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Iler Melioli – Res extensa
Pensare le opere in continuità con lo spazio espositivo, lasciare che gli elementi sviluppino connessioni fra loro: RES EXTENSA è ricerca d’arte nello spazio che genera geometrie simili a circuiti, dove l’illusione dell’opera autonoma si perde nell’inevitabilità della rete.
Comunicato stampa
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Giovedì 1 Dicembre 2016 alle ore 18 a Vicenza, in contrà Porti 21, Yvonneartecontemporanea inaugura RES EXTENSA, mostra personale di Iler Melioli a cura di Riccardo Caldura e Maria Yvonne Pugliese. Inedite opere installative che comprendono pitture espanse e assemblati in alluminio e acciaio policromi.
Dal testo critico di presentazione di Riccardo Caldura:
Questa nuova personale di Iler Melioli è un progetto che coinvolge lo spazio espositivo pensandolo in continuità con le opere esposte. Le geometrie presenti nei lavori ricordano dei circuiti, dei quadri per la verifica del funzionamento di complesse funzioni tecniche, dei cablaggi. Si tratta di un passo ulteriore rispetto alla precedente ricerca di Melioli, sono lontani i riferimenti ad una qualche residuale organicità dell’opera, sia pure quella estremamente stilizzata delle presenze vegetali di un Giardino pensile (2012), di un Bosco ligure (2011) o in composizioni come Fitogenesi (2009): in questi lavori vi era sempre un’eco del mondo esterno, un senso del rimando ad altro che affiorava nell’opera, nel suo essere memoria di un Paesaggio (2012).
Se l’opera invece viene considerata nel rigore delle sue componenti formali - colori usati come monocromie, le rigorose griglie ortogonali che li dispongono sulla superficie del supporto, la relazione fra i piani visti zenitalmente, rinunciando ad ogni illusività prospettica – ritroviamo non solo un esito dal sapore neoplastico, costruttivista (la linea analitica che arriva all’hard edge e al neo-geo - si pensi ad esempio a Peter Halley), ma un’ulteriore presa d’atto che la situazione, ora, è data dalle modalità di connessione concessa da uno straordinario avanzamento dei dispositivi tecnologici in particolare nell’ambito comunicativo.
La nostra relazione con il mondo, ne parlava Boris Groys, è mediata dagli algoritmi di un potentissimo motore di ricerca. Noi stessi corpi cablati e incessantemente connessi, il cui rivolgersi al mondo è delegato agli esiti di un termine da inserire nell’apposita finestra contrassegnata dalla stilizzazione di una lente. Il lavoro proposto da Melioli considera questa situazione nella quale viviamo immersi e per questo pensa non si possa più parlare di opera senza parlare della sua connessione e della sua relazione con il contesto nel quale viene collocata.
Opera ‘isolata’ è un’ illusione, quanto lo è l’esser ‘noi’ isolati; l’opera è essa stessa attraversata dalle strutture portanti del supporto e dello spazio, ne è a sua volta generatrice.
Lascia affiorare le linee di costruzione di un ordinamento (ancora) tridimensionale, quello della realtà che percepiamo, segnalando quanto scorre sotto l’epidermide delle pareti, le cablature tecnologiche, (ancora) wired. Noi, nello spazio, rappresentiamo gli snodi dell’upgrade del sistema dato dall’immaterialità delle onde a bassa frequenza (wireless). Il lavoro di Melioli, fase da ascriversi in un processo già presente in Geo-metrica-mente (2013) quanto nel concetto di Simbionte (2013), si allontana dalla descrizione del mondo esterno e si preoccupa piuttosto di dare evidenza all’impianto che lo pervade (wired e wireless). L’impianto, ora, non è organico, è piuttosto minerale, indifferente al significato, o al senso, essendo generato da un codice binario. E’ ‘semplicemente’ esteso, ubiquo, pervasivo. E paradossalmente dotato di una sua enigmatica grazia. Le opere non sono definite dai loro bordi, ma dai loro prolungamenti, così come noi non siamo ‘soli’, ma incessantemente connessi, noi stessi res extensa.
Parte con Iler Melioli la prima edizione di Project Room, un nuovo approccio al concetto di esposizione che propone inedite relazioni fra arte, spazio e pubblico.
Dal testo critico di presentazione di Riccardo Caldura:
Questa nuova personale di Iler Melioli è un progetto che coinvolge lo spazio espositivo pensandolo in continuità con le opere esposte. Le geometrie presenti nei lavori ricordano dei circuiti, dei quadri per la verifica del funzionamento di complesse funzioni tecniche, dei cablaggi. Si tratta di un passo ulteriore rispetto alla precedente ricerca di Melioli, sono lontani i riferimenti ad una qualche residuale organicità dell’opera, sia pure quella estremamente stilizzata delle presenze vegetali di un Giardino pensile (2012), di un Bosco ligure (2011) o in composizioni come Fitogenesi (2009): in questi lavori vi era sempre un’eco del mondo esterno, un senso del rimando ad altro che affiorava nell’opera, nel suo essere memoria di un Paesaggio (2012).
Se l’opera invece viene considerata nel rigore delle sue componenti formali - colori usati come monocromie, le rigorose griglie ortogonali che li dispongono sulla superficie del supporto, la relazione fra i piani visti zenitalmente, rinunciando ad ogni illusività prospettica – ritroviamo non solo un esito dal sapore neoplastico, costruttivista (la linea analitica che arriva all’hard edge e al neo-geo - si pensi ad esempio a Peter Halley), ma un’ulteriore presa d’atto che la situazione, ora, è data dalle modalità di connessione concessa da uno straordinario avanzamento dei dispositivi tecnologici in particolare nell’ambito comunicativo.
La nostra relazione con il mondo, ne parlava Boris Groys, è mediata dagli algoritmi di un potentissimo motore di ricerca. Noi stessi corpi cablati e incessantemente connessi, il cui rivolgersi al mondo è delegato agli esiti di un termine da inserire nell’apposita finestra contrassegnata dalla stilizzazione di una lente. Il lavoro proposto da Melioli considera questa situazione nella quale viviamo immersi e per questo pensa non si possa più parlare di opera senza parlare della sua connessione e della sua relazione con il contesto nel quale viene collocata.
Opera ‘isolata’ è un’ illusione, quanto lo è l’esser ‘noi’ isolati; l’opera è essa stessa attraversata dalle strutture portanti del supporto e dello spazio, ne è a sua volta generatrice.
Lascia affiorare le linee di costruzione di un ordinamento (ancora) tridimensionale, quello della realtà che percepiamo, segnalando quanto scorre sotto l’epidermide delle pareti, le cablature tecnologiche, (ancora) wired. Noi, nello spazio, rappresentiamo gli snodi dell’upgrade del sistema dato dall’immaterialità delle onde a bassa frequenza (wireless). Il lavoro di Melioli, fase da ascriversi in un processo già presente in Geo-metrica-mente (2013) quanto nel concetto di Simbionte (2013), si allontana dalla descrizione del mondo esterno e si preoccupa piuttosto di dare evidenza all’impianto che lo pervade (wired e wireless). L’impianto, ora, non è organico, è piuttosto minerale, indifferente al significato, o al senso, essendo generato da un codice binario. E’ ‘semplicemente’ esteso, ubiquo, pervasivo. E paradossalmente dotato di una sua enigmatica grazia. Le opere non sono definite dai loro bordi, ma dai loro prolungamenti, così come noi non siamo ‘soli’, ma incessantemente connessi, noi stessi res extensa.
Parte con Iler Melioli la prima edizione di Project Room, un nuovo approccio al concetto di esposizione che propone inedite relazioni fra arte, spazio e pubblico.
01
dicembre 2016
Iler Melioli – Res extensa
Dal primo dicembre 2016 al 22 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
YVONNE ARTECONTEMPORANEA SELECTION
Vicenza, Contrà Porti, 21, (Vicenza)
Vicenza, Contrà Porti, 21, (Vicenza)
Orario di apertura
dal giovedì alla domenica dalle 16 alle 19.30, per appuntamenti in altri orari 3391986674
Vernissage
1 Dicembre 2016, ore 18
Autore
Curatore