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I tesori salvati di Montecassino – Antichi tessuti e paramenti sacri
E’ all’insegna del fasto questa mostra con la quale si rivela uno spaccato del patrimonio tessile rimasto finora pressoché sconosciuto ed emerge ancora una volta la straordinaria importanza avuta nei secoli dall’Abbazia di Montecassino.
Comunicato stampa
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E’ all’insegna del fasto questa mostra con la quale si rivela uno spaccato del patrimonio tessile rimasto finora pressoché sconosciuto ed emerge ancora una volta la straordinaria importanza avuta nei secoli dall’Abbazia di Montecassino, prestigioso centro di cultura e potere spirituale e temporale. Un’importante occasione per scoprire opere di inestimabile valore e di estrema bellezza estetica, dal Rinascimento all’Ottocento, finora ignote al largo pubblico.
Per la prima volta vengono presentate al pubblico opere non conosciute permettendo così anche a studiosi ed esperti di vedere da vicino capolavori dell’arte tessile, in molti casi a restauro appena ultimato e che appaiono in mostra nella splendida, ritrovata accesa cromia, anche dei decori. Uccelli, fiori, grappoli d’uva, giardini e cornucopie, alberi della vita. Figure e disegni tessuti pensati per essere indossati su un corpo in movimento che arricchiva il panneggio e le forme di luci ed ombre sempre diverse.
“Gemme e tessuto d’oro è il suo vestito” cita un versetto del Salmo 44 simboleggiando nelle vesti della figlia del re la sontuosità e il fasto della Chiesa. Vere e proprie opere d’arte fatte di fili e donate da personaggi importanti all’Abbazia ed utilizzate in occasioni di funzioni di straordinaria magnificenza che rivivono in mostra testimoniando gli splendori dell’arte tessile e la sontuosità di riti e funzioni. I meravigliosi drappi di seta e d’oro splendono oggi ben al di là delle teche di un museo, pronti a tornare all’uso in tutta la loro magnificenza nelle più importanti cerimonie religiose, fuori dei cassetti della monumentale sacrestia dell’Abbazia.
E’ un viaggio lungo seicento anni quello che si può fare visitando la mostra fortemente voluta dall’Abate di Montecassino Bernardo D’Onorio che da anni si adopera per la divulgazione del patrimonio storico artistico dell’Abbazia. Curata da Roberta Orsi Landini e coordinata da D. Pietro Vittorelli, la mostra è organizzata dall’Abbazia di Montecassino in collaborazione con il Comitato Nazionale per la Battaglia di Montecassino promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’esposizione, infatti, si apre al pubblico in concomitanza con il sessantesimo anniversario del terribile bombardamento che distrusse l’abbazia e nell’ambito del quale gran parte del patrimonio tessile e dei documenti relativi andarono perduti.
In mostra circa 80 pezzi: alcuni salvati dai bombardamenti, alcuni, ritenuti dispersi, recuperati negli anni, altri acquistati sul mercato antiquario per ricostituire il patrimonio come era in tutta la sua ricchezza. Anni di ricerche e “recuperi spettacolari sul mercato internazionale, alcuni degni di una trama da film poliziesco” come scrive Roberta Orsi Landini nel suo saggio introduttivo.
Ottanta pezzi di cui il nucleo più significativo è costituito da esemplari dei secoli XV e XVI. Tutti i periodi storici sono rappresentati con pezzi importanti o insoliti: il gruppo più numeroso riguarda i parati settecenteschi, quando il gusto “laico” del secolo permea anche la decorazione degli arredi sacri, utilizzando gli stessi aerei motivi di nastri e bouquets di fiori.
Doni regali che nei secoli hanno arricchito il monastero benedettino dei tessuti più preziosi prodotti nei maggiori centri manifatturieri del bacino del Mediterraneo e dell’Italia in particolare, aprendoci uno spaccato sui rapporti dell’Abbazia con il potere papale e con il mondo laico.
Prevalgono nel patrimonio recuperato i parati con ricami su quelli semplicemente tessuti; fra questi grande interesse hanno i paramenti ricamati (piviali, tonacelle, pianete) del 1500; in alcuni casi i ricami sono stati riportati su velluti più antichi databili alla prima metà del Quattrocento. Quasi tutti i ricami più antichi sono di origine spagnola, ma testimoniano della circolazione di cartoni, temi e immagini da ricamare, originatisi in Italia e quindi diffusasi nel nord Europa e in Spagna. Tre piviali (lunghi mantelli aperti davanti e trattenuti sul petto da un fermaglio) con ricami in oro e seta della prima metà del secolo XVI si collocano sicuramente tra i pezzi più importanti dell’intero patrimonio.
Tutta la storia e l’evoluzione del ricamo, di stile, di disegno e di tecniche, viene rappresentata con esemplari che arrivano fino alla fine del secolo XIX, come la pianeta dei monaci benedettini di Beuron, che hanno lavorato anche alla cripta dell’abbazia, in gusto preraffaellita.
In mostra alcuni esemplari rari: come i paramenti ricamati di disegno ‘bizarre’ (manifattura siciliana, primo ventennio del secolo XVIII), così detto per la stranezza dei motivi, non riconducibili ad alcunché di conosciuto, ma piuttosto ad un gusto orientaleggiante reinventato nei paesi europei.
Pezzi eccezionali dell’inizio del secolo XVIII sono due paliotti (frontali d’altare) in sete policrome, e in fili d’oro e d’argento, con applicazioni di coralli per le cornici e di perle in alcune zone del disegno. Le storie rappresentate sono tratte dall’antico testamento e dalle storie di San Benedetto, riconducibili come disegno a Francesco Solimena e ricamati in ambito meridionale (Napoli o Palermo).
Importanti anche i parati tessuti in oro e argento, non solo per la preziosità e l’alto costo, ma per la testimonianza che offrono dell’evoluzione dell’arte tessile, con pezzi importanti della prima metà del Settecento.
Grazie ad un allestimento scenografico curato dall’architetto Giuseppe Picano, di grande suggestione anche per un uso sapiente delle luci e di un sottofondo musicale, il percorso espositivo si snoda attraverso molteplici punti di attenzione.
Gli oggetti vengono esposti “a piatto”, nella maggior parte, ma anche in forma di una grandiosa processione ricca di colori come per esempio il bianco, l’oro, il rosa e il corallo, colori della festa, al centro, ma anche il rosso o il verde e l’azzurro. Lungo il percorso si cerca di mettere in evidenza alcuni aspetti, quali la funzione delle vesti liturgiche, i materiali usati per confezionarli (seta, oro, gemme), i colori liturgici e il loro significato, il lavoro di altissimo artigianato artistico delle maestranze.
Emergono curiosità e aspetti legati al contesto socio culturale dell’epoca quali per esempio il fatto che i tessitori dei tessuti operati e i ricamatori erano uomini, non donne. Essendo questi mestieri di professionalità altamente specializzata, e di solito ben pagati, i maestri dell’arte, intere équipes di artigiani specializzati, non potevano essere donne. A sfatare il luogo comune che tutto ciò che ha a che fare con i fili sia stato in passato di appartenenza all’ambito femminile. Anche la tintura con materiali pregiati, come il kermes per il rosso, l’indigo per il blu, la galla per il nero, era eseguita in botteghe specializzate, da maestri tintori uomini.
Seta, oro, argento e pietre preziose venivano utilizzati non solo per le vesti liturgiche, ma anche per gli abiti civili delle classi al potere. La storia dei parati liturgici corre parallela infatti con quella delle vesti civili, come si evidenzia bene in mostra. Frequenti quelli del XVIII secolo e che non presentano temi religiosi, ma i motivi tipici della produzione tessile del momento: merletti, fiocchi, bouquets, piume etc.
Il catalogo curato da Roberta Orsi Landini con la collaborazione di Marina Carmignani e Maria Pia Pettinau Vescina, edito da Carsa Editore, è occasione per un approfondimento critico e scientifico di interessanti questioni della produzione tessile e della storia del costume.
Per la prima volta vengono presentate al pubblico opere non conosciute permettendo così anche a studiosi ed esperti di vedere da vicino capolavori dell’arte tessile, in molti casi a restauro appena ultimato e che appaiono in mostra nella splendida, ritrovata accesa cromia, anche dei decori. Uccelli, fiori, grappoli d’uva, giardini e cornucopie, alberi della vita. Figure e disegni tessuti pensati per essere indossati su un corpo in movimento che arricchiva il panneggio e le forme di luci ed ombre sempre diverse.
“Gemme e tessuto d’oro è il suo vestito” cita un versetto del Salmo 44 simboleggiando nelle vesti della figlia del re la sontuosità e il fasto della Chiesa. Vere e proprie opere d’arte fatte di fili e donate da personaggi importanti all’Abbazia ed utilizzate in occasioni di funzioni di straordinaria magnificenza che rivivono in mostra testimoniando gli splendori dell’arte tessile e la sontuosità di riti e funzioni. I meravigliosi drappi di seta e d’oro splendono oggi ben al di là delle teche di un museo, pronti a tornare all’uso in tutta la loro magnificenza nelle più importanti cerimonie religiose, fuori dei cassetti della monumentale sacrestia dell’Abbazia.
E’ un viaggio lungo seicento anni quello che si può fare visitando la mostra fortemente voluta dall’Abate di Montecassino Bernardo D’Onorio che da anni si adopera per la divulgazione del patrimonio storico artistico dell’Abbazia. Curata da Roberta Orsi Landini e coordinata da D. Pietro Vittorelli, la mostra è organizzata dall’Abbazia di Montecassino in collaborazione con il Comitato Nazionale per la Battaglia di Montecassino promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’esposizione, infatti, si apre al pubblico in concomitanza con il sessantesimo anniversario del terribile bombardamento che distrusse l’abbazia e nell’ambito del quale gran parte del patrimonio tessile e dei documenti relativi andarono perduti.
In mostra circa 80 pezzi: alcuni salvati dai bombardamenti, alcuni, ritenuti dispersi, recuperati negli anni, altri acquistati sul mercato antiquario per ricostituire il patrimonio come era in tutta la sua ricchezza. Anni di ricerche e “recuperi spettacolari sul mercato internazionale, alcuni degni di una trama da film poliziesco” come scrive Roberta Orsi Landini nel suo saggio introduttivo.
Ottanta pezzi di cui il nucleo più significativo è costituito da esemplari dei secoli XV e XVI. Tutti i periodi storici sono rappresentati con pezzi importanti o insoliti: il gruppo più numeroso riguarda i parati settecenteschi, quando il gusto “laico” del secolo permea anche la decorazione degli arredi sacri, utilizzando gli stessi aerei motivi di nastri e bouquets di fiori.
Doni regali che nei secoli hanno arricchito il monastero benedettino dei tessuti più preziosi prodotti nei maggiori centri manifatturieri del bacino del Mediterraneo e dell’Italia in particolare, aprendoci uno spaccato sui rapporti dell’Abbazia con il potere papale e con il mondo laico.
Prevalgono nel patrimonio recuperato i parati con ricami su quelli semplicemente tessuti; fra questi grande interesse hanno i paramenti ricamati (piviali, tonacelle, pianete) del 1500; in alcuni casi i ricami sono stati riportati su velluti più antichi databili alla prima metà del Quattrocento. Quasi tutti i ricami più antichi sono di origine spagnola, ma testimoniano della circolazione di cartoni, temi e immagini da ricamare, originatisi in Italia e quindi diffusasi nel nord Europa e in Spagna. Tre piviali (lunghi mantelli aperti davanti e trattenuti sul petto da un fermaglio) con ricami in oro e seta della prima metà del secolo XVI si collocano sicuramente tra i pezzi più importanti dell’intero patrimonio.
Tutta la storia e l’evoluzione del ricamo, di stile, di disegno e di tecniche, viene rappresentata con esemplari che arrivano fino alla fine del secolo XIX, come la pianeta dei monaci benedettini di Beuron, che hanno lavorato anche alla cripta dell’abbazia, in gusto preraffaellita.
In mostra alcuni esemplari rari: come i paramenti ricamati di disegno ‘bizarre’ (manifattura siciliana, primo ventennio del secolo XVIII), così detto per la stranezza dei motivi, non riconducibili ad alcunché di conosciuto, ma piuttosto ad un gusto orientaleggiante reinventato nei paesi europei.
Pezzi eccezionali dell’inizio del secolo XVIII sono due paliotti (frontali d’altare) in sete policrome, e in fili d’oro e d’argento, con applicazioni di coralli per le cornici e di perle in alcune zone del disegno. Le storie rappresentate sono tratte dall’antico testamento e dalle storie di San Benedetto, riconducibili come disegno a Francesco Solimena e ricamati in ambito meridionale (Napoli o Palermo).
Importanti anche i parati tessuti in oro e argento, non solo per la preziosità e l’alto costo, ma per la testimonianza che offrono dell’evoluzione dell’arte tessile, con pezzi importanti della prima metà del Settecento.
Grazie ad un allestimento scenografico curato dall’architetto Giuseppe Picano, di grande suggestione anche per un uso sapiente delle luci e di un sottofondo musicale, il percorso espositivo si snoda attraverso molteplici punti di attenzione.
Gli oggetti vengono esposti “a piatto”, nella maggior parte, ma anche in forma di una grandiosa processione ricca di colori come per esempio il bianco, l’oro, il rosa e il corallo, colori della festa, al centro, ma anche il rosso o il verde e l’azzurro. Lungo il percorso si cerca di mettere in evidenza alcuni aspetti, quali la funzione delle vesti liturgiche, i materiali usati per confezionarli (seta, oro, gemme), i colori liturgici e il loro significato, il lavoro di altissimo artigianato artistico delle maestranze.
Emergono curiosità e aspetti legati al contesto socio culturale dell’epoca quali per esempio il fatto che i tessitori dei tessuti operati e i ricamatori erano uomini, non donne. Essendo questi mestieri di professionalità altamente specializzata, e di solito ben pagati, i maestri dell’arte, intere équipes di artigiani specializzati, non potevano essere donne. A sfatare il luogo comune che tutto ciò che ha a che fare con i fili sia stato in passato di appartenenza all’ambito femminile. Anche la tintura con materiali pregiati, come il kermes per il rosso, l’indigo per il blu, la galla per il nero, era eseguita in botteghe specializzate, da maestri tintori uomini.
Seta, oro, argento e pietre preziose venivano utilizzati non solo per le vesti liturgiche, ma anche per gli abiti civili delle classi al potere. La storia dei parati liturgici corre parallela infatti con quella delle vesti civili, come si evidenzia bene in mostra. Frequenti quelli del XVIII secolo e che non presentano temi religiosi, ma i motivi tipici della produzione tessile del momento: merletti, fiocchi, bouquets, piume etc.
Il catalogo curato da Roberta Orsi Landini con la collaborazione di Marina Carmignani e Maria Pia Pettinau Vescina, edito da Carsa Editore, è occasione per un approfondimento critico e scientifico di interessanti questioni della produzione tessile e della storia del costume.
15
maggio 2004
I tesori salvati di Montecassino – Antichi tessuti e paramenti sacri
Dal 15 maggio al 31 dicembre 2004
arte antica
Location
ABBAZIA DI MONTECASSINO
Cassino, Corso Della Repubblica, (Frosinone)
Cassino, Corso Della Repubblica, (Frosinone)
Biglietti
5 euro; 6 euro ingresso mostra e museo
Orario di apertura
9,00-12,30 / 15,30-18,30, tutti i giorni, festivi compresi