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Il Bosco
L’Associazione Culturale Arte tra la Gente si propone di dare voce al “Bosco”, offrendo una ricchezza di interpretazioni attraverso dipinti, sculture, installazioni ed elaborazioni fotografiche, con l’obbiettivo di proporre una riflessione sul valore di questo patrimonio collettivo da salvaguardare.
Comunicato stampa
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Il Bosco
“Cosimo guardava il mondo dall’albero:
ogni cosa, vista di lassù, era diversa,
e questo era già un divertimento”
Italo Calvino, Il barone rampante, 1957
“Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro,
chi sa ascoltarli, conosce la verità”
Hermann Hesse
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai
per una selva oscura ché la dritta via era smarrita
Dante Alighieri, Inferno, canto I
Connessioni e ramificazioni, luoghi sacri o pericolosi, protezione e rifugio, leggenda e creatività. Trentatré opere per raccontare in maniera diversa la natura, quella matrigna e oscura oppure materna e accogliente. Nel mezzo, tantissime sfaccettature per narrare cos'è quella "massa" informe e fluida che accompagna la nostra esistenza e che, a più riprese, soccombe o trionfa nel mondo dell'uomo.
Protagonista di questi lavori è il bosco, un insieme disomogeneo di piante che si affastellano fra loro spontaneamente: muschi, felci, funghi, cespugli, arbusti e alberi. La fitta boscaglia parla all'uomo attraverso il fruscio delle fronde e diventa ostacolo per la luce che faticosamente filtra attraverso l'intreccio di rami e foglie.
Gli artisti in mostra interpretano con il loro intimo sentire questa vegetazione, connotandogli accezioni differenti, dal pericolo alla bellezza passando per l'urgente tema della salvaguardia di questo patrimonio collettivo.
Per raccontare di una natura abbandonata, in pericolo, alcuni artisti si sono serviti di tonalità scure per tingere di nero la notte. Tavolozze fatte di livide nuance che si incontrano con forme nodose o cave, raccontando di un eden bruciato e abbandonato. Cosa resta? Incuria? Abbandono? Ed ecco raffigurate zone pericolose, ove la luce cede il passo al buio e la selva diventa quasi spazio vuoto, caratterizzato dall'assenza di punti di rifermento. Il bosco acquisisce, così, una valenza negativa in quanto, considerato nel passato, spazio aborigeno, sconosciuto e luogo dell'ignoto. Natura come madre o matrigna?
Il bosco come metafora della mancanza di regole e di direttive comuni assume, nell'immaginario occidentale, la valenza di selva oscura ove si aggirano fiere mostruose come nella Divina Commedia di Dante Alighieri. Oppure diventa foresta tentatrice nell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto in cui si incontrano - nello stesso tempo - peccato e redenzione, o ancora, alberi che assurgono a casa per Cosimo ne Il barone rampante di Italo Calvino e permettono di vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Se da un lato c'è smarrimento e paura dello sconosciuto, dall'altro perdura un sentimento di protezione verso il bosco, che come un tempio sacro e mistico deve essere rispettato e amato. Opere che divengono preghiere e accorate richieste di onorare tali bellezze spontanee.
Una dimensione sacra della natura che trae origine dall'Antica Grecia e in cui i luoghi acquistano valore magico e sciamanico e gli alberi sono elevati sul piano religioso. La stessa chiesa medievale, che identificò la foresta con il paganesimo, si sforzò di darne un significato cristiano, anche se rimase una certa ostilità ai soggetti silvestri. Emblematica la raffigurazione dei boschi nelle opere di Giotto, questi - infatti - risultavano sottodimensionati rispetto alla grandiosità della città "convertita".
Ma la natura racchiude storie e cela, altresì, segreti, il bosco ha ispirato fiabe antiche e leggende, suggestionando i suoi visitatori e diventando la casa di spiriti, fate e divinità greche. Tra cespugli e fronde albergano figure archetipiche di storie o miti popolari. Una natura incantata protagonista, ad esempio, nella commedia Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, in cui si susseguono vicende bizzarre e magiche all'interno di un'atmosfera surreale e onirica.
Casa per gli elfi e rifugio per gli uomini, che trovano nella vegetazione una pausa e un senso di sollievo, come se si lasciassero avvolgere tra le sue braccia. Qui, lo spazio-tempo si sospende e permette di immergersi in un mondo altro per perdersi, ma anche per ritrovarsi. Gli artisti si rivolgono al sentimento e all'immaginazione, le foreste diventano sede di bellezza e armonia interiore o riparo dall'artificio e dalla confusione della città.
Per innescare nuovi legami e rivitalizzare le relazioni, come le radici e i rami che si sviluppano in modo rizomatico così da innescare connessioni in qualsiasi direzione, gli alberi distendono i rami e con la loro forma irregolare diventano unici e diversi dagli altri.
Una vitalità plurima, che non ha una radice unica, ma si snoda con grande vitalismo vibrante nello spazio circostante.
Ambiente rigoglioso e brulicante di vita, fertile ed emotivo come una donna dalla grande forza creativa, alla pari degli artisti che plasmano la loro immaginazione e ne fanno arte. Oppure, in contraltare, una natura selvaggia e incontaminata che perde il suo aspetto informe per essere "addomesticata" e circoscritta o misurata. La spontaneità della foresta si confronta con la realtà organizzata e ragionata della polis, infatti, per i Greci il bosco era quell'area indefinita ed esterna al mondo civilizzato. Anche in Così parlò Zarathustra di Nietzsche sussiste una contrapposizione fra foresta e città, immagini metaforiche di caos ancestrale e adorazione di falsi idoli. Solo il contatto con la natura porterà Zarathustra a scoprire il suo mondo interiore.
E allora la natura, con le sue selve e i suoi paesaggi, è presente e viva solo per coloro che la comprendono e l'accolgono dentro di sé, contrariamente, tutta la sua energia creativa e rigenerativa si offuscherebbe, o peggio si spegnerebbe.
Sonia Patrizia Catena
“Cosimo guardava il mondo dall’albero:
ogni cosa, vista di lassù, era diversa,
e questo era già un divertimento”
Italo Calvino, Il barone rampante, 1957
“Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro,
chi sa ascoltarli, conosce la verità”
Hermann Hesse
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai
per una selva oscura ché la dritta via era smarrita
Dante Alighieri, Inferno, canto I
Connessioni e ramificazioni, luoghi sacri o pericolosi, protezione e rifugio, leggenda e creatività. Trentatré opere per raccontare in maniera diversa la natura, quella matrigna e oscura oppure materna e accogliente. Nel mezzo, tantissime sfaccettature per narrare cos'è quella "massa" informe e fluida che accompagna la nostra esistenza e che, a più riprese, soccombe o trionfa nel mondo dell'uomo.
Protagonista di questi lavori è il bosco, un insieme disomogeneo di piante che si affastellano fra loro spontaneamente: muschi, felci, funghi, cespugli, arbusti e alberi. La fitta boscaglia parla all'uomo attraverso il fruscio delle fronde e diventa ostacolo per la luce che faticosamente filtra attraverso l'intreccio di rami e foglie.
Gli artisti in mostra interpretano con il loro intimo sentire questa vegetazione, connotandogli accezioni differenti, dal pericolo alla bellezza passando per l'urgente tema della salvaguardia di questo patrimonio collettivo.
Per raccontare di una natura abbandonata, in pericolo, alcuni artisti si sono serviti di tonalità scure per tingere di nero la notte. Tavolozze fatte di livide nuance che si incontrano con forme nodose o cave, raccontando di un eden bruciato e abbandonato. Cosa resta? Incuria? Abbandono? Ed ecco raffigurate zone pericolose, ove la luce cede il passo al buio e la selva diventa quasi spazio vuoto, caratterizzato dall'assenza di punti di rifermento. Il bosco acquisisce, così, una valenza negativa in quanto, considerato nel passato, spazio aborigeno, sconosciuto e luogo dell'ignoto. Natura come madre o matrigna?
Il bosco come metafora della mancanza di regole e di direttive comuni assume, nell'immaginario occidentale, la valenza di selva oscura ove si aggirano fiere mostruose come nella Divina Commedia di Dante Alighieri. Oppure diventa foresta tentatrice nell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto in cui si incontrano - nello stesso tempo - peccato e redenzione, o ancora, alberi che assurgono a casa per Cosimo ne Il barone rampante di Italo Calvino e permettono di vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Se da un lato c'è smarrimento e paura dello sconosciuto, dall'altro perdura un sentimento di protezione verso il bosco, che come un tempio sacro e mistico deve essere rispettato e amato. Opere che divengono preghiere e accorate richieste di onorare tali bellezze spontanee.
Una dimensione sacra della natura che trae origine dall'Antica Grecia e in cui i luoghi acquistano valore magico e sciamanico e gli alberi sono elevati sul piano religioso. La stessa chiesa medievale, che identificò la foresta con il paganesimo, si sforzò di darne un significato cristiano, anche se rimase una certa ostilità ai soggetti silvestri. Emblematica la raffigurazione dei boschi nelle opere di Giotto, questi - infatti - risultavano sottodimensionati rispetto alla grandiosità della città "convertita".
Ma la natura racchiude storie e cela, altresì, segreti, il bosco ha ispirato fiabe antiche e leggende, suggestionando i suoi visitatori e diventando la casa di spiriti, fate e divinità greche. Tra cespugli e fronde albergano figure archetipiche di storie o miti popolari. Una natura incantata protagonista, ad esempio, nella commedia Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, in cui si susseguono vicende bizzarre e magiche all'interno di un'atmosfera surreale e onirica.
Casa per gli elfi e rifugio per gli uomini, che trovano nella vegetazione una pausa e un senso di sollievo, come se si lasciassero avvolgere tra le sue braccia. Qui, lo spazio-tempo si sospende e permette di immergersi in un mondo altro per perdersi, ma anche per ritrovarsi. Gli artisti si rivolgono al sentimento e all'immaginazione, le foreste diventano sede di bellezza e armonia interiore o riparo dall'artificio e dalla confusione della città.
Per innescare nuovi legami e rivitalizzare le relazioni, come le radici e i rami che si sviluppano in modo rizomatico così da innescare connessioni in qualsiasi direzione, gli alberi distendono i rami e con la loro forma irregolare diventano unici e diversi dagli altri.
Una vitalità plurima, che non ha una radice unica, ma si snoda con grande vitalismo vibrante nello spazio circostante.
Ambiente rigoglioso e brulicante di vita, fertile ed emotivo come una donna dalla grande forza creativa, alla pari degli artisti che plasmano la loro immaginazione e ne fanno arte. Oppure, in contraltare, una natura selvaggia e incontaminata che perde il suo aspetto informe per essere "addomesticata" e circoscritta o misurata. La spontaneità della foresta si confronta con la realtà organizzata e ragionata della polis, infatti, per i Greci il bosco era quell'area indefinita ed esterna al mondo civilizzato. Anche in Così parlò Zarathustra di Nietzsche sussiste una contrapposizione fra foresta e città, immagini metaforiche di caos ancestrale e adorazione di falsi idoli. Solo il contatto con la natura porterà Zarathustra a scoprire il suo mondo interiore.
E allora la natura, con le sue selve e i suoi paesaggi, è presente e viva solo per coloro che la comprendono e l'accolgono dentro di sé, contrariamente, tutta la sua energia creativa e rigenerativa si offuscherebbe, o peggio si spegnerebbe.
Sonia Patrizia Catena
10
marzo 2018
Il Bosco
Dal 10 marzo al 02 aprile 2018
arte contemporanea
Location
CASTELLO BORROMEO
Truccazzano, Piazza Gallarati Scotti, (Milano)
Truccazzano, Piazza Gallarati Scotti, (Milano)
Orario di apertura
Sabato dalle 15,00 alle 19,00
Domenica dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15,00 alle 19,00
esclusa domenica di Pasqua
Vernissage
10 Marzo 2018, ore 17,00
Autore