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Guido Pajetta -Fra primo e secondo Novecento
La mostra è presentata e concepita insieme come un percorso e come un variegato e completo spaccato del panorama della pittura italiana, in particolare lombarda, del secolo appena trascorso osservato attraverso l’avventura creativa di Pajetta.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Al Serrone della Villa Reale di Monza, dal 26 ottobre 2003 al 6 gennaio 2004 la mostra antologica voluta dall’Amministrazione Comunale di Monza e dalla Fondazione Panizzuti
L’Amministrazione comunale di Monza in collaborazione con la Fondazione Panizzutti - alla presenza dell’Assessore alla Cultura del Comune di Monza, Annalisa Bemporad, di Enrico Crispolti, uno dei tre curatori della mostra e di Giorgio Pajetta, figlio del pittore scomparso - nella sede del Serrone della Villa Reale, domani, sabato 25 ottobre, alle ore 18 - con apertura ordinaria al pubblico dal 26 ottobre 2003 al 6 gennaio2004 - inaugura una grande mostra antologica e storica dedicata al pittore monzese Guido Pajetta (Monza, 1898 - Milano, 1987) ed al Novecento Italiano.
L’esposizione “Guido Pajetta fra primo e secondo Novecento”, a cura di Paolo Biscottini, Enrico Crispolti, Antonello Negri, è presentata e concepita insieme come un percorso e come un variegato e completo spaccato del panorama della pittura italiana, in particolare lombarda, del secolo appena trascorso osservato attraverso l’avventura creativa di Pajetta.
Il filo conduttore dell’esposizione è dunque costituito da un originale quanto interessante itinerario che procede, mediante una “lettura a raggio”, dalla vasta produzione di Pajetta a quella dei suoi contemporanei, siano essi nomi di primissimo piano - quali Sironi, Fontana, Lilloni - compagni d’accademia e d’avventura - come Ghiringhelli e Del Bon - o autori più distanti, come Cassinari e Birolli.
In particolare, il percorso antologico della mostra muove dal 1915 - anno in cui Guido Pajetta si iscrive alla Regia Accademia di Brera insieme ad altri aspiranti pittori di significativo futuro - e attraversa quasi tutto il secolo fino alla scomparsa dell’artista, nel 1987, presentando il lavoro di Pajetta sempre teso alla sperimentazione e alla ricerca pittorica, insaziabile ed onnivoro di nuove forme espressive.
Tutte, o quasi le correnti del Novecento, sono rappresentate nell'esposizione. Si parte dal Mario Sironi, fondatore di Novecento, qui presente con “Contadino” (1928) e “Nudo di donna” (1928). Con lui, altri autori: sia gli espositori della neonata galleria Il Milione di Milano l’Alberto Savinio di “la Famille” (1930), il Renato Paresce di “Composizione/paese marino” (1932), Mario Radice, e Gino Ghiringhelli -, sia coloro che parteciparono al Manifesto della pittura murale - Anselmo Bucci (“Ritratto della signora Rapuzzi Guelfa”, 1928; “Autoritratto”, 1931) e Contardo Barbieri (“Il racconto del legionario”, 1936).
Lucio Fontana è rappresentato da alcune opere prespazialiste fra cui “Testa di ragazza” (1931) e “Battaglia” (1947), un pannello dipinto dalle rilevanti misure (155x225) mai esposto prima e costituito da 90 formelle di ceramica a rilievo, mentre il Chiarismo lombardo è tutto nel nudo “Il risveglio” di Umberto Lilloni e nel contemporaneo “Lo schermidore” (1934) di Angelo Del Bon.
Si riparte, quindi, dall’Astrattismo di Virginio Ghiringhelli (“Composizione diagonale” del 1934) e di Mario Radice (“Composizione” del 1935) passando poi al Postcubismo rappresentato da “La vigna bianca” (1952) di Renato Birolli e dalla bellissima “Enrica in giallo” (1949) di Bruno Cassinari. Si giunge, poi, alle soglie dell’Espressionismo esistenziale interpretato da Gino Meloni e dal milanese Franco Rognoni, scomparso di recente, che alla curiosità per la corrente tedesca aggiunse di suo tutto ciò che riteneva internazionale della cultura pittorica milanese.
In questo lungo itinerario attraverso le vicende maggiori dell’Arte italiana di buona parte del primo e secondo Novecento, la mostra documenta le comuni radici culturali della giovane leva di Brera a metà degli anni Dieci, ancorate alla pittura tardo-ottocentesca dei maestri Cesare Tallone e Ambrogio Alciati, quindi la loro successiva adesione ai modelli del Novecento Italiano, ed infine la diaspora verso forme ed esperienze pittoriche diverse, dal Chiarismo all’Arte Astratta.
Con questi compagni e amici pittori, Pajetta si confronta dapprima liberamente nelle Sindacali lombarde e nazionali, e nelle Biennali dei primi anni Trenta. Ma da essi in seguito si stacca incrociando a Parigi, dal ’34 al ’38, le grandi lezioni dei protagonisti delle avanguardie europee, sviluppando una figurazione inquieta e briosa. Per raggiungere infine, dagli anni del secondo dopoguerra, l’autentica vena narrativa della piena maturità, nei termini di un espressionismo assai personale.
Il particolare aspetto metodologico messo in atto dalla mostra consiste dunque in una lettura per niente celebrativa o verticistica dei risultati del lungo lavoro sviluppato da Guido Pajetta fra primo e secondo Novecento; una lettura, quindi, fondata su un’analisi di confronto contestuale ed ambientale che dà conto anche di tutte le condizioni umane con le quali ha interagito la ricerca dell’artista.
“Ho conosciuto Guido Pajetta nei primi anni Settanta - ha dichiarato Mons. Luigi Crivelli, Presidente della Fondazione Panizzuti oltre che Responsabile dell’Ufficio e Beni Culturali della Diocesi di Milano e Presidente della Fondazione S. Ambrogio Museo Diocesano di Milano - dopo che il pittore aveva appena trasferito casa e studio in un piccolo appartamento davanti alla basilica di San Simpliciano. A distanza di decenni le circostanze hanno fatto sì che io rappresentassi la Fondazione Panizzutti, nata grazie alla volontà di Gianna Panizzutti che con il gallerista Massimo Cassani ha sostenuto l’impegno artistico di questo autore.
Pajetta - ha proseguito Mons. Crivelli - è un artista che, con padronanza assoluta dei mezzi espressivi e senza timore di contaminazioni e di prestiti letterari, attraversa un secolo di straordinaria vitalità percorso intensamente nella ricerca drammatica, perché senza approdo, di quel canto libero, innocente e tragico che aveva avvertito dapprima nella pittura di importanti maestri del passato e in seguito in tanti contemporanei di casa nostra ed europei”.
CENNI BIOGRAFICI
Guido Pajetta nasce a Monza nel 1898 da una famiglia di noti pittori veneti dell’Ottocento. Studente all’Accademia di Brera, ha per compagni Ghiringhelli, Del Bon, Lilloni e più tardi frequenta Mario Sironi, Anselmo Bucci, i Chiaristi e Lucio Fontana, che ritrae in un dipinto del 1935. Irrequieto e curioso, vive e lavora per alcuni anni a Parigi. Partecipa alle Biennali di Venezia nel 1928, 1930, 1932. Espone ripetutamente in Italia, Francia, Germania, Svizzera e Inghilterra dove frequenta Raoul Dufy, Othon Friesz, Henry Moore.
Negli anni Trenta-Quaranta figura situazioni di costume, ritratti e nature morte. Alla fine degli anni Sessanta ritrova la sua più autentica vena narrativa, ironica e nichilista, nell’uso dei colori acrilici. Dopo una “fatica artistica” durata più di settant'anni, si spegne a Milano nel 1987.
L’Amministrazione comunale di Monza in collaborazione con la Fondazione Panizzutti - alla presenza dell’Assessore alla Cultura del Comune di Monza, Annalisa Bemporad, di Enrico Crispolti, uno dei tre curatori della mostra e di Giorgio Pajetta, figlio del pittore scomparso - nella sede del Serrone della Villa Reale, domani, sabato 25 ottobre, alle ore 18 - con apertura ordinaria al pubblico dal 26 ottobre 2003 al 6 gennaio2004 - inaugura una grande mostra antologica e storica dedicata al pittore monzese Guido Pajetta (Monza, 1898 - Milano, 1987) ed al Novecento Italiano.
L’esposizione “Guido Pajetta fra primo e secondo Novecento”, a cura di Paolo Biscottini, Enrico Crispolti, Antonello Negri, è presentata e concepita insieme come un percorso e come un variegato e completo spaccato del panorama della pittura italiana, in particolare lombarda, del secolo appena trascorso osservato attraverso l’avventura creativa di Pajetta.
Il filo conduttore dell’esposizione è dunque costituito da un originale quanto interessante itinerario che procede, mediante una “lettura a raggio”, dalla vasta produzione di Pajetta a quella dei suoi contemporanei, siano essi nomi di primissimo piano - quali Sironi, Fontana, Lilloni - compagni d’accademia e d’avventura - come Ghiringhelli e Del Bon - o autori più distanti, come Cassinari e Birolli.
In particolare, il percorso antologico della mostra muove dal 1915 - anno in cui Guido Pajetta si iscrive alla Regia Accademia di Brera insieme ad altri aspiranti pittori di significativo futuro - e attraversa quasi tutto il secolo fino alla scomparsa dell’artista, nel 1987, presentando il lavoro di Pajetta sempre teso alla sperimentazione e alla ricerca pittorica, insaziabile ed onnivoro di nuove forme espressive.
Tutte, o quasi le correnti del Novecento, sono rappresentate nell'esposizione. Si parte dal Mario Sironi, fondatore di Novecento, qui presente con “Contadino” (1928) e “Nudo di donna” (1928). Con lui, altri autori: sia gli espositori della neonata galleria Il Milione di Milano l’Alberto Savinio di “la Famille” (1930), il Renato Paresce di “Composizione/paese marino” (1932), Mario Radice, e Gino Ghiringhelli -, sia coloro che parteciparono al Manifesto della pittura murale - Anselmo Bucci (“Ritratto della signora Rapuzzi Guelfa”, 1928; “Autoritratto”, 1931) e Contardo Barbieri (“Il racconto del legionario”, 1936).
Lucio Fontana è rappresentato da alcune opere prespazialiste fra cui “Testa di ragazza” (1931) e “Battaglia” (1947), un pannello dipinto dalle rilevanti misure (155x225) mai esposto prima e costituito da 90 formelle di ceramica a rilievo, mentre il Chiarismo lombardo è tutto nel nudo “Il risveglio” di Umberto Lilloni e nel contemporaneo “Lo schermidore” (1934) di Angelo Del Bon.
Si riparte, quindi, dall’Astrattismo di Virginio Ghiringhelli (“Composizione diagonale” del 1934) e di Mario Radice (“Composizione” del 1935) passando poi al Postcubismo rappresentato da “La vigna bianca” (1952) di Renato Birolli e dalla bellissima “Enrica in giallo” (1949) di Bruno Cassinari. Si giunge, poi, alle soglie dell’Espressionismo esistenziale interpretato da Gino Meloni e dal milanese Franco Rognoni, scomparso di recente, che alla curiosità per la corrente tedesca aggiunse di suo tutto ciò che riteneva internazionale della cultura pittorica milanese.
In questo lungo itinerario attraverso le vicende maggiori dell’Arte italiana di buona parte del primo e secondo Novecento, la mostra documenta le comuni radici culturali della giovane leva di Brera a metà degli anni Dieci, ancorate alla pittura tardo-ottocentesca dei maestri Cesare Tallone e Ambrogio Alciati, quindi la loro successiva adesione ai modelli del Novecento Italiano, ed infine la diaspora verso forme ed esperienze pittoriche diverse, dal Chiarismo all’Arte Astratta.
Con questi compagni e amici pittori, Pajetta si confronta dapprima liberamente nelle Sindacali lombarde e nazionali, e nelle Biennali dei primi anni Trenta. Ma da essi in seguito si stacca incrociando a Parigi, dal ’34 al ’38, le grandi lezioni dei protagonisti delle avanguardie europee, sviluppando una figurazione inquieta e briosa. Per raggiungere infine, dagli anni del secondo dopoguerra, l’autentica vena narrativa della piena maturità, nei termini di un espressionismo assai personale.
Il particolare aspetto metodologico messo in atto dalla mostra consiste dunque in una lettura per niente celebrativa o verticistica dei risultati del lungo lavoro sviluppato da Guido Pajetta fra primo e secondo Novecento; una lettura, quindi, fondata su un’analisi di confronto contestuale ed ambientale che dà conto anche di tutte le condizioni umane con le quali ha interagito la ricerca dell’artista.
“Ho conosciuto Guido Pajetta nei primi anni Settanta - ha dichiarato Mons. Luigi Crivelli, Presidente della Fondazione Panizzuti oltre che Responsabile dell’Ufficio e Beni Culturali della Diocesi di Milano e Presidente della Fondazione S. Ambrogio Museo Diocesano di Milano - dopo che il pittore aveva appena trasferito casa e studio in un piccolo appartamento davanti alla basilica di San Simpliciano. A distanza di decenni le circostanze hanno fatto sì che io rappresentassi la Fondazione Panizzutti, nata grazie alla volontà di Gianna Panizzutti che con il gallerista Massimo Cassani ha sostenuto l’impegno artistico di questo autore.
Pajetta - ha proseguito Mons. Crivelli - è un artista che, con padronanza assoluta dei mezzi espressivi e senza timore di contaminazioni e di prestiti letterari, attraversa un secolo di straordinaria vitalità percorso intensamente nella ricerca drammatica, perché senza approdo, di quel canto libero, innocente e tragico che aveva avvertito dapprima nella pittura di importanti maestri del passato e in seguito in tanti contemporanei di casa nostra ed europei”.
CENNI BIOGRAFICI
Guido Pajetta nasce a Monza nel 1898 da una famiglia di noti pittori veneti dell’Ottocento. Studente all’Accademia di Brera, ha per compagni Ghiringhelli, Del Bon, Lilloni e più tardi frequenta Mario Sironi, Anselmo Bucci, i Chiaristi e Lucio Fontana, che ritrae in un dipinto del 1935. Irrequieto e curioso, vive e lavora per alcuni anni a Parigi. Partecipa alle Biennali di Venezia nel 1928, 1930, 1932. Espone ripetutamente in Italia, Francia, Germania, Svizzera e Inghilterra dove frequenta Raoul Dufy, Othon Friesz, Henry Moore.
Negli anni Trenta-Quaranta figura situazioni di costume, ritratti e nature morte. Alla fine degli anni Sessanta ritrova la sua più autentica vena narrativa, ironica e nichilista, nell’uso dei colori acrilici. Dopo una “fatica artistica” durata più di settant'anni, si spegne a Milano nel 1987.
26
ottobre 2004
Guido Pajetta -Fra primo e secondo Novecento
Dal 26 ottobre 2004 al 06 gennaio 2005
arte contemporanea
Location
SERRONE DELLA VILLA REALE
Monza, Viale Brianza, 2, (Milano)
Monza, Viale Brianza, 2, (Milano)
Biglietti
intero € 5,00 - ridotto: € 2,00
Orario di apertura
Tutti i giorni dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00 Lunedì chiuso
Sito web
www.guidopajetta.it
Curatore