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In bilico
In bilico in realtà, e in breve, è uno stato nel quale molta parte delle persone si trova, e in questo scorcio di secolo, e in generale nell’uno o nell’altro momento della propria vita. Questa oscillazione fra centratura e squilibrio, fra identità ed eterodirezione del vivere, definisce un po’ il modo di trattare il proprio soggetto
da parte delle autrici qui raccolte.
Comunicato stampa
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“In bilico”
Annalisa Ceolin, Angelina Chavez, Alessandra Salardi, Marta Sarlo.
In bilico in realtà, e in breve, è uno stato nel quale molta parte delle persone
si trova, e in questo scorcio di secolo, e in generale nell’uno o nell’altro momento
della propria vita. Questa oscillazione fra centratura e squilibrio, fra identità
ed eterodirezione del vivere, definisce un po’ il modo di trattare il proprio soggetto
da parte delle autrici qui raccolte. Forse con una sola eccezione, infatti, le donne
dietro l’obiettivo e quelle davanti ad esso – spesso le stesse – spartiscono
un’urgenza e un tema comune: contrastare, col mezzo della fotografia,
le slabbrature, i bordi offuscati e le inadeguatezze dell’identità.
La sdefinizione cui accennano le figure di Annalisa Ceolin sembra piuttosto
spazio-temporale: di fronte alla fotocamera le sue donne sono atemporali,
anonime pur se surcodificate. Con l’incisività del colore, l’esattezza del framing,
l’espressione vivace o serena dei volti, esse entrano ed escono da un impianto
metalinguistico che ricomprende il materiale fotografico nel soggettario dell’opera.
Le immagini della Ceolin suggeriscono, e però anche sviano, così, l’impressione
di appartenere a uno ieri remotissimo, quasi sottratte al museo, mentre la loro
iperdefinizione continuamente ammicca a ciò che è “appena stato”.
L’autoritratto e la lunga esposizione sono invece la strategia con la quale
Angelina Chavez affronta il proprio quotidiano. Un teatro domestico che propone
gli ostacoli (“Obstacles” è il titolo della serie) in cui l’Io si imbatte. Un lavoro performativo
e analogico nel quale l’autrice è coinvolta dalla concezione alla postproduzione
in un unico ininterrotto fluire creativo. Il risultato, intenso benché completamente
privo di barocchismi emotivi, non ha perciò nulla di angosciante, ma propone quel
senso dialettico di familiarità e di straniamento che è proprio al concetto
freudiano di perturbante. Un porsi in bilico tra identità e immagini di sé insieme
inscritte nel luogo della vita e da esso contraddette.
Nelle impressioni dirette di Alessandra Salardi troviamo davvero la fortissima
tematizzazione, e l’autodrammatizzazione, dell’autrice alle prese col proprio mezzo
e col proprio linguaggio. Che la foto garantisca la presenza identitaria del corpo è un
fatto inoppugnabile, ma è anche fenomeno in stato di perenne riaffermazione
e riscoperta. Nei grandi fotogrammi della serie “Ombre” il corpo dell’autrice,
nel suo mutare atteggiamento, postura, emozioni, è impresso e insieme mangiato
dalla luce. Il suo apparire al negativo, quasi sopraffatto dalla stessa luce
che lo delinea, insomma, è in equilibrio fluido rispetto al suo raffermare in positivo
l’esserci e il senso dell’autrice e come soggetto, e come tema.
Nell’arco creativo contemporaneo deve essere ricompreso anche il reportage
come modalità testimoniale del volere d’autore. Attraverso lo sguardo fotografico
di Marta Sarlo siamo portati nell’incredibile vicenda esistenziale di “Angela” una exnuotatrice
che ha abbandonato l’attività agonistica perché colpita da un’obesità
fisiologica che nulla ha a che vedere con lo stile di vita o la bulimia. Il suo stato
di instabile equilibrio oscilla tra un senso interiore di normalità e il suo impossibile
riconoscimento da parte del mondo esterno. La stessa fotografia oscilla tra fedele
descrizione e caratterizzazione, tra obiettività cronistica e sottolineatura del particolare
ai limiti del filmico o del letterario.
Tra le autrici qui presentate nessuna ci propone un profilo di donna, banale
o stereotipo; nessuna rinforza miti ormai logori. Tutte – in modi che sembrano davvero
estendersi ai quattro punti cardinali della creatività fotografica – pongono sul tappeto
questioni che coinvolgono e le loro identità, e il loro impiego del mezzo fotografico;
sia le questioni del qui-ed-ora: incluso il rapporto che l’identità femminile intreccia
con la realtà, la cultura e la società, sia quelle dell’atemporale: della conformità
a leggi, dell’estetico e dell’etico.
Forse, infine, in bilico resta il discorso critico che, dal di fuori del femminino,
tenta – pur se corsivamente – di riquadrarne un frammento: un’immagine che, come
sempre stando al discorso benjaminiano, più che il referente o le scelte del suo
autore, raffigura il desiderio, interminabile se non irraggiungibile, dei suoi interpreti.
Annalisa Ceolin, Angelina Chavez, Alessandra Salardi, Marta Sarlo.
In bilico in realtà, e in breve, è uno stato nel quale molta parte delle persone
si trova, e in questo scorcio di secolo, e in generale nell’uno o nell’altro momento
della propria vita. Questa oscillazione fra centratura e squilibrio, fra identità
ed eterodirezione del vivere, definisce un po’ il modo di trattare il proprio soggetto
da parte delle autrici qui raccolte. Forse con una sola eccezione, infatti, le donne
dietro l’obiettivo e quelle davanti ad esso – spesso le stesse – spartiscono
un’urgenza e un tema comune: contrastare, col mezzo della fotografia,
le slabbrature, i bordi offuscati e le inadeguatezze dell’identità.
La sdefinizione cui accennano le figure di Annalisa Ceolin sembra piuttosto
spazio-temporale: di fronte alla fotocamera le sue donne sono atemporali,
anonime pur se surcodificate. Con l’incisività del colore, l’esattezza del framing,
l’espressione vivace o serena dei volti, esse entrano ed escono da un impianto
metalinguistico che ricomprende il materiale fotografico nel soggettario dell’opera.
Le immagini della Ceolin suggeriscono, e però anche sviano, così, l’impressione
di appartenere a uno ieri remotissimo, quasi sottratte al museo, mentre la loro
iperdefinizione continuamente ammicca a ciò che è “appena stato”.
L’autoritratto e la lunga esposizione sono invece la strategia con la quale
Angelina Chavez affronta il proprio quotidiano. Un teatro domestico che propone
gli ostacoli (“Obstacles” è il titolo della serie) in cui l’Io si imbatte. Un lavoro performativo
e analogico nel quale l’autrice è coinvolta dalla concezione alla postproduzione
in un unico ininterrotto fluire creativo. Il risultato, intenso benché completamente
privo di barocchismi emotivi, non ha perciò nulla di angosciante, ma propone quel
senso dialettico di familiarità e di straniamento che è proprio al concetto
freudiano di perturbante. Un porsi in bilico tra identità e immagini di sé insieme
inscritte nel luogo della vita e da esso contraddette.
Nelle impressioni dirette di Alessandra Salardi troviamo davvero la fortissima
tematizzazione, e l’autodrammatizzazione, dell’autrice alle prese col proprio mezzo
e col proprio linguaggio. Che la foto garantisca la presenza identitaria del corpo è un
fatto inoppugnabile, ma è anche fenomeno in stato di perenne riaffermazione
e riscoperta. Nei grandi fotogrammi della serie “Ombre” il corpo dell’autrice,
nel suo mutare atteggiamento, postura, emozioni, è impresso e insieme mangiato
dalla luce. Il suo apparire al negativo, quasi sopraffatto dalla stessa luce
che lo delinea, insomma, è in equilibrio fluido rispetto al suo raffermare in positivo
l’esserci e il senso dell’autrice e come soggetto, e come tema.
Nell’arco creativo contemporaneo deve essere ricompreso anche il reportage
come modalità testimoniale del volere d’autore. Attraverso lo sguardo fotografico
di Marta Sarlo siamo portati nell’incredibile vicenda esistenziale di “Angela” una exnuotatrice
che ha abbandonato l’attività agonistica perché colpita da un’obesità
fisiologica che nulla ha a che vedere con lo stile di vita o la bulimia. Il suo stato
di instabile equilibrio oscilla tra un senso interiore di normalità e il suo impossibile
riconoscimento da parte del mondo esterno. La stessa fotografia oscilla tra fedele
descrizione e caratterizzazione, tra obiettività cronistica e sottolineatura del particolare
ai limiti del filmico o del letterario.
Tra le autrici qui presentate nessuna ci propone un profilo di donna, banale
o stereotipo; nessuna rinforza miti ormai logori. Tutte – in modi che sembrano davvero
estendersi ai quattro punti cardinali della creatività fotografica – pongono sul tappeto
questioni che coinvolgono e le loro identità, e il loro impiego del mezzo fotografico;
sia le questioni del qui-ed-ora: incluso il rapporto che l’identità femminile intreccia
con la realtà, la cultura e la società, sia quelle dell’atemporale: della conformità
a leggi, dell’estetico e dell’etico.
Forse, infine, in bilico resta il discorso critico che, dal di fuori del femminino,
tenta – pur se corsivamente – di riquadrarne un frammento: un’immagine che, come
sempre stando al discorso benjaminiano, più che il referente o le scelte del suo
autore, raffigura il desiderio, interminabile se non irraggiungibile, dei suoi interpreti.
08
marzo 2009
In bilico
Dall'otto marzo al 05 aprile 2009
fotografia
Location
PALAZZO DEI SETTE
Orvieto, Corso Cavour, 87, (Terni)
Orvieto, Corso Cavour, 87, (Terni)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10:30 – 13:00 e 14:30 – 17:00
Sito web
www.orvietofotografia.org
Autore