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Here3
Mostra collettiva
Comunicato stampa
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Ennio Bertrand Marilena De Stefano
Delia Gianti Roberta Fanti
Davide Nicastro Lino Strangis
Luisa Valentini Federica Verlato
testi in catalogo di Marco Colombo, Edoardo di Mauro, Tonichina, Luisa Valentini
INAUGURAZIONE 18 MAGGIO ORE 18.05
fino al 27 Maggio
L’arte che si confronta con la dimensione metropolitana per costruire nuove narrazioni, ha conosciuto, in Europa ed in Italia, una significativa crescita negli ultimi anni. In un epoca in cui la globalizzazione finanziaria causa danni irreversibili agli Stati, ed amplifica gli effetti perversi dello “star system”, l’arte sembra vivere una condizione di schizofrenia, non inedita, ma enormemente amplificata. Da un lato un mondo glamour e patinato caratterizzato da quotazioni
ingiustificate, al netto della qualità degli artisti, numericamente minoritario, e dal moltiplicarsi di fiere in ogni angolo del globo, dove i nuovi ricchi asiatici e mediorientali danno sfoggio della loro onnipotenza economica, così come di biennali incrementatesi esponenzialmente di numero, senza apportare alcuna novità concreta, ospitando la medesima compagnia di giro di artisti e curatori “internazionali”. Dall’altro la maggioranza degli operatori dell’arte che quotidianamente porta avanti, con impegno, fatica e passione, l’impegno artistico, critico e didattico, confrontandosi con un mercato ed un sistema “normali” e quotidiani. Due mondi paralleli e scarsamente comunicanti.
Una pratica come quella dell’ arte pubblica, ha saputo riattualizzarsi, dopo la teoria e le aspirazioni delle avanguardie storiche e del Situazionismo, dando risposta ad esigenze di rinnovamento del linguaggio dalle aride secche dell’international style, e di un neo concettualismo patinato e sempre uguale. La dimensione pubblica è quella in cui attualmente l’arte riscopre la sua vocazione didattica ed etica. Dimensioni che naturalmente si intrecciano con la
missione di un’istituzione come l’Accademia Albertina, di cui mi onoro di far parte. Le Accademie italiane, ad onta di un trattamento ai limiti dello spregio da parte dei vertici ministeriali e di parte del parallelo mondo universitario, caso unico in Europa, hanno rafforzato, negli ultimi decenni, il loro ruolo, diventando mete ambite anche per molti studenti provenienti dall’estero. In particolare l’Accademia Albertina negli ultimi anni, è stata in grado di ampliare la sua
attrattiva, tramite una proposta didattica ampia e variegata, in grado di integrare la tradizionale attività laboratoriale con un’offerta di corsi teorici e legati al design ed alle nuove tecnologie, davvero di prim’ordine. Il rapporto tra professori e studenti, per essere davvero positivo, deve correre su di un binario parallelo di reciprocità : l’esperienza del docente si arricchisce tramite la freschezza mentale e l’energia dello studente. Questa mostra, ospitata in un luogo emblematico della dimensione pubblica dell’arte come la Cavallerizza Reale, ne è concreta testimonianza.
Alcuni colleghi, che mi hanno chiesto scrivere queste righe, espongono insieme a studenti, tramite un dialogo ed un confronto assolutamente costruttivi. La Cavallerizza Reale, oggetto da circa tre anni di una occupazione da parte di collettivi studenteschi ed artistici, è emblematica perche in grado di gettare luce sul cronico problema della carenza di spazi fruibili per l’arte e la cultura a Torino, nonostante la miriade di proposte e di progetti. Sin dai primi anni Novanta si parla della Cavallerizza come luogo a vocazione culturale, in quel periodo per consentire l’allargamento degli spazi a disposizione della Galleria d’Arte Moderna, e per destinarne altri a foresteria artistica in relazione ad un altro progetto nato in quegli anni e mai realizzato, quello relativo alla “Casa degli Artisti”.
Successivamente della Cavallerizza si è fatto un utilizzo sporadico e mai del tutto definito. In realtà a Torino, con l’eccezione del Cineporto in zona Vanchiglia, si è persa, ormai definitivamente, una grande opportunità, che derivava dalla crisi dell’industria manifatturiera tradizionale: quella di utilizzare le tante aree dismesse della città per realizzare spazi pubblici per l’arte e la cultura. Quei luoghi sono stati riconvertiti in insediamenti abitativi privati, con un altra significativa eccezione, quella delle Officine Grandi Riparazioni (OGR), da poco divenute, dopo un ventennio di dibattiti, importante polo per la multimedialità, grazie ad un investimento della Fondazione CRT, che comunque non ha previsto, come si sperava in origine, un ampliamento degli spazi, ormai asfittici, della GAM. Con il passare degli anni la Cavallerizza è diventata spazio identitario e trans generazionale per chi vuole affermare la liberta di espressione al di là di vincoli e condizionamenti. Questa mostra, ospitata nei giorni della rassegna Here, che trasforma questo storico luogo in una fucina espositiva, musicale e performativa, nasce dal confronto e dalla complicità tra professori e studenti. La ricerca pionieristica di Ennio Bertrand sulla dialettica tra arte e nuove tecnologie, l’esperienza di rinnovamento del linguaggio dell’installazione degli anni Sessanta e Settanta, alla luce delle dinamiche del presente, di Luisa Valentini, lo stile raffinato e simbolico di Roberta Fanti, le sperimentazioni multimediali di Lino Strangis, le opere centrate sul piano narrativo della memoria di Marilena De Stefano, dialogano e si integrano, all’interno delle storiche architetture della Cavallerizza, con le produzioni di Federica Verlato, Delia Gianti, e Davide Nicastro.
Edoardo Di Mauro, 2018
Oggi ci ritroviamo insieme professori e studenti ad esporre temporaneamente, in una mostra-lampo,
il frutto del nostro lavoro. Ma quale senso può avere parlare di insegnamento in arte?
Di fatto non si può insegnare ad essere artista; si tratta di un percorso troppo complesso, con infinite
differenze, capacità ed implicazioni, indissolubilmente connesse alla propria sensibilità. Attraverso la techné si può indicare come orientarsi, sviluppando però una
fertile disponibilità a perdersi per poi ritrovarsi, attraverso il proprio lavoro e la propria ricerca, in una spontaneità più consapevole.
In quest’ottica, forse, insegnare significa trasmettere un possibile atteggiamento, nel necessario rigore e con una indispensabile fragilità, resi forti dal valore dell’unicità
dell’esperienza; mediare insomma la propria esperienza umana, dove corpo e mente sono diaframma verso il mondo, quasi ad offrire la possibilità di
confronto con il proprio modus operandi, nel prolungamento di sé e del proprio universo attraverso la didattica.
Ecco allora in mostra, qui, le nostre più o meno mature, sicuramente diverse, espressioni di una propria personale visione.
Luisa Valentini, 2018
Delia Gianti Roberta Fanti
Davide Nicastro Lino Strangis
Luisa Valentini Federica Verlato
testi in catalogo di Marco Colombo, Edoardo di Mauro, Tonichina, Luisa Valentini
INAUGURAZIONE 18 MAGGIO ORE 18.05
fino al 27 Maggio
L’arte che si confronta con la dimensione metropolitana per costruire nuove narrazioni, ha conosciuto, in Europa ed in Italia, una significativa crescita negli ultimi anni. In un epoca in cui la globalizzazione finanziaria causa danni irreversibili agli Stati, ed amplifica gli effetti perversi dello “star system”, l’arte sembra vivere una condizione di schizofrenia, non inedita, ma enormemente amplificata. Da un lato un mondo glamour e patinato caratterizzato da quotazioni
ingiustificate, al netto della qualità degli artisti, numericamente minoritario, e dal moltiplicarsi di fiere in ogni angolo del globo, dove i nuovi ricchi asiatici e mediorientali danno sfoggio della loro onnipotenza economica, così come di biennali incrementatesi esponenzialmente di numero, senza apportare alcuna novità concreta, ospitando la medesima compagnia di giro di artisti e curatori “internazionali”. Dall’altro la maggioranza degli operatori dell’arte che quotidianamente porta avanti, con impegno, fatica e passione, l’impegno artistico, critico e didattico, confrontandosi con un mercato ed un sistema “normali” e quotidiani. Due mondi paralleli e scarsamente comunicanti.
Una pratica come quella dell’ arte pubblica, ha saputo riattualizzarsi, dopo la teoria e le aspirazioni delle avanguardie storiche e del Situazionismo, dando risposta ad esigenze di rinnovamento del linguaggio dalle aride secche dell’international style, e di un neo concettualismo patinato e sempre uguale. La dimensione pubblica è quella in cui attualmente l’arte riscopre la sua vocazione didattica ed etica. Dimensioni che naturalmente si intrecciano con la
missione di un’istituzione come l’Accademia Albertina, di cui mi onoro di far parte. Le Accademie italiane, ad onta di un trattamento ai limiti dello spregio da parte dei vertici ministeriali e di parte del parallelo mondo universitario, caso unico in Europa, hanno rafforzato, negli ultimi decenni, il loro ruolo, diventando mete ambite anche per molti studenti provenienti dall’estero. In particolare l’Accademia Albertina negli ultimi anni, è stata in grado di ampliare la sua
attrattiva, tramite una proposta didattica ampia e variegata, in grado di integrare la tradizionale attività laboratoriale con un’offerta di corsi teorici e legati al design ed alle nuove tecnologie, davvero di prim’ordine. Il rapporto tra professori e studenti, per essere davvero positivo, deve correre su di un binario parallelo di reciprocità : l’esperienza del docente si arricchisce tramite la freschezza mentale e l’energia dello studente. Questa mostra, ospitata in un luogo emblematico della dimensione pubblica dell’arte come la Cavallerizza Reale, ne è concreta testimonianza.
Alcuni colleghi, che mi hanno chiesto scrivere queste righe, espongono insieme a studenti, tramite un dialogo ed un confronto assolutamente costruttivi. La Cavallerizza Reale, oggetto da circa tre anni di una occupazione da parte di collettivi studenteschi ed artistici, è emblematica perche in grado di gettare luce sul cronico problema della carenza di spazi fruibili per l’arte e la cultura a Torino, nonostante la miriade di proposte e di progetti. Sin dai primi anni Novanta si parla della Cavallerizza come luogo a vocazione culturale, in quel periodo per consentire l’allargamento degli spazi a disposizione della Galleria d’Arte Moderna, e per destinarne altri a foresteria artistica in relazione ad un altro progetto nato in quegli anni e mai realizzato, quello relativo alla “Casa degli Artisti”.
Successivamente della Cavallerizza si è fatto un utilizzo sporadico e mai del tutto definito. In realtà a Torino, con l’eccezione del Cineporto in zona Vanchiglia, si è persa, ormai definitivamente, una grande opportunità, che derivava dalla crisi dell’industria manifatturiera tradizionale: quella di utilizzare le tante aree dismesse della città per realizzare spazi pubblici per l’arte e la cultura. Quei luoghi sono stati riconvertiti in insediamenti abitativi privati, con un altra significativa eccezione, quella delle Officine Grandi Riparazioni (OGR), da poco divenute, dopo un ventennio di dibattiti, importante polo per la multimedialità, grazie ad un investimento della Fondazione CRT, che comunque non ha previsto, come si sperava in origine, un ampliamento degli spazi, ormai asfittici, della GAM. Con il passare degli anni la Cavallerizza è diventata spazio identitario e trans generazionale per chi vuole affermare la liberta di espressione al di là di vincoli e condizionamenti. Questa mostra, ospitata nei giorni della rassegna Here, che trasforma questo storico luogo in una fucina espositiva, musicale e performativa, nasce dal confronto e dalla complicità tra professori e studenti. La ricerca pionieristica di Ennio Bertrand sulla dialettica tra arte e nuove tecnologie, l’esperienza di rinnovamento del linguaggio dell’installazione degli anni Sessanta e Settanta, alla luce delle dinamiche del presente, di Luisa Valentini, lo stile raffinato e simbolico di Roberta Fanti, le sperimentazioni multimediali di Lino Strangis, le opere centrate sul piano narrativo della memoria di Marilena De Stefano, dialogano e si integrano, all’interno delle storiche architetture della Cavallerizza, con le produzioni di Federica Verlato, Delia Gianti, e Davide Nicastro.
Edoardo Di Mauro, 2018
Oggi ci ritroviamo insieme professori e studenti ad esporre temporaneamente, in una mostra-lampo,
il frutto del nostro lavoro. Ma quale senso può avere parlare di insegnamento in arte?
Di fatto non si può insegnare ad essere artista; si tratta di un percorso troppo complesso, con infinite
differenze, capacità ed implicazioni, indissolubilmente connesse alla propria sensibilità. Attraverso la techné si può indicare come orientarsi, sviluppando però una
fertile disponibilità a perdersi per poi ritrovarsi, attraverso il proprio lavoro e la propria ricerca, in una spontaneità più consapevole.
In quest’ottica, forse, insegnare significa trasmettere un possibile atteggiamento, nel necessario rigore e con una indispensabile fragilità, resi forti dal valore dell’unicità
dell’esperienza; mediare insomma la propria esperienza umana, dove corpo e mente sono diaframma verso il mondo, quasi ad offrire la possibilità di
confronto con il proprio modus operandi, nel prolungamento di sé e del proprio universo attraverso la didattica.
Ecco allora in mostra, qui, le nostre più o meno mature, sicuramente diverse, espressioni di una propria personale visione.
Luisa Valentini, 2018
18
maggio 2018
Here3
Dal 18 al 27 maggio 2018
arte contemporanea
Location
CAVALLERIZZA REALE
Torino, Via Giuseppe Verdi, 9, (Torino)
Torino, Via Giuseppe Verdi, 9, (Torino)
Orario di apertura
Lun e Ven ore 16 - 22
Sab e Dom ore 14 -22
Vernissage
18 Maggio 2018, ore 18
Autore