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Hybrida Group Show
Undici sguardi diversi, undici direzioni mai univoche, undici colloqui possibili per inaugurare la prima collettiva della galleria
Comunicato stampa
Segnala l'evento
LUIGI CAMPANELLI (Pesaro, 1943). Forme tese tra astrazione e residui figurativi. Nei suoi quadri la linea, unita ad un colore dalle
sonorità morbide, è lo strumento principale attraverso cui delineare scenari. Risuona nelle sue opere il meglio della tradizione
metafisica italiana, da De Chirico a Savinio fino alle silenziose nature morte di Morandi. La pittura si fa strumento duttile, attraverso
stesure di impasti essenziali. La pittura riporta a noi l’emozione di luoghi e oggetti del quotidiano, resi dal pensiero e dall’esperienza
figure libere della memoria.
FERDINANDO CALIFANO (Roccapiemonte, 1957). Sguardi empatici alle cose che ci circondano, per estrarre dal loro realismo spietato
una dimensione surreale, un ponte tra il dentro e il fuori. Lo sguardo di Califano è attento alla superficie, alla texture mutevole di
ciò che accompagna il corpo attraverso lo spazio esplorato. Nelle fotografie in mostra tutto questo scaturisce da passi, impronte
e spruzzi d’acqua.
MARCELLO DI DONATO (Cava de’ Tirreni, 1962). Sceglie tre opere per rappresentare tre diversi atteggiamenti del suo fotografare.
Prima: I rifiuti trascinati dalla corrente del Tevere diventano simmetrie dal forte impatto visivo, dichiarando attraverso la bellezza
dello sguardo il riscatto dal degrado. Seconda: una ragazza su una panchina nel parco, fotografata come la statua di una divinità
Buddah. Terza: una nube che solca il cielo in un raffinato gioco di trasparenze, dall’alto del Vesuvio. Tutte e tre le opere sono
fortemente incentrate sulla dilatazione dell’identità del soggetto.
FERDINANDO FEDELE (Nocera inferiore, 1964) Un’indagine attorno alle relazioni tra riproduzione dell’immagine e spazialismo, tre
opere tratte da una serie più ampia per focalizzare un momento del percorso. La figura dipinta è Eva, estrapolata dal famoso dipinto
di Cranach. Nelle mani di Ferdinando Fedele, essa perde la sua connotazione simbolica per divenire presenza autografa, quasi un
feticcio in relazione alla lettura di spazi astratti.
DANIELE FIACCO (Velletri, 1983) sceglie di condensare suggestioni stratificate all’interno di spazi sintetici, che richiedono una
vicinanza colloquiale con lo spettatore. “Pulsazione” è il titolo dell’opera in mostra e allude alla vibrazione del sangue, che si
amplifica estendendo quel limite sottile che ci porta a percepire l’esterno come altro al di là di noi. L’immobilità apparente disgrega
l’immagine in molteplici dettagli, alimentando la forza visiva con una dialettica dove il silenzio si fonde col frastuono e l’immobilità
con il movimento nervoso. I suoi scatti mettono spesso in relazione corpi e materie, al fine di smembrarli e disperderli in una
dimensione corale del corpo.
DAVID MACKIE (Melbourne, 1962) figure animali dalle sembianze essenziali e miste, ma allo stesso tempo enfatiche nella loro
valenza astratta, quasi dei corpi morbidi tra la presenza dalla materia scolpita e l’evocazione della figura, dei giocattoli a cui è
impossibile sottrarre energia vitale.
ALFREDO MAIORINO (Nocera inferiore 1966) Maiorino fa dell’oggetto un simbolo ancestrale che partecipa ad un universo pittorico
fine a se stesso. L’opera esposta riflette sulla condizione iconografica del dittico. Da una parte un reticolato che è pura scansione
spaziale, dall’altro la ciotola fluttuante nel buio immobile. Due momenti accostati per inserire un'unica atmosfera di sospensione.
PAOLA MARGHERITA (Roma, 1970) Le sue sculture mettono in scena delle situazioni vissute all’interno dell’opera stessa, quasi una
piece teatrale intrappolata nell’immobilità del gesso, un’immobilità che è enfasi visiva del gesto dei personaggi e dei luoghi. Un
lungomare, una discarica, spazi ondeggianti e architetture di segmenti. Tra realtà e suggestione fiabesca.
SANDRO MAUTONE (Napoli, 1950) è centrale per lui l’intersezione tra uomo, luogo e materia. In galleria un disegno con una figura
umana (Osiride) perfettamente armonizzata con la figura di un albero, il tutto descritto con meditata economia formale. Ad esso
di aggiunge una scultura in terracotta, una strada tra due edifici definiti ed essenziali, una strada dalla forte presenza plastica
quasi morbida alla vista.
MASSIMILIANO PELLEGRINO (Firenze, 1970). Due dipinti che spiccano per la loro drammaticità, da intendersi come profondità
poetica. Un teschio e un corpo umano (un moderno San Sebastiano) su un discinto sfondo dorato, dipinto attraverso una gestualità
veloce e fortemente espressiva, quasi una radiografia della carne colta nel suo intreccio tra vita e morte.
FLAVIANO POGGI Le sue fotografie sono emanazioni psichiche. Evocano quel magma profondo, rimosso, sempre in agguato nella
mente di tutti. È il magma che opera nei nostri ricordi senza palesarsi mai. Vedi le immagini prendere forma su realtà tangibili,
vedi luoghi e oggetti visti, volti conosciuti, combinati in modi tanto possibili quanto incongruenti. Irrompono accostamenti plausibili
ricchi di sfumature stranianti e li senti nelle atmosfere oniriche che pervadono le fotografie, negli scorci che ci appartengono.
sonorità morbide, è lo strumento principale attraverso cui delineare scenari. Risuona nelle sue opere il meglio della tradizione
metafisica italiana, da De Chirico a Savinio fino alle silenziose nature morte di Morandi. La pittura si fa strumento duttile, attraverso
stesure di impasti essenziali. La pittura riporta a noi l’emozione di luoghi e oggetti del quotidiano, resi dal pensiero e dall’esperienza
figure libere della memoria.
FERDINANDO CALIFANO (Roccapiemonte, 1957). Sguardi empatici alle cose che ci circondano, per estrarre dal loro realismo spietato
una dimensione surreale, un ponte tra il dentro e il fuori. Lo sguardo di Califano è attento alla superficie, alla texture mutevole di
ciò che accompagna il corpo attraverso lo spazio esplorato. Nelle fotografie in mostra tutto questo scaturisce da passi, impronte
e spruzzi d’acqua.
MARCELLO DI DONATO (Cava de’ Tirreni, 1962). Sceglie tre opere per rappresentare tre diversi atteggiamenti del suo fotografare.
Prima: I rifiuti trascinati dalla corrente del Tevere diventano simmetrie dal forte impatto visivo, dichiarando attraverso la bellezza
dello sguardo il riscatto dal degrado. Seconda: una ragazza su una panchina nel parco, fotografata come la statua di una divinità
Buddah. Terza: una nube che solca il cielo in un raffinato gioco di trasparenze, dall’alto del Vesuvio. Tutte e tre le opere sono
fortemente incentrate sulla dilatazione dell’identità del soggetto.
FERDINANDO FEDELE (Nocera inferiore, 1964) Un’indagine attorno alle relazioni tra riproduzione dell’immagine e spazialismo, tre
opere tratte da una serie più ampia per focalizzare un momento del percorso. La figura dipinta è Eva, estrapolata dal famoso dipinto
di Cranach. Nelle mani di Ferdinando Fedele, essa perde la sua connotazione simbolica per divenire presenza autografa, quasi un
feticcio in relazione alla lettura di spazi astratti.
DANIELE FIACCO (Velletri, 1983) sceglie di condensare suggestioni stratificate all’interno di spazi sintetici, che richiedono una
vicinanza colloquiale con lo spettatore. “Pulsazione” è il titolo dell’opera in mostra e allude alla vibrazione del sangue, che si
amplifica estendendo quel limite sottile che ci porta a percepire l’esterno come altro al di là di noi. L’immobilità apparente disgrega
l’immagine in molteplici dettagli, alimentando la forza visiva con una dialettica dove il silenzio si fonde col frastuono e l’immobilità
con il movimento nervoso. I suoi scatti mettono spesso in relazione corpi e materie, al fine di smembrarli e disperderli in una
dimensione corale del corpo.
DAVID MACKIE (Melbourne, 1962) figure animali dalle sembianze essenziali e miste, ma allo stesso tempo enfatiche nella loro
valenza astratta, quasi dei corpi morbidi tra la presenza dalla materia scolpita e l’evocazione della figura, dei giocattoli a cui è
impossibile sottrarre energia vitale.
ALFREDO MAIORINO (Nocera inferiore 1966) Maiorino fa dell’oggetto un simbolo ancestrale che partecipa ad un universo pittorico
fine a se stesso. L’opera esposta riflette sulla condizione iconografica del dittico. Da una parte un reticolato che è pura scansione
spaziale, dall’altro la ciotola fluttuante nel buio immobile. Due momenti accostati per inserire un'unica atmosfera di sospensione.
PAOLA MARGHERITA (Roma, 1970) Le sue sculture mettono in scena delle situazioni vissute all’interno dell’opera stessa, quasi una
piece teatrale intrappolata nell’immobilità del gesso, un’immobilità che è enfasi visiva del gesto dei personaggi e dei luoghi. Un
lungomare, una discarica, spazi ondeggianti e architetture di segmenti. Tra realtà e suggestione fiabesca.
SANDRO MAUTONE (Napoli, 1950) è centrale per lui l’intersezione tra uomo, luogo e materia. In galleria un disegno con una figura
umana (Osiride) perfettamente armonizzata con la figura di un albero, il tutto descritto con meditata economia formale. Ad esso
di aggiunge una scultura in terracotta, una strada tra due edifici definiti ed essenziali, una strada dalla forte presenza plastica
quasi morbida alla vista.
MASSIMILIANO PELLEGRINO (Firenze, 1970). Due dipinti che spiccano per la loro drammaticità, da intendersi come profondità
poetica. Un teschio e un corpo umano (un moderno San Sebastiano) su un discinto sfondo dorato, dipinto attraverso una gestualità
veloce e fortemente espressiva, quasi una radiografia della carne colta nel suo intreccio tra vita e morte.
FLAVIANO POGGI Le sue fotografie sono emanazioni psichiche. Evocano quel magma profondo, rimosso, sempre in agguato nella
mente di tutti. È il magma che opera nei nostri ricordi senza palesarsi mai. Vedi le immagini prendere forma su realtà tangibili,
vedi luoghi e oggetti visti, volti conosciuti, combinati in modi tanto possibili quanto incongruenti. Irrompono accostamenti plausibili
ricchi di sfumature stranianti e li senti nelle atmosfere oniriche che pervadono le fotografie, negli scorci che ci appartengono.
07
dicembre 2007
Hybrida Group Show
Dal 07 dicembre 2007 al 07 gennaio 2008
arte contemporanea
Location
HYBRIDA CONTEMPORANEA
Roma, Via Reggio Emilia, 32, (Roma)
Roma, Via Reggio Emilia, 32, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato, dalle 16.00 alle 20.00. La mattina su appuntamento
Autore