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I Vostri Segni
Mostra evento di arte contemporanea
Comunicato stampa
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Solitamente si fanno collettive di artisti che possono stare insieme per una comunità vuoi di tema, vuoi di stile, vuoi di periodo storico. Non è questo il caso. Qui gli artisti raggruppati stanno insieme volutamente per la loro, parziale o totale che sia, diversità e reciproca irriducibilità. A che fine questa proposta inconsueta? A chi giova questa apparente casualità di raccolta e perché? A chi appartengono i segni? “sono di tutti” osserva Bandini nella sua presentazione della mostra e continua “eppure l’aggettivo possessivo che viene proposto con questa mostra è 'vostri'...il segno, nella sua evidenza, certamente ci appartiene, ma nel caso del segno generato dall’arte” Bandini conclude “esso viene 'offerto' affinché sia di chi lo coglie”. Ecco l'intento della mostra: spostare l'evento dalla creatività degli artisti alla creatività del pubblico, fare delle opere delle cartine di tornasole per un'operazione di autocoscienza di chi le percepisce: conosci l'opera se conosci te stesso! Ovverosia attraverso l'opera prendi contatto con te! Ecco, allora il “perché” della voluta diversità delle proposte: solo opere diverse potranno attivare culture (coscienze) diverse, con tanti saluti ai nostalgici dell'uomo a una dimensione.
I VOSTRI SEGNI di Bruno Bandini
Nanni Menetti, Samina Seyed, Paola Babini, Rosetta Berardi, Franco Savignano, Giacamo Cavina, Leonardo Santoli, Rossella Piergallini.
A chi appartengono i segni? A tutti coloro che li osservano? Dunque sono “nostri”, sono di tutti. Eppure l aggettivo possessivo che viene proposto con questa mostra è “vostri”. In ogni caso si manifesta una sorta di ossimoro, anche nel caso sia utilizzato il possessivo “vostri”: il segno, nella sua evidenza, certamente ci appartiene, ma nel caso del segno generato dall’arte esso viene “offerto” affinché sia di chi lo coglie. Il ventaglio delle combinazioni formali possibili tra espressione e contenuto, tra segno presentato e segno rappresentato, che la pratica artistica rende possibile conferisce a quel possessivo un carattere quasi sovversivo, il carattere di una democratica provocazione. La mostra dunque non si definisce su un tema prestabilito, ma sul fruitore e sulla capacità di rapportarsi alle opere, ad opere tra loro molto differenti, a proposte tra di loro lontane, che tuttavia possono moltiplicare la potenzialità di “chi guarda” di essere attivo. E questa operazione appare oggi quanto mai opportuna: noi osserviamo delle opere – cosi come leggiamo poesie o romanzi – perché siamo convinti che ci sia ancora qualche cosa da scoprire. La verità dei testi, visivo o verbali, non è scritta nell’interpretazione che ne fornisce l’autore. L’identità dell’arte forse sta proprio nella sua polisemia. Se nella vita pratica, nella quotidianità, i segni appaiono regolati da una propria legalità, lo stesso non accade nel momento in cui questi segni si ordinano, si organizzano, per forme e per espressione. Se nella vita pratica l’autore resta il solo, autorevole ed autentico proprietario dell’opera, nel campo delle arti visive ogni fruitore risulta “portatore” di un brandello di autenticità critica. Naturalmente, a condizione che sull’interpretazione si eserciti una funzione di controllo. Un controllo che è tutto linguistico e che agisce sulla base delle competenze culturali che mettiamo in atto, che il fruitore lascia agire, nel momento in cui attiva il processo di interpretazione di quel complesso di segni che chiamiamo “opera”. E quanto differenti e quanto differentemente siano ordinati i segni dell’opera lo dimostrano le leggerezze impalpabili delle sculture di Giacomo Cavina, i loro equilibri insondabili; la stupefazione che si esercita lungo la linea di confine di un’identità culturale sempre incerta e tormentata delle immagini fotografiche di Samina Seyed; la danza del segno e la ricerca della complessità del loro valore simbolico che investe l’interrogazione di Rosetta Berardi; la ruvidezza espressiva che accompagna l’immersione nell’arcaico della pittura di Franco Savignano; la leggerezza delle immagini pittoriche di Leonardo Santoli, calate in un universo di alfabeti e di segni archetipici; la contaminazione di intimo e di pubblico, di vissuto e di oggettuale, di quotidiano e di ricordo, che anima le immagini di Paola Babini; le verifiche sulle relazioni che si stringono tra corpo e ambiente, e sulla differenza che qualifica l’universo della femminilità dei lavori di Rossella Piergallini; la riflessione sulle relazioni tra rappresentazione e rappresentato, fra segno e denotazione, che si realizza nelle “criografie” di Nanni Menetti. “I vostri segni” altro non è che un tentativo per rendere “plurale” il discorso critico sull’opera, affidandone il compito – l’onere e la responsabilità – allo sguardo indiscreto del visitatore.
I VOSTRI SEGNI di Bruno Bandini
Nanni Menetti, Samina Seyed, Paola Babini, Rosetta Berardi, Franco Savignano, Giacamo Cavina, Leonardo Santoli, Rossella Piergallini.
A chi appartengono i segni? A tutti coloro che li osservano? Dunque sono “nostri”, sono di tutti. Eppure l aggettivo possessivo che viene proposto con questa mostra è “vostri”. In ogni caso si manifesta una sorta di ossimoro, anche nel caso sia utilizzato il possessivo “vostri”: il segno, nella sua evidenza, certamente ci appartiene, ma nel caso del segno generato dall’arte esso viene “offerto” affinché sia di chi lo coglie. Il ventaglio delle combinazioni formali possibili tra espressione e contenuto, tra segno presentato e segno rappresentato, che la pratica artistica rende possibile conferisce a quel possessivo un carattere quasi sovversivo, il carattere di una democratica provocazione. La mostra dunque non si definisce su un tema prestabilito, ma sul fruitore e sulla capacità di rapportarsi alle opere, ad opere tra loro molto differenti, a proposte tra di loro lontane, che tuttavia possono moltiplicare la potenzialità di “chi guarda” di essere attivo. E questa operazione appare oggi quanto mai opportuna: noi osserviamo delle opere – cosi come leggiamo poesie o romanzi – perché siamo convinti che ci sia ancora qualche cosa da scoprire. La verità dei testi, visivo o verbali, non è scritta nell’interpretazione che ne fornisce l’autore. L’identità dell’arte forse sta proprio nella sua polisemia. Se nella vita pratica, nella quotidianità, i segni appaiono regolati da una propria legalità, lo stesso non accade nel momento in cui questi segni si ordinano, si organizzano, per forme e per espressione. Se nella vita pratica l’autore resta il solo, autorevole ed autentico proprietario dell’opera, nel campo delle arti visive ogni fruitore risulta “portatore” di un brandello di autenticità critica. Naturalmente, a condizione che sull’interpretazione si eserciti una funzione di controllo. Un controllo che è tutto linguistico e che agisce sulla base delle competenze culturali che mettiamo in atto, che il fruitore lascia agire, nel momento in cui attiva il processo di interpretazione di quel complesso di segni che chiamiamo “opera”. E quanto differenti e quanto differentemente siano ordinati i segni dell’opera lo dimostrano le leggerezze impalpabili delle sculture di Giacomo Cavina, i loro equilibri insondabili; la stupefazione che si esercita lungo la linea di confine di un’identità culturale sempre incerta e tormentata delle immagini fotografiche di Samina Seyed; la danza del segno e la ricerca della complessità del loro valore simbolico che investe l’interrogazione di Rosetta Berardi; la ruvidezza espressiva che accompagna l’immersione nell’arcaico della pittura di Franco Savignano; la leggerezza delle immagini pittoriche di Leonardo Santoli, calate in un universo di alfabeti e di segni archetipici; la contaminazione di intimo e di pubblico, di vissuto e di oggettuale, di quotidiano e di ricordo, che anima le immagini di Paola Babini; le verifiche sulle relazioni che si stringono tra corpo e ambiente, e sulla differenza che qualifica l’universo della femminilità dei lavori di Rossella Piergallini; la riflessione sulle relazioni tra rappresentazione e rappresentato, fra segno e denotazione, che si realizza nelle “criografie” di Nanni Menetti. “I vostri segni” altro non è che un tentativo per rendere “plurale” il discorso critico sull’opera, affidandone il compito – l’onere e la responsabilità – allo sguardo indiscreto del visitatore.
23
aprile 2010
I Vostri Segni
Dal 23 aprile al 23 maggio 2010
arte contemporanea
Location
SPAZIO CULTURA PBN
Bologna, Galleria Cavour, 6a, (Bologna)
Bologna, Galleria Cavour, 6a, (Bologna)
Vernissage
23 Aprile 2010, ore 18
Autore
Curatore