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IL TIZIANO MAI VISTO. La Fuga in Egitto e la grande pittura veneta
12 anni di restauri al museo Ermitage e il primo capolavoro di Tiziano, imponente per dimensioni, torna a splendere.
Dopo 250 anni esce per la prima e unica volta dalla Russia e giunge a Venezia in una grande mostra
Comunicato stampa
Segnala l'evento
12 anni di restauri al museo Ermitage e il primo capolavoro di Tiziano, imponente per dimensioni, torna a splendere.
Dopo 250 anni esce per la prima e unica volta dalla Russia e giunge a Venezia in una grande mostra
Ci sono voluti 12 anni di restauri accurati da parte dell’Ermitage per far riemergere i colori, la luce, i particolari, la forza rivoluzionaria dell’opera con cui Tiziano
nel 1507 “scopre” la natura in pittura; ed è stato necessario un accordo internazionale tra il Museo Statale Ermitage, la Soprintendenza per il Patrimonio Storico,
Artistico e Etnoantropologico e per il Polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare, la National Gallery di Londra e la Fondazione Ermitage Italia per consentire che quest’opera,
imponente per dimensioni (204 × 324 cm) e sconcertante per la vitalità del paesaggio, potesse tornare – dopo quasi 250 anni – in Italia, nella sua Venezia, in un’esposizione irripetibile dal 29 agosto al 2 dicembre 2012.
Esposta a Londra subito dopo il restauro, La Fuga in Egitto – che a ragione può considerarsi il primo capolavoro di Tiziano – giungerà direttamente dall’Inghilterra alle Gallerie dell’Accademia,
dove sarà il fulcro di una mostra preziosissima che avvicina al dipinto circa venti opere dei grandi maestri veneti che, tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, hanno contribuito a innovare lo sguardo sulla natura
(Bellini, Giorgione, Sebastiano del Piombo, Lotto, ecc.), per poi rientrare all’Ermitage da dove, hanno già annunciato, sarà impossibile possa allontanarsi in futuro.
Un’occasione irripetibile per ammirare il grandioso paesaggio, eccezionale se non unico, non solo nel panorama della pittura veneziana degli inizi del XVI secolo
– realizzato nel formato del tradizionale telero – ma di tutta la pittura italiana del tempo e per cogliere, grazie alle suggestioni e ai confronti proposti nella mostra curata da Giuseppe Pavanello e Irina Artemieva,
l’elemento specifico e innovativo della visione paesistica di Tiziano, la sua natura “fremente” e vita che diventa tutt’uno con la figura umana, grazie alla pittura: colore, luce, ombra, atmosfera.
Promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare,
dal Museo Statale Ermitage, dal Comune di Venezia e dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, in collaborazione con la National Gallery di Londra e con
la Fondazione Ermitage Italia, l’esposizione alle Gallerie dell’Accademia, prodotta da Venezia Accademia e Villaggio Globale International (catalogo Marsilio), entra dunque nel vivo del nuovo modo di intendere il paesaggio e il rapporto tra uomo e natura
(una delle invenzioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte veneta) non solo grazie al capolavoro tizianesco, che ha lasciato per la prima volta la Russia dal 1768, ma in forza anche delle sceltissime opere che
nell’occassione gli verranno affiancate: dall’Allegoria sacra (ora agli Uffizi) di Giovanni Bellini alla Tempesta e al Tramonto di Giorgione,
rispettivamente delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e della National Gallery di Londra; dal San Girolamo di Cima da Conegliano della Galleria Palatina, all’analogo soggetto raffigurato da Lorenzo Lotto
e prestato da Castel Sant’Angelo; dalla Nascita e dalla Morte di Adone di Sebastiano del Piombo (Museo Civico Amedeo Lia, La Spezia) fino alla Fuga in Egitto di Albrecht Dürer e ai trittici di Santa Liberata e degli Eremiti di Hieronymus Bosch.
In sequenza e a confronto maestri veneziani e maestri oltremontani, in un contrappunto da cui emergono le rispettive personalità,
in modo da offrire al visitatore opportunità uniche e singolari di comprensione di un passaggio cruciale della pittura rinascimentale.
***
Vasari ci racconta che Tiziano, nel 1507 – lo stesso anno in cui realizza la Fuga in Egitto per Andrea Loredan e il suo nuovo palazzo sul Canal Grande, Ca’ Loredan Vendramin Calergi – lascia la bottega di Giovanni Bellini per quella di Giorgione.
Le esperienze cui attinge il giovanissimo pittore sono straordinarie: in quegli anniVenezia diventa infatti il luogo d’elezione per l’elaborazione della rappresentazione del paesaggio in senso moderno,
non più sfondo ma “specchiodel corpo vivente della natura” e Bellini prima, Giorgione poi sono tra i protagonisti indiscussi di questa avventura.
Il rapporto tra la figura e l’ambientazione paesistica è un problema che accomunerà, pur nella differenza degli esiti conseguiti, diverse generazioni d’artisti, fin da quando
un nuovo sentimento della natura viene manifestandosi proprio nell’opera di Giovanni Bellini, che si mostra capace di illustrare la serena bellezza del creato nella sue variazioni temporali.
Un dipinto come l’Allegoria sacra degli Uffizi con figure di santi nel paesaggio – cui viene accostato in mostra il San Gerolamo di Cima da Conegliano – è un esempio
di questo nuovo sentire che si esplicita anche nei soggetti sacri e che troverà approfondimenti decisivi nell’opera di Giorgione, nel cosiddetto Tramonto della National
Gallery di Londra, carico di misteri e di enigmi come tutta la pittura del Maestro di Castelfranco e come la natura stessa.
Quella che era una semplice componente prende qui il sopravvento e trasforma il quadro quasi in paesaggio puro: una composizione in cui le figurette dei personaggi sacri sono davvero inglobate
e partecipano al vasto respiro della natura. È un annuncio della Tempesta dello stesso autore (presente nel percorso espositivo insieme alla giovanile Madonna dell’Ermitage) indicata da sempre come l’opera che
apre una fase nuova non solo del fare pittorico ma una Weltanschauung con riflessi ed esiti di particolare rilievo soprattutto nell’attività giovanile di Tiziano e dei giovani contemporanei.
Se in Bellini – come già aveva scritto Mariuz – «i personaggi si accampano monumentali, per cui la natura sembra farsi abside e altare e accogliere icone viventi», in
Giorgione il paesaggio e l’elemento atmosferico colti grazie all’osservazione diretta, divengono assoluti protagonisti.
È un’iniezione di nuova linfa nella pittura veneta e rinascimentale, che s’insinua e corre profonda.
Partecipe di questa sensibilità, sia pure su un altro fronte, è anche l’esordiente Lorenzo Lotto alter ego di Giorgione e del giovane Tiziano, sperimentatore anch’egli
del tema paesaggistico. Proprio nella raffigurazione del San Girolamo penitente di Castel Sant’Angelo – altra opera in mostra esemplare di questi cruciali quindici anni
– Lotto trova esiti diversi, fino a costituire un’alternativa personalissima. Così come originalissima e altrettanto fondamentale per l’elaborazione del tempo appare la soluzione paesistica, visionaria e metamorfica,
di Hieronymus Bosch nelle sue opere veneziane: quasi un contraltare al senso della natura arcadico e classicheggiante dei veneziani.
Sarà tuttavia Tiziano a portare a compimento lo sviluppo del percorso intrapreso da Bellini e rivoluzionato da Giorgione, grazie anche alle suggestioni del grande incisore e disegnatore di Norimberga, Albrecht Dürer,
che è a Venezia prima del 1498 e poi, per un intero anno, dal 1505 agli inizi del 1507.
Il giovane Cadorino introduce nel paesaggio di Giorgione – pur in una composizione dall’impianto ancora tradizionale come è, nonostante tutto,
La fuga in Egitto – il vasto fremito del bosco, la varietà delle sue forme, la sua animazione impetuosa.
Tiziano trae dalla stampe di Dürer il rapporto pulsante tra le figure e l’ambiente, convertendolo in pittura.
La sua diventa così una natura viva e vitale, con una freschezza d’osservazione e una libertà di resa che sembrano escludere il riferimento a qualsiasi schema precostituito;
una natura nella quale è possibile calare le passioni e i sentimenti degli uomini.
La straordinaria opera realizzata per il Loredan, ampia finestra sul mondo naturale che aveva colpito anche l’immaginazione di Vasari, riconsegnata grazie al restauro al suo ruolo di capolavoro del Rinascimento,
è la prima grandiosa affermazione di questa originalità tizianesca, della sua capacità cioè di trasformare in pura pittura un’innovativa e sbalorditiva interpretazione della natura.
Tiziano nel realizzare questo telero stava per osare addirittura qualcosa in più, innovando completamente il rapporto tra figure e paesaggio anche nella composizione: i raggi X a cui è stato sottoposto il dipinto, presso i laboratori del Museo Statale
Ermitage, hanno infatti rivelato sorprendentemente che l’autore aveva inizialmente abbozzato un diverso soggetto – un’Adorazione, ben visibile sotto lo strato pittorico
– collocando nel centro della tela tre figure di dimensioni ridotte rispetto a quelle poi dipinte nella Fuga.
Non è chiaro quale sia il motivo che ha spinto il pittore ad abbandonare l’idea iniziale, scegliendo un altro soggetto, per altro ben poco presente nella tradizione della pittura veneta, né cosa abbia indotto Tiziano
ad adottare una più tradizionale impostazione delle figure, ma una scintilla era ormai scattata.
Quella spettacolare ambientazione boschiva di dimensioni impensabili, il ruscello dalla pennellata grumosa, i molti animali che animano la tela «i quali ritrasse dal vivo – come scrisse Vasari –
e sono veramente naturali e quasi vivi» rivelano una personalità unica e danno inizio a una nuova stagione.
Dopo 250 anni esce per la prima e unica volta dalla Russia e giunge a Venezia in una grande mostra
Ci sono voluti 12 anni di restauri accurati da parte dell’Ermitage per far riemergere i colori, la luce, i particolari, la forza rivoluzionaria dell’opera con cui Tiziano
nel 1507 “scopre” la natura in pittura; ed è stato necessario un accordo internazionale tra il Museo Statale Ermitage, la Soprintendenza per il Patrimonio Storico,
Artistico e Etnoantropologico e per il Polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare, la National Gallery di Londra e la Fondazione Ermitage Italia per consentire che quest’opera,
imponente per dimensioni (204 × 324 cm) e sconcertante per la vitalità del paesaggio, potesse tornare – dopo quasi 250 anni – in Italia, nella sua Venezia, in un’esposizione irripetibile dal 29 agosto al 2 dicembre 2012.
Esposta a Londra subito dopo il restauro, La Fuga in Egitto – che a ragione può considerarsi il primo capolavoro di Tiziano – giungerà direttamente dall’Inghilterra alle Gallerie dell’Accademia,
dove sarà il fulcro di una mostra preziosissima che avvicina al dipinto circa venti opere dei grandi maestri veneti che, tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, hanno contribuito a innovare lo sguardo sulla natura
(Bellini, Giorgione, Sebastiano del Piombo, Lotto, ecc.), per poi rientrare all’Ermitage da dove, hanno già annunciato, sarà impossibile possa allontanarsi in futuro.
Un’occasione irripetibile per ammirare il grandioso paesaggio, eccezionale se non unico, non solo nel panorama della pittura veneziana degli inizi del XVI secolo
– realizzato nel formato del tradizionale telero – ma di tutta la pittura italiana del tempo e per cogliere, grazie alle suggestioni e ai confronti proposti nella mostra curata da Giuseppe Pavanello e Irina Artemieva,
l’elemento specifico e innovativo della visione paesistica di Tiziano, la sua natura “fremente” e vita che diventa tutt’uno con la figura umana, grazie alla pittura: colore, luce, ombra, atmosfera.
Promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare,
dal Museo Statale Ermitage, dal Comune di Venezia e dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, in collaborazione con la National Gallery di Londra e con
la Fondazione Ermitage Italia, l’esposizione alle Gallerie dell’Accademia, prodotta da Venezia Accademia e Villaggio Globale International (catalogo Marsilio), entra dunque nel vivo del nuovo modo di intendere il paesaggio e il rapporto tra uomo e natura
(una delle invenzioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte veneta) non solo grazie al capolavoro tizianesco, che ha lasciato per la prima volta la Russia dal 1768, ma in forza anche delle sceltissime opere che
nell’occassione gli verranno affiancate: dall’Allegoria sacra (ora agli Uffizi) di Giovanni Bellini alla Tempesta e al Tramonto di Giorgione,
rispettivamente delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e della National Gallery di Londra; dal San Girolamo di Cima da Conegliano della Galleria Palatina, all’analogo soggetto raffigurato da Lorenzo Lotto
e prestato da Castel Sant’Angelo; dalla Nascita e dalla Morte di Adone di Sebastiano del Piombo (Museo Civico Amedeo Lia, La Spezia) fino alla Fuga in Egitto di Albrecht Dürer e ai trittici di Santa Liberata e degli Eremiti di Hieronymus Bosch.
In sequenza e a confronto maestri veneziani e maestri oltremontani, in un contrappunto da cui emergono le rispettive personalità,
in modo da offrire al visitatore opportunità uniche e singolari di comprensione di un passaggio cruciale della pittura rinascimentale.
***
Vasari ci racconta che Tiziano, nel 1507 – lo stesso anno in cui realizza la Fuga in Egitto per Andrea Loredan e il suo nuovo palazzo sul Canal Grande, Ca’ Loredan Vendramin Calergi – lascia la bottega di Giovanni Bellini per quella di Giorgione.
Le esperienze cui attinge il giovanissimo pittore sono straordinarie: in quegli anniVenezia diventa infatti il luogo d’elezione per l’elaborazione della rappresentazione del paesaggio in senso moderno,
non più sfondo ma “specchiodel corpo vivente della natura” e Bellini prima, Giorgione poi sono tra i protagonisti indiscussi di questa avventura.
Il rapporto tra la figura e l’ambientazione paesistica è un problema che accomunerà, pur nella differenza degli esiti conseguiti, diverse generazioni d’artisti, fin da quando
un nuovo sentimento della natura viene manifestandosi proprio nell’opera di Giovanni Bellini, che si mostra capace di illustrare la serena bellezza del creato nella sue variazioni temporali.
Un dipinto come l’Allegoria sacra degli Uffizi con figure di santi nel paesaggio – cui viene accostato in mostra il San Gerolamo di Cima da Conegliano – è un esempio
di questo nuovo sentire che si esplicita anche nei soggetti sacri e che troverà approfondimenti decisivi nell’opera di Giorgione, nel cosiddetto Tramonto della National
Gallery di Londra, carico di misteri e di enigmi come tutta la pittura del Maestro di Castelfranco e come la natura stessa.
Quella che era una semplice componente prende qui il sopravvento e trasforma il quadro quasi in paesaggio puro: una composizione in cui le figurette dei personaggi sacri sono davvero inglobate
e partecipano al vasto respiro della natura. È un annuncio della Tempesta dello stesso autore (presente nel percorso espositivo insieme alla giovanile Madonna dell’Ermitage) indicata da sempre come l’opera che
apre una fase nuova non solo del fare pittorico ma una Weltanschauung con riflessi ed esiti di particolare rilievo soprattutto nell’attività giovanile di Tiziano e dei giovani contemporanei.
Se in Bellini – come già aveva scritto Mariuz – «i personaggi si accampano monumentali, per cui la natura sembra farsi abside e altare e accogliere icone viventi», in
Giorgione il paesaggio e l’elemento atmosferico colti grazie all’osservazione diretta, divengono assoluti protagonisti.
È un’iniezione di nuova linfa nella pittura veneta e rinascimentale, che s’insinua e corre profonda.
Partecipe di questa sensibilità, sia pure su un altro fronte, è anche l’esordiente Lorenzo Lotto alter ego di Giorgione e del giovane Tiziano, sperimentatore anch’egli
del tema paesaggistico. Proprio nella raffigurazione del San Girolamo penitente di Castel Sant’Angelo – altra opera in mostra esemplare di questi cruciali quindici anni
– Lotto trova esiti diversi, fino a costituire un’alternativa personalissima. Così come originalissima e altrettanto fondamentale per l’elaborazione del tempo appare la soluzione paesistica, visionaria e metamorfica,
di Hieronymus Bosch nelle sue opere veneziane: quasi un contraltare al senso della natura arcadico e classicheggiante dei veneziani.
Sarà tuttavia Tiziano a portare a compimento lo sviluppo del percorso intrapreso da Bellini e rivoluzionato da Giorgione, grazie anche alle suggestioni del grande incisore e disegnatore di Norimberga, Albrecht Dürer,
che è a Venezia prima del 1498 e poi, per un intero anno, dal 1505 agli inizi del 1507.
Il giovane Cadorino introduce nel paesaggio di Giorgione – pur in una composizione dall’impianto ancora tradizionale come è, nonostante tutto,
La fuga in Egitto – il vasto fremito del bosco, la varietà delle sue forme, la sua animazione impetuosa.
Tiziano trae dalla stampe di Dürer il rapporto pulsante tra le figure e l’ambiente, convertendolo in pittura.
La sua diventa così una natura viva e vitale, con una freschezza d’osservazione e una libertà di resa che sembrano escludere il riferimento a qualsiasi schema precostituito;
una natura nella quale è possibile calare le passioni e i sentimenti degli uomini.
La straordinaria opera realizzata per il Loredan, ampia finestra sul mondo naturale che aveva colpito anche l’immaginazione di Vasari, riconsegnata grazie al restauro al suo ruolo di capolavoro del Rinascimento,
è la prima grandiosa affermazione di questa originalità tizianesca, della sua capacità cioè di trasformare in pura pittura un’innovativa e sbalorditiva interpretazione della natura.
Tiziano nel realizzare questo telero stava per osare addirittura qualcosa in più, innovando completamente il rapporto tra figure e paesaggio anche nella composizione: i raggi X a cui è stato sottoposto il dipinto, presso i laboratori del Museo Statale
Ermitage, hanno infatti rivelato sorprendentemente che l’autore aveva inizialmente abbozzato un diverso soggetto – un’Adorazione, ben visibile sotto lo strato pittorico
– collocando nel centro della tela tre figure di dimensioni ridotte rispetto a quelle poi dipinte nella Fuga.
Non è chiaro quale sia il motivo che ha spinto il pittore ad abbandonare l’idea iniziale, scegliendo un altro soggetto, per altro ben poco presente nella tradizione della pittura veneta, né cosa abbia indotto Tiziano
ad adottare una più tradizionale impostazione delle figure, ma una scintilla era ormai scattata.
Quella spettacolare ambientazione boschiva di dimensioni impensabili, il ruscello dalla pennellata grumosa, i molti animali che animano la tela «i quali ritrasse dal vivo – come scrisse Vasari –
e sono veramente naturali e quasi vivi» rivelano una personalità unica e danno inizio a una nuova stagione.
28
agosto 2012
IL TIZIANO MAI VISTO. La Fuga in Egitto e la grande pittura veneta
Dal 28 agosto al 09 dicembre 2012
arte antica
Location
GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Venezia, Campo Della Carità, (Venezia)
Venezia, Campo Della Carità, (Venezia)
Biglietti
Biglietto unico comprendente mostra temporanea, visita alle Gallerie dell’Accademia
e Palazzo Grimani
Intero: €14
Ridotto: €11 (cittadini UE di età compresa tra 18 e 25 anni, insegnanti)
Gratuito (cittadini UE minori di 18 anni e over 65, iscritti alle Facoltà di Lettere e Conservazione
dei Beni Culturali delle Università Italiane o laureandi con
indirizzo storico artistico, giornalisti e soci ICOM)
Orario di apertura
lunedì: 8.15 – 14
da martedì a domenica: 8.15 – 19.15
Editore
MARSILIO
Ufficio stampa
VILLAGGIO GLOBALE
Autore
Curatore