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Il mio mondo è materia – Omaggio a Marino Sopracasa
Circa cinquanta lavori di piccole e medie dimensioni (oli su tela e faesite) appartenenti differenti periodi della vita dell’artista e finora solo in parte esposti, presentati secondo un incedere critico che riprende e sottolinea il concetto di “viaggiare per la natura” dell’artista friulano.
Comunicato stampa
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Si inaugura sabato 27 maggio 2017, alle ore 18.30, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè (via Roma, 53; vedi scheda evento allegata), IL MIO MONDO E’ MATERIA, mostra personale dedicata al pittore Marino Sopracasa, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 11 giugno 2017, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè.
L’evento espositivo, dal taglio antologico, presenterà al pubblico la figura del pittore friulano (Enemonzo, Udine, 1897 - Venezia, 1982) e la sua articolata ricerca, avviata da autodidatta e condotta con rigore nel solco della grande tradizione paesaggistica italiana ed europea.
Circa cinquanta lavori di piccole e medie dimensioni (oli su tela e faesite), espressione di differenti periodi della vita dell’artista e appartenenti a una collezione privata finora solo in parte esposta, presentati secondo un incedere critico che riprende e sottolinea il concetto di viaggiare per la natura trasmessa dal lavoro Marino Sopracasa, rendendone la gioiosa espressività, dapprima racchiusa in codici accademici e poi, dagli anni Quaranta, caratterizzata da una destrutturazione del testo pittorico che conduce l’artista a un segno più libero, dominato dal sentimento.
Scrive il critico d’arte Gaetano Salerno, a proposito dell’opera di Marino Sopracasa:
“Una pittura diffusa nel territorio, esterna ed estranea a studi e atelier, inserita nell’ambiente della natura, negli anfratti più reconditi del paesaggio ma profondamente legata alle geografie domestiche, agli scorci dell’infanzia e dell’adolescenza, per questo intima, a tratti privata.
Un percorso tracciato dall’energia dell’andare e del guardare, permeato da un sentimentalismo lirico proprio di una forma del dipingere tardo ottocentesca (e ancora pregna di venature tardo romantiche) costruita sull’emozione della visione, sulla continua scoperta di un dettaglio minore (in un bosco, in una radura, nei crinali aguzzi di una montagna o nelle sinuose dorsali di una collina, lungo un corso d’acqua, sulla facciata di una casa di campagna) silenzioso ma eloquente.
E sull’impressione immediata trasmessa dal soggetto ritratto, acquisito primariamente nella luce e nel colore e poi reso con vigore espressivo, caricato della propria esperienza, dei propri trascorsi, dagli amori che solo un luogo familiare e amico può racchiudere e dischiudere.
L’opera di Marino Sopracasa, linguisticamente e sentimentalmente, si colloca così nello stretto passaggio tra Ottocento e Novecento, evidenziando lo scarto fondamentale tra impressione ed espressione che fornirà alla sua intera ricerca un guizzo di moderna innovazione senza tuttavia rinunciare alla compostezza e all’equilibrio strutturale fondamentale per esprimere il diretto e immediato attaccamento alle materie, alle cose, al dato reale del paesaggio che rimane nettamente al centro di ciascuna veduta.
Priva di svolte concettuali e di derive astrattiste, la pittura di Marino Sopracasa si costruisce così per accumulazioni e sovrapposizioni di sensazioni visive che, attraverso l’uso generoso e iperbolico del pigmento, diviene quasi tattile e rende il mondo - tutto il mondo sensibile - materia, acquisendo sulla tela la consistenza della verità e sancendo un rapporto simbiotico tra vita e pittura, tra verosimile e vero, sul cui confine, labile e (talvolta) indefinibile, sembra reggersi ciascun dipinto.
Lavori dalle dimensioni contenute e ridotte, quasi appunti di viaggio vergati da immagini chiare e forti con incredibile voracità, da segni eloquenti tracciati senza ripensamenti, senza tentennamenti, senza esitazioni, entro e mai oltre il luogo fisico dal quale il pittore si lascia circondare, respirando e traendo direttamente dagli oggetti disseminati lungo i percorsi campestri e montani la ragione espressiva che rende ogni quadro, pur nella quasi totale assenza di presenza umana, capitolo di una lunga narrazione sociale, della storia di un mondo perduto, di gesta narrate dalla Natura che vive, si evolve, racconta e semplicemente, sotto nuove forme determinate dalla continua spinta metamorfica degli elementi, esiste.
Nelle increspature della materia pittorica, mossa da gesti scarni e concreti di pennello e spatola, emerge così l’energia vorticosa e la forza dirompente di un mondo sempre in divenire che campiture piatte e tirate non avrebbero potuto sottolineare, non sarebbero riuscite a cogliere né a descrivere con tanta esattezza e tanta precisione.
Una tavolozza parca e contenuta, incline ai toni della terra e delle piante, con le ocre e i verdi a dominare e a dettare l’impostazione ritmica d’immagini sinfoniche, raramente disposta a scatti tonali improvvisi e imprevisti, sempre connessa con l’amata Natura che insegna, a chi la sa ascoltare, la morigeratezza, la misura, l’armonia, l’aurea mediocritas.
Il colore si rapprende e si racchiude così nelle virgole dettate dalle punte di pennello, dal loro inquieto danzare sul bianco della superficie ormai nascosta dai numerosi passaggi e via via assume vita, talvolta estendendosi e allungandosi elasticamente per interpretare (sempre e fortunatamente con proprie regole) le teorie costruttive divisioniste, talvolta farfugliando sbuffi e schizzi liberi e disordinati, prossimi alle de-costruzioni linguistiche delle Avanguardie mitteleuropee.
Entrambi esempi di quanto l’artista, pur confinato nella propria bucolica e aulica (a tratti arcadica) dimensione esistenziale, sia riuscito a intercettare e a personalizzare le grandi spinte dell’arte internazionale, i grandi sconvolgimenti intellettuali dei quali è stato coevo.
La ricerca pittorica si svolge così parallelamente alla ricerca del viaggio entro il paesaggio che per l’artista rappresenta la sola forma di conoscenza, la sola ragione dell’esistere; uscire e camminare, tra borghi collinari e montani, attraversare campagne e foreste, lambire corsi e specchi d’acqua dove la tavolozza dell’artista, grazie ai riverberi del sole riflesso, si schiarisce (anche se di poco), rappresenta per Marino Sopracasa l’adesione a un pensiero positivista e positivo che solo nella pittura en plein air raggiunge (dentro e fuori metafora) la luce, un approccio alla pittura che solo nell’aria della sua Carnia battuta, giorno dopo giorno, da passi lenti e riflessivi, trova la sua forma compiuta, la sua messa a fuoco nella retina e nella tela, la sua dimensione atemporale ed eterna”.
L’opera di Marino Sopracasa è stata esposta in importanti mostre e le sue opere sono oggi presenti in importanti collezioni pubbliche e private.
Tra i tanti eventi espositivi ricordiamo la collettiva Maestri del Paesaggio - Protagonisti del Novecento in Friuli Venezia Giulia (Cividale del Friuli, dicembre 2010 – febbraio 2011) nella quale l’artista è stato posto in dialogo con i maggiori interpreti della pittura di paesaggio del Friuli Venezia Giulia dal Novecento fino ai giorni nostri.
Il mio mondo è materia vuole essere un omaggio alla figura dell’artista e, contemporaneamente, all’idea di pittura espressa dalla sua ricca opera, realizzata in un lungo periodo e scandita – aderendo a un vecchio paradigma del fare arte – da un gesto lento e riflessivo del pensiero, da un approccio gentile e riservato con la realtà circostante, da una cieca fiducia nelle possibilità espressive del colore e della materia pittorica.
Appuntamento dunque sabato 27 maggio 2017, alle ore 18.30, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè (Venezia), per visitare la mostra IL MIO MONDO E’ MATERIA - OMAGGIO A MARINO SOPRACASA, con introduzione critica a cura di Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 11 giugno 2017, è realizzata da Segnoperenne in collaborazione con il Comune di Scorzè e con il Circolo Culturale Scorzè.
L’evento espositivo, dal taglio antologico, presenterà al pubblico la figura del pittore friulano (Enemonzo, Udine, 1897 - Venezia, 1982) e la sua articolata ricerca, avviata da autodidatta e condotta con rigore nel solco della grande tradizione paesaggistica italiana ed europea.
Circa cinquanta lavori di piccole e medie dimensioni (oli su tela e faesite), espressione di differenti periodi della vita dell’artista e appartenenti a una collezione privata finora solo in parte esposta, presentati secondo un incedere critico che riprende e sottolinea il concetto di viaggiare per la natura trasmessa dal lavoro Marino Sopracasa, rendendone la gioiosa espressività, dapprima racchiusa in codici accademici e poi, dagli anni Quaranta, caratterizzata da una destrutturazione del testo pittorico che conduce l’artista a un segno più libero, dominato dal sentimento.
Scrive il critico d’arte Gaetano Salerno, a proposito dell’opera di Marino Sopracasa:
“Una pittura diffusa nel territorio, esterna ed estranea a studi e atelier, inserita nell’ambiente della natura, negli anfratti più reconditi del paesaggio ma profondamente legata alle geografie domestiche, agli scorci dell’infanzia e dell’adolescenza, per questo intima, a tratti privata.
Un percorso tracciato dall’energia dell’andare e del guardare, permeato da un sentimentalismo lirico proprio di una forma del dipingere tardo ottocentesca (e ancora pregna di venature tardo romantiche) costruita sull’emozione della visione, sulla continua scoperta di un dettaglio minore (in un bosco, in una radura, nei crinali aguzzi di una montagna o nelle sinuose dorsali di una collina, lungo un corso d’acqua, sulla facciata di una casa di campagna) silenzioso ma eloquente.
E sull’impressione immediata trasmessa dal soggetto ritratto, acquisito primariamente nella luce e nel colore e poi reso con vigore espressivo, caricato della propria esperienza, dei propri trascorsi, dagli amori che solo un luogo familiare e amico può racchiudere e dischiudere.
L’opera di Marino Sopracasa, linguisticamente e sentimentalmente, si colloca così nello stretto passaggio tra Ottocento e Novecento, evidenziando lo scarto fondamentale tra impressione ed espressione che fornirà alla sua intera ricerca un guizzo di moderna innovazione senza tuttavia rinunciare alla compostezza e all’equilibrio strutturale fondamentale per esprimere il diretto e immediato attaccamento alle materie, alle cose, al dato reale del paesaggio che rimane nettamente al centro di ciascuna veduta.
Priva di svolte concettuali e di derive astrattiste, la pittura di Marino Sopracasa si costruisce così per accumulazioni e sovrapposizioni di sensazioni visive che, attraverso l’uso generoso e iperbolico del pigmento, diviene quasi tattile e rende il mondo - tutto il mondo sensibile - materia, acquisendo sulla tela la consistenza della verità e sancendo un rapporto simbiotico tra vita e pittura, tra verosimile e vero, sul cui confine, labile e (talvolta) indefinibile, sembra reggersi ciascun dipinto.
Lavori dalle dimensioni contenute e ridotte, quasi appunti di viaggio vergati da immagini chiare e forti con incredibile voracità, da segni eloquenti tracciati senza ripensamenti, senza tentennamenti, senza esitazioni, entro e mai oltre il luogo fisico dal quale il pittore si lascia circondare, respirando e traendo direttamente dagli oggetti disseminati lungo i percorsi campestri e montani la ragione espressiva che rende ogni quadro, pur nella quasi totale assenza di presenza umana, capitolo di una lunga narrazione sociale, della storia di un mondo perduto, di gesta narrate dalla Natura che vive, si evolve, racconta e semplicemente, sotto nuove forme determinate dalla continua spinta metamorfica degli elementi, esiste.
Nelle increspature della materia pittorica, mossa da gesti scarni e concreti di pennello e spatola, emerge così l’energia vorticosa e la forza dirompente di un mondo sempre in divenire che campiture piatte e tirate non avrebbero potuto sottolineare, non sarebbero riuscite a cogliere né a descrivere con tanta esattezza e tanta precisione.
Una tavolozza parca e contenuta, incline ai toni della terra e delle piante, con le ocre e i verdi a dominare e a dettare l’impostazione ritmica d’immagini sinfoniche, raramente disposta a scatti tonali improvvisi e imprevisti, sempre connessa con l’amata Natura che insegna, a chi la sa ascoltare, la morigeratezza, la misura, l’armonia, l’aurea mediocritas.
Il colore si rapprende e si racchiude così nelle virgole dettate dalle punte di pennello, dal loro inquieto danzare sul bianco della superficie ormai nascosta dai numerosi passaggi e via via assume vita, talvolta estendendosi e allungandosi elasticamente per interpretare (sempre e fortunatamente con proprie regole) le teorie costruttive divisioniste, talvolta farfugliando sbuffi e schizzi liberi e disordinati, prossimi alle de-costruzioni linguistiche delle Avanguardie mitteleuropee.
Entrambi esempi di quanto l’artista, pur confinato nella propria bucolica e aulica (a tratti arcadica) dimensione esistenziale, sia riuscito a intercettare e a personalizzare le grandi spinte dell’arte internazionale, i grandi sconvolgimenti intellettuali dei quali è stato coevo.
La ricerca pittorica si svolge così parallelamente alla ricerca del viaggio entro il paesaggio che per l’artista rappresenta la sola forma di conoscenza, la sola ragione dell’esistere; uscire e camminare, tra borghi collinari e montani, attraversare campagne e foreste, lambire corsi e specchi d’acqua dove la tavolozza dell’artista, grazie ai riverberi del sole riflesso, si schiarisce (anche se di poco), rappresenta per Marino Sopracasa l’adesione a un pensiero positivista e positivo che solo nella pittura en plein air raggiunge (dentro e fuori metafora) la luce, un approccio alla pittura che solo nell’aria della sua Carnia battuta, giorno dopo giorno, da passi lenti e riflessivi, trova la sua forma compiuta, la sua messa a fuoco nella retina e nella tela, la sua dimensione atemporale ed eterna”.
L’opera di Marino Sopracasa è stata esposta in importanti mostre e le sue opere sono oggi presenti in importanti collezioni pubbliche e private.
Tra i tanti eventi espositivi ricordiamo la collettiva Maestri del Paesaggio - Protagonisti del Novecento in Friuli Venezia Giulia (Cividale del Friuli, dicembre 2010 – febbraio 2011) nella quale l’artista è stato posto in dialogo con i maggiori interpreti della pittura di paesaggio del Friuli Venezia Giulia dal Novecento fino ai giorni nostri.
Il mio mondo è materia vuole essere un omaggio alla figura dell’artista e, contemporaneamente, all’idea di pittura espressa dalla sua ricca opera, realizzata in un lungo periodo e scandita – aderendo a un vecchio paradigma del fare arte – da un gesto lento e riflessivo del pensiero, da un approccio gentile e riservato con la realtà circostante, da una cieca fiducia nelle possibilità espressive del colore e della materia pittorica.
Appuntamento dunque sabato 27 maggio 2017, alle ore 18.30, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè (Venezia), per visitare la mostra IL MIO MONDO E’ MATERIA - OMAGGIO A MARINO SOPRACASA, con introduzione critica a cura di Gaetano Salerno.
27
maggio 2017
Il mio mondo è materia – Omaggio a Marino Sopracasa
Dal 27 maggio all'undici giugno 2017
arte moderna e contemporanea
Location
VILLA ORSINI
Scorzè, Via Roma, 53, (Venezia)
Scorzè, Via Roma, 53, (Venezia)
Orario di apertura
mercoledì giovedì venerdì 16 - 19.30
sabato domenica 10.30 - 12.30 e 16 - 19.30
Vernissage
27 Maggio 2017, 18.30
Autore
Curatore