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Il lavoro inciso
Capolavori dell’arte grafica da Millet a Vedova
Comunicato stampa
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Cento opere - fra incisioni, litografie e disegni - realizzate da grandi maestri europei in circa un secolo di storia, dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Settanta del Novecento, sono protagoniste della mostra “Il lavoro inciso. Capolavori dell’arte grafica da Millet a Vedova”, esposta dal 28 aprile al 27 agosto, presso il Museo Provinciale Sigismondo Castromediano di Lecce, e dal 14 settembre al 21 ottobre, alla Fondazione Stelline, Sala del Collezionista, di Milano.
Promossa e prodotta dall’Associazione Centenario della Cgil, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con la collaborazione della Provincia di Lecce, della Provincia di Milano, del Museo Provinciale Sigismondo Castromediano di Lecce e dalla Fondazione Stelline di Milano, la mostra è stata ideata e organizzata da Promoart e realizzata da Arthemisia.
Legata all’esposizione “I costruttori. Il lavoro in cento anni di arte italiana”, in corso a Castel Sismondo di Rimini, fino al 1 maggio 2006 (ugualmente promossa dall’Associazione Centenario della Cgil), la rassegna odierna affronta il tema del “corpo del lavoro” connesso all’evoluzione del linguaggio grafico fra tradizione e modernità. Proponendo un dialogo fra l’esperienza italiana e le coeve vicende europee, la mostra rappresenta dunque il seguito delle indagini proposte, a livello pittorico e scultoreo, dall’appuntamento riminese.
Curata da Patrizia Foglia, Chiara Gatti e Luigi Martini, l’esposizione si concentra sul rapporto fra i lavoratori e gli artisti che si fecero interpreti di determinate situazioni sociali, utilizzando il mezzo grafico, ora come strumento di denuncia, ora come il medium più affine al loro intento documentaristico. Mentre il lavoro incide il mondo, l’artista lo decifra, lo svela, gli dà un nome; e lo ritroviamo dunque ad “incidere” il lavoro con la china o con la matita sulla carta, con la punta e l’acido sulla lastra, producendo una ricerca estetica che rinnova i linguaggi dell’arte.
Protagonisti di una prima sequenza di immagini suggestive sono “I vangatori” e “Le spigolatrici” di Millet, i butteri e i contadini dal volto bruciato dal sole di Fattori, i pastori silenziosi di Fontanesi, i pescatori di Greppi, o ancora i popolani di Edouard Manet.
Il gesto della fatica quotidiana viene reso qui in modo efficacie dalla potenza dell’incisione e dei suoi segni che si direbbero scavati con le unghie.
Sul rapporto fra città e campagna si dipana la seconda sezione della mostra, con le trasmigrazioni delle popolazioni nei nuovi centri urbani e il connesso sviluppo viario ed edilizio, l’espansione delle attività industriali: le ciminiere svettano come funghi lungo la linea dell’orizzonte, i fumi inquinanti inghiottono il panorama della campagna, le case del proletariato si sovrappongono le une sulle altre. I luoghi di incontro del dopolavoro, i nuovi mezzi di trasporto, i giornali illustrati, i lettori, le organizzazioni sociali sono motivi che ritornano frequentemente nella figurazione grafica a cavallo fra Otto e Novecento. Significativi a riguardo sono fogli come la “Via degli speziali in estate” di Signorini, “Il trionfo del lavoro. Allegoria per il 1° Maggio 1891” di Crane, “I tessitori” di Liebermann, gli “Scaricatori di carbone” di Boccioni e, soprattutto, il capolavoro di Pellizza da Volpedo “Cartone per la figura centrale di Fiumana”, che rappresenta un passaggio ideale al mondo moderno e alla presa di coscienza, da parte dei lavoratori, della propria forza sociale.
È in questo clima che s’inserisce poi l’esperienza di molti artisti sensibili alle problematiche contingenti. L’ambizione di molti di loro è quella di farsi pittori popolari, “pittori-delegati dei proletari”, per usare la definizione che Pierre Mac Orlan coniò per Vlaminck e che si adatta bene anche a Rouault, a Käthe Kollwitz, a Dix, Grosz, Beckman, all’espressionismo belga di Permeke e naturalmente alla vicenda italiana di Viani - con il suo amore per i diseredati - e di Sironi, con le sue cupe periferie.
Per quanto molto diversi per indole e ricerca, tutti questi autori condividono da un lato un interesse per il mezzo grafico, dall’altro la volontà di superare la frattura creatasi sul finire dell’Ottocento fra arte e società, dando vita a un’arte “rivoluzionaria” nella forma e nei contenuti.
Ecco allora la nascita di un’arte di tipo documentario: il cosiddetto reportage sociale. Non più il realismo degli spaccapietre di Courbet, delle spigolatrici di Millet o dei popolani di Daumier, ma il coinvolgimento e la forza d’attualità nell’energia grafica di maestri come Steinlen o Barlach, in grado di rendere tangibili le pene degli umili. Brani esemplari di questo filone sono “Tumulto” e “Assalto” di Käthe Kollwitz, il “Naufrago” di Viani, gli “Uomini al tavolo” di Nolde, “La mina” di Brangwyn, “La fuga” di Steinlen o “Il duro mestiere di vivere” di Georges Rouault.
La grande guerra, il nazismo, il fascismo (periodo significativamente documentato in mostra), e quindi il secondo conflitto mondiale, segnano duramente la storia del movimento dei lavoratori. La rinascita democratica e il riconoscimento dei diritti sociali riconquistati determinano un più avanzato rapporto fra artisti e lavoratori, che accompagna il confronto sulle diverse ricerche estetiche. La mostra offre, a questo punto, un ampio spaccato della grafica italiana del secondo dopoguerra, per approdare agli anni Settanta e all’esperienza “sul campo” di autori come Guttuso, Zigaina, Vespignani, Attardi, Muccini, Romagnoni, Ferroni, Migneco, Guerreschi, Calabria e Vedova.
Le opere in mostra sono state concesse eccezionalmente in prestito dall’Istituto Nazionale della Grafica di Roma, dal Gabinetto dei Disegni degli Uffizi di Firenze, dalla Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano, dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza, dalla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, dalla Pinacoteca Civica di Alessandria e da numerose Fondazioni, Archivi e collezioni private.
Promossa e prodotta dall’Associazione Centenario della Cgil, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con la collaborazione della Provincia di Lecce, della Provincia di Milano, del Museo Provinciale Sigismondo Castromediano di Lecce e dalla Fondazione Stelline di Milano, la mostra è stata ideata e organizzata da Promoart e realizzata da Arthemisia.
Legata all’esposizione “I costruttori. Il lavoro in cento anni di arte italiana”, in corso a Castel Sismondo di Rimini, fino al 1 maggio 2006 (ugualmente promossa dall’Associazione Centenario della Cgil), la rassegna odierna affronta il tema del “corpo del lavoro” connesso all’evoluzione del linguaggio grafico fra tradizione e modernità. Proponendo un dialogo fra l’esperienza italiana e le coeve vicende europee, la mostra rappresenta dunque il seguito delle indagini proposte, a livello pittorico e scultoreo, dall’appuntamento riminese.
Curata da Patrizia Foglia, Chiara Gatti e Luigi Martini, l’esposizione si concentra sul rapporto fra i lavoratori e gli artisti che si fecero interpreti di determinate situazioni sociali, utilizzando il mezzo grafico, ora come strumento di denuncia, ora come il medium più affine al loro intento documentaristico. Mentre il lavoro incide il mondo, l’artista lo decifra, lo svela, gli dà un nome; e lo ritroviamo dunque ad “incidere” il lavoro con la china o con la matita sulla carta, con la punta e l’acido sulla lastra, producendo una ricerca estetica che rinnova i linguaggi dell’arte.
Protagonisti di una prima sequenza di immagini suggestive sono “I vangatori” e “Le spigolatrici” di Millet, i butteri e i contadini dal volto bruciato dal sole di Fattori, i pastori silenziosi di Fontanesi, i pescatori di Greppi, o ancora i popolani di Edouard Manet.
Il gesto della fatica quotidiana viene reso qui in modo efficacie dalla potenza dell’incisione e dei suoi segni che si direbbero scavati con le unghie.
Sul rapporto fra città e campagna si dipana la seconda sezione della mostra, con le trasmigrazioni delle popolazioni nei nuovi centri urbani e il connesso sviluppo viario ed edilizio, l’espansione delle attività industriali: le ciminiere svettano come funghi lungo la linea dell’orizzonte, i fumi inquinanti inghiottono il panorama della campagna, le case del proletariato si sovrappongono le une sulle altre. I luoghi di incontro del dopolavoro, i nuovi mezzi di trasporto, i giornali illustrati, i lettori, le organizzazioni sociali sono motivi che ritornano frequentemente nella figurazione grafica a cavallo fra Otto e Novecento. Significativi a riguardo sono fogli come la “Via degli speziali in estate” di Signorini, “Il trionfo del lavoro. Allegoria per il 1° Maggio 1891” di Crane, “I tessitori” di Liebermann, gli “Scaricatori di carbone” di Boccioni e, soprattutto, il capolavoro di Pellizza da Volpedo “Cartone per la figura centrale di Fiumana”, che rappresenta un passaggio ideale al mondo moderno e alla presa di coscienza, da parte dei lavoratori, della propria forza sociale.
È in questo clima che s’inserisce poi l’esperienza di molti artisti sensibili alle problematiche contingenti. L’ambizione di molti di loro è quella di farsi pittori popolari, “pittori-delegati dei proletari”, per usare la definizione che Pierre Mac Orlan coniò per Vlaminck e che si adatta bene anche a Rouault, a Käthe Kollwitz, a Dix, Grosz, Beckman, all’espressionismo belga di Permeke e naturalmente alla vicenda italiana di Viani - con il suo amore per i diseredati - e di Sironi, con le sue cupe periferie.
Per quanto molto diversi per indole e ricerca, tutti questi autori condividono da un lato un interesse per il mezzo grafico, dall’altro la volontà di superare la frattura creatasi sul finire dell’Ottocento fra arte e società, dando vita a un’arte “rivoluzionaria” nella forma e nei contenuti.
Ecco allora la nascita di un’arte di tipo documentario: il cosiddetto reportage sociale. Non più il realismo degli spaccapietre di Courbet, delle spigolatrici di Millet o dei popolani di Daumier, ma il coinvolgimento e la forza d’attualità nell’energia grafica di maestri come Steinlen o Barlach, in grado di rendere tangibili le pene degli umili. Brani esemplari di questo filone sono “Tumulto” e “Assalto” di Käthe Kollwitz, il “Naufrago” di Viani, gli “Uomini al tavolo” di Nolde, “La mina” di Brangwyn, “La fuga” di Steinlen o “Il duro mestiere di vivere” di Georges Rouault.
La grande guerra, il nazismo, il fascismo (periodo significativamente documentato in mostra), e quindi il secondo conflitto mondiale, segnano duramente la storia del movimento dei lavoratori. La rinascita democratica e il riconoscimento dei diritti sociali riconquistati determinano un più avanzato rapporto fra artisti e lavoratori, che accompagna il confronto sulle diverse ricerche estetiche. La mostra offre, a questo punto, un ampio spaccato della grafica italiana del secondo dopoguerra, per approdare agli anni Settanta e all’esperienza “sul campo” di autori come Guttuso, Zigaina, Vespignani, Attardi, Muccini, Romagnoni, Ferroni, Migneco, Guerreschi, Calabria e Vedova.
Le opere in mostra sono state concesse eccezionalmente in prestito dall’Istituto Nazionale della Grafica di Roma, dal Gabinetto dei Disegni degli Uffizi di Firenze, dalla Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano, dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza, dalla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, dalla Pinacoteca Civica di Alessandria e da numerose Fondazioni, Archivi e collezioni private.
28
aprile 2006
Il lavoro inciso
Dal 28 aprile al 27 agosto 2006
disegno e grafica
Location
MUSEO PROVINCIALE SIGISMONDO CASTROMEDIANO
Lecce, Viale Gallipoli, 28, (Lecce)
Lecce, Viale Gallipoli, 28, (Lecce)
Orario di apertura
Lunedì - Sabato ore 9.00/13.30 - 14.30/19.30
Domenica ore 9.00/13.30
Vernissage
28 Aprile 2006, ore 19
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
ARTHEMISIA
Autore
Curatore