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Guido, i’vorrei che tu Carlo ed io fossimo presi per incantamento…
La mostra è dedicata al rapporto culturale, professionale e di amicizia tra Carlo Aymonino, Guido Canella e Aldo Rossi, di cui vengono presentati disegni e progetti autografi, nonchè testimonianze documentarie, di foto, cartoline. Una sezione della mostra ospita le foto d’epoca di Gabriele Basilico.
Comunicato stampa
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Più che rivolgere lo sguardo alle singole poetiche autoriali questa nuova iniziativa, che fa seguito alle recenti occasioni espositive curate da Francesco Moschini, responsabile Scientifico e Culturale dell’A.A.M. Architettura Arte Moderna, a Roma per l’Accademia di San Luca (dicembre 2007) e a Milano, per il Politecnico (gennaio 2009) per rendere omaggio alla figura di Aldo Rossi, intende presentare testimonianze di un’inedita dimensione “privata” e “pubblica” del lavoro dei tre autori, a partire dalla metà degli anni ’60, per riconfermare la loro attualissima forza propositiva nonchè il carattere di testimonianza “operante” e sempre attiva del loro ruolo di maestri, cosi diverso e lontano dalla auratica coralità con cui, particolarmente negli ultimi anni, la critica meno attenta ed un pubblico sempre più distratto e dedito al puro “consumo” sembra aver avuto attenzione soltanto verso il generalizzante registro delle “archi-star”. Di Carlo Aymonino viene tracciato un percorso attraverso alcuni disegni autografi e inediti, dal progetto per Mestre, con Costantino Dardi (1967) al Quartiere Gallaratese di Milano (1968) ai progetti per Bolzano (1979), per Pesaro (1981) per la Giudecca di Venezia, con Aldo Rossi (1985), fino alle esperienze più recenti come il Campidoglio di Roma (dal 1994). Di Guido Canella viene ripercorsa la complessità formale e architettonica di progetti che vanno da quelli per Segrate (1962), a Pieve Emanuele (1972), a Pioltello (1976 e 1990), fino alle esperienze più urbane legate alla città di Milano in cui è evidente questo rimando e intreccio continuo tra intuizioni precedenti, riprese con declinazioni e complessità impreviste e inedite e folgoranti risoluzioni. Di Aldo Rossi vengono presentate le grandi tavole per il progetto di Parma (1964), accostate a piccole ma straordinarie riflessioni poetiche attorno ad alcuni suoi progetti come quello per il Cimitero di Modena (1971), per il Municipio di Muggiò (1976), per il Teatro del Mondo (1979), in cui è evidente la propensione del grande maestro scomparso, per le costruzioni paratattiche, per quella idea di costruzione osteologia, per quella continua propensione alla “compiutezza” da solido platonico, per quell’idea, infine, di città, “per pezzi e per parti”. A partire dal titolo, che nel rievocare le oniriche frequentazioni stilnoviste di Dante riconsegna i termini del discorso alla sfera dell’intimità, del rapporto esclusivo riservato a “pochi spiriti eletti”, la situazione immaginata per la mostra si identifica non soltanto con il ritratto, dei primi anni Ottanta, delle tre figure di Aymonino, Canella e Rossi, quanto piuttosto con il sistema di relazioni, di scambi di idee, di occasioni condivise di cui quell’immagine non rappresenta che un’istantanea, fugace apparizione. Affiancando ai preziosi materiali d’archivio, ai documenti e a un’ininterrotta reciproca corrispondenza sul piano culturale, alcuni dei disegni redatti per i più noti progetti dei tre architetti, la mostra propone poi una rilettura fotografica d’autore delle loro opere, affidata a Gabriele Basilico. Le immagini, in bianco e nero e di piccolo formato, alternano alla ieraticità della visione frontale degli edifici l’accelerazione prospettica dell’osservazione tangenziale che, soprattutto nel caso di Rossi, accentua il carattere osteologico della composizione, il carattere dirompente dell’espressionismo di Carlo Aymonino e la “monumentalità” acquietata e riappacificata con il disordine delle periferie urbane di Guido Canella. La centralità esclusiva dello “sguardo indiscreto” nell’impostazione della mostra ha a che vedere con un ideale di progressivo raffinamento ed elevazione semantica dei contenuti presentati, la cui selezione rende testimonianza al piacere e alla necessità della costruzione dei rapporti tra tre straordinarie personalità. Dal Gallaratese ai progetti per Segrate, dal gusto per il disegno a quello della scrittura i tre architetti, che dopo il serrato confronto fra i tratti autografici dei disegni sembrano rappacificarsi nelle spettrali scenografie ai sali d’argento di Gabriele Basilico, aspirano ad una perfetta concordia di intenti, che consolida il loro sodalizio in una superiore unità spirituale e che vive “sempre in un talento”. Allora potrebbe non apparire azzardato intravedere, nella tessitura logica del discorso della mostra, alcuni richiami simbolici ricorrenti anche nei sonetti danteschi: il numero tre, l’unità del molteplice e la circolarità del progetto, che fanno riferimento a un modello di vita perfetta, chiusa in se stessa e rifuggente ogni confronto con il mondo esterno. Quell’ideale di ”schiva esigenza d’isolamento nella concordia di pochi” al riparo dalle tempeste della realtà storica.
02
febbraio 2009
Guido, i’vorrei che tu Carlo ed io fossimo presi per incantamento…
Dal 02 al 28 febbraio 2009
architettura
fotografia
arte contemporanea
fotografia
arte contemporanea
Location
A.A.M. – ARCHITETTURA ARTE MODERNA
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Orario di apertura
Da lunedì a domenica compresa ore 16-20
Vernissage
2 Febbraio 2009, ore 18.00
Autore
Curatore