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I borsisti della 88ma Collettiva – Hiddentity
collettiva di giovani artisti
Comunicato stampa
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Quattro tavoli uguali, quattro stazioni per indagare sull’identità dei partecipanti, quattro universi di pensiero in cui ciascun artista ci racconta di sé, degli strumenti con cui lavora, di progetti passati e futuri, di quell’immaginario creativo quotidiano da cui il lavoro deriva. Inizia nel salone principale di Palazzetto Tito la mostra dei borsisti della 88ma edizione giovani. Una stanza unica, per racchiudere i progetti e le bozze di lavoro degli artisti, che si affaccia a sua volta su quattro porte di stanze private, ciascuna assegnata ad un artista.
Artisti di diversa provenienza, tecniche e scuola, si ritrovano un anno dopo a verificare la propria vocazione negli spazi più intimi di Palazzetto Tito. Un’occasione per far emergere in modo più chiaro il lavoro di ciascuno, la ricerca che ne è alla base, le linee di sviluppo a cui il lavoro tende. Non si ha la pretesa di riunire sotto un unico cappello tendenze molto diverse, ma anzi di sottolineare le differenze nella ricerca personale, base per la costruzione della propria originalità.
Quando si discute di identità, si va subito a parlare di qualcosa che ha a che fare con la dimensione del racconto, con la narrazione, con la nozione di narratività. La questione dell’identità si lega alla questione della narrazione. Il racconto di sé si lega al gioco della nostra identità individuale, personale, di soggetti. Alla domanda “chi sei?” si può rispondere con una storia, questa richiede l’identificazione di una persona, l’individuazione di essa colta in tutta la sua irripetibilità, ossia nella irripetibile esistenza che ciascuno di noi ha. Per l’artista il racconto della propria identità passa attraverso la rappresentazione. Le opere, prima di figurare qualsiasi cosa, raccontano una storia intima e personale, legata al proprio vivere, all’immaginario quotidiano, all’indagine interiore, ai sogni.
Nelle quattro stanze di Palazzetto Tito, con un gioco quasi magico, l’azione del fare l’opera, ci svela l’identità di ciascuno. Legare una stanza ad ogni artista significa mostrare ad una ad una facce diverse, come una casa di coinquilini, o come una famiglia allargata. Con un gioco quasi magico, un’istituzione centenaria, che ha da sempre il compito di far luce sull’identità dei giovani artisti, dà l’opportunità di esporre i lavori che rappresentano le prime esperienze sul campo con la consapevolezza delle complessità che un compito come questo comporta. E’ proprio sulla base del confronto, della sperimentazione e della ricerca dei primi anni che si segnano le basi per la crescita e l’accreditamento.
Riccardo Costantini: Nella pittura di Riccardo Costantini, prima di tutto, la foto ferma la realtà. La rielaborazione successiva non è però un avvicinarsi direttamente all’oggetto tramite il mezzo fotografico. La pittura prende una strada a sé. La foto è rappresentazione di un attimo. C’è poi un tempo molto importante che passa tra la registrazione fotografica e la pittura
Marina Ferretti: Aspetta un attimo! Ecco cosa fa Marina Ferretti con l’occhio appoggiato al mirino della macchina fotografica. Ferma immobile tra gli spigoli della cucina o tra gli angoli vissuti di una sala da pranzo sta cercando qualcosa; sta cercando il senso delle cose scavando in profondità
Elisa Fabris: Cambia il mezzo tra le mani di Elisa Fabris, ma non il fine. Continua con questo nuovo lavoro, dopo l’intenso video “Pierrot” premiato alla 88ma Collettiva della Bevilacqua La Masa, la ricerca di “poesia” nelle immagini e la decisa volontà di generare dubbi, incertezze ed inquietudini in chi le guarda
Timea Oravecz: L’artista trasforma lo spazio fisico di una piccola stanza nello spazio di un intero quartiere cittadino: al centro una gabbia, intorno i quartieri dormitorio, le case popolari dell’architettura modernista, la visione di anni di socialismo nell’Europa dell’Est.
Artisti di diversa provenienza, tecniche e scuola, si ritrovano un anno dopo a verificare la propria vocazione negli spazi più intimi di Palazzetto Tito. Un’occasione per far emergere in modo più chiaro il lavoro di ciascuno, la ricerca che ne è alla base, le linee di sviluppo a cui il lavoro tende. Non si ha la pretesa di riunire sotto un unico cappello tendenze molto diverse, ma anzi di sottolineare le differenze nella ricerca personale, base per la costruzione della propria originalità.
Quando si discute di identità, si va subito a parlare di qualcosa che ha a che fare con la dimensione del racconto, con la narrazione, con la nozione di narratività. La questione dell’identità si lega alla questione della narrazione. Il racconto di sé si lega al gioco della nostra identità individuale, personale, di soggetti. Alla domanda “chi sei?” si può rispondere con una storia, questa richiede l’identificazione di una persona, l’individuazione di essa colta in tutta la sua irripetibilità, ossia nella irripetibile esistenza che ciascuno di noi ha. Per l’artista il racconto della propria identità passa attraverso la rappresentazione. Le opere, prima di figurare qualsiasi cosa, raccontano una storia intima e personale, legata al proprio vivere, all’immaginario quotidiano, all’indagine interiore, ai sogni.
Nelle quattro stanze di Palazzetto Tito, con un gioco quasi magico, l’azione del fare l’opera, ci svela l’identità di ciascuno. Legare una stanza ad ogni artista significa mostrare ad una ad una facce diverse, come una casa di coinquilini, o come una famiglia allargata. Con un gioco quasi magico, un’istituzione centenaria, che ha da sempre il compito di far luce sull’identità dei giovani artisti, dà l’opportunità di esporre i lavori che rappresentano le prime esperienze sul campo con la consapevolezza delle complessità che un compito come questo comporta. E’ proprio sulla base del confronto, della sperimentazione e della ricerca dei primi anni che si segnano le basi per la crescita e l’accreditamento.
Riccardo Costantini: Nella pittura di Riccardo Costantini, prima di tutto, la foto ferma la realtà. La rielaborazione successiva non è però un avvicinarsi direttamente all’oggetto tramite il mezzo fotografico. La pittura prende una strada a sé. La foto è rappresentazione di un attimo. C’è poi un tempo molto importante che passa tra la registrazione fotografica e la pittura
Marina Ferretti: Aspetta un attimo! Ecco cosa fa Marina Ferretti con l’occhio appoggiato al mirino della macchina fotografica. Ferma immobile tra gli spigoli della cucina o tra gli angoli vissuti di una sala da pranzo sta cercando qualcosa; sta cercando il senso delle cose scavando in profondità
Elisa Fabris: Cambia il mezzo tra le mani di Elisa Fabris, ma non il fine. Continua con questo nuovo lavoro, dopo l’intenso video “Pierrot” premiato alla 88ma Collettiva della Bevilacqua La Masa, la ricerca di “poesia” nelle immagini e la decisa volontà di generare dubbi, incertezze ed inquietudini in chi le guarda
Timea Oravecz: L’artista trasforma lo spazio fisico di una piccola stanza nello spazio di un intero quartiere cittadino: al centro una gabbia, intorno i quartieri dormitorio, le case popolari dell’architettura modernista, la visione di anni di socialismo nell’Europa dell’Est.
15
dicembre 2005
I borsisti della 88ma Collettiva – Hiddentity
Dal 15 dicembre 2005 al 16 gennaio 2006
giovane arte
Location
FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA – PALAZZETTO TITO
Venezia, Dorsoduro, 2826, (Venezia)
Venezia, Dorsoduro, 2826, (Venezia)
Orario di apertura
12.00 – 18.00, chiuso il martedì e chiuso nei giorni: 25/12/2005 e 01/01/2006
Vernissage
15 Dicembre 2005, ore 18
Autore