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Il Palazzo del Bargello. Sei secoli di storia (1250-1865)
Le sale espositive al pianterreno del Museo Nazionale del Bargello, recentemente inaugurate, ospiteranno dal 30 ottobre fino al prossimo 31 gennaio una mostra dedicata alla storia del Palazzo del Podestà, dove il Museo ha sede fin dalla sua istituzione, nel 1865.
Comunicato stampa
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Numerose opere d’arte, delle più suggestive e meno note del Museo, presenteranno al pubblico una sorta di itinerario visivo della storia del palazzo, anche alla luce delle recenti ricerche sulla sua struttura architettonica e sulle sue trasformazioni nei secoli, a cura di Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Luca Giorgi e Pietro Matracchi, della Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze.
Come è noto, il Palazzo è uno degli edifici più antichi e più illustri della Firenze medievale: fondato nel 1250 (quasi mezzo secolo prima del Palazzo della Signoria) e concluso alla metà del Trecento, fu per secoli la residenza del Podestà: massimo magistrato che, secondo gli statuti repubblicani, aveva il compito di amministrare la giustizia sia civile che criminale, in pace come in guerra. Era il Podestà a guidare l’esercito fiorentino e a ratificare solennemente ogni provvedimento dello Stato. Per l’importanza del suo incarico e a garanzia della sua imparzialità verso tutti i cittadini, doveva essere rigorosamente forestiero e durava in carica un solo anno: allo scadere del suo incarico, lasciava a memoria del proprio passaggio lo stemma di pietra del suo casato, murato alle pareti del cortile. Molti ne restano ancora a testimonianza.
Primo edificio pubblico della città, il Palazzo è stato testimone e protagonista delle tumultuose vicende politiche che segnarono a Firenze gli albori della civiltà comunale: le lotte tra il Papato e l’Impero, tra guelfi e ghibellini, tra “bianchi”e “neri”; e poi quelle innumerevoli e non meno cruente tra le diverse fazioni di cittadini, che si contesero il potere della città fino alla fine dell’età repubblicana, con la definitiva affermazione dell’egemonia medicea e la creazione del Principato. Nel 1502, abolita la carica del Podestà, il Palazzo divenne la sede dei Giudici di Ruota e lo rimase fino al 1574, quando per volere di Cosimo I fu trasformato in carcere: fu allora che prese il nome di “Bargello”, ovvero il capo degli sbirri che agli ordini degli Otto di Guardia e Balìa, provvedeva a catturare, interrogare e rinchiudere traditori e criminali e ad eseguire le condanne, particolarmente spietate verso coloro che erano anche solo sospettati di tramare contro il Granduca. Il Palazzo del Bargello divenne allora per quasi tre secoli la più terribile delle prigioni e ciò portò anche al degrado e alle innumerevoli manomissioni della nobile architettura originaria, ripristinata soltanto attraverso un laborioso restauro (1858-1865), alla vigilia dell’Unità d’Italia, allorché le carceri furono trasferite nel complesso delle Murate e fu decisa la destinazione del Palazzo a sede del Museo Nazionale del Bargello (1865). Per il riscatto dell’edificio, negli anni del Risorgimento, fu di fondamentale importanza il ritrovamento degli affreschi giotteschi della Cappella, dove nel 1840 era tornato alla luce il Ritratto di Dante, dipinto da Giotto e ricordato dal Vasari.
Dai primi di dicembre, anche questi celebri affreschi saranno visibili al pubblico, dopo l’attuale restauro a cura dell’Opificio delle Pietre Dure.
Fra le opere presenti in mostra, a testimonianza di questa lunga storia, si segnalano due capitelli duecenteschi, provenienti dalla prospiciente chiesa della Badia fiorentina, sui cui terreni – in prossimità dell’antica cerchia delle mura romane – sorse la fabbrica del Palazzo del Podestà.
Quattro affreschi staccati - recuperati alle pareti del Palazzo durante i restauri ottocenteschi e restaurati per questa occasione grazie a un contributo del Comitato Nazionale per il VII centenario arnolfiano – illustrano i tempi in cui i Podestà abbellirono la loro residenza di opere d’arte: dalla “Madonna col Bambino e Santi” del cosidetto ‘Maestro del Bargello’, della fine del Trecento, alla splendida “Giustizia”, della metà del Cinquecento, attribuita a Francesco Salviati ed esposta ora esattamente alla parete in cui fu rinvenuta nei restauri ottocenteschi.
A rievocare il triste e lungo capitolo del Bargello come prigione, si presenta il così detto “collare da schiavi”, di manifattura tedesca del XVI secolo: unico sopravvissuto al rogo di tutti gli strumenti di tortura, che per volere di Pietro Leopoldo furono bruciati nel cortile del palazzo nel 1782, come illustra un grande disegno acquerellato, pure presente in mostra.
Una sezione della mostra è dedicata alle recenti indagini sulla struttura architettonica dell’intero edificio, con particolare riferimento ai restauri ottocenteschi: grandi pannelli figurati illustrano le trasformazioni del Palazzo nel corso dei secoli e le parti ricostruite o integrate nell’intervento ottocentesco, sotto la direzione dell’architetto delle Regie Fabbriche Francesco Mazzei. Dello stesso Mazzei, si presentano due grandi acquerelli di proprietà del Museo Comunale di “Firenze com’era”, che illustrano in modo molto suggestivo l’ “Esterno del Bargello prima e dopo il restauro”.
A rievocare lo stretto legame storico che unisce la figura di Dante Alighieri – ritratto nella Cappella del Podestà - al Museo Nazionale del Bargello, istituito proprio nel VI centenario dantesco (1865), figura in mostra anche la Maschera funebre del poeta, che il Bargello conserva fin dalla sua fondazione.
La mostra, a cura della direzione del Museo Nazionale del Bargello, è stata interamente finanziata dall’Associazione “Amici del Bargello” Onlus e sarà accessibile al pubblico nel normale orario di apertura del Museo, senza alcun supplemento al biglietto di ingresso.
Come è noto, il Palazzo è uno degli edifici più antichi e più illustri della Firenze medievale: fondato nel 1250 (quasi mezzo secolo prima del Palazzo della Signoria) e concluso alla metà del Trecento, fu per secoli la residenza del Podestà: massimo magistrato che, secondo gli statuti repubblicani, aveva il compito di amministrare la giustizia sia civile che criminale, in pace come in guerra. Era il Podestà a guidare l’esercito fiorentino e a ratificare solennemente ogni provvedimento dello Stato. Per l’importanza del suo incarico e a garanzia della sua imparzialità verso tutti i cittadini, doveva essere rigorosamente forestiero e durava in carica un solo anno: allo scadere del suo incarico, lasciava a memoria del proprio passaggio lo stemma di pietra del suo casato, murato alle pareti del cortile. Molti ne restano ancora a testimonianza.
Primo edificio pubblico della città, il Palazzo è stato testimone e protagonista delle tumultuose vicende politiche che segnarono a Firenze gli albori della civiltà comunale: le lotte tra il Papato e l’Impero, tra guelfi e ghibellini, tra “bianchi”e “neri”; e poi quelle innumerevoli e non meno cruente tra le diverse fazioni di cittadini, che si contesero il potere della città fino alla fine dell’età repubblicana, con la definitiva affermazione dell’egemonia medicea e la creazione del Principato. Nel 1502, abolita la carica del Podestà, il Palazzo divenne la sede dei Giudici di Ruota e lo rimase fino al 1574, quando per volere di Cosimo I fu trasformato in carcere: fu allora che prese il nome di “Bargello”, ovvero il capo degli sbirri che agli ordini degli Otto di Guardia e Balìa, provvedeva a catturare, interrogare e rinchiudere traditori e criminali e ad eseguire le condanne, particolarmente spietate verso coloro che erano anche solo sospettati di tramare contro il Granduca. Il Palazzo del Bargello divenne allora per quasi tre secoli la più terribile delle prigioni e ciò portò anche al degrado e alle innumerevoli manomissioni della nobile architettura originaria, ripristinata soltanto attraverso un laborioso restauro (1858-1865), alla vigilia dell’Unità d’Italia, allorché le carceri furono trasferite nel complesso delle Murate e fu decisa la destinazione del Palazzo a sede del Museo Nazionale del Bargello (1865). Per il riscatto dell’edificio, negli anni del Risorgimento, fu di fondamentale importanza il ritrovamento degli affreschi giotteschi della Cappella, dove nel 1840 era tornato alla luce il Ritratto di Dante, dipinto da Giotto e ricordato dal Vasari.
Dai primi di dicembre, anche questi celebri affreschi saranno visibili al pubblico, dopo l’attuale restauro a cura dell’Opificio delle Pietre Dure.
Fra le opere presenti in mostra, a testimonianza di questa lunga storia, si segnalano due capitelli duecenteschi, provenienti dalla prospiciente chiesa della Badia fiorentina, sui cui terreni – in prossimità dell’antica cerchia delle mura romane – sorse la fabbrica del Palazzo del Podestà.
Quattro affreschi staccati - recuperati alle pareti del Palazzo durante i restauri ottocenteschi e restaurati per questa occasione grazie a un contributo del Comitato Nazionale per il VII centenario arnolfiano – illustrano i tempi in cui i Podestà abbellirono la loro residenza di opere d’arte: dalla “Madonna col Bambino e Santi” del cosidetto ‘Maestro del Bargello’, della fine del Trecento, alla splendida “Giustizia”, della metà del Cinquecento, attribuita a Francesco Salviati ed esposta ora esattamente alla parete in cui fu rinvenuta nei restauri ottocenteschi.
A rievocare il triste e lungo capitolo del Bargello come prigione, si presenta il così detto “collare da schiavi”, di manifattura tedesca del XVI secolo: unico sopravvissuto al rogo di tutti gli strumenti di tortura, che per volere di Pietro Leopoldo furono bruciati nel cortile del palazzo nel 1782, come illustra un grande disegno acquerellato, pure presente in mostra.
Una sezione della mostra è dedicata alle recenti indagini sulla struttura architettonica dell’intero edificio, con particolare riferimento ai restauri ottocenteschi: grandi pannelli figurati illustrano le trasformazioni del Palazzo nel corso dei secoli e le parti ricostruite o integrate nell’intervento ottocentesco, sotto la direzione dell’architetto delle Regie Fabbriche Francesco Mazzei. Dello stesso Mazzei, si presentano due grandi acquerelli di proprietà del Museo Comunale di “Firenze com’era”, che illustrano in modo molto suggestivo l’ “Esterno del Bargello prima e dopo il restauro”.
A rievocare lo stretto legame storico che unisce la figura di Dante Alighieri – ritratto nella Cappella del Podestà - al Museo Nazionale del Bargello, istituito proprio nel VI centenario dantesco (1865), figura in mostra anche la Maschera funebre del poeta, che il Bargello conserva fin dalla sua fondazione.
La mostra, a cura della direzione del Museo Nazionale del Bargello, è stata interamente finanziata dall’Associazione “Amici del Bargello” Onlus e sarà accessibile al pubblico nel normale orario di apertura del Museo, senza alcun supplemento al biglietto di ingresso.
30
ottobre 2004
Il Palazzo del Bargello. Sei secoli di storia (1250-1865)
Dal 30 ottobre 2004 al 31 gennaio 2005
arte antica
Location
MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO
Firenze, Via Del Proconsolo, 4, (Firenze)
Firenze, Via Del Proconsolo, 4, (Firenze)
Orario di apertura
8,30 – 13,50; chiusura: 1°, 3°, 5° domenica; 2° e 4° lunedì di ogni mese