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I’ll Never Give Up Smoking
I’ll Never Give Up Smoking raccoglie una serie di lavori in cui ci si diverte e si gode di una sensazione di libertà allo stato puro, carica di ottimismo, quasi fosse una risposta alla mostra precedente, The Fear Factor.
Comunicato stampa
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...T’implorai di farmi indossare qualcos’altro, ma tu eri irremovibile. “Visitare la Statua della Libertà non è come giocare sul prato di casa”, dicesti. “È il simbolo del nostro paese, e dobbiamo mostrarle il dovuto rispetto”... Ci accingevamo a rendere omaggio al concetto della libertà e io ero in catene... così ti proposi di fare un patto. E va bene, dissi, oggi mi vestirò come vuoi tu, ma se gli altri bambini si presenteranno in tuta e scarpe da tennis, allora in futuro potrò mettermi quello che mi pare...
Fu la prima grande vittoria della mia vita. Mi sentivo come se avessi segnato un punto a favore della democrazia, come se mi fossi sollevato in nome di tutti gli oppressi del mondo...
– Adesso capisco perché ti piacciono tanto i jeans, disse Fanny. Scopristi il principio dell’autodeterminazione e decidesti all’istante di vestirti male per il resto della tua vita.
– Proprio così, disse Sachs, mi conquistai il diritto di essere uno straccione, e da allora ho sempre tenuto alta la bandiera...
Paul Auster, Leviatano
I’ll Never Give Up Smoking raccoglie una serie di lavori in cui ci si diverte e si gode di una sensazione di libertà allo stato puro, carica di ottimismo, quasi fosse una risposta alla mostra precedente, The Fear Factor.
Nonostante la differenza di età e di esperienza tra un artista e l’altro, tutti sono eredi di un periodo – quello degli anni Sessanta e della generazione Beat – al quale ancora oggi guardiamo con la sana invidia di chi avrebbe voluto trovarsi contemporaneamente in tutti i luoghi per prendersi il meglio, senza lasciarsi sfuggire nessuna occasione.
I’ll Never Give Up Smoking procede senza paura, come fosse un viaggio durante il quale ogni stimolo diventa un’opportunità, un’ulteriore porta che si apre davanti a noi. È un viaggio nello spazio fisico e attraverso il tempo, che si sofferma con entusiasmo in un presente aperto a continue reinterpretazioni.
Dal suo luogo di origine, Prato, Valentina Lapolla in Camouflage studia il suo spazio per raccontarci nei dettagli una delle situazioni che si stanno verificando in città, e lo fa utilizzando se stessa come catalizzatore di sensazioni.
Con lo stesso atteggiamento critico, Yonel Hidalgo individua alcune crepe all’interno del sistema del suo paese di origine, Cuba, vista con gli occhi di un cubano che ormai è quasi diventato italiano. Filosofía de la raza cósmica (Filosofia della razza cosmica) parte da una serie di «documenti di proprietà» raccolti a partire dal 1937 (quindi prima della Rivoluzione cubana), utilizzati per attestare l’identità del proprietario di elettrodomestici e altri oggetti... Yonel raggruppa questi documenti e li presenta ironizzando sul loro senso e sulla loro reale necessità all’interno di un regime comunista. Senza smettere di camminare e di godersi la vita, andando sempre alla ricerca delle situazioni più propizie, in Anónimos cordiales (Anonimi cordiali), di Fermín Jiménez Landa, si aprono continuamente davanti ai nostri occhi, come una matriosca, nuovi modi di intendere e di vivere. Lettere anonime inviate ai suoi amici in cui con tono minaccioso propone o chiede un parere su cambiamenti insignificanti (Caro Alberto, se vuoi smetterò di fumare o se preferisci fumerò ancor di più). Allo stesso modo, l’autore propone una soluzione al problema di come Desempatar en altura las dos torres más altas de Barcelona (Differenziare in altezza le due torri più alte di Barcellona) collocando un albero di natale in cima ad una di esse. Un’azione tanto eversiva quanto assurda, un sovvertimento nelle priorità che trae origine da un viaggio fatto a Lucca e dall’aver appreso che lì, all’inizio del XIV secolo, la famiglia Guinigi collocò alcuni olmi in cima alla propria torre per far sì che sovrastasse tutti gli altri edifici della zona.
Te quiero mucho (Ti voglio tanto bene), di Kaoru Katayama, è un video registrato in un bar frequentato da uomini messicani e chicanos, per la maggior parte gay, che si trova al centro di Los Angeles. Dentro questo bar, messicani e chicanos abbandonano momentaneamente il ruolo maschile che hanno interiorizzato e si lasciano andare alla più sincera tenerezza, consentendo (almeno per un istante) ai propri desideri di vincere i loro stessi pregiudizi. Parallelamente questo lavoro rappresenta sia per Karou, che è di origini giapponesi ma vive ormai da vent’anni in Spagna, sia per noi un invito a condividere una tappa del viaggio in cui il superamento, inteso come apprendistato, funge da stimolo per continuare a fare nuove scoperte.
Da piccolo aveva visto un vagabondo chiedere a sua madre un pezzo di torta, e lei glielo aveva dato, e quando il vagabondo si era allontanato lungo la strada il bambino aveva detto:
– Mamma, chi è quello lì?
– Mah... è un vagabondo.
– Mamma, anch’io voglio fare il vagabondo, da grande.
Jack Kerouack, Sulla strada
In questo racconto, uno dei compagni di viaggio che Sal Paradise incontra On the Road ricorda come fu che smise di avere paura di dire ciò che pensava, facendo uso della sua apparente ingenuità per provocare. Allo stesso modo Beatrice Mochi Zamperoli, mentre si prepara facendo degli esercizi con i suoi capelli, sembra voler lanciare un avvertimento, un segnale per dire che si appresta a lottare, è cosciente di se stessa ed è pronta a superare tutti gli ostacoli, perché anche se non li conosce ancora, riesce ad intuirli. E poi Vanni Bassetti, Playground, che con i suoi passi incerti quasi non si azzarda a oltrepassare la linea, fino ad arrivare a Anche se rido, non c’è niente da ridere che con dolce sfacciataggine ci mostra altre realtà attraverso momenti come La danseuse e Duccio e Luigi.
E sebbene... Dicemmo qualcosa a proposito di una fermata a Monterey, Dean voleva arrivare al più presto a Città del Messico e poi pensava che la strada sarebbe diventata più interessante, specialmente più in là, sempre più in là... (Jack Kerouack, Sulla strada) I’ll Never Give Up Smoking nonostante possa sembrare la negazione di qualcosa, altro non è che un invito.
Fu la prima grande vittoria della mia vita. Mi sentivo come se avessi segnato un punto a favore della democrazia, come se mi fossi sollevato in nome di tutti gli oppressi del mondo...
– Adesso capisco perché ti piacciono tanto i jeans, disse Fanny. Scopristi il principio dell’autodeterminazione e decidesti all’istante di vestirti male per il resto della tua vita.
– Proprio così, disse Sachs, mi conquistai il diritto di essere uno straccione, e da allora ho sempre tenuto alta la bandiera...
Paul Auster, Leviatano
I’ll Never Give Up Smoking raccoglie una serie di lavori in cui ci si diverte e si gode di una sensazione di libertà allo stato puro, carica di ottimismo, quasi fosse una risposta alla mostra precedente, The Fear Factor.
Nonostante la differenza di età e di esperienza tra un artista e l’altro, tutti sono eredi di un periodo – quello degli anni Sessanta e della generazione Beat – al quale ancora oggi guardiamo con la sana invidia di chi avrebbe voluto trovarsi contemporaneamente in tutti i luoghi per prendersi il meglio, senza lasciarsi sfuggire nessuna occasione.
I’ll Never Give Up Smoking procede senza paura, come fosse un viaggio durante il quale ogni stimolo diventa un’opportunità, un’ulteriore porta che si apre davanti a noi. È un viaggio nello spazio fisico e attraverso il tempo, che si sofferma con entusiasmo in un presente aperto a continue reinterpretazioni.
Dal suo luogo di origine, Prato, Valentina Lapolla in Camouflage studia il suo spazio per raccontarci nei dettagli una delle situazioni che si stanno verificando in città, e lo fa utilizzando se stessa come catalizzatore di sensazioni.
Con lo stesso atteggiamento critico, Yonel Hidalgo individua alcune crepe all’interno del sistema del suo paese di origine, Cuba, vista con gli occhi di un cubano che ormai è quasi diventato italiano. Filosofía de la raza cósmica (Filosofia della razza cosmica) parte da una serie di «documenti di proprietà» raccolti a partire dal 1937 (quindi prima della Rivoluzione cubana), utilizzati per attestare l’identità del proprietario di elettrodomestici e altri oggetti... Yonel raggruppa questi documenti e li presenta ironizzando sul loro senso e sulla loro reale necessità all’interno di un regime comunista. Senza smettere di camminare e di godersi la vita, andando sempre alla ricerca delle situazioni più propizie, in Anónimos cordiales (Anonimi cordiali), di Fermín Jiménez Landa, si aprono continuamente davanti ai nostri occhi, come una matriosca, nuovi modi di intendere e di vivere. Lettere anonime inviate ai suoi amici in cui con tono minaccioso propone o chiede un parere su cambiamenti insignificanti (Caro Alberto, se vuoi smetterò di fumare o se preferisci fumerò ancor di più). Allo stesso modo, l’autore propone una soluzione al problema di come Desempatar en altura las dos torres más altas de Barcelona (Differenziare in altezza le due torri più alte di Barcellona) collocando un albero di natale in cima ad una di esse. Un’azione tanto eversiva quanto assurda, un sovvertimento nelle priorità che trae origine da un viaggio fatto a Lucca e dall’aver appreso che lì, all’inizio del XIV secolo, la famiglia Guinigi collocò alcuni olmi in cima alla propria torre per far sì che sovrastasse tutti gli altri edifici della zona.
Te quiero mucho (Ti voglio tanto bene), di Kaoru Katayama, è un video registrato in un bar frequentato da uomini messicani e chicanos, per la maggior parte gay, che si trova al centro di Los Angeles. Dentro questo bar, messicani e chicanos abbandonano momentaneamente il ruolo maschile che hanno interiorizzato e si lasciano andare alla più sincera tenerezza, consentendo (almeno per un istante) ai propri desideri di vincere i loro stessi pregiudizi. Parallelamente questo lavoro rappresenta sia per Karou, che è di origini giapponesi ma vive ormai da vent’anni in Spagna, sia per noi un invito a condividere una tappa del viaggio in cui il superamento, inteso come apprendistato, funge da stimolo per continuare a fare nuove scoperte.
Da piccolo aveva visto un vagabondo chiedere a sua madre un pezzo di torta, e lei glielo aveva dato, e quando il vagabondo si era allontanato lungo la strada il bambino aveva detto:
– Mamma, chi è quello lì?
– Mah... è un vagabondo.
– Mamma, anch’io voglio fare il vagabondo, da grande.
Jack Kerouack, Sulla strada
In questo racconto, uno dei compagni di viaggio che Sal Paradise incontra On the Road ricorda come fu che smise di avere paura di dire ciò che pensava, facendo uso della sua apparente ingenuità per provocare. Allo stesso modo Beatrice Mochi Zamperoli, mentre si prepara facendo degli esercizi con i suoi capelli, sembra voler lanciare un avvertimento, un segnale per dire che si appresta a lottare, è cosciente di se stessa ed è pronta a superare tutti gli ostacoli, perché anche se non li conosce ancora, riesce ad intuirli. E poi Vanni Bassetti, Playground, che con i suoi passi incerti quasi non si azzarda a oltrepassare la linea, fino ad arrivare a Anche se rido, non c’è niente da ridere che con dolce sfacciataggine ci mostra altre realtà attraverso momenti come La danseuse e Duccio e Luigi.
E sebbene... Dicemmo qualcosa a proposito di una fermata a Monterey, Dean voleva arrivare al più presto a Città del Messico e poi pensava che la strada sarebbe diventata più interessante, specialmente più in là, sempre più in là... (Jack Kerouack, Sulla strada) I’ll Never Give Up Smoking nonostante possa sembrare la negazione di qualcosa, altro non è che un invito.
18
dicembre 2010
I’ll Never Give Up Smoking
Dal 18 dicembre 2010 al 14 gennaio 2011
arte contemporanea
giovane arte
giovane arte
Location
EX MACELLI – OFFICINA GIOVANI
Prato, Piazza Macelli, 4, (Prato)
Prato, Piazza Macelli, 4, (Prato)
Orario di apertura
da lunedì a sabato dalle ore 15 alle ore 19
Vernissage
18 Dicembre 2010, ore 18
Sito web
www.nevergiveupsmoking.blogspot.com
Autore
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