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I Bertolucci. Una famiglia d’arte nell’Italia del Novecento
Libri, oggetti e manifesti cinematografici raccontano la storia della famiglia Bertolucci che ha attraversato il novecento. Dal padre Attilio, poeta di talento, ai figli Bernardo e Giuseppe, registi di fama internazionale.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Andrea Kerbaker racconta la mostra
I Bertolucci
Una famiglia d’arte nell’Italia del Novecento
Ho scelto di parlare della famiglia Bertolucci
per attraversare in modo differente un pezzo
della cultura del Novecento italiano, una
storia di cui, come letterato e appassionato,
sono fiero. E in questo caso c’era davvero
molto da scoprire e raccontare: poeta il padre
Attilio (1911-2000), della generazione di
talenti come Vittorio Sereni o Andrea
Zanzotto; regista di livello mondiale il
primogenito Bernardo (1941-2018), ideale
trait d’union tra i grandi vecchi come
Visconti e Fellini e i più giovani Sorrentino
o Tornatore; cineasta più circoscritto il
secondogenito Giuseppe, classe 1947
(Ricorda il fratello maggiore: Quando è nato Giuseppe avevo sei anni. Vidi la mamma, bellissima,
con un altro bambino: Giuseppe. Mi pareva che lei non mi guardasse più. Usciti dall’ospedale a
Parma, iniziò a cadere la neve, mio padre guardava in alto: iniziò a saltare, e io con lui, gridando
“è nato Giuseppe!”. Quello è stato il nostro incontro), scopritore di un unicum assoluto come
Roberto Benigni.
Tre tipi umani diversi che più diversi non si può; eppure legatissimi in percorsi che costantemente si
intersecano, si incontrano, si sovrappongono in una storia inimitabile dove Attilio fa il critico
cinematografico e porta i bambini al cinema, mentre li descrive nelle sue poesie (per esempio la
bellissima I pescatori:
Avete visto due fratelli, l’uno
di quindici l’altro di dieci anni, lungo
il fiume, intento il primo a pesca,
il secondo a servire con pazienza
Attilio Bertolucci con la macchina da presa
© Leonardo Cendamo
e gioia? Il sole pomeridiano colora
i visi così simili e diversi
come una foglia a un'altra foglia nella
pianta, una viola a un'altra viola in terra…)
Al contempo, Bernardo e Giuseppe mettono in pellicola i paesaggi a cui il padre dedica i suoi versi.
Una famiglia cementata dalla cultura, e tutt’altro che autocentrata: attorno a loro, la maggiore
intelligentsia italiana del tempo, da Gadda che dà del lei a Giuseppe di sei anni, fino a Moravia, a
cui Bernardo si ispirerà per Il conformista. E soprattutto Pier Paolo
Pasolini, che chiama Bernardo all’aiuto regia per il suo esordio nel
cinema, (dice Bernardo: Un giorno, incontrandomi sulla porta di
casa, Pier Paolo mi chiede: “Ma tu volevi fare cinema, giusto?”. E
io: “Certo”. “Bene, io farò
un film, il mio primo film, e
tu sarai il mio aiuto
regista”. E io dissi: “Ma
Pier Paolo, è una follia! Non
sono mai stato su un set, non
ho mai fatto l’aiuto regista”.
E lui: “Eh, nemmeno io ho
mai fatto il regista”. E uscì
“Accattone”). Subito dopo
Pasolini scrive il soggetto
per l’esordio di Bernardo
dietro la macchina da presa,
La commare secca. Quindici anni più tardi, alla morte di
Pasolini, Attilio gli subentrerà alla direzione della rivista
letteraria «Nuovi Argomenti», al fianco di Alberto Moravia
e Leonardo Sciascia. Di un’altra rivista Attilio era stato
direttore negli anni Cinquanta e Sessanta: si chiamava «Il
Gatto Selvatico», era l’house organ dell’ENI, l’azienda per
cui Bernardo avrebbe poi girato un mitico documentario. (Testimonia Bernardo: Quando molti anni
dopo ho visitato i luoghi frequentati da Mattei per un documentario intitolato “La via del petrolio”,
ricordo che era molto emozionante ritrovarsi in Iran, dove l’ENI stava trivellando. Gli operai con i
loro accenti emiliani parlavano della nostalgia di casa, e tutti rammentavano Mattei con una specie
“Tutto su Ultimo tango a Parigi”,
un libro tedesco del 1973.
Manifesto francese di Un the nel deserto, di
Bernardo Bertolucci, 1990.
di riconoscenza che non credo si sia mai vista. Mattei era già morto da qualche anno. E non erano
certo anni teneri sul piano politico).
In mostra c’è questo e molto altro, documentato more
solito attraverso materiale raccolto in mezzo mondo, che
conservo alla Kasa dei Libri e spesso è totalmente inedito
in Italia (manifesti, locandine, libri e riviste, brochure
pubblicitarie, colonne sonore originali e una parete di
fotografie concesse per l’occasione da Leonardo
Cendamo). Naturalmente c’è la forza mitica di Marlon
Brando in Ultimo tango a Parigi, con libri e locandine da
tutta Europa e un buon vecchio vinile d’epoca con la
colonna sonora. E Novecento, col suo cast stellare, regia
di Bernardo, co-sceneggiatura di Giuseppe, le poesie
della Camera da letto di Attilio a raccontare la stessa
storia in versi. Ci sono le tante commedie di Giuseppe,
contrappuntate dai lavori di Attilio sull’umorismo in
letteratura, e capeggiate ovviamente da quelle con
Benigni: il monologo teatrale Cioni Mario di Gaspare fu
Giulia, da cui il film Berlinguer ti voglio bene, 1977,
Tuttobenigni, 1983 e Non ci resta che piangere, 1984. Il
comico toscano ha detto di Giuseppe: Quando ci si
incontrava era tutto un folgorare di bellezze… perché io
facevo tante domande a Giuseppe e lui sapeva
rispondere a tutte… perché Giuseppe amava la vita,
Freud, Proust, i pranzi da solo al ristorante con il
giornale, il burro fritto, Caproni, la Juventus, le
camminate, Lenin, Robinson Crusoe, la politica, il bollito, Mizoguchi, John Ford, perché io lo
copiavo e imparai anch’io ad amare tutte queste cose. Escluso il burro fritto e la Juventus. Ed è lo
stesso Benigni che ha definito Bernardo “l’ultimo imperatore del cinema”. E ancora i film
internazionali di Bernardo, dal The nel deserto (versione italiana pubblicata da Garzanti, l’editore di
Attilio) al Piccolo Buddha o The Dreamers.
Da quando, nel 2000, il papà è morto, i figli lo hanno ricordato con grande affetto, in una storia
rievocata più e più volte. Sono felice di averlo fatto anch'io, con un divertimento e una passione
unici. Perché raccontare queste vicende ti permette di riconciliarti con questo Paese, dove vivranno
sì tanti personaggi discutibili, ma ci sono dinastie come queste destinate a lasciare impronte
profonde, durature.
Andrea Kerbaker
I Bertolucci
Una famiglia d’arte nell’Italia del Novecento
Ho scelto di parlare della famiglia Bertolucci
per attraversare in modo differente un pezzo
della cultura del Novecento italiano, una
storia di cui, come letterato e appassionato,
sono fiero. E in questo caso c’era davvero
molto da scoprire e raccontare: poeta il padre
Attilio (1911-2000), della generazione di
talenti come Vittorio Sereni o Andrea
Zanzotto; regista di livello mondiale il
primogenito Bernardo (1941-2018), ideale
trait d’union tra i grandi vecchi come
Visconti e Fellini e i più giovani Sorrentino
o Tornatore; cineasta più circoscritto il
secondogenito Giuseppe, classe 1947
(Ricorda il fratello maggiore: Quando è nato Giuseppe avevo sei anni. Vidi la mamma, bellissima,
con un altro bambino: Giuseppe. Mi pareva che lei non mi guardasse più. Usciti dall’ospedale a
Parma, iniziò a cadere la neve, mio padre guardava in alto: iniziò a saltare, e io con lui, gridando
“è nato Giuseppe!”. Quello è stato il nostro incontro), scopritore di un unicum assoluto come
Roberto Benigni.
Tre tipi umani diversi che più diversi non si può; eppure legatissimi in percorsi che costantemente si
intersecano, si incontrano, si sovrappongono in una storia inimitabile dove Attilio fa il critico
cinematografico e porta i bambini al cinema, mentre li descrive nelle sue poesie (per esempio la
bellissima I pescatori:
Avete visto due fratelli, l’uno
di quindici l’altro di dieci anni, lungo
il fiume, intento il primo a pesca,
il secondo a servire con pazienza
Attilio Bertolucci con la macchina da presa
© Leonardo Cendamo
e gioia? Il sole pomeridiano colora
i visi così simili e diversi
come una foglia a un'altra foglia nella
pianta, una viola a un'altra viola in terra…)
Al contempo, Bernardo e Giuseppe mettono in pellicola i paesaggi a cui il padre dedica i suoi versi.
Una famiglia cementata dalla cultura, e tutt’altro che autocentrata: attorno a loro, la maggiore
intelligentsia italiana del tempo, da Gadda che dà del lei a Giuseppe di sei anni, fino a Moravia, a
cui Bernardo si ispirerà per Il conformista. E soprattutto Pier Paolo
Pasolini, che chiama Bernardo all’aiuto regia per il suo esordio nel
cinema, (dice Bernardo: Un giorno, incontrandomi sulla porta di
casa, Pier Paolo mi chiede: “Ma tu volevi fare cinema, giusto?”. E
io: “Certo”. “Bene, io farò
un film, il mio primo film, e
tu sarai il mio aiuto
regista”. E io dissi: “Ma
Pier Paolo, è una follia! Non
sono mai stato su un set, non
ho mai fatto l’aiuto regista”.
E lui: “Eh, nemmeno io ho
mai fatto il regista”. E uscì
“Accattone”). Subito dopo
Pasolini scrive il soggetto
per l’esordio di Bernardo
dietro la macchina da presa,
La commare secca. Quindici anni più tardi, alla morte di
Pasolini, Attilio gli subentrerà alla direzione della rivista
letteraria «Nuovi Argomenti», al fianco di Alberto Moravia
e Leonardo Sciascia. Di un’altra rivista Attilio era stato
direttore negli anni Cinquanta e Sessanta: si chiamava «Il
Gatto Selvatico», era l’house organ dell’ENI, l’azienda per
cui Bernardo avrebbe poi girato un mitico documentario. (Testimonia Bernardo: Quando molti anni
dopo ho visitato i luoghi frequentati da Mattei per un documentario intitolato “La via del petrolio”,
ricordo che era molto emozionante ritrovarsi in Iran, dove l’ENI stava trivellando. Gli operai con i
loro accenti emiliani parlavano della nostalgia di casa, e tutti rammentavano Mattei con una specie
“Tutto su Ultimo tango a Parigi”,
un libro tedesco del 1973.
Manifesto francese di Un the nel deserto, di
Bernardo Bertolucci, 1990.
di riconoscenza che non credo si sia mai vista. Mattei era già morto da qualche anno. E non erano
certo anni teneri sul piano politico).
In mostra c’è questo e molto altro, documentato more
solito attraverso materiale raccolto in mezzo mondo, che
conservo alla Kasa dei Libri e spesso è totalmente inedito
in Italia (manifesti, locandine, libri e riviste, brochure
pubblicitarie, colonne sonore originali e una parete di
fotografie concesse per l’occasione da Leonardo
Cendamo). Naturalmente c’è la forza mitica di Marlon
Brando in Ultimo tango a Parigi, con libri e locandine da
tutta Europa e un buon vecchio vinile d’epoca con la
colonna sonora. E Novecento, col suo cast stellare, regia
di Bernardo, co-sceneggiatura di Giuseppe, le poesie
della Camera da letto di Attilio a raccontare la stessa
storia in versi. Ci sono le tante commedie di Giuseppe,
contrappuntate dai lavori di Attilio sull’umorismo in
letteratura, e capeggiate ovviamente da quelle con
Benigni: il monologo teatrale Cioni Mario di Gaspare fu
Giulia, da cui il film Berlinguer ti voglio bene, 1977,
Tuttobenigni, 1983 e Non ci resta che piangere, 1984. Il
comico toscano ha detto di Giuseppe: Quando ci si
incontrava era tutto un folgorare di bellezze… perché io
facevo tante domande a Giuseppe e lui sapeva
rispondere a tutte… perché Giuseppe amava la vita,
Freud, Proust, i pranzi da solo al ristorante con il
giornale, il burro fritto, Caproni, la Juventus, le
camminate, Lenin, Robinson Crusoe, la politica, il bollito, Mizoguchi, John Ford, perché io lo
copiavo e imparai anch’io ad amare tutte queste cose. Escluso il burro fritto e la Juventus. Ed è lo
stesso Benigni che ha definito Bernardo “l’ultimo imperatore del cinema”. E ancora i film
internazionali di Bernardo, dal The nel deserto (versione italiana pubblicata da Garzanti, l’editore di
Attilio) al Piccolo Buddha o The Dreamers.
Da quando, nel 2000, il papà è morto, i figli lo hanno ricordato con grande affetto, in una storia
rievocata più e più volte. Sono felice di averlo fatto anch'io, con un divertimento e una passione
unici. Perché raccontare queste vicende ti permette di riconciliarti con questo Paese, dove vivranno
sì tanti personaggi discutibili, ma ci sono dinastie come queste destinate a lasciare impronte
profonde, durature.
Andrea Kerbaker
12
settembre 2019
I Bertolucci. Una famiglia d’arte nell’Italia del Novecento
Dal 12 al 27 settembre 2019
documentaria
Location
KASA DEI LIBRI
Milano, Largo Aldo De Benedetti, 4, (Milano)
Milano, Largo Aldo De Benedetti, 4, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a domenica ore 15-19
Vernissage
12 Settembre 2019, ore 18.00
Ufficio stampa
Maria Chiara Salvanelli
Autore
Curatore