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In Diciassette il Venerdì Diciassette
Questa rassegna allestita presso il nuovo Spazio Sansovino, compatta quanto a qualità degli artisti selezionati è un appuntamento che si inquadra all’interno della venticinquennale attività critica di Edoardo Di Mauro, da sempre tesa a fare il punto sul panorama dell’arte italiana contemporanea, dalla seconda metà degli anni ’70 ai giorni nostri, dalla post modernità all’ingresso nel nuovo millennio.
Comunicato stampa
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Questa rassegna allestita presso il nuovo Spazio Sansovino, compatta quanto a qualità degli
artisti selezionati è un appuntamento che si inquadra all’interno della mia venticinquennale
attività critica, da sempre tesa a fare il punto sul panorama dell’arte italiana contemporanea,
dalla seconda metà degli anni ’70 ai giorni nostri, dalla post modernità all’ingresso nel nuovo
millennio. Per parlare degli ultimi trent’anni circa di arte italiana non si può non partire da un
inequivocabile, quasi scontato, dato di fatto, cioè che gli ultimi due movimenti innalzatisi ad
un riconoscimento internazionale, sono stati l’Arte Povera e la Transavanguardia, con percorsi
diversi che di recente si sono intrecciati in una sorta di reciproco riconoscimento, da cui non
era difficile prevedere l’ attuazione in una sottile logica di esclusione di quanto sta al di fuori
di quel recinto. La fascia generazionale maggiormente penalizzata da questo stato di cose,
che trova solo parziale motivazione nell’indubbia forza espressiva dei movimenti prima citati,
è stata quella, di non indifferente qualità, emersa subito dopo la Transavanguardia, tra la
metà degli anni ’80 ed i primi anni ’90, periodo nel quale è, tra l’altro, avvenuta la mia formazione
critica e da me ben conosciuto, che ho dettagliatamente analizzato nella primavera
1997 con la mostra ed il libro intitolati “Va’pensiero. Arte Italiana 1984/1996”. Il fatto di avere
sostanzialmente “saltato” una generazione sta all’origine, a mio modo di vedere, della sostanziale
irrisolutezza dell’arte italiana lungo tutto il corso degli anni ’90. Gli autori del decennio
precedente si sono giocoforza “riciclati” in quello successivo, facendo saltare qualsiasi paletto
divisorio in merito ad un plausibile concetto di “giovane artista”, per di più all’interno di una
scena sempre più affollata e confusa, in parte per una occulta volontà ma anche per motivazioni
pertinenti l’evoluzione della società post industriale nel suo complesso. Come è noto,
dopo il 1975 la situazione muta radicalmente di segno. A seguito soprattutto del rigido rigore
del concettuale di matrice analitica e tautologica, dove si manifestava una evidente prevalenza
dei significanti sui significati e l’assenza di una dialettica con l’esterno, con l’opera proposta
al grado zero, nella sua nudità formale e compositiva, e l’assoluto divieto, sancito dai severi
sacerdoti del dogma, dell’introduzione di sia pur minime componenti manuali e decorative,
si verificò un’implosione di quello stile, e la lenta ed inesorabile deriva verso altri territori, in
sintonia con la costante ciclicità degli eventi artistici. Tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni
’80 prende corpo ed evidenza la svolta post concettuale dell’arte, con l’esplodere di movimenti
radunati attorno alle parole d’ordine del ritorno alla pittura, di matrice visceralmente neoespressionista
od infarcita di valori simbolici e decorativi e, in generale, del ripristino di una
manualità dal sapore antico, nell’accezione etimologica originaria della “technè”. Il moto spiraliforme
dell’arte inverte la sua traiettoria e intraprende un cammino a ritroso nel tempo, nel
territorio densamente popolato della memoria, cimentandosi in un’operazione di citazione
dei modi e delle maniere del passato, recente e talvolta remoto, per poi riproporsi al presente
contestualizzato all’interno delle inquietudini della contemporaneità. Tra la metà degli anni
’80 ed i primi anni ’90 viene alla luce una generazione artistica di grande interesse impegnata
in una ridefinizione dei generi e degli stili e in un rapporto di confronto serrato con la nuova
società post moderna della tecnologia e dello spettacolo. Queste caratteristiche sfociano nel
decennio successivo in un clima di generalizzato eclettismo stilistico, con punte di attenzione
verso la rivisitazione dei linguaggi concettuali e pop ed un’apertura significativa nei confronti
dell’uso della fotografia e delle tecnologie video e digitali. Gli anni ’90, come già citato prima,
segnano l’ingresso del sistema artistico italiano in una fase di crisi e di de-valorizzazione nei
confronti dello scenario internazionale, all’interno del quale iniziano a fare capolino i paesi
emergenti del continente asiatico. Vengono privilegiati, da parte dei più forti soggetti della
scena dal punto di vista critico, economico, istituzionale ed editoriale, artisti che si conformano
ai canoni di un neo concettuale epigono ed irrilevante dal punto di vista linguistico o, all’opposto,
pittori poco originali che si limitano a rimasticare gli stereotipi degli anni ’80. Per gli
altri artisti, critici e gallerie che non si omologano a queste imposizioni scatta un fitto muro di
silenzio ed un sottile boicottaggio. Nel decennio successivo e tuttora in corso mutano alcuni
dati. Dopo l’11 settembre, evento che ha squarciato il velo tra reale e virtuale, il termine post
moderno perde in parte d’attualità e si inizia a parlare di neo contemporaneità; della necessità,
ad oggi non concretizzata, di passare dalla condizione liquida dell’eterno presente ad una
dimensione di progettualità futura e ad una riscoperta dell’etica, esigenze che l’attuale crollo
del mercato basato sulla finanza speculativa potrebbe accelerare. Lo scenario si manifesta
come ormai del tutto globalizzato; si moltiplicano eventi, fiere e biennali, Cina ed India entrano
in forze nel sistema, la bolla speculativa ed il denaro facile in possesso degli oligarchi internazionali
conducono a valutazioni assolutamente impensabili anche solo dieci anni fa. Tuttavia
il moltiplicarsi delle possibilità e l’invasività della comunicazione tramite internet conducono
anche ad effetti positivi. Non è più praticabile alcuna censura ed aumenta la frequenza espositiva
delle opere, quindi si manifesta una condizione maggiormente pluralista. Questo anche
se i vari microsistemi di cui è composto il panorama italiano continuano a guardarsi con diffidenza
non trovando il coraggio di interagire. I diciassette artisti selezionati per questa rassegna
costituiscono un esemplare spaccato dell’eclettismo caratterizzante la scena
contemporanea. Si varia dal design artistico di Monica Dessì, alla fotografia di Sales & Bertinetti
in grado di proporre dei veri e propri reportage psicologici, alle spettacolari icone neo
pop di Fabio Ballario, alle piccole ed ironiche installazioni oggettuali di Calogero Marrali, alle
rigorose installazioni aniconiche e minimali di Luciano Gaglio, alle icone fortemente impregnate
di simbolismo e mistero di Amira Munteanu, alle immagini digitali intense ed enigmatiche
di Catrouge, alla pittura sintetica ed espressionista di Lorenzo Paci, all’installazione
neofuturista di Gianfranco Sergio, ai ritratti di grande e vitale intensità di giovani protagonisti
della scena urbana contemporanea di Massimiliano Petrone, alla coinvolgente ironia della
pittura di Vania Elettra Tam, al linguaggio di segni e simboli metropolitani di Monica Garone,
al rilievo fortemente simbolico delle composizioni di Roberta Ubaldi, ai frames pittorici di Gianluca
Rosso apprezzato video artista e contaminatore mediale, allo stilismo creativo e spettacolare,
fortemente permeato di senso artistico di Rossana Dassetto Daidone, ai ritratti di
personalità dell’arte e della letteratura di grande ed inquietante impatto di Matteo Ferreri, all’autobiografismo
personale ed universale al tempo stesso delle immagini di Cinzia Ceccarelli.
Edoardo Di Mauro, dicembre 2010.
artisti selezionati è un appuntamento che si inquadra all’interno della mia venticinquennale
attività critica, da sempre tesa a fare il punto sul panorama dell’arte italiana contemporanea,
dalla seconda metà degli anni ’70 ai giorni nostri, dalla post modernità all’ingresso nel nuovo
millennio. Per parlare degli ultimi trent’anni circa di arte italiana non si può non partire da un
inequivocabile, quasi scontato, dato di fatto, cioè che gli ultimi due movimenti innalzatisi ad
un riconoscimento internazionale, sono stati l’Arte Povera e la Transavanguardia, con percorsi
diversi che di recente si sono intrecciati in una sorta di reciproco riconoscimento, da cui non
era difficile prevedere l’ attuazione in una sottile logica di esclusione di quanto sta al di fuori
di quel recinto. La fascia generazionale maggiormente penalizzata da questo stato di cose,
che trova solo parziale motivazione nell’indubbia forza espressiva dei movimenti prima citati,
è stata quella, di non indifferente qualità, emersa subito dopo la Transavanguardia, tra la
metà degli anni ’80 ed i primi anni ’90, periodo nel quale è, tra l’altro, avvenuta la mia formazione
critica e da me ben conosciuto, che ho dettagliatamente analizzato nella primavera
1997 con la mostra ed il libro intitolati “Va’pensiero. Arte Italiana 1984/1996”. Il fatto di avere
sostanzialmente “saltato” una generazione sta all’origine, a mio modo di vedere, della sostanziale
irrisolutezza dell’arte italiana lungo tutto il corso degli anni ’90. Gli autori del decennio
precedente si sono giocoforza “riciclati” in quello successivo, facendo saltare qualsiasi paletto
divisorio in merito ad un plausibile concetto di “giovane artista”, per di più all’interno di una
scena sempre più affollata e confusa, in parte per una occulta volontà ma anche per motivazioni
pertinenti l’evoluzione della società post industriale nel suo complesso. Come è noto,
dopo il 1975 la situazione muta radicalmente di segno. A seguito soprattutto del rigido rigore
del concettuale di matrice analitica e tautologica, dove si manifestava una evidente prevalenza
dei significanti sui significati e l’assenza di una dialettica con l’esterno, con l’opera proposta
al grado zero, nella sua nudità formale e compositiva, e l’assoluto divieto, sancito dai severi
sacerdoti del dogma, dell’introduzione di sia pur minime componenti manuali e decorative,
si verificò un’implosione di quello stile, e la lenta ed inesorabile deriva verso altri territori, in
sintonia con la costante ciclicità degli eventi artistici. Tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni
’80 prende corpo ed evidenza la svolta post concettuale dell’arte, con l’esplodere di movimenti
radunati attorno alle parole d’ordine del ritorno alla pittura, di matrice visceralmente neoespressionista
od infarcita di valori simbolici e decorativi e, in generale, del ripristino di una
manualità dal sapore antico, nell’accezione etimologica originaria della “technè”. Il moto spiraliforme
dell’arte inverte la sua traiettoria e intraprende un cammino a ritroso nel tempo, nel
territorio densamente popolato della memoria, cimentandosi in un’operazione di citazione
dei modi e delle maniere del passato, recente e talvolta remoto, per poi riproporsi al presente
contestualizzato all’interno delle inquietudini della contemporaneità. Tra la metà degli anni
’80 ed i primi anni ’90 viene alla luce una generazione artistica di grande interesse impegnata
in una ridefinizione dei generi e degli stili e in un rapporto di confronto serrato con la nuova
società post moderna della tecnologia e dello spettacolo. Queste caratteristiche sfociano nel
decennio successivo in un clima di generalizzato eclettismo stilistico, con punte di attenzione
verso la rivisitazione dei linguaggi concettuali e pop ed un’apertura significativa nei confronti
dell’uso della fotografia e delle tecnologie video e digitali. Gli anni ’90, come già citato prima,
segnano l’ingresso del sistema artistico italiano in una fase di crisi e di de-valorizzazione nei
confronti dello scenario internazionale, all’interno del quale iniziano a fare capolino i paesi
emergenti del continente asiatico. Vengono privilegiati, da parte dei più forti soggetti della
scena dal punto di vista critico, economico, istituzionale ed editoriale, artisti che si conformano
ai canoni di un neo concettuale epigono ed irrilevante dal punto di vista linguistico o, all’opposto,
pittori poco originali che si limitano a rimasticare gli stereotipi degli anni ’80. Per gli
altri artisti, critici e gallerie che non si omologano a queste imposizioni scatta un fitto muro di
silenzio ed un sottile boicottaggio. Nel decennio successivo e tuttora in corso mutano alcuni
dati. Dopo l’11 settembre, evento che ha squarciato il velo tra reale e virtuale, il termine post
moderno perde in parte d’attualità e si inizia a parlare di neo contemporaneità; della necessità,
ad oggi non concretizzata, di passare dalla condizione liquida dell’eterno presente ad una
dimensione di progettualità futura e ad una riscoperta dell’etica, esigenze che l’attuale crollo
del mercato basato sulla finanza speculativa potrebbe accelerare. Lo scenario si manifesta
come ormai del tutto globalizzato; si moltiplicano eventi, fiere e biennali, Cina ed India entrano
in forze nel sistema, la bolla speculativa ed il denaro facile in possesso degli oligarchi internazionali
conducono a valutazioni assolutamente impensabili anche solo dieci anni fa. Tuttavia
il moltiplicarsi delle possibilità e l’invasività della comunicazione tramite internet conducono
anche ad effetti positivi. Non è più praticabile alcuna censura ed aumenta la frequenza espositiva
delle opere, quindi si manifesta una condizione maggiormente pluralista. Questo anche
se i vari microsistemi di cui è composto il panorama italiano continuano a guardarsi con diffidenza
non trovando il coraggio di interagire. I diciassette artisti selezionati per questa rassegna
costituiscono un esemplare spaccato dell’eclettismo caratterizzante la scena
contemporanea. Si varia dal design artistico di Monica Dessì, alla fotografia di Sales & Bertinetti
in grado di proporre dei veri e propri reportage psicologici, alle spettacolari icone neo
pop di Fabio Ballario, alle piccole ed ironiche installazioni oggettuali di Calogero Marrali, alle
rigorose installazioni aniconiche e minimali di Luciano Gaglio, alle icone fortemente impregnate
di simbolismo e mistero di Amira Munteanu, alle immagini digitali intense ed enigmatiche
di Catrouge, alla pittura sintetica ed espressionista di Lorenzo Paci, all’installazione
neofuturista di Gianfranco Sergio, ai ritratti di grande e vitale intensità di giovani protagonisti
della scena urbana contemporanea di Massimiliano Petrone, alla coinvolgente ironia della
pittura di Vania Elettra Tam, al linguaggio di segni e simboli metropolitani di Monica Garone,
al rilievo fortemente simbolico delle composizioni di Roberta Ubaldi, ai frames pittorici di Gianluca
Rosso apprezzato video artista e contaminatore mediale, allo stilismo creativo e spettacolare,
fortemente permeato di senso artistico di Rossana Dassetto Daidone, ai ritratti di
personalità dell’arte e della letteratura di grande ed inquietante impatto di Matteo Ferreri, all’autobiografismo
personale ed universale al tempo stesso delle immagini di Cinzia Ceccarelli.
Edoardo Di Mauro, dicembre 2010.
17
dicembre 2010
In Diciassette il Venerdì Diciassette
Dal 17 dicembre 2010 al 05 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
SPAZIO SANSOVINO
Torino, Via Andrea Sansovino, 243/25g, (Torino)
Torino, Via Andrea Sansovino, 243/25g, (Torino)
Orario di apertura
ore 10-13 16-19 esclusi festivi o su appuntamento
Autore
Curatore