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In-difesa. Artisti da Africa. Asia. Europa. Russia. Usa e Medio Oriente
La mostra esplora la linea di confine, in cui le azioni di attacco e difesa perdono di certezza e definizione, lo stato di sospensione che si determina, agevolato dalla manipolazione dei dettagli conduce ad una realtà artefatta, un territorio dove le responsabilità non sono più certe ed individuate, chi attacca e chi si difende assumono connotati simili, non è più possibile l’imputazione o assoluzione piena, siamo stati traghettati nei territori del dubbio e dell’incerto.
Comunicato stampa
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Fondazione 107 inaugura il 1 aprile 2010 il secondo appuntamento del proprio corso espositivo rinnovando la volontà di promuovere e stimolare dibattiti su temi di interesse globale sviluppati da artisti provenienti dai vari continenti che portano la loro esperienza e visione del mondo attraverso le opere esposte.
La mostra esplora la linea di confine, in cui le azioni di attacco e difesa perdono di certezza e definizione, lo stato di sospensione che si determina, agevolato dalla manipolazione dei dettagli conduce ad una realtà artefatta, un territorio dove le responsabilità non sono più certe ed individuate, chi attacca e chi si difende assumono connotati simili, non è più possibile l’imputazione o assoluzione piena, siamo stati traghettati nei territori del dubbio e dell’incerto. In-difesa è una condizione che tutti i popoli vivono e si manifesta nel quotidiano, nelle società cosiddette evolute il modello è presente in forme latenti e agisce tramite contagio nei rapporti interpersonali e prima ancora con noi stessi. Gli artisti in mostra sono stati selezionati in base ai loro lavori seguendo 5 temi essenziali; si parte dalla In-difesa della vita, per passare alla In-difesa dei diritti, l’In-difesa dell’identità, l’In-difesa del diritto di culto sino alla In-difesa militare. All’interno di questi macro elementi si scatenano situazioni di incontro-scontro quotidiano quali potere, territorio, rapporti interpersonali, psiche, infanzia, uomo, malattia, sesso, droga, autolesionismo, nascita, religione; ci soffermeremo su alcune di queste situazioni, assumendole ad esempio in considerazione che ci è talvolta inconsapevole ma è diventato assolutamente comune vivere in uno stato di In-difesa.
La mostra si apre con il mondo riflesso di Diamante Faraldo, rivestito con copertoni riciclati; è l‘emblema dei danni causati da una globalizzazione imposta come concetto universale da esportare che ha causato più danni che benefici. L’emblema di un mondo uniformato nella sofferenza, specchiato su se stesso e talmente autoreferenziale da perdere la lucidità, dove l’unica speranza al di la di ogni egoismo è nel cambiarne la prospettiva per riportarlo in equilibrio e ricondurlo a colorazioni nel segno della differenza.
E uno dei paesi più sofferenti al momento è sicuramente l’Africa, rappresentata da sei artisti eterogenei ma uniti nella denuncia di un vissuto che di umano ha ormai ben poco. Gonçalo Mabunda, dal Mozambico, costruisce un trono con resti di armi, materiale di scarto sin troppo facile da reperire in un Paese in costante stato di guerra civile. La denuncia di Peter Wanjau racconta di un’Africa malata, di piaghe quali l’Aids o la TBC che con un colpo di spugna hanno annientato un’intera fascia generazionale; egli si immedesima nella figura di un predicatore che vuol mettere in guardia contro le debolezze umane e i reati che si possono commettere in un territorio dove vige la legge del più forte. L’Africa soffre, ce lo dice Almighty God, artista keniota che decide di rappresentare il suo Paese come un enorme cuore sanguinante tra le braccia tese di un uomo in procinto di gettarlo nel vuoto, così come l’immagine dei due uomini uno sulla testa dell’altro: prevaricazione o gioco d’equilibrio?
Anche dall’Europa si alza un coro di denuncia: Daniele Galliano ad esempio racconta l’isolamento e la vulnerabilità della donna incinta, una futura madre pronta a combattere per difendere la vita che porta in grembo, ma sola, consapevole del fatto che nei grandi eventi della vita si è soli, vive questo stato in bilico tra desiderio e paura, gioia e dolore, attacco e difesa. La solitudine della vita e quella della morte come nelle fotografie di Ana Opalic, nata a Dubrovnik nel 1972, sono spazi deserti, anonimi, in realtà, luoghi delle esecuzioni di massa e degli eccidi: edifici vuoti, scheletri svuotati di memoria con poche tracce di un passato che è bene non cancellare. Gli scatti di Dino Pedriali si concentrano sull’uomo, si tratta di un corpo segnato dalla fatica del vivere, un corpo che, nonostante le perfette forme caravaggesche, manifesta il disagio, la paura, la follia, come la scimmia antropomorfa che interpreta l’urlo di Munch ad opera di Sergio Ragalzi. Paura nella solitudine, paura nei rapporti: l’uomo e la donna del video dei Masbedo sono impegnati in una lotta infinita, una lotta senza esclusione di colpi, entrambi attaccano e si difendono.
La ridefinizione del ruolo della donna è affrontato da parecchi artisti in mostra: dall’Asia arrivano i lavori di Almagul Menlibayeva, la donna ci è mostrata in diverse situazioni, la donna oggetto del desiderio, la donna madre e la donna in bilico tra l’attacco e la difesa. Sono tre momenti di una condizione universale che racchiudono un mondo da cui l’uomo spesso è parzialmente escluso, o il video di Rahraw Omarzad che ha per protagonista una donna avvolta nel proprio burqua che rifiuta le forbici che le vengono offerte per evadere e si chiude in un mondo personale, dove il ricamo esprime l’unica possibilità nel creare un microcosmo di rassegnata accettazione. Alla stessa donna fa riferimento Shirin Neshat, mentre altri artisti dal Medio Oriente quali Yefman Rona ci parlano di un muro che non si riesce ad abbattere, di fronte al quale ci si sente piccoli e impotenti, come se una Pippi Calzelunghe decidesse, sola, di prendersi carico di una tale responsabilità.
Senso di responsabilità, è questo lo spartiacque che divide il bene dal male. Quando si prende coscienza nella propria responsabilità ci si sfila la maschera, non si è più come gli uomini incappucciati di Andres Serrano che possono compiere azioni efferate protetti dall’irriconoscibilità. Ci si assume la responsabilità della propria e dell’altrui vita, ecco quello che stanno testimoniando i 33 artisti in mostra: c’è ancora una speranza per questo vecchio e sofferente mondo -capovolto e annerito- e risiede nella coscienza di ogni uomo e ogni donna appartenente a ciascun continente.
Gli artisti
AFRICA
ALMIGHTY GOD pittura
CHEFF MWAY scultura
MABUNDA GONÇALO scultura
MUNYORO LEMMING pittura
SUNDAY JACK AKPAN scultura
WANJAU PETER M. pittura
EUROPA
DESIATO GIUSEPPE fotografia
FARALDO DIAMANTE installazione
GALLIANO DANIELE pittura
MASBEDO video
OPALIC ANA fotografia
PEDRIALI DINO fotografia
PICCARI FEDERICO pittura
RAGALZI SERGIO pittura
SARENCO scultura e installazione
MEDIO ORIENTE
BARTANA YAEL video
YEFMAN RONA with TANJA SCHLANDER video
NESHAT SHIRIN fotografia
SHOJA AZARI video
ASIA
ATABEKOV SAID fotografia e installazione
KUSTARTO BUDI pittura
MANLIBAYEVA ALMAGUL fotografia
MELDIBEKOV ERBOSSYN fotografia
MUKAZHANOVA GULNUR fotografia
RAHRAW OMARZAD video
SANJEEV MAHARJAN pittura
SHATALOWA OKSANA fotografia
SULEIMAN ADEELA scultura
TRYAKIN GEORGY BUKHAROV scultura
RUSSIA
AES + F fotografia
KULIG OLEG fotografia
PONOMAREV ALEXANDER fotografia
USA
SERRANO ANDRES fotografia
La mostra esplora la linea di confine, in cui le azioni di attacco e difesa perdono di certezza e definizione, lo stato di sospensione che si determina, agevolato dalla manipolazione dei dettagli conduce ad una realtà artefatta, un territorio dove le responsabilità non sono più certe ed individuate, chi attacca e chi si difende assumono connotati simili, non è più possibile l’imputazione o assoluzione piena, siamo stati traghettati nei territori del dubbio e dell’incerto. In-difesa è una condizione che tutti i popoli vivono e si manifesta nel quotidiano, nelle società cosiddette evolute il modello è presente in forme latenti e agisce tramite contagio nei rapporti interpersonali e prima ancora con noi stessi. Gli artisti in mostra sono stati selezionati in base ai loro lavori seguendo 5 temi essenziali; si parte dalla In-difesa della vita, per passare alla In-difesa dei diritti, l’In-difesa dell’identità, l’In-difesa del diritto di culto sino alla In-difesa militare. All’interno di questi macro elementi si scatenano situazioni di incontro-scontro quotidiano quali potere, territorio, rapporti interpersonali, psiche, infanzia, uomo, malattia, sesso, droga, autolesionismo, nascita, religione; ci soffermeremo su alcune di queste situazioni, assumendole ad esempio in considerazione che ci è talvolta inconsapevole ma è diventato assolutamente comune vivere in uno stato di In-difesa.
La mostra si apre con il mondo riflesso di Diamante Faraldo, rivestito con copertoni riciclati; è l‘emblema dei danni causati da una globalizzazione imposta come concetto universale da esportare che ha causato più danni che benefici. L’emblema di un mondo uniformato nella sofferenza, specchiato su se stesso e talmente autoreferenziale da perdere la lucidità, dove l’unica speranza al di la di ogni egoismo è nel cambiarne la prospettiva per riportarlo in equilibrio e ricondurlo a colorazioni nel segno della differenza.
E uno dei paesi più sofferenti al momento è sicuramente l’Africa, rappresentata da sei artisti eterogenei ma uniti nella denuncia di un vissuto che di umano ha ormai ben poco. Gonçalo Mabunda, dal Mozambico, costruisce un trono con resti di armi, materiale di scarto sin troppo facile da reperire in un Paese in costante stato di guerra civile. La denuncia di Peter Wanjau racconta di un’Africa malata, di piaghe quali l’Aids o la TBC che con un colpo di spugna hanno annientato un’intera fascia generazionale; egli si immedesima nella figura di un predicatore che vuol mettere in guardia contro le debolezze umane e i reati che si possono commettere in un territorio dove vige la legge del più forte. L’Africa soffre, ce lo dice Almighty God, artista keniota che decide di rappresentare il suo Paese come un enorme cuore sanguinante tra le braccia tese di un uomo in procinto di gettarlo nel vuoto, così come l’immagine dei due uomini uno sulla testa dell’altro: prevaricazione o gioco d’equilibrio?
Anche dall’Europa si alza un coro di denuncia: Daniele Galliano ad esempio racconta l’isolamento e la vulnerabilità della donna incinta, una futura madre pronta a combattere per difendere la vita che porta in grembo, ma sola, consapevole del fatto che nei grandi eventi della vita si è soli, vive questo stato in bilico tra desiderio e paura, gioia e dolore, attacco e difesa. La solitudine della vita e quella della morte come nelle fotografie di Ana Opalic, nata a Dubrovnik nel 1972, sono spazi deserti, anonimi, in realtà, luoghi delle esecuzioni di massa e degli eccidi: edifici vuoti, scheletri svuotati di memoria con poche tracce di un passato che è bene non cancellare. Gli scatti di Dino Pedriali si concentrano sull’uomo, si tratta di un corpo segnato dalla fatica del vivere, un corpo che, nonostante le perfette forme caravaggesche, manifesta il disagio, la paura, la follia, come la scimmia antropomorfa che interpreta l’urlo di Munch ad opera di Sergio Ragalzi. Paura nella solitudine, paura nei rapporti: l’uomo e la donna del video dei Masbedo sono impegnati in una lotta infinita, una lotta senza esclusione di colpi, entrambi attaccano e si difendono.
La ridefinizione del ruolo della donna è affrontato da parecchi artisti in mostra: dall’Asia arrivano i lavori di Almagul Menlibayeva, la donna ci è mostrata in diverse situazioni, la donna oggetto del desiderio, la donna madre e la donna in bilico tra l’attacco e la difesa. Sono tre momenti di una condizione universale che racchiudono un mondo da cui l’uomo spesso è parzialmente escluso, o il video di Rahraw Omarzad che ha per protagonista una donna avvolta nel proprio burqua che rifiuta le forbici che le vengono offerte per evadere e si chiude in un mondo personale, dove il ricamo esprime l’unica possibilità nel creare un microcosmo di rassegnata accettazione. Alla stessa donna fa riferimento Shirin Neshat, mentre altri artisti dal Medio Oriente quali Yefman Rona ci parlano di un muro che non si riesce ad abbattere, di fronte al quale ci si sente piccoli e impotenti, come se una Pippi Calzelunghe decidesse, sola, di prendersi carico di una tale responsabilità.
Senso di responsabilità, è questo lo spartiacque che divide il bene dal male. Quando si prende coscienza nella propria responsabilità ci si sfila la maschera, non si è più come gli uomini incappucciati di Andres Serrano che possono compiere azioni efferate protetti dall’irriconoscibilità. Ci si assume la responsabilità della propria e dell’altrui vita, ecco quello che stanno testimoniando i 33 artisti in mostra: c’è ancora una speranza per questo vecchio e sofferente mondo -capovolto e annerito- e risiede nella coscienza di ogni uomo e ogni donna appartenente a ciascun continente.
Gli artisti
AFRICA
ALMIGHTY GOD pittura
CHEFF MWAY scultura
MABUNDA GONÇALO scultura
MUNYORO LEMMING pittura
SUNDAY JACK AKPAN scultura
WANJAU PETER M. pittura
EUROPA
DESIATO GIUSEPPE fotografia
FARALDO DIAMANTE installazione
GALLIANO DANIELE pittura
MASBEDO video
OPALIC ANA fotografia
PEDRIALI DINO fotografia
PICCARI FEDERICO pittura
RAGALZI SERGIO pittura
SARENCO scultura e installazione
MEDIO ORIENTE
BARTANA YAEL video
YEFMAN RONA with TANJA SCHLANDER video
NESHAT SHIRIN fotografia
SHOJA AZARI video
ASIA
ATABEKOV SAID fotografia e installazione
KUSTARTO BUDI pittura
MANLIBAYEVA ALMAGUL fotografia
MELDIBEKOV ERBOSSYN fotografia
MUKAZHANOVA GULNUR fotografia
RAHRAW OMARZAD video
SANJEEV MAHARJAN pittura
SHATALOWA OKSANA fotografia
SULEIMAN ADEELA scultura
TRYAKIN GEORGY BUKHAROV scultura
RUSSIA
AES + F fotografia
KULIG OLEG fotografia
PONOMAREV ALEXANDER fotografia
USA
SERRANO ANDRES fotografia
01
aprile 2010
In-difesa. Artisti da Africa. Asia. Europa. Russia. Usa e Medio Oriente
Dal primo aprile al 04 luglio 2010
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE 107
Torino, Via Andrea Sansovino, 234, (Torino)
Torino, Via Andrea Sansovino, 234, (Torino)
Biglietti
5 euro 3 euro ridotto (dai 13 ai 18 e over 65) Ingresso gratuito sino ai 12 anni e per i possessori di Abbonamento Musei
Orario di apertura
giovedì e venerdì 15.00 - 19.00
sabato 14.00 – 20.00
domenica 10.00 – 13.00 / 14.00 - 19.00
Vernissage
1 Aprile 2010, ore 17
Ufficio stampa
EMANUELA BERNASCONE
Autore
Curatore