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Hurricane
collettiva
Comunicato stampa
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“Bisogna fare in modo che il triviale si ponga al servizio dell’espressione del sublime” affermava Millet; e le sue parole sembrano inverarsi perfettamente nella serie di night junk realizzata da Chris Jahncke. Discariche al chiaro di luna sono trasfigurate dall’artista in un intrico lussureggiante di figure dai colori piatti e vivaci, incastonate nella composizione come gemme preziose. Così il cumulo di rifiuti sorvolato dai gabbiani assume l'aspetto di una mitica montagna attorniata da candidi uccelli. In un altro lavoro vediamo aggirarsi un randagio affamato, vero e proprio lupus in fabula, tenuto conto dell’atmosfera incantata del singolare paesaggio, favorita dal rifiuto dell’illusione prospettica, e dall’assenza di luci e colori naturali. Il punto di vista è rigorosamente frontale, ma simile a quello dell’occhio di un narratore onniscente, capace di restituire nel dipinto l’intera stratigrafia del terreno sottostante la discarica, con le sue cavità che celano carcasse o fossili millenari, fin giù nelle viscere della terra, dove ribolle la lava incandescente.
Eruzioni di caos potrebbero essere definiti i lavori di Franklin Evans, sul limitare tra disegno e pittura, figurazione e astrazione. Un acquerello denso e voluttuoso, dai colori brillanti, sviluppa fasci di figure biomorfe che fioriscono e si avvolgono l’un l’altra come rigogliosa vegetazione. Raramente è possibile scorgere la presenza umana, spesso presenza sottratta, in quanto ne comprare soltanto la sagoma bianca tra gorghi di arcobaleni e deflagrazioni di colore. Ogni suo lavoro è un multiverso dotato di una pluralità di centri, di spazi convessi che come alambicchi o uova cosmiche generano mondi su mondi i quali si sovrappongono l’un l’altro, si dischiudono e si compenetrano collegati da cordoni ombelicali, attraversando la superficie del dipinto come bolle di gas nell’oceano primordiale. La memoria va alle tendenze antianalitiche della pittura del Novecento (Ernst, Masson, Matta, Gorky) ma anche al Manierismo (inteso come categoria metastorica) e alla sua visione labirintica del mondo; al pluralismo di punti di fuga della Crocifissione di Paolo Uccello; alle caotiche rappresentazioni di inferni e paradisi di Bosch.
Forse sarebbe riuscito a prevedere che l’uragano gli avrebbe sottratto gran parte dei suoi lavori recenti Chris Jahncke, se avesse osservato il volo degli uccelli come un àugure dell’antica Roma, o come Cristian Schwarzwald nel realizzare la serie di disegni presenti in mostra. In realtà non si tratta tanto di vaticinio o di un più moderno esercizio di birdwatching, quella di Schwarzwald è infatti una ricerca squisitamente pittorica, laddove la china è utilizzata di volta in volta per disegnare immagini dalla resa quasi fotografica oppure figure dai tratti sommari, formate da pennellate ampie e dinamiche, come quelle di un ideogramma. Compaiono in alcuni casi anche sgocciolature monocrome, in un colore azzurro decisamente antinaturalistico, come gli uccelli dalle teste di donna protagonisti di numerosi disegni. Un’ allusione all’immortale fenice oppure a una segreta affinità tra la natura dei volatili e quella femminile?
La cultura del machismo e l’aggressività umana in generale sono invece il principale bersaglio polemico dei disegni di Antonio Eligio Fernández, in arte Tonel (pseudonimo formato da quattro lettere dei suoi due nomi), nato a Cuba nell’anno della rivoluzione, il 1958. Tonel si è laureato in storia dell’arte all’Havana e successivamente ha lavorato come artista e curatore nell’America Latina, negli Stati Uniti e in Europa. A questa attività ha affiancato fin da subito quella di illustratore grafico di libri per ragazzi, realizzando anche disegni satirici per il bisettimanale umoristico Dedeté. La satira e l’umorismo, accompagnate sempre da autoironia e cauto ottimismo, sono la costante dei suoi disegni, che associano a uno stile inequivocabilmente figurativo il potere di un’immaginazione al tempo stesso spietata e disarmante. I disegni in mostra sono una sorta di “ritratti con bandiera”, laddove i vessilli simbolo di diverse nazioni sono stati gettati dal vento sulla faccia dei diversi personaggi. Forse una metafora dell’impetuoso processo di globalizzazione, che ci mette di fronte a culture nazionali che non possono più in alcun modo essere considerate “estranee”, o la rappresentazione del delirio nazionalistico, che rende l’umanità cieca e ne cancella il volto…
Luca Vona
Eruzioni di caos potrebbero essere definiti i lavori di Franklin Evans, sul limitare tra disegno e pittura, figurazione e astrazione. Un acquerello denso e voluttuoso, dai colori brillanti, sviluppa fasci di figure biomorfe che fioriscono e si avvolgono l’un l’altra come rigogliosa vegetazione. Raramente è possibile scorgere la presenza umana, spesso presenza sottratta, in quanto ne comprare soltanto la sagoma bianca tra gorghi di arcobaleni e deflagrazioni di colore. Ogni suo lavoro è un multiverso dotato di una pluralità di centri, di spazi convessi che come alambicchi o uova cosmiche generano mondi su mondi i quali si sovrappongono l’un l’altro, si dischiudono e si compenetrano collegati da cordoni ombelicali, attraversando la superficie del dipinto come bolle di gas nell’oceano primordiale. La memoria va alle tendenze antianalitiche della pittura del Novecento (Ernst, Masson, Matta, Gorky) ma anche al Manierismo (inteso come categoria metastorica) e alla sua visione labirintica del mondo; al pluralismo di punti di fuga della Crocifissione di Paolo Uccello; alle caotiche rappresentazioni di inferni e paradisi di Bosch.
Forse sarebbe riuscito a prevedere che l’uragano gli avrebbe sottratto gran parte dei suoi lavori recenti Chris Jahncke, se avesse osservato il volo degli uccelli come un àugure dell’antica Roma, o come Cristian Schwarzwald nel realizzare la serie di disegni presenti in mostra. In realtà non si tratta tanto di vaticinio o di un più moderno esercizio di birdwatching, quella di Schwarzwald è infatti una ricerca squisitamente pittorica, laddove la china è utilizzata di volta in volta per disegnare immagini dalla resa quasi fotografica oppure figure dai tratti sommari, formate da pennellate ampie e dinamiche, come quelle di un ideogramma. Compaiono in alcuni casi anche sgocciolature monocrome, in un colore azzurro decisamente antinaturalistico, come gli uccelli dalle teste di donna protagonisti di numerosi disegni. Un’ allusione all’immortale fenice oppure a una segreta affinità tra la natura dei volatili e quella femminile?
La cultura del machismo e l’aggressività umana in generale sono invece il principale bersaglio polemico dei disegni di Antonio Eligio Fernández, in arte Tonel (pseudonimo formato da quattro lettere dei suoi due nomi), nato a Cuba nell’anno della rivoluzione, il 1958. Tonel si è laureato in storia dell’arte all’Havana e successivamente ha lavorato come artista e curatore nell’America Latina, negli Stati Uniti e in Europa. A questa attività ha affiancato fin da subito quella di illustratore grafico di libri per ragazzi, realizzando anche disegni satirici per il bisettimanale umoristico Dedeté. La satira e l’umorismo, accompagnate sempre da autoironia e cauto ottimismo, sono la costante dei suoi disegni, che associano a uno stile inequivocabilmente figurativo il potere di un’immaginazione al tempo stesso spietata e disarmante. I disegni in mostra sono una sorta di “ritratti con bandiera”, laddove i vessilli simbolo di diverse nazioni sono stati gettati dal vento sulla faccia dei diversi personaggi. Forse una metafora dell’impetuoso processo di globalizzazione, che ci mette di fronte a culture nazionali che non possono più in alcun modo essere considerate “estranee”, o la rappresentazione del delirio nazionalistico, che rende l’umanità cieca e ne cancella il volto…
Luca Vona
17
dicembre 2005
Hurricane
Dal 17 dicembre 2005 al 17 gennaio 2006
arte contemporanea
Location
FEDERICO LUGER GALLERY (FL GALLERY)
Milano, Viale Sabotino, 22, (Milano)
Milano, Viale Sabotino, 22, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle 15:30 alle 19:00
Vernissage
17 Dicembre 2005, ore 19:00
Autore
Curatore