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Helgi Thorgils Fridjónsson / Salvo
Due pittori molto diversi, ma accomunati dal creare visioni di paradisi artificiali che dialogano con l’arte del passato, dall’attingere dalla natura pur restando enigmatici e metafisici e, ancora, dall’uso di una geografia personale, affettiva e simbolica
Comunicato stampa
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VIAGGIARE STANDO FERMI
Il bello dell’arte è che permette di viaggiare stando fermi. O quasi.
Questa mostra e questo libro sono due tappe di un viaggio immaginario nella terra in cui l’elenco telefonico è ordinato per nome, l’inverno è più mite che a Zurigo o New York, l’alfabeto ha 32 lettere, si può ricostruire il proprio albero genealogico fino ai tempi della colonizzazione. La prima nazione europea ad avere un parlamento e tra le poche a non avere un esercito.
La terra che prende il nome dal ghiaccio, di cui è ricoperta per il 10%, che non è solo bianco o azzurro, ma ha miliardi di sfumature dal bianco fino al nero.
La terra che insegna a rispettare e temere la natura.
Ci guidano in questo viaggio due pittori: Helgi Fridjónsson, uno dei più conosciuti artisti islandesi, che per la prima volta espone veri e propri paesaggi e che racconta che cosa esattamente è un Islandese, e Salvo, artista italiano che, di ritorno da un viaggio, ha dedicato la sua più recente serie di dipinti all’Islanda e descrive le sue impressioni.
Due pittori molto diversi, ma accomunati dal creare visioni di paradisi artificiali che dialogano con l’arte del passato, dall’attingere dalla natura pur restando enigmatici e metafisici e, ancora, dall’uso di una geografia personale, affettiva e simbolica.
Nella pittura di Helgi Thorgils Fridjónsson ci sono alcuni elementi ricorrenti, come nuvole, pesci e uccelli marini. I personaggi, nudi, archetipici, sono sospesi nell’aria come creature magiche. Spesso compaiono riflessioni e simmetrie, eco di un ordine superiore. L’Islanda non è mai presente in modo esplicito, eppure la si può percepire. Un Islandese non può prescindere da un rapporto atavico con la natura dai cieli che cambiano continuamente, dalle storie fiabesche delle saghe e dei racconti magici. E nei suoi quadri si sente il silenzio. Un immobile, infinito silenzio.
Helgi mi ha raccontato che il paesaggio è il genere tradizionale dell’arte islandese e per questo lì i giovani artisti, per definizione contro le convenzioni, si guardano bene dal cimentarvisi, se non per esercitarsi all’inizio. Per anni anche lui non ha esposto paesaggi, sebbene ne dipinga da quando è giovanissimo, ma dal 2002 ha iniziato una serie a cui sta ancora lavorando e di cui fanno parte i lavori in mostra.
Questi quadri sono una sorta di diario visivo, pagine che raccontano una sola e unica visione: quella dalla finestra della sua casa di campagna, dove è cresciuto, verso il mare. Dalla casa verso sud e verso ovest. Da lì Helgi insegue i cambiamenti del tempo, quelli delle stagioni e quelli quotidiani, con le nuvole e la nebbia che, in Islanda, possono trasformare tutto nel giro di un’ora. Proseguendo il sogno di Monet. Il più grande cambiamento in questo angolo di costa è quello tra l’alta e la bassa marea. Quando è bassa, si può camminare a lungo sul prato emerso senza bagnarsi e vedere tantissime conchiglie e animali marini. Magie silenziose dell’Islanda.
Per Salvo viaggiare, scoprire posti nuovi è una necessità primaria, come il sonno o il nutrimento. Del viaggio pensa che significhi recarsi in tre diversi luoghi: quello dell’immaginazione, prima di andare in un dato posto, quello della realtà empirica e, infine, quello del ricordo, di nuovo condito di immaginazione. Futuro, presente e passato. I suoi quadri comprendono tutte e tre queste fasi.
La sua pittura è sempre ispirata a luoghi effettivamente esistenti, ma è ben lungi dal riprodurli in modo oggettivo. Mi ricordo che quando vidi dal vivo la chiesa San Giovanni degli Eremiti, a Palermo, fu un’enorme delusione. L’avevo vista spesso nei quadri di Salvo, con colori solari e circondata da un prato e da alberi fioriti e invece è grigia e circondata da un muro di cemento. E questo perché i luoghi dei suoi dipinti sono immaginari, punti di partenza trasfigurati dalla memoria e dalla fantasia per diventare luce e volumetrie, ritmi sullo spazio della tela. Nondimeno sono luoghi percorsi, perché per lui pittura e vita sono una cosa sola. Nelle sue opere si alternano scorci della Sicilia natia, dell’Oriente dei suoi viaggi degli anni ’60 in Afghanistan e in Iran, dei posti che frequenta regolarmente, come la costa calabrese o le valli delle Alpi piemontesi e di quelli che visita nelle sue vacanze come, ed eccoci a noi, l’Islanda. La cosa curiosa è che le variazioni tra un posto e un altro a prima vista sono minime, come il bordo di un certo tipo di tetto o una certa sfumatura di cielo. Eppure per immaginarle ci sono voluti migliaia di chilometri.
Il bello dell’arte è che permette di viaggiare stando fermi. O quasi.
Questa mostra e questo libro sono due tappe di un viaggio immaginario nella terra in cui l’elenco telefonico è ordinato per nome, l’inverno è più mite che a Zurigo o New York, l’alfabeto ha 32 lettere, si può ricostruire il proprio albero genealogico fino ai tempi della colonizzazione. La prima nazione europea ad avere un parlamento e tra le poche a non avere un esercito.
La terra che prende il nome dal ghiaccio, di cui è ricoperta per il 10%, che non è solo bianco o azzurro, ma ha miliardi di sfumature dal bianco fino al nero.
La terra che insegna a rispettare e temere la natura.
Ci guidano in questo viaggio due pittori: Helgi Fridjónsson, uno dei più conosciuti artisti islandesi, che per la prima volta espone veri e propri paesaggi e che racconta che cosa esattamente è un Islandese, e Salvo, artista italiano che, di ritorno da un viaggio, ha dedicato la sua più recente serie di dipinti all’Islanda e descrive le sue impressioni.
Due pittori molto diversi, ma accomunati dal creare visioni di paradisi artificiali che dialogano con l’arte del passato, dall’attingere dalla natura pur restando enigmatici e metafisici e, ancora, dall’uso di una geografia personale, affettiva e simbolica.
Nella pittura di Helgi Thorgils Fridjónsson ci sono alcuni elementi ricorrenti, come nuvole, pesci e uccelli marini. I personaggi, nudi, archetipici, sono sospesi nell’aria come creature magiche. Spesso compaiono riflessioni e simmetrie, eco di un ordine superiore. L’Islanda non è mai presente in modo esplicito, eppure la si può percepire. Un Islandese non può prescindere da un rapporto atavico con la natura dai cieli che cambiano continuamente, dalle storie fiabesche delle saghe e dei racconti magici. E nei suoi quadri si sente il silenzio. Un immobile, infinito silenzio.
Helgi mi ha raccontato che il paesaggio è il genere tradizionale dell’arte islandese e per questo lì i giovani artisti, per definizione contro le convenzioni, si guardano bene dal cimentarvisi, se non per esercitarsi all’inizio. Per anni anche lui non ha esposto paesaggi, sebbene ne dipinga da quando è giovanissimo, ma dal 2002 ha iniziato una serie a cui sta ancora lavorando e di cui fanno parte i lavori in mostra.
Questi quadri sono una sorta di diario visivo, pagine che raccontano una sola e unica visione: quella dalla finestra della sua casa di campagna, dove è cresciuto, verso il mare. Dalla casa verso sud e verso ovest. Da lì Helgi insegue i cambiamenti del tempo, quelli delle stagioni e quelli quotidiani, con le nuvole e la nebbia che, in Islanda, possono trasformare tutto nel giro di un’ora. Proseguendo il sogno di Monet. Il più grande cambiamento in questo angolo di costa è quello tra l’alta e la bassa marea. Quando è bassa, si può camminare a lungo sul prato emerso senza bagnarsi e vedere tantissime conchiglie e animali marini. Magie silenziose dell’Islanda.
Per Salvo viaggiare, scoprire posti nuovi è una necessità primaria, come il sonno o il nutrimento. Del viaggio pensa che significhi recarsi in tre diversi luoghi: quello dell’immaginazione, prima di andare in un dato posto, quello della realtà empirica e, infine, quello del ricordo, di nuovo condito di immaginazione. Futuro, presente e passato. I suoi quadri comprendono tutte e tre queste fasi.
La sua pittura è sempre ispirata a luoghi effettivamente esistenti, ma è ben lungi dal riprodurli in modo oggettivo. Mi ricordo che quando vidi dal vivo la chiesa San Giovanni degli Eremiti, a Palermo, fu un’enorme delusione. L’avevo vista spesso nei quadri di Salvo, con colori solari e circondata da un prato e da alberi fioriti e invece è grigia e circondata da un muro di cemento. E questo perché i luoghi dei suoi dipinti sono immaginari, punti di partenza trasfigurati dalla memoria e dalla fantasia per diventare luce e volumetrie, ritmi sullo spazio della tela. Nondimeno sono luoghi percorsi, perché per lui pittura e vita sono una cosa sola. Nelle sue opere si alternano scorci della Sicilia natia, dell’Oriente dei suoi viaggi degli anni ’60 in Afghanistan e in Iran, dei posti che frequenta regolarmente, come la costa calabrese o le valli delle Alpi piemontesi e di quelli che visita nelle sue vacanze come, ed eccoci a noi, l’Islanda. La cosa curiosa è che le variazioni tra un posto e un altro a prima vista sono minime, come il bordo di un certo tipo di tetto o una certa sfumatura di cielo. Eppure per immaginarle ci sono voluti migliaia di chilometri.
25
novembre 2006
Helgi Thorgils Fridjónsson / Salvo
Dal 25 novembre al 16 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
DUETART GALLERY
Varese, Via Albuzzi, 27, (Varese)
Varese, Via Albuzzi, 27, (Varese)
Vernissage
25 Novembre 2006, ore 18
Autore
Curatore