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Gruppo Mignon – Sognare di donne
… sulle donne, per le donne, con le donne; la scena numero 5 del film di Eric ROHMER – L’amore il pomeriggio – come un Manifesto della Street Photography. Parte la caccia all’eterno femminino per le strade delle città del mondo.
Comunicato stampa
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"Si vive per anni accanto a un essere umano, senza vederlo. Un giorno ecco che uno alza gli occhi e lo vede.
In un attimo non si sa perché, non si sa come, qualcosa si rompe: una diga tra due acque.
E due sorti si mescolano, si confondono e precipitano."
Gabriele D'ANNUNZIO
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e la cultura fotografica in Sicilia, un parallelo decennale consolidatosi attraverso la costante attività espositiva e culturale che continua a richiamare fotografi, cultori o semplicemente viaggiatori curiosi nel cuore barocco di questa città patrimonio dell’Unesco. Tornare alla Ghirri in settembre significa ritrovare puntualmente la fotografia di qualità in questa bella mostra che, con la cura e il coordinamento di Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO, il Patrocinio del Comune di CALTAGIRONE e dell’ANAF – Associazione Nazionale Arti Fotografiche – nella Corte Capitaniale – dal 2000 prestigiosa sede espositiva della Galleria Fotografica Luigi Ghirri – presenta la ricerca del gruppo MIGNON, il sodalizio nato nel 1995 da un'idea di Giampaolo ROMAGNOSI, Mauro MINOTTO e Angelo TASSITANO.
Sognare di donne
il titolo di questa mostra, è già una suggestione per parole che nasce da una suggestione per immagini, immagini fisse che ne cristallizzano altre in movimento: frazioni di vita al femminile colte con la sensibilità di occhi capaci di intercettare sguardi ora assorti o assenti, ora svegli, inquieti o caparbiamente sfuggenti, per riconoscere e trattenere, dall’incessante brulicare di vita che anima le strade di città piccole, grandi o sterminate, fotogrammi di eternità tradotti nelle circa sessanta stampe ai sali d’argento proposte adesso in Galleria.
Il progetto dei fotografi di MIGNON si qualifica, fin dalle origini, per l’attenzione nei confronti di quel paesaggio umano che si manifesta nell’incessante divenire della vita indagata e colta nella sua estemporanea quotidianità fatta anche e soprattutto di piccole cose alle quali, per dirla con Walter ROSENBLUM, i nostri autori hanno reso omaggio.
Le istantanee proposte sono esempi magistrali di quel genere di reportage fotografico a carattere documentario che la storia della fotografia individua come Street Photography, atto a selezionare e cogliere immagini significanti, tra le infinite sfaccettature del caleidoscopio di vita umana negli spazi delle città in divenire. A differenza della fotografie pensate e controllate in tutti i loro aspetti tecnici, compositivi ed espressivi queste vivono della magia del momento: il gesto, lo sguardo, l’apparente casualità o la fortuita combinazione di elementi che formano materialmente quel fotogramma si condensano nella straordinaria capacità di vedere quello che a tutti non è dato vedere. Carpe diem.
Se gli autori di MIGNON nel cogliere e creare le loro foto, fissandole un attimo prima che si perdano baluginando come bagliori boreali, manifestano sapientemente quell’attitudine che per Henri CARTIER-BRESSON pone sullo stesso piano mente, occhio e cuore, gli stessi fotografi, sedotti dalle riflessioni del protagonista di una pellicola francese del 1972 – L’amore il pomeriggio del regista Eric ROHMER –, riescono magistralmente a evocare quella successione di pensieri sulle donne, per le donne, con le donne – che è si del personaggio filmico ma che, probabilmente, appartiene ad ognuno di noi – in una sequenza di fotogrammi come rosari avviluppati nel tempo e nello spazio: date e città, pur fornendoci didascalie tanto pedanti e necessarie quanto, forse, vane e illusorie, soccombono alla forza di un bianco e nero vera cifra linguistica ma anche dicotomia di forze che oppongono e non di meno tornano e ritornano ad attrarre – l’uomo e la donna ancora e ancora una volta – le due eterne metà del cielo.
“Poi si stesero uno accanto all’altra sul loro grande letto. Lui la guardava. Era stesa supina, con la testa sprofondava nel cuscino, il mento appena sollevato, gli occhi fissi al soffitto, e in quell’estrema tensione del suo corpo (…) lui vide a un tratto, in un solo istante, tutta la sua essenza. Sì ogni tanto gli succedeva (erano momenti miracolosi) di cogliere all’improvviso, in uno solo dei suoi gesti o dei suoi movimenti, tutta la storia del suo corpo e della sua anima.”
Il valzer degli addii, Milan KUNDERA
Sebastiano FAVITTA, Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, 18 agosto 2009
MIGNON
MIGNON nasce nel 1995 da un'idea di Giampaolo ROMAGNOSI che, con Mauro MINOTTO ed Angelo TASSITANO, intende realizzare un progetto fotografico finalizzato alla rivalutazione delle piccole cose che appartengono alla quotidianità, fissando come unico vincolo la ripresa e la stampa in rigoroso bianco e nero.
"Piccole cose" che ruotano tutte intorno all'UOMO, unico scopo della ricerca MIGNON. Sin dall'inizio, vi è un profondo interesse nei confronti delle storiche testimonianze della fotografia con vocazione sociale; dal fondamentale lavoro realizzato dalla F. S. A. – Farm Security Administration – all'ineguagliabile funzione ricoperta dalla PHOTO LEAGUE nella crescita della cultura fotografica fino alle migliori pagine del fotogiornalismo mondiale, da LIFE ai fotografi di MAGNUM.
Alcuni incontri con fotografi "umanisti" hanno contribuito a fornire gran vigore ed entusiasmo al progetto del gruppo. Le frequentazioni con Giovanni UMICINI, influenzano la poetica del gruppo determinando un'attenzione particolare alla street photography ed agli strumenti operativi da utilizzare: un bianconero essenziale, seguito dalla ripresa fino alla stampa finale. Il prodotto di ciò, sul piano dell'immagine, è una forte economia visiva che lambisce quello "sguardo documentario" proprio della fotografia sociale. L'incontro e l'amicizia instaurata con Naomi e Walter ROSENBLUM, hanno segnato la conferma della bontà delle intenzioni progettuali del gruppo. In particolare viene completamente accolta la filosofia di ROSENBLUM che potrebbe essere racchiusa nella sua seguente frase: "Ho fotografato sia persone conosciute solo per un momento, che altre con cui avevo un rapporto profondo, ma in ogni caso ho sempre cercato di rendere omaggio ai soggetti che ho fotografato".
ll "rendere omaggio" è sicuramente un aspetto ritenuto essenziale nel progetto MIGNON, quanto l'aspetto della comunicazione. Sul piano del messaggio va sottolineato che non vi è alcuna velleità pedagogica, ma più semplicemente la propensione ad interloquire con l'osservatore per condividere l'interesse verso il "paesaggio umano". Recentemente il rapporto con il prof. Angelo MAGGI, docente di Storia della Fotografia presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Venezia e autore delle prefazioni di alcune monografie dei fotografi MIGNON, ha stimolato un nuovo interesse per i luoghi e gli spazi segnati dalla presenza umana e per la ricerca di quelle tracce, presenti sia nei paesaggi che negli ambienti chiusi, in grado di testimoniare l'azione dell'uomo in quest'epoca.
Apparato critico: Marina Benedetto, Pippo Pappalardo
“Donna, mistero senza fine bello!”:
Mignon allo scandaglio dell’universo femminile
Ah, le donne!
E’ scabroso le donne studiar
Son dell’uomo la disperazion
E per l’uomo un mister sempre son
Son le donne eterni dei
Cherubin dal visin tutto ciel
Han lo sguardo soave e fedel
Son per l’uomo più dolci del miele che fan
L’uomo sempre turbato sarà
…donne…donne…donne…donne…
Franz LEHAR, La vedova allegra, 1905
Pianeta Donna, tòpos dal mito di Eva (generata da una costola maschile) in poi, angelo – la donna salvifica degli stilnovisti – e demone – “chi dice donna, dice danno” – attraverso un infinito catalogo esplorato da letterati, poeti, pittori, registi, la femme – fatale o madre – guida del Paradiso dantesco e passaporto per la disperazione nel mito di Orfeo, come una calamita (calamità?), seduce l’artista e diventa oggetto della sua arte.
MIGNON ci incanta e ci conduce in questo percorso sulle tracce di un universo di donne sconosciute, sorprese nell’attimo fuggente che le vede assorte in un sogno, in un respiro, in una fantasticheria, vulnerabili eppure determinate, complici, languide, seducenti. Rigorosamente fedele alla poetica del proprio Manifesto, devoto alla Street Photography e al bianco e nero, all’uso sapiente della luce nello scatto e nel risultato grafico, MIGNON con questo catalogo aggiunge una gemma alla poetica che colloca la donna come fulcro del suo intento.
Sognare di donne: vagheggiarle, desiderarle, inseguirle, immaginarle. Spesso senza incontrare i loro occhi, fotografandole di schiena, cogliendole nel sonno, ritraendole in tagli che ne escludono il viso, forse proprio per abbracciare e immortalare in uno scatto l’essenza stessa dell’eterno femminino
Ciò che trapassa non è che un simbolo, l’irraggiungibile si compie qua,
ciò che è ineffabile qui diviene atto, Femmineo Eterno qui ci trarrà.
Johann Wolfgang VON GOETHE, Faust, 1832
Donna, mistero senza fine bello!, amata da Guido GOZZANO proprio solo perché sognata
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state...
Guido GOZZANO, Cocotte, in I Colloqui, 1911
Donne, amate con sofferenza
Donna ferma sul canto della via,
che dagli occhi non mostri di vedere,
non importuni con la voce, stai
nella strada dorata come pietra
sorda;
fossi la marionetta che s'affloscia
al muro, l'occhio vacuo, le braccia
penzoloni!
e se viva
sei, t'impuntassi innanzi a ognuno, muta
che indica col dito nero il buco
della bocca...
Senza paura non ti guardo, tanto
mi rassomigli; non viva, non morta;
donna ferma sul canto della via.
Camillo SBARBARO, Pianissimo, 1914
Donne che ci sfiorano, sconosciute, al cui passare anche l’aria vibra di una vitalità palpitante
Sono donne che sanno
così bene di mare
che all’arietta che fanno
a te accanto al passare
senti sulla tua pelle
fresco aprirsi di vele
e alle labbra d’arselle
deliziose querele.
Giorgio CAPRONI, Sono donne che sanno, in Finzioni, 1941
Donne che – sole – possiedono il segreto della vita
La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Eugenio MONTALE, Il balcone, in Le occasioni, 1939
Questa finestra che non s’illumina è allegoria del mistero che sottende al nostro esistere di uomini, e proprio l’uomo – la donna – è il punto di partenza della ricerca di MIGNON. Una ricerca che qui scava nella loro interiorità femminile, che a tratti si cela e a volte si svela, cogliendo frammenti della loro esistenza, l’intensità delle loro espressioni, perse a inseguire quel sogno che le rende oggetto del nostro sognare.
Talora la donna viene rappresentata inserendo un segno che rimanda a un’altra immagine – il quadro dietro la giovane che dorme, il carboncino in primo piano rispetto alle due donne di schiena, il ritratto che fa da sfondo alla ragazza in vista al museo – come se un’altra effigie travalicasse lo spazio, in una visione speculare alla ricerca di altri artisti e altri universi simbolici. Talora alla vitalità delle giovani protagoniste si contrappone l’immobilità di una statua o la staticità dei manichini, feticci ottenuti per sottrazione statica, come inquietanti simboli di un paradosso che rappresenta l’umano privato del dinamismo dell’essere.
MIGNON sogna le donne, in un viaggio che ci ha visto più volte spettatori (pensiamo, oltre al già citato L’amore il pomeriggio di Eric ROHMER, a L’uomo che amava le donne di François TRUFFAUT o al più recente e surreale Zohan – Tutte le donne vengono al pettine di Dennis DUGAN) e in questo sogno mette a nudo la loro anima, obbligandoci a distogliere lo sguardo dalla loro fisicità per scendere diritti al cuore della loro interiorità.
Chi scrive è donna, e sfido nel trovare una di noi che sarebbe stata immune dal desiderio di appropriarsi della sua goccia di immortalità in uno scatto di MIGNON!
Donne
In mezzo a una via
Donne allo sbando senza compagnia
Negli occhi hanno dei consigli
E tanta voglia di avventure
E se hanno fatto molti sbagli
Sono piene di paure
Le vedi camminare insieme
Nella pioggia o sotto il sole
Dentro pomeriggi opachi
Senza gioia né dolore
Donne
Pianeti dispersi
ZUCCHERO, Donne, 1985
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Dal Notiziario Fotografico, Edizione ANAF Marzo 2005:
Dobbiamo riconoscere che le mostre del formidabile ensemble MIGNON dissipano radicalmente le ombre e i dubbi che da tempo addossiamo sui giorni futuri della fotografia. L’esperienza di questo gruppo, l’entusiasmo del loro programma e della loro proposta, fanno, invece, tacere i tanti lamenti che si sentono tra i fotografi e confermano che la fotografia, quella sana, sincera, onesta e motivata, quella che insomma amiamo, è ancora viva e vegeta.
La fotografia MIGNON si stacca, infatti, risolutamente dalla tanta ripetitività, più che mediocrità, che c’è in giro e autorevolmente si propone all’attenzione nazionale e internazionale spiegando con chiarezza le ragioni del proprio fotografare e, quindi, la necessità di guardare ancora una volta all’esistenza umana dentro e attraverso l’intelligente selezione dell’obiettivo. Questi fotografi lo fanno legandosi a una tradizione storica e tecnica che si rivela non solo adeguata ai loro intenti ma ancora opportunamente vitale per frugare tra i giorni nostri e lungo le nostre strade; e lo fanno scegliendo per il loro cammino compagni d’avventura che sono anche qualificati maestri ed eminenti storici della fotografia (ci riferiamo alla stima che Walter e Naomi ROSENBLUM accordano al sodalizio).
Testimoniano, inoltre, con la loro concreta attività che professionisti e amatori possono, attraverso un concordato programma di intenti, maturato nella ricerca fotografica e nella consapevolezza d’un uso intelligente dello specifico fotografico, offrire quella riflessione del mondo e sul mondo che, da tempo, la nostra piccola e personale esperienza fotografica riconosce come fondamentale per capire chi siamo e dove stiamo.
Le indicazioni di Giovanni UMICINI – la figura di maggior fama tra tanti valenti obiettivi – per quella particolare attenzione rivolta alla Street Photography che, nella produzione attuale di MIGNON, si rivela un dirompente manifesto ideologico quanto mai opportuno di fronte all’incalzare di tante immagini fotografiche realizzate a tavolino, con poco occhio e nessuna collaborazione dei rimanenti sensi …”
Pippo PAPPALARDO
Dal film L’AMORE IL POMERIGGIO di Eric Rohmer, Francia 1972.
Scena no 5_Sognare di donne:
“Se c’è una cosa che non sono più in grado di fare è la corte a una ragazza, non so cosa potrei dirle e d'altronde non c’è ragione che le dica qualcosa, non voglio niente da lei, non ho niente da proporle, tuttavia sento che il matrimonio mi blocca, m’imprigiona e ho voglia di evadere. La prospettiva di una felicità senza scosse m’immalinconisce e mi scopro a ripensare i tempi lontanissimi in cui provavo anch’io gli spasimi dell’attesa. Sogno una vita fatta solo di primi amori, d’amori durevoli. So di volere l’impossibile, non invidio nessuno e quando vedo due innamorati, penso meno a me, a quello che ero, e più a loro, a quel che saranno, per questo amo la città, la gente passa e sparisce, non la si vede invecchiare, quel che rende straordinario ai miei occhi lo scenario di Parigi, le sue strade è la presenza costante e fuggevole di donne che s’incrociano a ogni momento e che quasi certamente non rivedrò mai più, purché siano la, indifferenti o consapevoli del loro fascino, felici di verificarne l’effetto su di me, come io verifico il mio su di loro, per un tacito accordo senza sguardi o sorrisi anche appena accennati. Sento il loro potere d’attrazione senza esserne attratto, tutto questo non mi allontana da Helene, al contrario mi dico che le bellezze che mi passano davanti sono il naturale prolungarsi delle bellezze di mia moglie, la arricchiscono con la loro bellezza ricevendone in cambio un poco della sua, la bellezza di lei garantisce la bellezza del mondo, viceversa quando abbraccio Helene abbraccio tutte le donne. Sento che la mia vita passa, che altre vite passano parallele alla mia e sono quasi frustrato di rimanervi estraneo, di non aver saputo trattenere ogn’una di queste donne anche per un solo istante nella loro corsa verso chissà quale lavoro, verso chissà quale piacere, e sogno, sogno di possederle tutte.”
In un attimo non si sa perché, non si sa come, qualcosa si rompe: una diga tra due acque.
E due sorti si mescolano, si confondono e precipitano."
Gabriele D'ANNUNZIO
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e la cultura fotografica in Sicilia, un parallelo decennale consolidatosi attraverso la costante attività espositiva e culturale che continua a richiamare fotografi, cultori o semplicemente viaggiatori curiosi nel cuore barocco di questa città patrimonio dell’Unesco. Tornare alla Ghirri in settembre significa ritrovare puntualmente la fotografia di qualità in questa bella mostra che, con la cura e il coordinamento di Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO, il Patrocinio del Comune di CALTAGIRONE e dell’ANAF – Associazione Nazionale Arti Fotografiche – nella Corte Capitaniale – dal 2000 prestigiosa sede espositiva della Galleria Fotografica Luigi Ghirri – presenta la ricerca del gruppo MIGNON, il sodalizio nato nel 1995 da un'idea di Giampaolo ROMAGNOSI, Mauro MINOTTO e Angelo TASSITANO.
Sognare di donne
il titolo di questa mostra, è già una suggestione per parole che nasce da una suggestione per immagini, immagini fisse che ne cristallizzano altre in movimento: frazioni di vita al femminile colte con la sensibilità di occhi capaci di intercettare sguardi ora assorti o assenti, ora svegli, inquieti o caparbiamente sfuggenti, per riconoscere e trattenere, dall’incessante brulicare di vita che anima le strade di città piccole, grandi o sterminate, fotogrammi di eternità tradotti nelle circa sessanta stampe ai sali d’argento proposte adesso in Galleria.
Il progetto dei fotografi di MIGNON si qualifica, fin dalle origini, per l’attenzione nei confronti di quel paesaggio umano che si manifesta nell’incessante divenire della vita indagata e colta nella sua estemporanea quotidianità fatta anche e soprattutto di piccole cose alle quali, per dirla con Walter ROSENBLUM, i nostri autori hanno reso omaggio.
Le istantanee proposte sono esempi magistrali di quel genere di reportage fotografico a carattere documentario che la storia della fotografia individua come Street Photography, atto a selezionare e cogliere immagini significanti, tra le infinite sfaccettature del caleidoscopio di vita umana negli spazi delle città in divenire. A differenza della fotografie pensate e controllate in tutti i loro aspetti tecnici, compositivi ed espressivi queste vivono della magia del momento: il gesto, lo sguardo, l’apparente casualità o la fortuita combinazione di elementi che formano materialmente quel fotogramma si condensano nella straordinaria capacità di vedere quello che a tutti non è dato vedere. Carpe diem.
Se gli autori di MIGNON nel cogliere e creare le loro foto, fissandole un attimo prima che si perdano baluginando come bagliori boreali, manifestano sapientemente quell’attitudine che per Henri CARTIER-BRESSON pone sullo stesso piano mente, occhio e cuore, gli stessi fotografi, sedotti dalle riflessioni del protagonista di una pellicola francese del 1972 – L’amore il pomeriggio del regista Eric ROHMER –, riescono magistralmente a evocare quella successione di pensieri sulle donne, per le donne, con le donne – che è si del personaggio filmico ma che, probabilmente, appartiene ad ognuno di noi – in una sequenza di fotogrammi come rosari avviluppati nel tempo e nello spazio: date e città, pur fornendoci didascalie tanto pedanti e necessarie quanto, forse, vane e illusorie, soccombono alla forza di un bianco e nero vera cifra linguistica ma anche dicotomia di forze che oppongono e non di meno tornano e ritornano ad attrarre – l’uomo e la donna ancora e ancora una volta – le due eterne metà del cielo.
“Poi si stesero uno accanto all’altra sul loro grande letto. Lui la guardava. Era stesa supina, con la testa sprofondava nel cuscino, il mento appena sollevato, gli occhi fissi al soffitto, e in quell’estrema tensione del suo corpo (…) lui vide a un tratto, in un solo istante, tutta la sua essenza. Sì ogni tanto gli succedeva (erano momenti miracolosi) di cogliere all’improvviso, in uno solo dei suoi gesti o dei suoi movimenti, tutta la storia del suo corpo e della sua anima.”
Il valzer degli addii, Milan KUNDERA
Sebastiano FAVITTA, Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, 18 agosto 2009
MIGNON
MIGNON nasce nel 1995 da un'idea di Giampaolo ROMAGNOSI che, con Mauro MINOTTO ed Angelo TASSITANO, intende realizzare un progetto fotografico finalizzato alla rivalutazione delle piccole cose che appartengono alla quotidianità, fissando come unico vincolo la ripresa e la stampa in rigoroso bianco e nero.
"Piccole cose" che ruotano tutte intorno all'UOMO, unico scopo della ricerca MIGNON. Sin dall'inizio, vi è un profondo interesse nei confronti delle storiche testimonianze della fotografia con vocazione sociale; dal fondamentale lavoro realizzato dalla F. S. A. – Farm Security Administration – all'ineguagliabile funzione ricoperta dalla PHOTO LEAGUE nella crescita della cultura fotografica fino alle migliori pagine del fotogiornalismo mondiale, da LIFE ai fotografi di MAGNUM.
Alcuni incontri con fotografi "umanisti" hanno contribuito a fornire gran vigore ed entusiasmo al progetto del gruppo. Le frequentazioni con Giovanni UMICINI, influenzano la poetica del gruppo determinando un'attenzione particolare alla street photography ed agli strumenti operativi da utilizzare: un bianconero essenziale, seguito dalla ripresa fino alla stampa finale. Il prodotto di ciò, sul piano dell'immagine, è una forte economia visiva che lambisce quello "sguardo documentario" proprio della fotografia sociale. L'incontro e l'amicizia instaurata con Naomi e Walter ROSENBLUM, hanno segnato la conferma della bontà delle intenzioni progettuali del gruppo. In particolare viene completamente accolta la filosofia di ROSENBLUM che potrebbe essere racchiusa nella sua seguente frase: "Ho fotografato sia persone conosciute solo per un momento, che altre con cui avevo un rapporto profondo, ma in ogni caso ho sempre cercato di rendere omaggio ai soggetti che ho fotografato".
ll "rendere omaggio" è sicuramente un aspetto ritenuto essenziale nel progetto MIGNON, quanto l'aspetto della comunicazione. Sul piano del messaggio va sottolineato che non vi è alcuna velleità pedagogica, ma più semplicemente la propensione ad interloquire con l'osservatore per condividere l'interesse verso il "paesaggio umano". Recentemente il rapporto con il prof. Angelo MAGGI, docente di Storia della Fotografia presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Venezia e autore delle prefazioni di alcune monografie dei fotografi MIGNON, ha stimolato un nuovo interesse per i luoghi e gli spazi segnati dalla presenza umana e per la ricerca di quelle tracce, presenti sia nei paesaggi che negli ambienti chiusi, in grado di testimoniare l'azione dell'uomo in quest'epoca.
Apparato critico: Marina Benedetto, Pippo Pappalardo
“Donna, mistero senza fine bello!”:
Mignon allo scandaglio dell’universo femminile
Ah, le donne!
E’ scabroso le donne studiar
Son dell’uomo la disperazion
E per l’uomo un mister sempre son
Son le donne eterni dei
Cherubin dal visin tutto ciel
Han lo sguardo soave e fedel
Son per l’uomo più dolci del miele che fan
L’uomo sempre turbato sarà
…donne…donne…donne…donne…
Franz LEHAR, La vedova allegra, 1905
Pianeta Donna, tòpos dal mito di Eva (generata da una costola maschile) in poi, angelo – la donna salvifica degli stilnovisti – e demone – “chi dice donna, dice danno” – attraverso un infinito catalogo esplorato da letterati, poeti, pittori, registi, la femme – fatale o madre – guida del Paradiso dantesco e passaporto per la disperazione nel mito di Orfeo, come una calamita (calamità?), seduce l’artista e diventa oggetto della sua arte.
MIGNON ci incanta e ci conduce in questo percorso sulle tracce di un universo di donne sconosciute, sorprese nell’attimo fuggente che le vede assorte in un sogno, in un respiro, in una fantasticheria, vulnerabili eppure determinate, complici, languide, seducenti. Rigorosamente fedele alla poetica del proprio Manifesto, devoto alla Street Photography e al bianco e nero, all’uso sapiente della luce nello scatto e nel risultato grafico, MIGNON con questo catalogo aggiunge una gemma alla poetica che colloca la donna come fulcro del suo intento.
Sognare di donne: vagheggiarle, desiderarle, inseguirle, immaginarle. Spesso senza incontrare i loro occhi, fotografandole di schiena, cogliendole nel sonno, ritraendole in tagli che ne escludono il viso, forse proprio per abbracciare e immortalare in uno scatto l’essenza stessa dell’eterno femminino
Ciò che trapassa non è che un simbolo, l’irraggiungibile si compie qua,
ciò che è ineffabile qui diviene atto, Femmineo Eterno qui ci trarrà.
Johann Wolfgang VON GOETHE, Faust, 1832
Donna, mistero senza fine bello!, amata da Guido GOZZANO proprio solo perché sognata
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state...
Guido GOZZANO, Cocotte, in I Colloqui, 1911
Donne, amate con sofferenza
Donna ferma sul canto della via,
che dagli occhi non mostri di vedere,
non importuni con la voce, stai
nella strada dorata come pietra
sorda;
fossi la marionetta che s'affloscia
al muro, l'occhio vacuo, le braccia
penzoloni!
e se viva
sei, t'impuntassi innanzi a ognuno, muta
che indica col dito nero il buco
della bocca...
Senza paura non ti guardo, tanto
mi rassomigli; non viva, non morta;
donna ferma sul canto della via.
Camillo SBARBARO, Pianissimo, 1914
Donne che ci sfiorano, sconosciute, al cui passare anche l’aria vibra di una vitalità palpitante
Sono donne che sanno
così bene di mare
che all’arietta che fanno
a te accanto al passare
senti sulla tua pelle
fresco aprirsi di vele
e alle labbra d’arselle
deliziose querele.
Giorgio CAPRONI, Sono donne che sanno, in Finzioni, 1941
Donne che – sole – possiedono il segreto della vita
La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Eugenio MONTALE, Il balcone, in Le occasioni, 1939
Questa finestra che non s’illumina è allegoria del mistero che sottende al nostro esistere di uomini, e proprio l’uomo – la donna – è il punto di partenza della ricerca di MIGNON. Una ricerca che qui scava nella loro interiorità femminile, che a tratti si cela e a volte si svela, cogliendo frammenti della loro esistenza, l’intensità delle loro espressioni, perse a inseguire quel sogno che le rende oggetto del nostro sognare.
Talora la donna viene rappresentata inserendo un segno che rimanda a un’altra immagine – il quadro dietro la giovane che dorme, il carboncino in primo piano rispetto alle due donne di schiena, il ritratto che fa da sfondo alla ragazza in vista al museo – come se un’altra effigie travalicasse lo spazio, in una visione speculare alla ricerca di altri artisti e altri universi simbolici. Talora alla vitalità delle giovani protagoniste si contrappone l’immobilità di una statua o la staticità dei manichini, feticci ottenuti per sottrazione statica, come inquietanti simboli di un paradosso che rappresenta l’umano privato del dinamismo dell’essere.
MIGNON sogna le donne, in un viaggio che ci ha visto più volte spettatori (pensiamo, oltre al già citato L’amore il pomeriggio di Eric ROHMER, a L’uomo che amava le donne di François TRUFFAUT o al più recente e surreale Zohan – Tutte le donne vengono al pettine di Dennis DUGAN) e in questo sogno mette a nudo la loro anima, obbligandoci a distogliere lo sguardo dalla loro fisicità per scendere diritti al cuore della loro interiorità.
Chi scrive è donna, e sfido nel trovare una di noi che sarebbe stata immune dal desiderio di appropriarsi della sua goccia di immortalità in uno scatto di MIGNON!
Donne
In mezzo a una via
Donne allo sbando senza compagnia
Negli occhi hanno dei consigli
E tanta voglia di avventure
E se hanno fatto molti sbagli
Sono piene di paure
Le vedi camminare insieme
Nella pioggia o sotto il sole
Dentro pomeriggi opachi
Senza gioia né dolore
Donne
Pianeti dispersi
ZUCCHERO, Donne, 1985
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Dal Notiziario Fotografico, Edizione ANAF Marzo 2005:
Dobbiamo riconoscere che le mostre del formidabile ensemble MIGNON dissipano radicalmente le ombre e i dubbi che da tempo addossiamo sui giorni futuri della fotografia. L’esperienza di questo gruppo, l’entusiasmo del loro programma e della loro proposta, fanno, invece, tacere i tanti lamenti che si sentono tra i fotografi e confermano che la fotografia, quella sana, sincera, onesta e motivata, quella che insomma amiamo, è ancora viva e vegeta.
La fotografia MIGNON si stacca, infatti, risolutamente dalla tanta ripetitività, più che mediocrità, che c’è in giro e autorevolmente si propone all’attenzione nazionale e internazionale spiegando con chiarezza le ragioni del proprio fotografare e, quindi, la necessità di guardare ancora una volta all’esistenza umana dentro e attraverso l’intelligente selezione dell’obiettivo. Questi fotografi lo fanno legandosi a una tradizione storica e tecnica che si rivela non solo adeguata ai loro intenti ma ancora opportunamente vitale per frugare tra i giorni nostri e lungo le nostre strade; e lo fanno scegliendo per il loro cammino compagni d’avventura che sono anche qualificati maestri ed eminenti storici della fotografia (ci riferiamo alla stima che Walter e Naomi ROSENBLUM accordano al sodalizio).
Testimoniano, inoltre, con la loro concreta attività che professionisti e amatori possono, attraverso un concordato programma di intenti, maturato nella ricerca fotografica e nella consapevolezza d’un uso intelligente dello specifico fotografico, offrire quella riflessione del mondo e sul mondo che, da tempo, la nostra piccola e personale esperienza fotografica riconosce come fondamentale per capire chi siamo e dove stiamo.
Le indicazioni di Giovanni UMICINI – la figura di maggior fama tra tanti valenti obiettivi – per quella particolare attenzione rivolta alla Street Photography che, nella produzione attuale di MIGNON, si rivela un dirompente manifesto ideologico quanto mai opportuno di fronte all’incalzare di tante immagini fotografiche realizzate a tavolino, con poco occhio e nessuna collaborazione dei rimanenti sensi …”
Pippo PAPPALARDO
Dal film L’AMORE IL POMERIGGIO di Eric Rohmer, Francia 1972.
Scena no 5_Sognare di donne:
“Se c’è una cosa che non sono più in grado di fare è la corte a una ragazza, non so cosa potrei dirle e d'altronde non c’è ragione che le dica qualcosa, non voglio niente da lei, non ho niente da proporle, tuttavia sento che il matrimonio mi blocca, m’imprigiona e ho voglia di evadere. La prospettiva di una felicità senza scosse m’immalinconisce e mi scopro a ripensare i tempi lontanissimi in cui provavo anch’io gli spasimi dell’attesa. Sogno una vita fatta solo di primi amori, d’amori durevoli. So di volere l’impossibile, non invidio nessuno e quando vedo due innamorati, penso meno a me, a quello che ero, e più a loro, a quel che saranno, per questo amo la città, la gente passa e sparisce, non la si vede invecchiare, quel che rende straordinario ai miei occhi lo scenario di Parigi, le sue strade è la presenza costante e fuggevole di donne che s’incrociano a ogni momento e che quasi certamente non rivedrò mai più, purché siano la, indifferenti o consapevoli del loro fascino, felici di verificarne l’effetto su di me, come io verifico il mio su di loro, per un tacito accordo senza sguardi o sorrisi anche appena accennati. Sento il loro potere d’attrazione senza esserne attratto, tutto questo non mi allontana da Helene, al contrario mi dico che le bellezze che mi passano davanti sono il naturale prolungarsi delle bellezze di mia moglie, la arricchiscono con la loro bellezza ricevendone in cambio un poco della sua, la bellezza di lei garantisce la bellezza del mondo, viceversa quando abbraccio Helene abbraccio tutte le donne. Sento che la mia vita passa, che altre vite passano parallele alla mia e sono quasi frustrato di rimanervi estraneo, di non aver saputo trattenere ogn’una di queste donne anche per un solo istante nella loro corsa verso chissà quale lavoro, verso chissà quale piacere, e sogno, sogno di possederle tutte.”
05
settembre 2009
Gruppo Mignon – Sognare di donne
Dal 05 settembre al 04 ottobre 2009
fotografia
Location
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Orario di apertura
da martedì a domenica 9.30 -12.30, 16.00 -19.00
Vernissage
5 Settembre 2009, ore 18.30
Autore
Curatore