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Homo ut insula
Homo ut insula riunisce tre artisti di Teramo, Fausto Cheng, Paolo di Giosia e Marino Melarangelo che riflettono su tre differenti sfaccettature dell’isolamento e della solitudine, attraverso opere inedite, concepite appositamente per i locali in cui sono esposte: la scultura di Fausto Cheng, la fotografia di Paolo di Giosia e i pastelli su tela di Marino Melarangelo, prendono forma in installazioni che dialogano a distanza
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L’uomo è un’isola quando è landa da conquistare, territorio concluso e aperto, che solo i
più temerari riescono ad approcciare. L’uomo è un’isola, spesso non volutamente, quando
è atollo reietto di una società indifferente. L’uomo può essere un’oasi mentale, uno spirito
vivo che, solo, intuisce un qualcosa di trascendentale. Regione protetta o zolla illibata,
l’uomo si trova a esperire la condizione di isolamento su più livelli: spirituale, fisico o
psichico. Sebbene il termine assuma un’accezione melanconica, l’essere isolati spesso
indica una posizione di privilegio per l’individuo postmoderno il quale può schiudersi a
momenti di solitaria chiaroveggenza. L’esposizione Homo ut insula riunisce tre artisti di
Teramo, Fausto Cheng, Marino Melarangelo e Paolo di Giosia che riflettono su queste tre
differenti sfaccettature dell’isolamento e della solitudine, attraverso opere inedite,
concepite appositamente per i locali in cui sono allestite: la scultura di Fausto Cheng, la
fotografia di Paolo di Giosia e i pastelli su tela di Marino Melarangelo, prendono forma in
installazioni che dialogano a distanza.
Fausto Cheng, di origini isolane, espone l’installazione Insula, quasi un omaggio alla sua
terra d’origine in cui ha trascorso l’adolescenza e luogo che ha accolto la ricerca del sé
dell’artista. In un rado recinto di giunchi si nasconde una piccola oasi di carbone su cui
troneggia un cuore d’oro; la solitudine rappresentata da Cheng è una condizione spirituale
derivante dal privilegio di una sensibilità che diviene arma a doppio taglio: membrana
vibrante e ricettiva agli accidenti del mondo, pronta a registrare melanconicamente
l’accaduto e restituirlo sotto forma di una mappatura interiore. L’isola presentata dall’artista
è il luogo di approdo di un’anima travagliata che tuttavia mantiene quel senso di scoperta
e curiosità proprio di un luogo esotico.
Più fisica e struggente la solitudine immortalata dagli scatti di Paolo di Giosia, impersonata
da una donna che indossa e sveste un abito da sposa. Lo sfondo è quello di un luogo
dell’abbandono, forse un manicomio o una prigione, di cui scorgiamo solo un muro
sgombro, ma adorno di crepe e cretti; sono le smagliature dell’anima della donna, messa
letteralmente a nudo, e portate in superficie a rafforzare l’immagine di una sofferenza che
si legge sul suo corpo. La drammaticità e fisica e psicologica della protagonista è
intensificata dal calore di una gamma di toni in b/n della fotografia in analogico.
La solitudine esistenziale di Marino Melarangelo è dipinta con i mezzi toni del grigio
pastello. L’installazione pensata per lo spazio comprende una tela in grande formato e una
costellazione di tele minori, come commenti ermetici della scena principale in cui un
anonimo personaggio manipola misteriosi giochi metafisici. I riquadri più piccoli sono
close-up delle mani del prestigiatore, immagini di bugiardini che rimangono volutamente
astratti. Nessuna didascalia aiuta la comprensione della scena che conserva un alone di
enigmaticità a comprovare la solitaria condizione mentale propria di ogni artista, capace di
guardare oltre la contingenza della materia.
più temerari riescono ad approcciare. L’uomo è un’isola, spesso non volutamente, quando
è atollo reietto di una società indifferente. L’uomo può essere un’oasi mentale, uno spirito
vivo che, solo, intuisce un qualcosa di trascendentale. Regione protetta o zolla illibata,
l’uomo si trova a esperire la condizione di isolamento su più livelli: spirituale, fisico o
psichico. Sebbene il termine assuma un’accezione melanconica, l’essere isolati spesso
indica una posizione di privilegio per l’individuo postmoderno il quale può schiudersi a
momenti di solitaria chiaroveggenza. L’esposizione Homo ut insula riunisce tre artisti di
Teramo, Fausto Cheng, Marino Melarangelo e Paolo di Giosia che riflettono su queste tre
differenti sfaccettature dell’isolamento e della solitudine, attraverso opere inedite,
concepite appositamente per i locali in cui sono allestite: la scultura di Fausto Cheng, la
fotografia di Paolo di Giosia e i pastelli su tela di Marino Melarangelo, prendono forma in
installazioni che dialogano a distanza.
Fausto Cheng, di origini isolane, espone l’installazione Insula, quasi un omaggio alla sua
terra d’origine in cui ha trascorso l’adolescenza e luogo che ha accolto la ricerca del sé
dell’artista. In un rado recinto di giunchi si nasconde una piccola oasi di carbone su cui
troneggia un cuore d’oro; la solitudine rappresentata da Cheng è una condizione spirituale
derivante dal privilegio di una sensibilità che diviene arma a doppio taglio: membrana
vibrante e ricettiva agli accidenti del mondo, pronta a registrare melanconicamente
l’accaduto e restituirlo sotto forma di una mappatura interiore. L’isola presentata dall’artista
è il luogo di approdo di un’anima travagliata che tuttavia mantiene quel senso di scoperta
e curiosità proprio di un luogo esotico.
Più fisica e struggente la solitudine immortalata dagli scatti di Paolo di Giosia, impersonata
da una donna che indossa e sveste un abito da sposa. Lo sfondo è quello di un luogo
dell’abbandono, forse un manicomio o una prigione, di cui scorgiamo solo un muro
sgombro, ma adorno di crepe e cretti; sono le smagliature dell’anima della donna, messa
letteralmente a nudo, e portate in superficie a rafforzare l’immagine di una sofferenza che
si legge sul suo corpo. La drammaticità e fisica e psicologica della protagonista è
intensificata dal calore di una gamma di toni in b/n della fotografia in analogico.
La solitudine esistenziale di Marino Melarangelo è dipinta con i mezzi toni del grigio
pastello. L’installazione pensata per lo spazio comprende una tela in grande formato e una
costellazione di tele minori, come commenti ermetici della scena principale in cui un
anonimo personaggio manipola misteriosi giochi metafisici. I riquadri più piccoli sono
close-up delle mani del prestigiatore, immagini di bugiardini che rimangono volutamente
astratti. Nessuna didascalia aiuta la comprensione della scena che conserva un alone di
enigmaticità a comprovare la solitaria condizione mentale propria di ogni artista, capace di
guardare oltre la contingenza della materia.
18
giugno 2015
Homo ut insula
Dal 18 al 21 giugno 2015
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
SALE ESPOSITIVE COMUNALI
Isola Del Gran Sasso D'italia, Piazza Contea Di Pagliara, 16, (Teramo)
Isola Del Gran Sasso D'italia, Piazza Contea Di Pagliara, 16, (Teramo)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 18:00 alle 23:00
Vernissage
18 Giugno 2015, ore 18
Autore
Curatore