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Hua – Il dono dell’arte come arte del dono
Nell’ambito di una ricerca rivolta alla riscoperta delle arti applicate ed in vista delle prossime festività natalizie la mostra si propone di rivisitare il tema del “dono” dell’arte alla luce di una chiave interpretativa che ne rivaluti la funzione di aggregatore sociale.
Comunicato stampa
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Donare è parola che ha radici profonde e che esprime il senso di un gesto che è connaturato con l'animo umano.
Sia da un punto di vista laico che religioso, di qualunque fede si parli, il dono è, sin dai tempi più remoti, essenzialmente simbolo, proprio perché racchiude in sé molteplici significati.
Quello che ci proponiamo di analizzare ed offrire come spunto di riflessione per questa mostra natalizia di arti applicate è quello del dono come strumento di coesione sociale e come mezzo di scambio finalizzato alla circolazione di alcune forme di una ricchezza che non è misurabile secondo i tradizionali parametri della finanza e dell'economia: la felicità del dare, quella di ricevere, quella di ricambiare.
Secondo un'antica usanza di alcune popolazioni maori localizzate tra i numerosi arcipelaghi del Pacifico sud orientale il gesto del donare conteneva in sé implicazioni profondamente religiose. Era una sorta di rito grazie al quale, oltre alla circolazione di beni così come la intendiamo oggi, si realizzava una diversa e ben più importante circolazione: quella delle anime, che tanta importanza aveva per la sopravvivenza stessa di queste comunità etniche.
Infatti era credenza comune che l'oggetto donato portasse con sé un pezzo dell'anima del donatore che veniva così trasferito nell'anima di chi riceveva, andando quindi ad arricchirlo materialmente e spiritualmente. Questo “spirito” che pervadeva il dono era chiamato “Hua”. Con lo scambio di doni si otteneva quindi il risultato di creare una sorta di fittissima rete di rapporti in cui ognuno si sentiva accomunato allo spirito di tutti quelli che lo avessero omaggiato di qualche dono. Gli altri, a questo punto, non erano più vissuti come potenziali nemici, ma come parte di una grande anima composta dalle anime di ognuno. Gli effetti sulla solidità e solidarietà sociale di queste piccole comunità sono facili da immaginare. Ed in una società e in tempi come quelli che viviamo, tutti all'insegna del più acceso interesse personale ed economico ma nei quali viviamo il dramma di grandi ed incurabili solitudini, il fascino di questa pratica, all'apparenza così lontana dai nostri modelli, non può che essere fatale.
Col dono così inteso ci si libera dall'idea che gli scambi sociali debbano essere necessariamente improntati al concetto di utile economico. La circolazione dei beni esce quindi dalla dimensione economico/finanziaria, peraltro importantissima per qualsiasi società, per entrare in un universo nel quale lo scopo non è più l'accumulo per sé stessi ma la distribuzione a servizio degli altri.
Una sorta di cerchio magico, di mandala all'interno del quale il valore umano non è rappresentato da quanto si possiede ma da quanto si è dato.
Ed è così che vorremmo venisse interpretato l'atto del donare, tanto diffuso eppur così inflazionato proprio in occasione della festività del Natale.
Il dono quindi come cura contro il paradossale malessere di sentirci troppo isolati in società troppo massificate. Una piccola, temporanea rivoluzione interpretativa di quella grande e talvolta necessaria dittatura del consumo.
Per far sì che il dono dell'arte possa trasformarsi nell'arte del dono.
Sia da un punto di vista laico che religioso, di qualunque fede si parli, il dono è, sin dai tempi più remoti, essenzialmente simbolo, proprio perché racchiude in sé molteplici significati.
Quello che ci proponiamo di analizzare ed offrire come spunto di riflessione per questa mostra natalizia di arti applicate è quello del dono come strumento di coesione sociale e come mezzo di scambio finalizzato alla circolazione di alcune forme di una ricchezza che non è misurabile secondo i tradizionali parametri della finanza e dell'economia: la felicità del dare, quella di ricevere, quella di ricambiare.
Secondo un'antica usanza di alcune popolazioni maori localizzate tra i numerosi arcipelaghi del Pacifico sud orientale il gesto del donare conteneva in sé implicazioni profondamente religiose. Era una sorta di rito grazie al quale, oltre alla circolazione di beni così come la intendiamo oggi, si realizzava una diversa e ben più importante circolazione: quella delle anime, che tanta importanza aveva per la sopravvivenza stessa di queste comunità etniche.
Infatti era credenza comune che l'oggetto donato portasse con sé un pezzo dell'anima del donatore che veniva così trasferito nell'anima di chi riceveva, andando quindi ad arricchirlo materialmente e spiritualmente. Questo “spirito” che pervadeva il dono era chiamato “Hua”. Con lo scambio di doni si otteneva quindi il risultato di creare una sorta di fittissima rete di rapporti in cui ognuno si sentiva accomunato allo spirito di tutti quelli che lo avessero omaggiato di qualche dono. Gli altri, a questo punto, non erano più vissuti come potenziali nemici, ma come parte di una grande anima composta dalle anime di ognuno. Gli effetti sulla solidità e solidarietà sociale di queste piccole comunità sono facili da immaginare. Ed in una società e in tempi come quelli che viviamo, tutti all'insegna del più acceso interesse personale ed economico ma nei quali viviamo il dramma di grandi ed incurabili solitudini, il fascino di questa pratica, all'apparenza così lontana dai nostri modelli, non può che essere fatale.
Col dono così inteso ci si libera dall'idea che gli scambi sociali debbano essere necessariamente improntati al concetto di utile economico. La circolazione dei beni esce quindi dalla dimensione economico/finanziaria, peraltro importantissima per qualsiasi società, per entrare in un universo nel quale lo scopo non è più l'accumulo per sé stessi ma la distribuzione a servizio degli altri.
Una sorta di cerchio magico, di mandala all'interno del quale il valore umano non è rappresentato da quanto si possiede ma da quanto si è dato.
Ed è così che vorremmo venisse interpretato l'atto del donare, tanto diffuso eppur così inflazionato proprio in occasione della festività del Natale.
Il dono quindi come cura contro il paradossale malessere di sentirci troppo isolati in società troppo massificate. Una piccola, temporanea rivoluzione interpretativa di quella grande e talvolta necessaria dittatura del consumo.
Per far sì che il dono dell'arte possa trasformarsi nell'arte del dono.
24
novembre 2007
Hua – Il dono dell’arte come arte del dono
Dal 24 novembre 2007 al 12 gennaio 2008
design
Location
AB OVO GALLERY
Todi, Via Del Forno, 4, (Perugia)
Todi, Via Del Forno, 4, (Perugia)
Orario di apertura
da Martedì a Domenica
10,30/13,30 - 15,30/19,30
Vernissage
24 Novembre 2007, ore 17,00
Autore
Curatore