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Il Nuovo Futurismo (Omaggio a Luciano Inga Pin)
E’ un omaggio a Luciano Inga Pin e ai mitici anni Ottanta della “sua” Milano la prossima scintillante mostra della Fondazione Bandera per l’Arte.
Comunicato stampa
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E' un omaggio a Luciano Inga Pin e ai mitici anni Ottanta della "sua" Milano la prossima scintillante mostra della Fondazione Bandera per l'Arte.
Renato Barilli riunisce a Busto Arsizio tutto il gruppo dei Nuovi Futuristi e ne racconta la poetica dal1984 a oggi. Una festa del colore e della fantasia declinata in forme e linguaggi diversi, con un occhio di riguardo per le plastiche e per i materiali meno nobili, che si trasformano in un caleidoscopico mondo di kitsch, glam, segni grafici e icone pop. Un'arte giocosa e divertente, che rievoca alla perfezione quello spensierato edonismo metropolitano che, proverbialmente, si respirava all'ombra della Madonnina. A dodici anni dalla sua prima personale alla Fondazione Bandera, e fresco della definitiva consacrazione ricevuta all'ultima Biennale di Venezia, Marco Lodola torna a esporre a Busto Arsizio. Non da star assoluta, ma insieme a tutta la squadra dei Nuovi Futuristi, in una mostra curata da Renato Barilli e concepita anche per rendere omaggio al grande Luciano Inga Pin, scomparso poco più di un anno fa, che nei primi anni Ottanta li catalizzò attorno alla mitica galleria milanese Il Diagramma. E che, con loro, tra la fine del 1983 e l'inizio del 1984, diede vita al gruppo del Nuovo Futurismo (cresciuto fino a un massimo di dieci unità, poi undici con la separazione di Gianni Cella dal terzetto dei Plumcake), sottolineando così l'edonismo metropolitano, la festa cromatica e la voglia di nuovi linguaggi che ancora oggi fanno da filo conduttore ai loro lavori. Infatti, per riassumere il pensiero del curatore Barilli, l’etichetta assunta da Inga Pin, non è per nulla casuale, ma sta a indicare una profonda eredità che gli undici traggono proprio dal Futurismo storico, se però si pensa all’ala rappresentata da Balla e Depero, assai diversa da quella rappresentata da Boccioni. Da quest’ultimo si può dire che siano venute fuori tutte le tendenze ambientaliste dell’arte recente, da Fontana all’Arte povera, mentre da Balla e compagni sono derivate le tendenze che si possono richiamare al postmoderno. Tratto centrale di questa diramazione è di concepire un’arte che esalti l’urbanesimo, nel suo edonismo compiaciuto e fastoso, così bene manifestato dalla pubblicità, dai fumetti da tutti gli incanti dei mass media. Per inseguire questa grande festa mobile bisogna distaccarsi dai confini tradizionali della pittura, elaborare immagini che se ne stiano tra le due e le tre dimensioni, talvolta adattandosi alle pareti, talaltra animando lo spazio con stele e monumenti, il tutto redatto utilizzando i nuovi materiali del progresso tecnologico, i poliesteri, i perspex, le resine sintetiche, che hanno il dono di essere leggeri e di prestarsi a un cromatismo acceso e brillante. Proprio come nell’insegnamento di Balla e Depero, i Nuovi Futuristi intendono fondere il rigore della funzione con l’incantesimo della decorazione.
L’attuale celebrazione dei cento anni dalla nascita del Futurismo ha trascurato in genere di lumeggiare questa bipartizione fondamentale che si ebbe allora nell’ambito della nostra principale avanguardia, con la conseguenza di trascurare anche la presenza di questo intraprendente stuolo di protagonisti. E, in sostanza, non si possono chiudere le celebrazioni del centenario futurista senza assegnare a questo episodio una evidenza centrale, che vale anche a dimostrarne la continuità sul filo dei decenni. La mostra intende documentare in breve le loro opere di partenza, ma insiste soprattutto sulla loro produzione attuale, che li vede gareggiare con le punte più avanzate della ricerca internazionale. Se ci muoviamo in ambito di icone sfacciatamente Pop e kitsch, il paragone può andare allo statunitense Jeff Koons o al giapponese Takashi Murakami, se ci riferiamo a soluzioni più o meno utopiche e fantastiche in merito a utensili e arredi domestici, i Nuovi Futuristi ricordano i due campioni del cosiddetto anti-design, o postdesign, quali Sottsass Jr e Alessandro Mendini.
Il catalogo, edito dalla Fondazione Bandera, porta il testo con cui Inga Pin fondò il Gruppo e un’introduzione del curatore Renato Barilli. A ogni artista sono dedicate sei pagine a colori, mentre i consueti apparati ne danno i cv e altre notizie.
Renato Barilli riunisce a Busto Arsizio tutto il gruppo dei Nuovi Futuristi e ne racconta la poetica dal1984 a oggi. Una festa del colore e della fantasia declinata in forme e linguaggi diversi, con un occhio di riguardo per le plastiche e per i materiali meno nobili, che si trasformano in un caleidoscopico mondo di kitsch, glam, segni grafici e icone pop. Un'arte giocosa e divertente, che rievoca alla perfezione quello spensierato edonismo metropolitano che, proverbialmente, si respirava all'ombra della Madonnina. A dodici anni dalla sua prima personale alla Fondazione Bandera, e fresco della definitiva consacrazione ricevuta all'ultima Biennale di Venezia, Marco Lodola torna a esporre a Busto Arsizio. Non da star assoluta, ma insieme a tutta la squadra dei Nuovi Futuristi, in una mostra curata da Renato Barilli e concepita anche per rendere omaggio al grande Luciano Inga Pin, scomparso poco più di un anno fa, che nei primi anni Ottanta li catalizzò attorno alla mitica galleria milanese Il Diagramma. E che, con loro, tra la fine del 1983 e l'inizio del 1984, diede vita al gruppo del Nuovo Futurismo (cresciuto fino a un massimo di dieci unità, poi undici con la separazione di Gianni Cella dal terzetto dei Plumcake), sottolineando così l'edonismo metropolitano, la festa cromatica e la voglia di nuovi linguaggi che ancora oggi fanno da filo conduttore ai loro lavori. Infatti, per riassumere il pensiero del curatore Barilli, l’etichetta assunta da Inga Pin, non è per nulla casuale, ma sta a indicare una profonda eredità che gli undici traggono proprio dal Futurismo storico, se però si pensa all’ala rappresentata da Balla e Depero, assai diversa da quella rappresentata da Boccioni. Da quest’ultimo si può dire che siano venute fuori tutte le tendenze ambientaliste dell’arte recente, da Fontana all’Arte povera, mentre da Balla e compagni sono derivate le tendenze che si possono richiamare al postmoderno. Tratto centrale di questa diramazione è di concepire un’arte che esalti l’urbanesimo, nel suo edonismo compiaciuto e fastoso, così bene manifestato dalla pubblicità, dai fumetti da tutti gli incanti dei mass media. Per inseguire questa grande festa mobile bisogna distaccarsi dai confini tradizionali della pittura, elaborare immagini che se ne stiano tra le due e le tre dimensioni, talvolta adattandosi alle pareti, talaltra animando lo spazio con stele e monumenti, il tutto redatto utilizzando i nuovi materiali del progresso tecnologico, i poliesteri, i perspex, le resine sintetiche, che hanno il dono di essere leggeri e di prestarsi a un cromatismo acceso e brillante. Proprio come nell’insegnamento di Balla e Depero, i Nuovi Futuristi intendono fondere il rigore della funzione con l’incantesimo della decorazione.
L’attuale celebrazione dei cento anni dalla nascita del Futurismo ha trascurato in genere di lumeggiare questa bipartizione fondamentale che si ebbe allora nell’ambito della nostra principale avanguardia, con la conseguenza di trascurare anche la presenza di questo intraprendente stuolo di protagonisti. E, in sostanza, non si possono chiudere le celebrazioni del centenario futurista senza assegnare a questo episodio una evidenza centrale, che vale anche a dimostrarne la continuità sul filo dei decenni. La mostra intende documentare in breve le loro opere di partenza, ma insiste soprattutto sulla loro produzione attuale, che li vede gareggiare con le punte più avanzate della ricerca internazionale. Se ci muoviamo in ambito di icone sfacciatamente Pop e kitsch, il paragone può andare allo statunitense Jeff Koons o al giapponese Takashi Murakami, se ci riferiamo a soluzioni più o meno utopiche e fantastiche in merito a utensili e arredi domestici, i Nuovi Futuristi ricordano i due campioni del cosiddetto anti-design, o postdesign, quali Sottsass Jr e Alessandro Mendini.
Il catalogo, edito dalla Fondazione Bandera, porta il testo con cui Inga Pin fondò il Gruppo e un’introduzione del curatore Renato Barilli. A ogni artista sono dedicate sei pagine a colori, mentre i consueti apparati ne danno i cv e altre notizie.
24
aprile 2010
Il Nuovo Futurismo (Omaggio a Luciano Inga Pin)
Dal 24 aprile al 30 maggio 2010
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE BANDERA
Busto Arsizio, Via Andrea Costa, 29, (Varese)
Busto Arsizio, Via Andrea Costa, 29, (Varese)
Orario di apertura
dal martedì al giovedì ore 15-19
da venerdì a domenica ore 10-12.30 / 15-19
chiuso lunedì
Vernissage
24 Aprile 2010, ore 18
Autore
Curatore