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Herbert Hamak
personale
Comunicato stampa
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Herbert Hamak nasce nel 1952 a Unterfranken, e oggi vive e lavora a Hammelburg in Bavaria.
Dagli anni ’80 la sua attività espositiva lo porta in Europa, in America e in Giappone.
La sua opera, a cavallo tra pittura e scultura, nasce dalla combinazione di forma, colore e luce.
Cubi o parallelepipedi dall’aspetto assolutamente minimale: blocchi che aggettano dalle pareti o colonne che si sviluppano dal pavimento, sono il risultato di un metodo di lavoro che mette insieme le condizioni della sperimentazione scientifica e artistica.
Così, se da una parte l’opera è la conclusione calcolata sulla base di una valida ipotesi iniziale, dall’altra la manipolazione artistica del materiale introduce l’incognita dell’imprevedibilità.
Partendo dall’utilizzo del colore puro, negli anni ’90 introduce un miscuglio di pigmento e resina liquida, il cui processo di unione, crea di volta in volta, soluzioni diverse a seconda della reazione di attrazione e repulsione chimica dei materiali.
Se poche gocce di colore vengono lasciate cadere su una massa vitrea quasi indurita, allora questi formeranno sottili contrasti visivi che enfatizzeranno le profondità pittoriche; se in una massa pittorica l’artista introduce grumi sciolti di pigmento, ognuno di questi formerà degli aloni, sviluppando scie, macchie, forme all’interno di altre forme.
Un processo formativo che non si esaurisce con la realizzazione fisica, ma che non può prescindere dalla collocazione spaziale delle opere, dal modo in cui i lavori entrano i sintonia con i luoghi che li circondano, prima catturando la luce che li avvolge, per poi irradiare e invadere nuovamente l’ambiente in un gioco di scambi e influenze reciproche.
Dagli anni ’80 la sua attività espositiva lo porta in Europa, in America e in Giappone.
La sua opera, a cavallo tra pittura e scultura, nasce dalla combinazione di forma, colore e luce.
Cubi o parallelepipedi dall’aspetto assolutamente minimale: blocchi che aggettano dalle pareti o colonne che si sviluppano dal pavimento, sono il risultato di un metodo di lavoro che mette insieme le condizioni della sperimentazione scientifica e artistica.
Così, se da una parte l’opera è la conclusione calcolata sulla base di una valida ipotesi iniziale, dall’altra la manipolazione artistica del materiale introduce l’incognita dell’imprevedibilità.
Partendo dall’utilizzo del colore puro, negli anni ’90 introduce un miscuglio di pigmento e resina liquida, il cui processo di unione, crea di volta in volta, soluzioni diverse a seconda della reazione di attrazione e repulsione chimica dei materiali.
Se poche gocce di colore vengono lasciate cadere su una massa vitrea quasi indurita, allora questi formeranno sottili contrasti visivi che enfatizzeranno le profondità pittoriche; se in una massa pittorica l’artista introduce grumi sciolti di pigmento, ognuno di questi formerà degli aloni, sviluppando scie, macchie, forme all’interno di altre forme.
Un processo formativo che non si esaurisce con la realizzazione fisica, ma che non può prescindere dalla collocazione spaziale delle opere, dal modo in cui i lavori entrano i sintonia con i luoghi che li circondano, prima catturando la luce che li avvolge, per poi irradiare e invadere nuovamente l’ambiente in un gioco di scambi e influenze reciproche.
27
marzo 2003
Herbert Hamak
Dal 27 marzo al 18 luglio 2003
Location
STUDIO GIANGALEAZZO VISCONTI
Milano, Corso Monforte, 23, (Milano)
Milano, Corso Monforte, 23, (Milano)
Orario di apertura
lun_ven 11.30-19.30
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