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Gugliemo Aschieri Emilio / Giovanni Ferrario – Senza urgenza né tempo
doppia personale
Comunicato stampa
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È una bella sorpresa vedere Guglielmo Aschieri e Giovanni Ferrario, artisti separati da due generazioni e da tempo impegnati in una propria ricerca, convergere in questa mostra temporanea e condividere una così alta sensibilità verso le “cose”, colte in maniera tanto diretta e immediata da sfiorare, a volte, la soglia di una dimensione atemporale. Attenti a togliere, più che ad aggiungere, senza per questo sacrificare la bellezza dell’immagine e il piacere visivo, i due artisti hanno anche in comune il graduale accostarsi alle tecnologie e la consapevolezza nell’impadronirsene, conservando comunque il vezzo di tradire la loro natura di pittori, o meglio la completezza di pittore e scultore insieme.
Aschieri, profondo conoscitore di tecniche e stili della storia dell’arte, ha fatto dell’eterna ricerca dei “colori giusti” in pittura la sua passione e non vi rinuncia neppure quando si avventura sul terreno della fotografia. Quando poi dà vita a colorate sculture, la plasticità delle forme che caratterizza i suoi dipinti esplode letteralmente.
Al contrario Ferrario, anagraficamente più giovane, pur dipingendo fin dall’adolescenza, ha esordito con lavori in carta assorbente e fotocopie, passando quindi a utilizzare lo scanner per catturare i suoi oggetti. Oggetti per cui è decisivo l’aspetto pittorico e che sono già diventati scultura quando vengono a contatto con il vetro dello scanner.
La loro scelta di confrontarsi con un luogo comune della storia dell’arte come la natura morta non è un caso né un pretesto, ma è l’esito di una paziente esplorazione del genere e di una poetica della quotidianità tutta svolta sul confine tra concretezza e leggerezza: là dove Aschieri tende a far apparire vero ciò che è finto, Ferrario tende ad astrarre ciò che è vero e reale. Una poetica fondata sulla sperimentazione pratica piuttosto che su teorie o ideologie e che comunque non si nasconde di fronte ai temi tragici, per i quali i due artisti si sono anche impegnati in un progetto comune.
Fiori, frutta e ortaggi, spesso di grandi dimensioni e composti in lunghi polittici, caratterizzano la pittura di Aschieri fin dai suoi esordi nei primi anni Ottanta. Di fronte alle vivide accentuazioni plastiche, agli effetti luministici e all’illusionismo prospettico di questi soggetti, potrei azzardare un richiamo alla tradizione pittorica dei cremonesi fratelli Campi, straordinari interpreti del naturalismo cinquecentesco, che Aschieri sembra rileggere con il linguaggio di oggi. Del resto, accanto a Kiefer e a Hopper, tra le fonti dichiarate dell’artista emerge Carlo Crivelli, maestro degli effetti materici e della resa lenticolare. Dopo una fase di coesistenza con i duri ritratti su ferro e dopo la trasposizione nelle tre dimensioni delle Rose in vetroresina e smalto, da alcuni anni le nature morte di Aschieri vanno lasciando sempre più spazio al paesaggio, che si è rivelato un efficace strumento narrativo per rispondere al deciso orientamento socio-politico di una parte del lavoro dell’artista.
Ferrario ha diviso da subito il suo interesse fra il versante organico degli ortaggi e della frutta e il versante sintetico degli effetti personali più comuni (dai cotton fioc ai blister di medicinali), moderne vanitas della nostra quotidianità. Mediante un processo di sublimazione è giunto a stilizzare, fino a renderli irriconoscibili, gli oggetti quotidiani della dispensa o del bagno, mentre nelle opere più recenti trasforma elementi vegetali e fiori di sensuale delicatezza in paesaggi di magico lirismo. Però il suo procedimento di rielaborazione non investe mai le immagini, quanto piuttosto gli oggetti. Estranei a simboli e ad allusioni recondite, può invece accadere che la zolla verde, i sottili fili d’erba o i fragili soffioni generino intorno a sé sottili intrecci o costruzioni pseudosimmetriche. Tuttavia il senso di leggerezza e di sospensione, che grazie a buchi, incompletezze e frammentazioni si impadronisce di tutti i soggetti individuati da Ferrario, è sempre il risultato finale della lenta manipolazione di una materia grezza e informe. Si capisce quindi perché una profonda sintonia avvicini l’artista anche a Stefano Arienti e a Gabriele Jardini, oltre che a Vik Muniz, Wolfgang Tillmans e Andy Goldsworthy.
Sara Fontana
Guglielmo Aschieri Emilio (Sesto Cremonese, 1955)
Principali mostre:
Le case d'Arte (Milano), Raucci/Santamaria (Napoli), Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci (Prato), Monika Sprüth Galerie (Colonia), Galleria Seno (Milano), P.A.C (Milano), In Arco (Torino), Artandgallery (Milano), Castello di Rivara (Rivara), Africus Johannesburg Biennale (Johannesburg), Galleria Gian Ferrari Arte Contemporanea (Milano), XII Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte (Roma), Trevi Flash Art Museum (Trevi).
Giovanni Ferrario (Milano, 1973)
Principali mostre:
Luciano Inga-Pin Contemporary Art (Milano), Museo Civico e MART Museo d’arte contemporanea di Rovereto, LVII Festival d’Avignone (Avignon), Analix Forever (Ginevra), Isola Art Center (Milano), CACT Centro d’arte Contemporanea Ticino (Bellinzona), O’ artoteca (Milano), Ciocca Arte Contemporanea (Milano), Gian Ferrari Arte Contemporanea (Milano), Care Of (Milano), Museo della Permanente (Milano).
Aschieri, profondo conoscitore di tecniche e stili della storia dell’arte, ha fatto dell’eterna ricerca dei “colori giusti” in pittura la sua passione e non vi rinuncia neppure quando si avventura sul terreno della fotografia. Quando poi dà vita a colorate sculture, la plasticità delle forme che caratterizza i suoi dipinti esplode letteralmente.
Al contrario Ferrario, anagraficamente più giovane, pur dipingendo fin dall’adolescenza, ha esordito con lavori in carta assorbente e fotocopie, passando quindi a utilizzare lo scanner per catturare i suoi oggetti. Oggetti per cui è decisivo l’aspetto pittorico e che sono già diventati scultura quando vengono a contatto con il vetro dello scanner.
La loro scelta di confrontarsi con un luogo comune della storia dell’arte come la natura morta non è un caso né un pretesto, ma è l’esito di una paziente esplorazione del genere e di una poetica della quotidianità tutta svolta sul confine tra concretezza e leggerezza: là dove Aschieri tende a far apparire vero ciò che è finto, Ferrario tende ad astrarre ciò che è vero e reale. Una poetica fondata sulla sperimentazione pratica piuttosto che su teorie o ideologie e che comunque non si nasconde di fronte ai temi tragici, per i quali i due artisti si sono anche impegnati in un progetto comune.
Fiori, frutta e ortaggi, spesso di grandi dimensioni e composti in lunghi polittici, caratterizzano la pittura di Aschieri fin dai suoi esordi nei primi anni Ottanta. Di fronte alle vivide accentuazioni plastiche, agli effetti luministici e all’illusionismo prospettico di questi soggetti, potrei azzardare un richiamo alla tradizione pittorica dei cremonesi fratelli Campi, straordinari interpreti del naturalismo cinquecentesco, che Aschieri sembra rileggere con il linguaggio di oggi. Del resto, accanto a Kiefer e a Hopper, tra le fonti dichiarate dell’artista emerge Carlo Crivelli, maestro degli effetti materici e della resa lenticolare. Dopo una fase di coesistenza con i duri ritratti su ferro e dopo la trasposizione nelle tre dimensioni delle Rose in vetroresina e smalto, da alcuni anni le nature morte di Aschieri vanno lasciando sempre più spazio al paesaggio, che si è rivelato un efficace strumento narrativo per rispondere al deciso orientamento socio-politico di una parte del lavoro dell’artista.
Ferrario ha diviso da subito il suo interesse fra il versante organico degli ortaggi e della frutta e il versante sintetico degli effetti personali più comuni (dai cotton fioc ai blister di medicinali), moderne vanitas della nostra quotidianità. Mediante un processo di sublimazione è giunto a stilizzare, fino a renderli irriconoscibili, gli oggetti quotidiani della dispensa o del bagno, mentre nelle opere più recenti trasforma elementi vegetali e fiori di sensuale delicatezza in paesaggi di magico lirismo. Però il suo procedimento di rielaborazione non investe mai le immagini, quanto piuttosto gli oggetti. Estranei a simboli e ad allusioni recondite, può invece accadere che la zolla verde, i sottili fili d’erba o i fragili soffioni generino intorno a sé sottili intrecci o costruzioni pseudosimmetriche. Tuttavia il senso di leggerezza e di sospensione, che grazie a buchi, incompletezze e frammentazioni si impadronisce di tutti i soggetti individuati da Ferrario, è sempre il risultato finale della lenta manipolazione di una materia grezza e informe. Si capisce quindi perché una profonda sintonia avvicini l’artista anche a Stefano Arienti e a Gabriele Jardini, oltre che a Vik Muniz, Wolfgang Tillmans e Andy Goldsworthy.
Sara Fontana
Guglielmo Aschieri Emilio (Sesto Cremonese, 1955)
Principali mostre:
Le case d'Arte (Milano), Raucci/Santamaria (Napoli), Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci (Prato), Monika Sprüth Galerie (Colonia), Galleria Seno (Milano), P.A.C (Milano), In Arco (Torino), Artandgallery (Milano), Castello di Rivara (Rivara), Africus Johannesburg Biennale (Johannesburg), Galleria Gian Ferrari Arte Contemporanea (Milano), XII Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte (Roma), Trevi Flash Art Museum (Trevi).
Giovanni Ferrario (Milano, 1973)
Principali mostre:
Luciano Inga-Pin Contemporary Art (Milano), Museo Civico e MART Museo d’arte contemporanea di Rovereto, LVII Festival d’Avignone (Avignon), Analix Forever (Ginevra), Isola Art Center (Milano), CACT Centro d’arte Contemporanea Ticino (Bellinzona), O’ artoteca (Milano), Ciocca Arte Contemporanea (Milano), Gian Ferrari Arte Contemporanea (Milano), Care Of (Milano), Museo della Permanente (Milano).
15
ottobre 2005
Gugliemo Aschieri Emilio / Giovanni Ferrario – Senza urgenza né tempo
Dal 15 ottobre al 05 novembre 2005
arte contemporanea
Location
PETITEKUNSTHALLE
Gerenzano, Via Roma, 43, (Varese)
Gerenzano, Via Roma, 43, (Varese)
Orario di apertura
ogni sabato 15-18
Vernissage
15 Ottobre 2005, ore 15-18
Autore