pittura alla fotografia - e artisti che appartengono a generazioni diverse. I componenti negli anni sono in parte mutati, ma ciò che li ha sempre accomunati è il bisogno di sentirsi partecipi di un'unica esigenza creativa. L'artista, “il genio – ha scritto Andrej Tarkovskij - si manifesta non nell'assoluta perfezione della sua opera, bensì nell'assoluta fedeltà a se stesso, nella coerenza della propria passione. L'appassionata tensione dell'artista verso la verità, verso la conoscenza del mondo e di se stesso in questo mondo, attribuisce una speciale significatività anche ai passi non del tutto comprensibili o, come si suol dire, 'non riusciti' delle sue opere”. Solo in questo modo il risultato dell'atto creativo avrà la forza di dialogare con l'altro, che è la funzione che dall'opera prende avvio nel momento in cui l'autore ne decreta la completezza. Ed è talvolta proprio questo momento quello che distingue il capolavoro da un'opera non riuscita. Se, infatti, il momento creativo richiede il confronto dell'artista con se stesso, quello dell'abbandono dell'opera, una volta terminata, da parte dell'autore si nutre del dialogo con l'altro. L'opera, divenuta acefala, come ci ha indicato Luis Borges trova la sua forza nel riuscire a creare un dialogo con l'altro. E' a questo punto che il confronto con altri artisti può diventare un'occasione preziosa per dialogare con chi condivide la stessa passione. La connotazione primaria di “Quartodecimo” è proprio non tanto, o almeno non solo, quella di proporre i propri lavori in esposizioni collettive, ma soprattutto quello di generare un confronto di idee attraverso l'“esposizione” del proprio lavoro e della propria poetica al più esigente dei pubblici, quello, appunto, dei colleghi.
Prima di giungere alle “stanze dell'arte”, quindi, le opere qui presentate hanno incontrato lo sguardo attento degli altri artisti, del loro confronto si sono nutrite, delle loro suggestioni certamente arricchite. Anche per questo motivo nella mostra le opere, pur molto diverse, arrivano a dialogare tra di loro generando confronti e assonanze.
L'Uomo
Si può partire dalla figura umana, scoprendo che i modi di osservarla e interpretarla mutano a seconda della sensibilità dell'artista. Nel trittico Messa a fuoco Daniela Antoniali si sofferma sul ritratto, di una figura femminile, autoritratto forse o comunque alter ego dell'artista stessa, indagando introspettivamente il suo essere nel mondo. L'immagine è sfocata, il fondo scuro e alle sue spalle una folla silenziosa e distratta sembra non curarsi della sua presenza. Un senso di solitudine pervade tutte le immagini e le riempie di quello stesso senso di angoscia che caratterizza le opere di Munch ad esempio o la letteratura di Ibsen: siamo soli su questa terra, in cerca del nostro posto nel mondo. Pur con una ricerca meno introspettiva Stefano Venturini nei suoi dipinti mostra una simile sensibilità cogliendo la figura umana in ambienti metropolitani. Nelle sue opere non c'è un'indagine del singolo, ma della folla in movimento. I suoi “paesaggi”, inquadrati con un evidente taglio fotografico, esprimono l'immediatezza dell'esperienza visiva, ma si caricano di significati che vanno oltre la semplice constatazione. La folla rende anonime le persone, ne appiattisce le caratteristiche individuali: così le loro fattezze appaiono sfocate, sfuggenti, come gli attimi distratti delle nostre giornate. Il movimento, che non è quello fisico, ma quello psicologico dell'élan vital nietszchiano coinvolge il singolo uomo e lo porta a farsi parte di un tutto, la folla, appunto. Questa stessa visione dell'esistenza è interpretata con una pittura molto diversa anche da Alberto Bogani, pittore noto per la sua lunga attività di freschista, i cui dipinti (come Pioggia e Trappola) presentano figure umane invischiate in movimenti cosmici. I volti deformati dai tagli netti di zone colorate, i corpi praticamente assenti nella furia compositiva delle immagini ricordano la pittura simbolista di inizio secolo e in particolare quella del grande protagonista italiano della pittura murale Aristide Sartorio, che Bogani ama molto. Il tema di fondo di tali dipinti è quello dell'uomo in balia degli eventi e soprattutto della violenza che attanaglia il mondo; non rappresentano la guerra, ma ne esprimono comunque la radice profonda, che è radicata nell'animo umano. La pittura di Bogani, sia che si soffermi sul tema religioso – che caratterizza molta della sua attività – sia che affronti, come in questo caso, il tema laico è sempre in fondo una pittura ricca di contenuti sociali.
E' sempre l'uomo ad essere al centro anche nell'opera di Aldo Scorza, colto in situazioni di dialogo in caffè o luoghi di ritrovo sociale come il teatro, la sala da gioco o la sala da ballo. Con una chiara matrice espressionista, le scene ritratte da Scorza presentano sempre tratti di ambiguità, mistero e generano un senso di sottile inquietudine. All'artista interessano le ombre delle cose quotidiane, che possono diventare altre cose, “generare mostri”, come scriveva Breton. La comunicazione tra le persone può infatti degenerare nei “pettegolezzi” - per citare il titolo di una sua china – mostrando il lato più malizioso e addirittura talvolta morboso del nostro vivere accanto agli altri. Un tema del resto molto amato anche da un grande protagonista della pittura novecentesca come Gauguin.
La figura umana è al centro anche della scultura di Massimo Clerici, che, nel segno della tradizione della scultura ottocentesca e del mestiere, interpreta il corpo dell'uomo nell'abbraccio o in gesti di profonda intimità.
Paesaggi
“Interiors” di Jo Taiana sono paesaggi al chiuso dove, pur non essendo presente la figura umana, si percepisce la sua storia: luoghi abbandonati come un'antica chiesa in cui la natura penetra impossessandosi delle sue forme architettoniche, un bar dismesso di un luogo della provincia americana in cui la luce che penetra dagli infissi si rifrange modificandone le forme, una vecchia cucina dalle forme tornite da una luce misteriosa o la sala di una antica villa dominata da un maestoso camino. I luoghi dipinti da Tajana sono frammenti di universi lontanissimi, che nulla hanno a che fare con la quotidianità, ma appartengono alla dimensione del sogno e dell'immaginazione. Possono alludere al mondo delle favole, del cinema e addirittura del videogioco, e scatenare l'immaginazione di chi osserva, chiamato a ricostruire delle storie, scoprire indizi e segreti... aprire forzieri pieni d'oro.
Decisamente aperti e ariosi sono al contrario i paesaggi naturali di Silvio Di Martino: visioni a volo d'uccello di cieli eterei e campi coltivati realizzati attraverso l'uso di sabbie, resine, colle e gesso. L’amore verso gli elementi della natura, verso la materia e una sottile nostalgia di una dimensione onirica pervadono le sue tele. La natura è percepita nella sua essenza, energia perenne e immutabile che, attraverso la luce, anima e si manifesta nelle forme, nei colori e nei limiti della materia. Le sue tele appaiono così pervase da una grande poesia che trasfigura i luoghi conosciuti e vicini in paesaggi di grande suggestione.
Il paesaggio, ancora, è ravvicinato, zoomato dalla visione fotografica nel lavoro di Angelo Minardi, dedicato interamente all'acqua. Che la fotografia non sia obiettiva, come è stato sottolineato da molti critici e fotografi fin dagli anni Settanta, è dimostrato in questo caso dalla trasfigurazione che l'artista riesce a fare del dato reale. Minardi coglie il movimento continuo dell'acqua avvicinando il suo sguardo agli effetti di luce e di movimento che la natura regala continuamente a chi la osserva veramente. Attraverso immagini in digitale dirette o create attraverso la sovrapposizione di più scatti egli genera, enfatizzando l'effetto quasi pittorico dell'immagine, un universo naturale quasi parallelo alla natura stessa, pur da essa generato.
Al mondo naturale fa riferimento anche gran parte del lavoro di Nicoletta Brenna, che si esprime attraverso il linguaggio del frammento e della lacerazione. Il suo interesse per la sperimentazione tecnica e l'alchimia dei materiali si esprime nell'uso dell'incisione, attraverso la quale, l'artista ha elaborato un lavoro che affronta il tema dell'acqua e quello della figura femminile. Nelle “Sezioni marine” i fondali appaiono animati da pesci e alghe misteriose, mentre nelle opere dedicate alla donna sono gli abiti o le immagini di icone della femminilità come Frida Kahlo o Tilda Swinton ad interpretare la ricchezza e complessità dell'animo femminile.
Elisa Perin crea invece nella stanza a lei dedicata una sorta di wunderkammer naturale, che dialoga con le sculture organicistiche di Vito Valentino Cimarosti. Il suo lavoro si definisce in quella particolare tendenza che unisce arte e design, dal momento che le sue creazioni alludono sempre in qualche modo alle arti applicate. Ispirata all'erbario, l'installazione è realizzata attraverso tele ricamate, sagome ritagliate e materiali di recupero. Al centro della sala un vecchio tronco assume una nuova funzione artistica coperto da un cuscino in pelle lavorato a intaglio. In una sorta di universo artificiale, ci si immerge quindi nella natura colta e raffinata dell'erbario, come entrando in una pagina di un vecchio libro scientifico. Fanno da contrasto a questo mondo naturale “stilizzato” disegnato, le sculture di Vito Valentino Cimarosti, che, appaiono invece animate da un'energia interna, da una forza organica che ne plasma le forme sinuose. Tali opere tuttavia dialogano molto bene con quel mondo anche nella loro presenza tridimensionale che enfatizza il pieno della materia, sul vuoto del disegno.
Forme e frammenti
Per raggiungere il segreto più intimo della natura e dell'arte, ci ha insegnato l'Arte almeno dall'epoca di Kandinskij e poi con Mondrian e l'Arte Concreta, non c'è bisogno di imitarla. Bruno Saba, erede del concretismo, è tra i protagonisti di una pittura fatta di segni e di colori che si organizzano sulla tela dando luogo a universi conclusi e autonomi. Le forme geometriche sono mosse da un'energia interna che genera universi colorati. Ciò non significa tuttavia che le sue opere fuggano dal mondo per rifugiarsi nella pura immaginazione, al contrario testimoniano la presenza di un fare, l'energia umana del creare che appartiene all'artista e al suo impegno sociale. Nella linea del formalismo-marxismo degli anni Cinquanta, Saba concepisce la ricerca artistica come impegno: non allontanamento dalla realtà attraverso l'immaginazione, ma concreta ricerca della forma.
Al mondo musicale si ispira Roberto Parisi per realizzare composizioni astratte che traducono in forme geometriche la dodecafonia. Il procedimento che sottende i suoi lavori è quindi estremamente rigoroso e matematico: le sue opere appaiono animate da un sottile ritmo continuo di segni neri marcati e colori particolarmente brillanti che generano talvolta particolari effetti ottici. Ed è questo ritmo visivo e musicale insieme che si coglie nelle tele, a volte intervallato da segni anche grafici e figurativi, che dà vita a sottili effetti percettivi.
Alberto Rovi sperimenta invece nei suoi dipinti mondi più onirici. La sua ricerca astratta sembra partecipare più alla tendenza tracciata dal lirismo del pensiero di Novalis e dall'esoterismo di certa ricerca astratto geometrica degli anni Trenta, che a quella dell'arte concreta, da quel mondo poetico cioè che lascia libera l'immaginazione. Le forme che si incuneano e fluttuano nelle tele germinano in modo autonomo, suggestionate dalla sensibilità cromatica dell'artista. La modalità con cui Rovi tratta il colore, frammentato dal puntino e alleggerito tonalmente dalle sfumature, contribuisce inoltre a rendere meno esplicita l'organizzazione geometrica della forma. E il pensiero si libera nel flusso continuo dell'energia vitale che sembra animare i mondi creati dall'artista.
Nella ricerca non figurativa, la linea seguita da Enrica Frigerio si inserisce infine sul versante dell'informe. Attraverso l'uso di vernici, chine su carta, stoffe e rafia l'artista lavora sulla sovrapposizione di materiali diversi, intervallati da interventi grafici, servendosi della tela come di un campo su cui organizzare liberamente i materiali. L'opera si genera quindi nel farsi e si arricchisce di frammenti di materia, di effetti marmorei e luministici di particolare suggestione. Talvolta questo “informe” nasconde anche dei temi, come la Maternità, in cui il colore verde prevalente allude al rapporto intrinseco tra la donna e i ritmi della natura. La generazione dell'uomo, come la generazione del mondo attraverso, appunto, la materia.
20
settembre 2014
Gruppo Artistico Quartodecimo – Le stanze dell’arte
Dal 20 settembre al 05 ottobre 2014
arte contemporanea
Location
CASERMA DE CRISTOFORIS
Como, Piazzale Monte Santo, 2, (Como)
Como, Piazzale Monte Santo, 2, (Como)
Orario di apertura
da martedì a domenica: 10,00-12,30 / 14,00-1,00
Vernissage
20 Settembre 2014, h 18
Autore
Curatore