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ICONE DELL’INVISIBILE. 21 volti dell’astrazione nell’arte italiana contemporanea
Una mostra insieme storica e di ricerca, che attira l’attenzione dell’osservatore su alcuni artisti – tutti viventi e operativi – del contesto italiano contemporaneo, con opere dagli anni ’50 ad oggi: percorsi tutti riconducibili alla via articolata e multiforme all’astrazione.
Comunicato stampa
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Che cos’è esattamente il contemporaneo? Contemporaneo può essere aggettivo o sostantivo, un periodo storico o una nozione filosofica. Tuttavia, il problema che si pone, nel momento in cui si cerca di capire cosa sia il contemporaneo in arte, è: contemporaneo rispetto a cosa? Esiste un solo tempo, quello cronologico, tempo che scorre in modo uniforme dal passato verso il futuro, nastro lineare e monodirezionale, come il linguaggio verbale? O invece esistono più tempi, fratture temporali e cesure profonde, come Walter Benjamin, ma anche gli astrofisici, ci dicono da tanti decenni? Gli artisti presenti in questa mostra ci dicono a loro volta che il “contemporaneo”, soprattutto, non coincide con l“attuale”, con “ciò che è in atto”, ma esprime una potenzialità, qualcosa che può essere, qualcosa che è rivolto verso il futuro (“L’arte non esiste ancora: è solo agli inizi”, come affermava Constantin Brâncuşi), e nello stesso tempo può recuperare istanze del passato, come dimostra l’attrazione che l’arte e la letteratura del Novecento hanno provato per l’arcaico, per il primitivo. Per l’arte contemporanea, dunque, risolvere il problema del tempo significa cercare e trovare un tempo che non è il proprio, mentre l’attuale si realizza tutto nel tempo presente, perché è già in atto. Il contemporaneo è dunque l’inattuale, per dirla con Nietzsche (Considerazioni inattuali 1873-1876), vive in una sconnessione e in una sfasatura. Dunque, chi coincide troppo col proprio tempo – con l’attualità – non è veramente contemporaneo. Come afferma Giorgio Agamben, il tempo del contemporaneo è necessariamente discontinuo: l’artista contemporaneo atomizza e manipola il proprio tempo, lo mette in relazione con altri tempi, scava nel passato per giungere nel futuro.
Su una linea di ricerca di questo genere si collocano gli artisti qui presenti, compulsando in modo affascinante e significativo i vari registri dell’astrazione.
Con l’astrazione, in arte, si è attuata nel Novecento una rottura radicale nei confronti del codice naturalistico plurisecolare della tradizione figurativa occidentale: ciò che conta, qui, non è tanto la caduta dei riferimenti al mondo esterno, quanto il fatto che le regole del linguaggio visivo si fondino su elementi interni alla forma. Ma le vie per arrivare a questo sono molteplici, anche se possono forse ricondursi a due direzioni fondamentali: una espressivo-simbolica, che presta la massima attenzione agli aspetti emotivo-psicologici del colore e al ritmo prodotto dai rapporti di forze in atto nel campo visivo, e che nasce con Kandinskij e Klee, ed una matematico-razionale, tendente alla massima rarefazione della forma individuata nella pura astrazione geometrica, che trova la sua prima espressione nell’arte moderna con Mondrian e Malevič. Alcune delle espressioni artistiche che ritroviamo in questa mostra sono allora riconducibili a un’astrazione di gesto, segno o materia, altre a un’astrazione di tipo geometrico. Altre ancora tendono a una felice combinazione-passaggio tra le due tendenze. In ogni caso, il rifiuto di ridurre l’immagine a rappresentazione figurativa, vale a dire referenziale e visibile, può configurarsi, implicitamente, come un richiamo alle idee che gli antichi Padri della Chiesa avevano formulato riguardo al problema dell’icona, all’epoca della disputa tra iconoduli e iconoclasti. Si trattava, certo, di una teologia dell’immagine che non aveva niente a che vedere con un qualche programma artistico, dal momento che era allora ignota la nozione moderna di “opera d’arte”, eppure manifestava l’esigenza di qualcosa che, pur essendo altro dal visibile, si rivelasse tuttavia nel visibile stesso.
In questa prospettiva intende porsi la mostra ICONE DELL’INVISIBILE , nel realizzare la quale la Galleria Marchetti si è in gran parte ispirata al lavoro sull’astrazione svolto quest’anno dalla Mostra del XLVI Premio Vasto d’Arte Contemporanea: Oltre l’immagine – Le molte anime dell’astrazione nell’arte italiana (la maggioranza degli artisti presenti figuravano nell’edizione 2013 dello storico Premio, che dal 1959 Roberto Bontempo organizza nella splendida cittadina dell’Adriatico abruzzese) .
L’esposizione assume così un profilo insieme storico e di ricerca, focalizzando l’attenzione dell’osservatore su alcuni artisti - tutti viventi e operativi - del contesto italiano contemporaneo, con opere dagli anni ’50 ad oggi: percorsi tutti riconducibili alla via articolata e multiforme all’astrazione, che mettono in evidenza il perdurare della vitalità di questo linguaggio artistico.
Su una linea di ricerca di questo genere si collocano gli artisti qui presenti, compulsando in modo affascinante e significativo i vari registri dell’astrazione.
Con l’astrazione, in arte, si è attuata nel Novecento una rottura radicale nei confronti del codice naturalistico plurisecolare della tradizione figurativa occidentale: ciò che conta, qui, non è tanto la caduta dei riferimenti al mondo esterno, quanto il fatto che le regole del linguaggio visivo si fondino su elementi interni alla forma. Ma le vie per arrivare a questo sono molteplici, anche se possono forse ricondursi a due direzioni fondamentali: una espressivo-simbolica, che presta la massima attenzione agli aspetti emotivo-psicologici del colore e al ritmo prodotto dai rapporti di forze in atto nel campo visivo, e che nasce con Kandinskij e Klee, ed una matematico-razionale, tendente alla massima rarefazione della forma individuata nella pura astrazione geometrica, che trova la sua prima espressione nell’arte moderna con Mondrian e Malevič. Alcune delle espressioni artistiche che ritroviamo in questa mostra sono allora riconducibili a un’astrazione di gesto, segno o materia, altre a un’astrazione di tipo geometrico. Altre ancora tendono a una felice combinazione-passaggio tra le due tendenze. In ogni caso, il rifiuto di ridurre l’immagine a rappresentazione figurativa, vale a dire referenziale e visibile, può configurarsi, implicitamente, come un richiamo alle idee che gli antichi Padri della Chiesa avevano formulato riguardo al problema dell’icona, all’epoca della disputa tra iconoduli e iconoclasti. Si trattava, certo, di una teologia dell’immagine che non aveva niente a che vedere con un qualche programma artistico, dal momento che era allora ignota la nozione moderna di “opera d’arte”, eppure manifestava l’esigenza di qualcosa che, pur essendo altro dal visibile, si rivelasse tuttavia nel visibile stesso.
In questa prospettiva intende porsi la mostra ICONE DELL’INVISIBILE , nel realizzare la quale la Galleria Marchetti si è in gran parte ispirata al lavoro sull’astrazione svolto quest’anno dalla Mostra del XLVI Premio Vasto d’Arte Contemporanea: Oltre l’immagine – Le molte anime dell’astrazione nell’arte italiana (la maggioranza degli artisti presenti figuravano nell’edizione 2013 dello storico Premio, che dal 1959 Roberto Bontempo organizza nella splendida cittadina dell’Adriatico abruzzese) .
L’esposizione assume così un profilo insieme storico e di ricerca, focalizzando l’attenzione dell’osservatore su alcuni artisti - tutti viventi e operativi - del contesto italiano contemporaneo, con opere dagli anni ’50 ad oggi: percorsi tutti riconducibili alla via articolata e multiforme all’astrazione, che mettono in evidenza il perdurare della vitalità di questo linguaggio artistico.
14
novembre 2013
ICONE DELL’INVISIBILE. 21 volti dell’astrazione nell’arte italiana contemporanea
Dal 14 novembre al 14 dicembre 2013
arte contemporanea
Location
GALLERIA MARCHETTI
Roma, Via Margutta, 8, (Roma)
Roma, Via Margutta, 8, (Roma)
Orario di apertura
LU 16.30-19.30 ; MAR-SA 10.30-13.00 / 16.30-19.30
Vernissage
14 Novembre 2013, ore 18.30
Autore
Curatore