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Inaki Bonillas – Ya no, todavia no
Lo scopo di questo progetto è di produrre una rappresentazione visiva della rassomiglianza dei contrari che s’incontrano “spinti dalla forza della distanza”. Per questo l’artista ha scelto di ritrarre l’esatto momento in cui il giorno e la notte raggiungono un punto di assoluta similitudine.
Comunicato stampa
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Gli estremi si toccano, disse Pascal, ed è così: gli estremi si incontrano. Un episodio di pianto isterico e lo scoppio di una risata convulsiva possono sembrare molto simili. Il più freddo dei paesaggi, da qualche parte al Polo Nord, per esempio, e la veduta di una terra molto arida, come il deserto del Sahara, non sono così diversi come si potrebbe pensare. E lo stesso accade per un’eccessiva meticolosità e una grave compulsione; si incontrano nella loro infinita ripetizione. O, come il pensatore francese ha osservato: “ la conoscenza ha due estremi che s’incontrano; uno è la naturale e pura ignoranza di ciascuno alla nascita, l’altro estremo viene raggiunto dalle grandi menti che attraversano l’intera gamma dell’umana conoscenza, solo per scoprire che non si sa nulla”.
Lo scopo di questo progetto è di produrre una rappresentazione visiva della rassomiglianza dei contrari che s’incontrano - come Pascal ha notato - “spinti dalla forza della distanza”. Per questo, ho scelto di ritrarre l’esatto momento in cui il giorno e la notte raggiungono un punto di assoluta similitudine. E’ un istante così fugace che è alquanto impercettibile: all’alba e al crepuscolo, la luce è così simile che, nell’improbabile caso di una completa perdita della nozione del tempo, sarebbe impossibile discernere il giorno dalla notte. Questa incertezza dura un minuto, dopo di che diventa di nuovo possibile determinare l’ora del giorno; ma quel minuto è precisamente dove accade quel “ non più, non ancora”, che da il titolo al lavoro. L’idea è di descrivere, assieme alla corrispondenza degli estremi, l’indeterminatezza di qualcosa che non è qui, ma nemmeno a portata di mano: non più il giorno, non ancora la notte e viceversa: non più la notte ma nemmeno il giorno.
“Non più, non ancora” è un concetto preso da Hannah Arendt per descrivere “l’apertura di un abisso di spazio e tempo vuoti”. Pochi secondi o, come suggerisce, un’intera epoca dove ogni cosa- che sembra incamminarsi senza intoppi verso il futuro- arriva, invece, ad un impasse: “Per il declino del vecchio, la nascita del nuovo”, scrive Arendt, “non è necessariamente una questione di continuità; tra le generazioni, tra quelle che per qualche ragione o altro ancora appartengono al vecchio e quelle che avvertono la catastrofe fin nelle ossa o sono già cresciuti con essa, la catena è rotta e uno “spazio vuoto”, una specie di storica “terra di nessuno”, giunge ad una superficie che può essere descritta solo nei termini di “ non più, non ancora”.
Al crepuscolo, la Natura offre un’immagine chiara di uno stato intermedio che non è chiaramente definito; un fenomeno che si ripete, come uno specchio, due volte al giorno. Tra “il non più” e il “non ancora”, cade la luce soffusa del crepuscolo: “la luce dal cielo”, come precisa il dizionario, “prodotta dalla diffusione della luce del sole attraverso l’atmosfera e la sua polvere, tra la notte inoltrata e l’alba o tra il tramonto e la notte piena”.
Ciascuno tende a pensare che il giorno segua la notte così tranquillamente e in maniera rigorosa come un orologio ben oliato; ma, in effetti, il crepuscolo sembra trasmettere un senso di incertezza e vaghezza.
L’idea è di cercare un posto dove catturare, con una macchina fotografica, quel bagliore, quel “doppio” momento – la mattina e la sera – di indeterminatezza. E, forse, ritornare con un’immagine dove l’indefinito diventa, improvvisamente, leggibile.
Iñaki Bonillas
Iñaki Bonillas (Mexico City, 1981), vive e lavora in Mexico. Lavora con: Galeria OMR, Mexico City, Gallery Meert, Brussels, ProjecteSD, Barcelona.
Lo scopo di questo progetto è di produrre una rappresentazione visiva della rassomiglianza dei contrari che s’incontrano - come Pascal ha notato - “spinti dalla forza della distanza”. Per questo, ho scelto di ritrarre l’esatto momento in cui il giorno e la notte raggiungono un punto di assoluta similitudine. E’ un istante così fugace che è alquanto impercettibile: all’alba e al crepuscolo, la luce è così simile che, nell’improbabile caso di una completa perdita della nozione del tempo, sarebbe impossibile discernere il giorno dalla notte. Questa incertezza dura un minuto, dopo di che diventa di nuovo possibile determinare l’ora del giorno; ma quel minuto è precisamente dove accade quel “ non più, non ancora”, che da il titolo al lavoro. L’idea è di descrivere, assieme alla corrispondenza degli estremi, l’indeterminatezza di qualcosa che non è qui, ma nemmeno a portata di mano: non più il giorno, non ancora la notte e viceversa: non più la notte ma nemmeno il giorno.
“Non più, non ancora” è un concetto preso da Hannah Arendt per descrivere “l’apertura di un abisso di spazio e tempo vuoti”. Pochi secondi o, come suggerisce, un’intera epoca dove ogni cosa- che sembra incamminarsi senza intoppi verso il futuro- arriva, invece, ad un impasse: “Per il declino del vecchio, la nascita del nuovo”, scrive Arendt, “non è necessariamente una questione di continuità; tra le generazioni, tra quelle che per qualche ragione o altro ancora appartengono al vecchio e quelle che avvertono la catastrofe fin nelle ossa o sono già cresciuti con essa, la catena è rotta e uno “spazio vuoto”, una specie di storica “terra di nessuno”, giunge ad una superficie che può essere descritta solo nei termini di “ non più, non ancora”.
Al crepuscolo, la Natura offre un’immagine chiara di uno stato intermedio che non è chiaramente definito; un fenomeno che si ripete, come uno specchio, due volte al giorno. Tra “il non più” e il “non ancora”, cade la luce soffusa del crepuscolo: “la luce dal cielo”, come precisa il dizionario, “prodotta dalla diffusione della luce del sole attraverso l’atmosfera e la sua polvere, tra la notte inoltrata e l’alba o tra il tramonto e la notte piena”.
Ciascuno tende a pensare che il giorno segua la notte così tranquillamente e in maniera rigorosa come un orologio ben oliato; ma, in effetti, il crepuscolo sembra trasmettere un senso di incertezza e vaghezza.
L’idea è di cercare un posto dove catturare, con una macchina fotografica, quel bagliore, quel “doppio” momento – la mattina e la sera – di indeterminatezza. E, forse, ritornare con un’immagine dove l’indefinito diventa, improvvisamente, leggibile.
Iñaki Bonillas
Iñaki Bonillas (Mexico City, 1981), vive e lavora in Mexico. Lavora con: Galeria OMR, Mexico City, Gallery Meert, Brussels, ProjecteSD, Barcelona.
19
maggio 2009
Inaki Bonillas – Ya no, todavia no
Dal 19 maggio all'undici luglio 2009
fotografia
Location
GALLERIA SONIA ROSSO
Torino, Via Giulia Di Barolo, 11H, (Torino)
Torino, Via Giulia Di Barolo, 11H, (Torino)
Orario di apertura
Da martedì a sabato h 14 -19.30
Vernissage
19 Maggio 2009, h 19
Autore