Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Il canto degli alberi
da un brano di hermann hesse, tredici artisti interpretano l’albero e il bosco
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mercoledì 12 maggio si inaugura la mostra di Il Canto degli alberi presso Federico Rui Arte Contemporanea, via Appiani 1, Milano, con opere di C. Bonichi, G. Ferroni, P. Maggini, G. Marchi, A. Mariconti, C. Mattioli, M. Mazzoni, G. Modica, f. Perazzoli, T. Pericoli, A. Sassu, E. Savi, E. Vignato.
Il progetto espositivo prende vita da un brano di Hermann Hesse del 1919 e si muove con una duplice visione: da una parte il possibile paragone tra la vita dell’uomo e quella di un albero, sia in forma individuale che in forma collettiva (città/bosco), dall’altra il pensiero del percorso all’interno di un bosco come percorso dell’uomo alla ricerca di se stesso.
Ogni artista è affiancato a un testo letterario, da Pasternak a Rilke, da Pessoa a Yeats. Alcuni artisti, tra cui Mariconti, Marchi, Perazzoli, Vignato, Maggini, Savi hanno espressamente lavorato sul tema, realizzando espressamente le loro opere sulla base del testo prescelto. Negli altri casi, invece, si sono trovate i lavori più idonei che esprimessero il concetto di fondo dell’esposizione.
Testo di Hermann Hesse: “Gli alberi sono sempre stati per me i più persuasivi predicatori. Io li adoro quando stanno in popolazioni e famiglie, nei boschi e nei boschetti. E ancora di più li adoro quando stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come eremiti che se la sono svignata per qualche debolezza, ma come grandi uomini soli, come Beethoven e Nietzsche. Tra le loro fronde stormisce il vento, le loro radici riposano nell'infinito; ma essi non vi si smarriscono, bensì mirano, con tutte le loro forze vitali, a un'unica cosa: realizzare la legge che in loro stessi è insita, costruire la propria forma, rappresentare se stessi. Nulla è più sacro, nulla è più esemplare di un albero bello e robusto. Quando un albero è stato segato ed espone al sole la sua nuda ferita mortale, dalla chiara sezione del suo tronco e lapide funebre si può leggere tutta la sua storia: negli anelli corrispondenti agli anni e nelle escrescenze stanno fedelmente scritti tutta la lotta, tutta la sofferenza, tutti i malanni, tutta la felicità e la prosperità, anni stentati e anni rigogliosi, assalti sostenuti, tempeste superate. E ogni contadinello sa che il legno più duro e prezioso ha gli anelli più stretti, che sulla cima delle montagne, nel pericolo incessante, crescono i tronchi più indistruttibili, più robusti, più perfetti. Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità. Essi non predicano dottrine o ricette, predicano, incuranti del singolo, la legge primordiale della vita. Un albero dice: in me è nascosto un seme, una scintilla, un'idea, io sono vita della vita perenne. Unico è l'esperimento e il disegno che l'eterna madre con me ha tentato, unica è la mia forma e la venatura della mia epidermide, unica la più piccola screziatura di foglie delle mie fronde e la più piccola cicatrice della mia corteccia. Il mio compito è - nella spiccata unicità - dare forma ed evidenza all'eterno. Un albero dice: la mia forza è la fiducia. Io non so niente dei miei padri, non so niente degli innumerevoli figli che ogni anno nascono in me. Vivo fino al termine il segreto del mio seme, non mi preoccupo d'altro. Confido che Dio è in me. Confido che il mio compito è sacro. Di questa fiducia vivo. Quando siamo tristi, e non possiamo più sopportare la vita, un albero può dirci: sta calmo! Sta calmo! guardami! Vivere non è facile, vivere non è difficile. Questi sono pensieri puerili. Lascia parlare Dio in te e questi pensieri taceranno. Tu sei angosciato perché il tuo cammino ti porta via dalla madre e dalla casa. Ma ogni passo e ogni giorno ti portano nuovamente incontro alla madre. La tua casa non è in questo o quel posto. La tua casa è dentro di te o in nessun luogo. (...)
Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non brama più di essere un albero. Brama di essere quello che è. Questa è la propria casa. Questa è la felicità.”
Il progetto espositivo prende vita da un brano di Hermann Hesse del 1919 e si muove con una duplice visione: da una parte il possibile paragone tra la vita dell’uomo e quella di un albero, sia in forma individuale che in forma collettiva (città/bosco), dall’altra il pensiero del percorso all’interno di un bosco come percorso dell’uomo alla ricerca di se stesso.
Ogni artista è affiancato a un testo letterario, da Pasternak a Rilke, da Pessoa a Yeats. Alcuni artisti, tra cui Mariconti, Marchi, Perazzoli, Vignato, Maggini, Savi hanno espressamente lavorato sul tema, realizzando espressamente le loro opere sulla base del testo prescelto. Negli altri casi, invece, si sono trovate i lavori più idonei che esprimessero il concetto di fondo dell’esposizione.
Testo di Hermann Hesse: “Gli alberi sono sempre stati per me i più persuasivi predicatori. Io li adoro quando stanno in popolazioni e famiglie, nei boschi e nei boschetti. E ancora di più li adoro quando stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come eremiti che se la sono svignata per qualche debolezza, ma come grandi uomini soli, come Beethoven e Nietzsche. Tra le loro fronde stormisce il vento, le loro radici riposano nell'infinito; ma essi non vi si smarriscono, bensì mirano, con tutte le loro forze vitali, a un'unica cosa: realizzare la legge che in loro stessi è insita, costruire la propria forma, rappresentare se stessi. Nulla è più sacro, nulla è più esemplare di un albero bello e robusto. Quando un albero è stato segato ed espone al sole la sua nuda ferita mortale, dalla chiara sezione del suo tronco e lapide funebre si può leggere tutta la sua storia: negli anelli corrispondenti agli anni e nelle escrescenze stanno fedelmente scritti tutta la lotta, tutta la sofferenza, tutti i malanni, tutta la felicità e la prosperità, anni stentati e anni rigogliosi, assalti sostenuti, tempeste superate. E ogni contadinello sa che il legno più duro e prezioso ha gli anelli più stretti, che sulla cima delle montagne, nel pericolo incessante, crescono i tronchi più indistruttibili, più robusti, più perfetti. Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità. Essi non predicano dottrine o ricette, predicano, incuranti del singolo, la legge primordiale della vita. Un albero dice: in me è nascosto un seme, una scintilla, un'idea, io sono vita della vita perenne. Unico è l'esperimento e il disegno che l'eterna madre con me ha tentato, unica è la mia forma e la venatura della mia epidermide, unica la più piccola screziatura di foglie delle mie fronde e la più piccola cicatrice della mia corteccia. Il mio compito è - nella spiccata unicità - dare forma ed evidenza all'eterno. Un albero dice: la mia forza è la fiducia. Io non so niente dei miei padri, non so niente degli innumerevoli figli che ogni anno nascono in me. Vivo fino al termine il segreto del mio seme, non mi preoccupo d'altro. Confido che Dio è in me. Confido che il mio compito è sacro. Di questa fiducia vivo. Quando siamo tristi, e non possiamo più sopportare la vita, un albero può dirci: sta calmo! Sta calmo! guardami! Vivere non è facile, vivere non è difficile. Questi sono pensieri puerili. Lascia parlare Dio in te e questi pensieri taceranno. Tu sei angosciato perché il tuo cammino ti porta via dalla madre e dalla casa. Ma ogni passo e ogni giorno ti portano nuovamente incontro alla madre. La tua casa non è in questo o quel posto. La tua casa è dentro di te o in nessun luogo. (...)
Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non brama più di essere un albero. Brama di essere quello che è. Questa è la propria casa. Questa è la felicità.”
12
maggio 2010
Il canto degli alberi
Dal 12 maggio all'undici giugno 2010
arte contemporanea
Location
FEDERICO RUI ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Via Filippo Turati, 38, (Milano)
Milano, Via Filippo Turati, 38, (Milano)
Orario di apertura
dal martedi al venerdi ore 15-19 e su appuntamento
Vernissage
12 Maggio 2010, ore 18.30
Autore
Curatore