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Il terzo occhio
Il “terzo occhio” di questa mostra è l’obbiettivo della macchina fotografica, che diventa per i fotografi un’estensione del loro “terzo occhio” naturale in virtù della propria capacità di percepire e rappresentare attraverso il mezzo fotografico sensazioni, idee e sentimenti
Comunicato stampa
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Secondo i Mestri indiani, come esseri umani possediamo un altro “occhio”, detto “il terzo occhio” o “l’occhio singolo” (shiv netra). Kirpal Singh Ji (6 febbraio 1894 – 21 agosto 1974), famoso mistico indiano, una volta ebbe a dire: “Finché non aprirete quel terzo occhio (il che è possibile solo quando siamo nel corpo umano), non andrete da nessuna parte. È l’occhio dell’anima, non dell’intelletto né delle facoltà esteriori. Siamo corpi animati, entità coscienti operanti attraverso la mente e le facoltà esteriori. Quell’occhio interiore si apre quando la nostra anima, la cui espressione esteriore è l’attenzione, si ritira alla sua sede nel corpo, ossia dietro gli occhi. … Finché l’attenzione stessa non si ritira dall’esterno e non si libera al di sopra delle facoltà esteriori, non possiamo conoscere chi siamo veramente.
In modo simile, il filosofo nolano Giordano Bruno (Nola, 1548 - Roma, 1600) distinse tra sensi esterni, di cui la vista è il principale, e i sensi interni, che ritengono le forme percepite dai sensi esterni. Secondo Bruno, se questi sensi vengono purificati, come in un processo alchemico, ovvero allontanati dalla “scoria” delle “apparenze”, consentono di compiere operazioni di ricerca fondate, che è proprio la capacità del “terzo occhio”.
Il “terzo occhio” di questa mostra è un evidente richiamo all’obbiettivo della macchina fotografica, che diventa per i fotografi un’estensione del loro “terzo occhio” naturale in virtù della propria capacità di percepire e rappresentare, attraverso il mezzo fotografico, sensazioni, idee e sentimenti. Ed è appunto questa capacità che fa della fotografia una forma d’arte autonoma, come si è cercato di affermare negli Stati Uniti fin dagli anni ’30 e in Europa più di recente. Un po’ prima, verso la fine del XIX secolo, Giovanni Ruskin, critico d’arte e scrittore inglese, commentando entusiasta una fotografia raffigurante Venezia, disse: “… è come se un mago avesse rimpicciolito la realtà, per portarsela via in un paese incantato”.
Fin dagli albori della fotografia c’è stato chi sosteneva che le immagini fotografiche, al pari dei quadri dei pittori, potevano andare oltre la riproduzione fedele della realtà, per creare qualcosa di totalmente diverso, frutto dell’interpretazione personale dell’artista. Ne discende una suggestiva definizione di fotografia d’arte, che considera le foto scattate dai fotografi per raccontare le proprie storie persino indipendenti dal contesto narrativo, ambientale, o sociale, in cui erano nate. Un’affermazione che sottolinea la capacità di vita propria delle foto, una capacità che, in ultima analisi, discerne ciò che è arte da ciò che rimane una buona foto.
Il fotografo Alessandro Vasari, figlio d’arte, discendente di una storica famiglia di fotografi romani, ha di recente confessato: “Sono dominato dal bisogno di riprodurre sull'emulsione la sensazione di bellezza che provo in un momento apparentemente insignificante ma invece pieno di cromatismi e di chiaroscuri insostituibili. Allora il "click" diventa il rumore più affascinante, che scandisce lo sguardo fotografico e lo fissa in uno spazio di tempo scelto come unico e irripetibile, grazie alla luce che disegna il fotogramma. La luce attraversando l'obiettivo vive nel fotogramma, essa è l'incantesimo in cui ogni fotografo si deve perdere ogni volta che può”.
Dott. Plinio Caio Gracco
Curatore della mostra
NOTE BIOGRAFICHE SUGLI ESPOSITORI:
ASTRID
Astrid Kirchherr (1938 - 1962), fotografa tedesca nota per la sua associazione con i Beatles. Attraverso le sue oltre 1400 fotografie, compone una realtà molto personale, con stile surreale, al di là di Magritte e Man Ray. Il suo universo poetico in bianco e nero, dove impegno sociale e utopia hanno anche trovato un posto, è costruito per mezzo di successive stratificazioni rafforzate da solarizzazioni. I suoi primi lavori sono stati esposti ad Amburgo, Brema, Londra, Liverpool, New York City, Washington DC, Tokyo, Vienna e presso il Rock 'n' Roll Hall of Fame.
BOLLINGER
Dominique Bollinger, nato a Lione nel 1950, vive a Roma da diversi anni e fotografa da quando ne aveva diciotto. Diverse le pubblicazioni in riviste e le personali in Francia, negli Stati Uniti e in Italia. Nel 1975 trascorse sei mesi in Africa, dedicando un reportage al Paese. Trascorre la prima metà degli anni Ottanta negli States, quindi si trasferisce a Parigi, dedicandosi ad una fotografìa di paesaggio che sembra unire in sé le due diverse geografie dello sguardo, quella americana e quella francese. Dal 1986 si interessa di fotocollage, con rimandi e citazioni ad aspetti iconici (fotografici e pittorici) al Giappone e alla classicità mediterranea e una resa delle luci e dei colori tratta direttamente dalla propria formazione di paesaggista. Paula Sani Mariano ha scritto di lui: “Solarità, rigore compositivo, simbolismo e forza del colore (oltre ad alcune prospettive falsate) sono tra gli elementi che caratterizzano il lavoro, che a sua volta sembra preludere al più recente interesse di Bollinger, la pittura”.
CARBONE
Mario Carbone, nato a Tufino (Napoli) il 9 maggio 1970, vive e lavora a Nola, in provincia di Napoli. Diplomatosi in fotografia e scenografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, intraprende varie attività nell’ambito della fotografia di moda, a Milano con Sofia Riva, della fotografia industriale, insieme a Edward Rozzo, e della fotografia creativa, con Mario Cresci. Ha partecipato a numerose mostre nazionali ed internazionali, tra cui “Chip’s colours” del 1996 ad Atlanta (USA) e la sua personale intinerante “Divided colours”, presentata nelle più importanti città italiane. Nel ’98 fonda “Napolifotografia”, associazione che si propone di creare un contatto tra la fotografia italiana e quella internazionale. Scrive Alessandro Manna: “’Divided colours’ di Mario Carbone è un’opera che si presta a svariate letture o interpretazioni ed offre molteplici rimandi. … ma queste immagini hanno forza e valori che vanno al di là degli analogismi e dei giochi di citazione: una forza che –partendo da un punto certo, conosciuto, familiare a tutti, il corpo umano- riesce a rendere, fortemente dinamica, estremamente cinetica, la visione delle immagini. Il bello è nella natura, e lo si incontra nelle forme più diverse della realtà”.
DONAGGIO
Franco Donaggio nasce a Chioggia in provincia di Venezia nel 1958, opera a Milano come fotografo dal 1979. L'alta professionalità e la continua sperimentazione in tutte le tecniche di camera oscura e ripresa lo portano presto ad approfondire nuovi linguaggi estetici che ne rinnovano costantemente il livello professionale e creativo. Nel 1992 gli viene conferito il premio 'Pubblicità Italia' per la fotografia di still life. Nel 1995 Donaggio realizza il suo primo importante progetto fine art intitolato 'Metaritratti', che lo vedrà vincitore del 'Kodak Gold Award' Italiano per la fotografia di ritratto nel 1996. Donaggio dedica sempre maggiore attenzione alla fotografia d’autore e avvia uno stretto rapporto di collaborazione con la 'Joel Soroka Gallery' di Aspen che lo rappresenterà per la vendita nel collezionismo nel Nord America e lo porterà ad essere presente tra le più importanti fiere d'arte fotografica degli Stati Uniti: 'Photo LA', Los Angeles; 'AIPAD show', New York; 'Art Fair, Cicago'. Le immagini fine art di Donaggio sono state esposte in gallerie e musei Italiani, Europei e negli States, altre sono presenti in numerose collezioni di fotografia pubbliche e private.
GIACALONE
Michele Giacalone fotografa dal 1970 usando la macchina fotografica come strumento espressivo e non come mezzo di registrazione puramente meccanico. In un’intervista ha dichiarato: “Sono felice di essere incappato nel morbo della fotografia che mi ha dato lo stimolo e la possibilità di riprodurre in immagini emozioni, sensazioni, idee”. Oltre a rivelare un profondo rispetto e amore per la natura, le immagini di Giacalone testimoniano gli sforzi instancabili dedicati alla ricerca di valori fuori dal tempo e verità universali, ritrovati in spettacolari scenari accuratamente concepiti, intrisi di luce e in grado di esprimere l’esperienza della fugacità umana.
Le sue fotografie dei paesaggi sono straordinarie anche in una prospettiva internazionale e hanno contribuito in modo decisivo a formare la percezione dell' Italia come paese di eterna bellezza. Alla luce del nuovo e crescente apprezzamento nei confronti dell’approccio soggettivo e della connotazione artistica della fotografia, è evidente quanto il contributo di Giacalone alla fotografia italiana sia stato autonomo e moderno. Nelle sue immagini, infatti, egli traduce in un linguaggio bidimensionale in bianco e nero la sua visione estetica del paesaggio e delle cose, mettendoli in scena in modo da rivelarne tutta la bellezza.
KARIKESE
Frederic Karikese è un artista belga (fotografia, computer grafica, scultura, scenografia, ceramica). Ha partecipato a circa 160 mostre in 10 paesi del mondo, comparendo in 30 riviste specialistiche. È presente in 15 libri, 13 dizionari ed enciclopedie d’arte, 15 musei e grandi collezioni pubbliche nel mondo che hanno acquistato le sue opere. Le gallerie d’arte on-line gli danno la possibilità di incontrare persone che normalmente non frequentano le gallerie tradizionali.
MARGHERI
Ivan Margheri, nato a Firenze nel 1958, fotografa dagli anni ’70. Ha esposto, tra l’altro, a Firenze (Terza Cultura, 1998; La città, 2006, Business Class, 2008, Anonimi, 2008), Napoli (Terza Cultura, 1999) e Roma (La città, 2006). E’ uno dei fondatori di PhotoGallery ed è autore della Storia della Macchina Fotografica pubblicata sul sito dell’Associazione. Ha prodotto il libro L’Apocalisse in esemplare unico (collezione privata, 1999) e insieme a Andrea Vannini e Guido Pratellesi Essere o Apparire, numero unico di Colors Notebook esposto al Centro Pompidou di Parigi nel contesto dell’omonima iniziativa a cura di Colors Magazine (2006). Sue immagini sono state pubblicate da riviste italiane e straniere e fanno parte di collezioni private. Amedeo Sessa scrive: “Margheri, ‘fermando’ il messaggio televisivo attraverso il mezzo fotografico, raggiunge qualità compositive ed espressive proprie della pittura e della grafica pur non utilizzandone alcuno dei consueti strumenti e materiali”.
PINTO
Enrico Pinto, nato a Napoli nel 1953, vive e lavora a Milano. Accanto alla fotografia tradizionale dove si è cimentato nei generi classici del nudo artistico e del paesaggio si è poi appassionato alla fotografia di ricerca con combinazioni o contaminazioni di colori bianco e nero e colore realizzando attraverso esposizioni multiple o sandwich di diapositive composizioni surreali. Ha esposto in varie parti d'Italia -Pompei, Roma, Trieste, Carrara- e all'estero, in Germania a Weilburg, a Barcellona e all'ARTEXPO' di New York, partecipando a mostre personali e collettive. Paolo Trevisan ha scritto: “La ricerca fotografica di Pinto se avvale della tecnica del fotomontaggio, raggiungendo risultati che imitano i linguaggi della grafica de della pittura... egli prosegue nella sua ricerca fotografica non lasciandosi racchiudere da etichette che ne ridurrebbero il suo originale talento creativo; i suoi nudi femminili, emblema dell'eros, sembrano appartenere ad un mondo fantastico e simbolico dove poco è rimasto della realtà per realizzare il quale l'autore attinge con estro al suo immaginario che esplora forme, cromie e superfici fotografiche”.
ROSAMILIA
Enzo Rosamilia è nato ad Auletta (Salerno) l'8 Marzo 1955; ha studiato pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli; attualmente insegna fotografia all'Istituto Statale d'Arte di Salerno ed è il Direttore Artistico del Photo Gallery Rosamilia. Si occupa di fotografia e grafica pubblicitaria. Dal 1978 stampa le sue immagini su carta d'Amalfi emulsionata . Vive e lavora a Castel S. Giorgio (Salerno). Dora Celeste Amato scrive di lui: " ...Enzo Rosamilia ... con il suo occhio indiscreto eppure tenerissimo, infila la chiave nelle toppe, batte ai solidi, rassicuranti portoni delle vecchie case di provincia, annusa il profumo delle pere quando, in soffitta, attendono sulla paglia, di essere portate, ruvide e dorate, al piano nobile. Enzo prende il Tempo per mano, lo fa erede di sé e non antenato. … ha scelto di piegare la macchina fotografica, sempre più sofisticata, ai propri sentimenti, compiendo, come ha scritto Giuliana Scimé, '...un lavoro di rara complessità tecnica e di straordinaria semplicità e di restituzione visiva’”.
SESSA
Amedeo Sessa, nato ad Angri (Salerno) nel 1952, magistrato per professione e artista per vocazione e tradizione familiare, è artisticamente attivo dal 1972, ma solo nel 1995 ha deciso di partecipare al pubblico la sua produzione artistica, inizialmente incentrata su immagini fotografiche in bianconero arricchite da interventi grafici e pittorici. La sua produzione recente, da lui battezzata “Fusion-Art”, è anche il nome di un movimento artistico, nel quale la fotografia si fonde con la pittura e con le altre tecniche espressive superando gli steccati culturali. Ha vinto in breve tempo numerosi premi nazionali ed internazionali, tra i quali il Primo Premio Assoluto al Concorso Nazionale “Salerno 1995” e il Primo Premio Internazionale Assoluto “La foto bella” nel 1997. Scrive Angelo Calabrese: “Mi piace di Amedeo Sessa la metodologia, vivamente dialettica, alla quale ha improntato la sua ricerca, evocativa di natura, storia e fantasia, che trova poco congeniali le emozioni deboli, focalizza interrogativi tra memorie ed intelligenze interattive, mira a risolvere in unità le tensioni, anche estetiche, della nostra svolta epocale.
In modo simile, il filosofo nolano Giordano Bruno (Nola, 1548 - Roma, 1600) distinse tra sensi esterni, di cui la vista è il principale, e i sensi interni, che ritengono le forme percepite dai sensi esterni. Secondo Bruno, se questi sensi vengono purificati, come in un processo alchemico, ovvero allontanati dalla “scoria” delle “apparenze”, consentono di compiere operazioni di ricerca fondate, che è proprio la capacità del “terzo occhio”.
Il “terzo occhio” di questa mostra è un evidente richiamo all’obbiettivo della macchina fotografica, che diventa per i fotografi un’estensione del loro “terzo occhio” naturale in virtù della propria capacità di percepire e rappresentare, attraverso il mezzo fotografico, sensazioni, idee e sentimenti. Ed è appunto questa capacità che fa della fotografia una forma d’arte autonoma, come si è cercato di affermare negli Stati Uniti fin dagli anni ’30 e in Europa più di recente. Un po’ prima, verso la fine del XIX secolo, Giovanni Ruskin, critico d’arte e scrittore inglese, commentando entusiasta una fotografia raffigurante Venezia, disse: “… è come se un mago avesse rimpicciolito la realtà, per portarsela via in un paese incantato”.
Fin dagli albori della fotografia c’è stato chi sosteneva che le immagini fotografiche, al pari dei quadri dei pittori, potevano andare oltre la riproduzione fedele della realtà, per creare qualcosa di totalmente diverso, frutto dell’interpretazione personale dell’artista. Ne discende una suggestiva definizione di fotografia d’arte, che considera le foto scattate dai fotografi per raccontare le proprie storie persino indipendenti dal contesto narrativo, ambientale, o sociale, in cui erano nate. Un’affermazione che sottolinea la capacità di vita propria delle foto, una capacità che, in ultima analisi, discerne ciò che è arte da ciò che rimane una buona foto.
Il fotografo Alessandro Vasari, figlio d’arte, discendente di una storica famiglia di fotografi romani, ha di recente confessato: “Sono dominato dal bisogno di riprodurre sull'emulsione la sensazione di bellezza che provo in un momento apparentemente insignificante ma invece pieno di cromatismi e di chiaroscuri insostituibili. Allora il "click" diventa il rumore più affascinante, che scandisce lo sguardo fotografico e lo fissa in uno spazio di tempo scelto come unico e irripetibile, grazie alla luce che disegna il fotogramma. La luce attraversando l'obiettivo vive nel fotogramma, essa è l'incantesimo in cui ogni fotografo si deve perdere ogni volta che può”.
Dott. Plinio Caio Gracco
Curatore della mostra
NOTE BIOGRAFICHE SUGLI ESPOSITORI:
ASTRID
Astrid Kirchherr (1938 - 1962), fotografa tedesca nota per la sua associazione con i Beatles. Attraverso le sue oltre 1400 fotografie, compone una realtà molto personale, con stile surreale, al di là di Magritte e Man Ray. Il suo universo poetico in bianco e nero, dove impegno sociale e utopia hanno anche trovato un posto, è costruito per mezzo di successive stratificazioni rafforzate da solarizzazioni. I suoi primi lavori sono stati esposti ad Amburgo, Brema, Londra, Liverpool, New York City, Washington DC, Tokyo, Vienna e presso il Rock 'n' Roll Hall of Fame.
BOLLINGER
Dominique Bollinger, nato a Lione nel 1950, vive a Roma da diversi anni e fotografa da quando ne aveva diciotto. Diverse le pubblicazioni in riviste e le personali in Francia, negli Stati Uniti e in Italia. Nel 1975 trascorse sei mesi in Africa, dedicando un reportage al Paese. Trascorre la prima metà degli anni Ottanta negli States, quindi si trasferisce a Parigi, dedicandosi ad una fotografìa di paesaggio che sembra unire in sé le due diverse geografie dello sguardo, quella americana e quella francese. Dal 1986 si interessa di fotocollage, con rimandi e citazioni ad aspetti iconici (fotografici e pittorici) al Giappone e alla classicità mediterranea e una resa delle luci e dei colori tratta direttamente dalla propria formazione di paesaggista. Paula Sani Mariano ha scritto di lui: “Solarità, rigore compositivo, simbolismo e forza del colore (oltre ad alcune prospettive falsate) sono tra gli elementi che caratterizzano il lavoro, che a sua volta sembra preludere al più recente interesse di Bollinger, la pittura”.
CARBONE
Mario Carbone, nato a Tufino (Napoli) il 9 maggio 1970, vive e lavora a Nola, in provincia di Napoli. Diplomatosi in fotografia e scenografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, intraprende varie attività nell’ambito della fotografia di moda, a Milano con Sofia Riva, della fotografia industriale, insieme a Edward Rozzo, e della fotografia creativa, con Mario Cresci. Ha partecipato a numerose mostre nazionali ed internazionali, tra cui “Chip’s colours” del 1996 ad Atlanta (USA) e la sua personale intinerante “Divided colours”, presentata nelle più importanti città italiane. Nel ’98 fonda “Napolifotografia”, associazione che si propone di creare un contatto tra la fotografia italiana e quella internazionale. Scrive Alessandro Manna: “’Divided colours’ di Mario Carbone è un’opera che si presta a svariate letture o interpretazioni ed offre molteplici rimandi. … ma queste immagini hanno forza e valori che vanno al di là degli analogismi e dei giochi di citazione: una forza che –partendo da un punto certo, conosciuto, familiare a tutti, il corpo umano- riesce a rendere, fortemente dinamica, estremamente cinetica, la visione delle immagini. Il bello è nella natura, e lo si incontra nelle forme più diverse della realtà”.
DONAGGIO
Franco Donaggio nasce a Chioggia in provincia di Venezia nel 1958, opera a Milano come fotografo dal 1979. L'alta professionalità e la continua sperimentazione in tutte le tecniche di camera oscura e ripresa lo portano presto ad approfondire nuovi linguaggi estetici che ne rinnovano costantemente il livello professionale e creativo. Nel 1992 gli viene conferito il premio 'Pubblicità Italia' per la fotografia di still life. Nel 1995 Donaggio realizza il suo primo importante progetto fine art intitolato 'Metaritratti', che lo vedrà vincitore del 'Kodak Gold Award' Italiano per la fotografia di ritratto nel 1996. Donaggio dedica sempre maggiore attenzione alla fotografia d’autore e avvia uno stretto rapporto di collaborazione con la 'Joel Soroka Gallery' di Aspen che lo rappresenterà per la vendita nel collezionismo nel Nord America e lo porterà ad essere presente tra le più importanti fiere d'arte fotografica degli Stati Uniti: 'Photo LA', Los Angeles; 'AIPAD show', New York; 'Art Fair, Cicago'. Le immagini fine art di Donaggio sono state esposte in gallerie e musei Italiani, Europei e negli States, altre sono presenti in numerose collezioni di fotografia pubbliche e private.
GIACALONE
Michele Giacalone fotografa dal 1970 usando la macchina fotografica come strumento espressivo e non come mezzo di registrazione puramente meccanico. In un’intervista ha dichiarato: “Sono felice di essere incappato nel morbo della fotografia che mi ha dato lo stimolo e la possibilità di riprodurre in immagini emozioni, sensazioni, idee”. Oltre a rivelare un profondo rispetto e amore per la natura, le immagini di Giacalone testimoniano gli sforzi instancabili dedicati alla ricerca di valori fuori dal tempo e verità universali, ritrovati in spettacolari scenari accuratamente concepiti, intrisi di luce e in grado di esprimere l’esperienza della fugacità umana.
Le sue fotografie dei paesaggi sono straordinarie anche in una prospettiva internazionale e hanno contribuito in modo decisivo a formare la percezione dell' Italia come paese di eterna bellezza. Alla luce del nuovo e crescente apprezzamento nei confronti dell’approccio soggettivo e della connotazione artistica della fotografia, è evidente quanto il contributo di Giacalone alla fotografia italiana sia stato autonomo e moderno. Nelle sue immagini, infatti, egli traduce in un linguaggio bidimensionale in bianco e nero la sua visione estetica del paesaggio e delle cose, mettendoli in scena in modo da rivelarne tutta la bellezza.
KARIKESE
Frederic Karikese è un artista belga (fotografia, computer grafica, scultura, scenografia, ceramica). Ha partecipato a circa 160 mostre in 10 paesi del mondo, comparendo in 30 riviste specialistiche. È presente in 15 libri, 13 dizionari ed enciclopedie d’arte, 15 musei e grandi collezioni pubbliche nel mondo che hanno acquistato le sue opere. Le gallerie d’arte on-line gli danno la possibilità di incontrare persone che normalmente non frequentano le gallerie tradizionali.
MARGHERI
Ivan Margheri, nato a Firenze nel 1958, fotografa dagli anni ’70. Ha esposto, tra l’altro, a Firenze (Terza Cultura, 1998; La città, 2006, Business Class, 2008, Anonimi, 2008), Napoli (Terza Cultura, 1999) e Roma (La città, 2006). E’ uno dei fondatori di PhotoGallery ed è autore della Storia della Macchina Fotografica pubblicata sul sito dell’Associazione. Ha prodotto il libro L’Apocalisse in esemplare unico (collezione privata, 1999) e insieme a Andrea Vannini e Guido Pratellesi Essere o Apparire, numero unico di Colors Notebook esposto al Centro Pompidou di Parigi nel contesto dell’omonima iniziativa a cura di Colors Magazine (2006). Sue immagini sono state pubblicate da riviste italiane e straniere e fanno parte di collezioni private. Amedeo Sessa scrive: “Margheri, ‘fermando’ il messaggio televisivo attraverso il mezzo fotografico, raggiunge qualità compositive ed espressive proprie della pittura e della grafica pur non utilizzandone alcuno dei consueti strumenti e materiali”.
PINTO
Enrico Pinto, nato a Napoli nel 1953, vive e lavora a Milano. Accanto alla fotografia tradizionale dove si è cimentato nei generi classici del nudo artistico e del paesaggio si è poi appassionato alla fotografia di ricerca con combinazioni o contaminazioni di colori bianco e nero e colore realizzando attraverso esposizioni multiple o sandwich di diapositive composizioni surreali. Ha esposto in varie parti d'Italia -Pompei, Roma, Trieste, Carrara- e all'estero, in Germania a Weilburg, a Barcellona e all'ARTEXPO' di New York, partecipando a mostre personali e collettive. Paolo Trevisan ha scritto: “La ricerca fotografica di Pinto se avvale della tecnica del fotomontaggio, raggiungendo risultati che imitano i linguaggi della grafica de della pittura... egli prosegue nella sua ricerca fotografica non lasciandosi racchiudere da etichette che ne ridurrebbero il suo originale talento creativo; i suoi nudi femminili, emblema dell'eros, sembrano appartenere ad un mondo fantastico e simbolico dove poco è rimasto della realtà per realizzare il quale l'autore attinge con estro al suo immaginario che esplora forme, cromie e superfici fotografiche”.
ROSAMILIA
Enzo Rosamilia è nato ad Auletta (Salerno) l'8 Marzo 1955; ha studiato pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli; attualmente insegna fotografia all'Istituto Statale d'Arte di Salerno ed è il Direttore Artistico del Photo Gallery Rosamilia. Si occupa di fotografia e grafica pubblicitaria. Dal 1978 stampa le sue immagini su carta d'Amalfi emulsionata . Vive e lavora a Castel S. Giorgio (Salerno). Dora Celeste Amato scrive di lui: " ...Enzo Rosamilia ... con il suo occhio indiscreto eppure tenerissimo, infila la chiave nelle toppe, batte ai solidi, rassicuranti portoni delle vecchie case di provincia, annusa il profumo delle pere quando, in soffitta, attendono sulla paglia, di essere portate, ruvide e dorate, al piano nobile. Enzo prende il Tempo per mano, lo fa erede di sé e non antenato. … ha scelto di piegare la macchina fotografica, sempre più sofisticata, ai propri sentimenti, compiendo, come ha scritto Giuliana Scimé, '...un lavoro di rara complessità tecnica e di straordinaria semplicità e di restituzione visiva’”.
SESSA
Amedeo Sessa, nato ad Angri (Salerno) nel 1952, magistrato per professione e artista per vocazione e tradizione familiare, è artisticamente attivo dal 1972, ma solo nel 1995 ha deciso di partecipare al pubblico la sua produzione artistica, inizialmente incentrata su immagini fotografiche in bianconero arricchite da interventi grafici e pittorici. La sua produzione recente, da lui battezzata “Fusion-Art”, è anche il nome di un movimento artistico, nel quale la fotografia si fonde con la pittura e con le altre tecniche espressive superando gli steccati culturali. Ha vinto in breve tempo numerosi premi nazionali ed internazionali, tra i quali il Primo Premio Assoluto al Concorso Nazionale “Salerno 1995” e il Primo Premio Internazionale Assoluto “La foto bella” nel 1997. Scrive Angelo Calabrese: “Mi piace di Amedeo Sessa la metodologia, vivamente dialettica, alla quale ha improntato la sua ricerca, evocativa di natura, storia e fantasia, che trova poco congeniali le emozioni deboli, focalizza interrogativi tra memorie ed intelligenze interattive, mira a risolvere in unità le tensioni, anche estetiche, della nostra svolta epocale.
27
marzo 2009
Il terzo occhio
Dal 27 marzo al 26 aprile 2009
fotografia
Location
MUSEO GRACCO
Pompei, Via Provinciale Villa Dei Misteri, (Napoli)
Pompei, Via Provinciale Villa Dei Misteri, (Napoli)
Orario di apertura
mart-dom: 10-13. Per appuntamento in altri orari
Vernissage
27 Marzo 2009, ore 19
Autore
Curatore