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Inaugurazione
L’istituzione del Museo trae origine dalle donazioni che hanno avuto luogo a partire dall’anno 2000, stimolate in buona misura dalla presenza a Valtopina della Scuola di Ricamo organizzata dalla Pro Loco e dai consensi che ha via via acquisito nel tempo, a testimonianza di come il mecenatismo sia ancora vivo in Italia e veicolo di conoscenza e cultura
Comunicato stampa
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Il giorno sabato 1 settembre 2007 alle ore 11.00 avrà luogo l’inaugurazione del Museo del Ricamo e del Tessile alla presenza di Giuseppe Mariucci, Sindaco di Valtopina, Silvano Rometti, Assessore ai Beni e alle Attività Culturali della Regione Umbria, di Piera Rum, Direttore del Museo del Merletto di Rapallo, di Aurora Fiorentini, storico del Costume e della Moda.
L’istituzione del Museo trae origine dalle donazioni che hanno avuto luogo a partire dall’anno 2000, stimolate in buona misura dalla presenza a Valtopina della Scuola di Ricamo organizzata dalla Pro Loco e dai consensi che ha via via acquisito nel tempo, a testimonianza di come il mecenatismo sia ancora vivo in Italia e veicolo di conoscenza e cultura.
In primo luogo sono pervenuti manufatti appartenenti a storiche famiglie di Foligno e Spello, per estendersi un po’ a tutta l’area della produzione perugina e raggiungere altre regioni: la Toscana e la Liguria. I contatti sistematici con altri musei, principalmente con il Museo del Merletto di Rapallo, hanno favorito, infatti, l’ingresso tra le opere del costituendo Museo del Ricamo e del Tessile di Valtopina di una cospicua e significativa campionatura di manufatti, dono di una storica famiglia di industriali liguri che tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 hanno segnato la produzione siderurgica italiana.
Il Comune di Valtopina ha accolto le varie iniziative con grande attenzione e sensibilità tramutandole in un progetto organico presentato alla Regione Umbria, che ha determinato a sua volta la partecipazione del Ministero del Ministero delle Finanze e il cofinanziamento dell’Unione Europea.
Il progetto culturale e l’impianto museologico sono stati elaborati da Museum Multiservizi s.a.s., società specializzata nel settore dei musei, delle mostre e degli eventi culturali, che ha provveduto altresì alla realizzazione del Museo.
Il patrimonio attuale del Museo si compone di quasi quattrocento pezzi già in parte selezionati all’atto della donazione secondo le varie tipologie tecniche, l’uso, le aree di produzione dei manufatti, nonché il loro stato di conservazione. Il Museo si articola in tre sezioni: la Moda femminile, la Biancheria personale, la Biancheria per la casa.
Nella sezione della Moda femminile con gli abiti esposti viene evidenziata la rapida semplificazione cui vanno incontro gli abiti tra fine Ottocento e primi venti anni del Novecento, ai quali sono riferibili i due preziosi abiti da cerimonia esposti.
Ancora nell’ultimo quarto del secolo XIX l’ispirazione al passato appare caratteristica preponderante della moda internazionale, sottoposta a suggestioni storiche, che del resto avevano contemporaneamente scandito arte, architettura e artigianato. L’avvio di questa moda revivalistica è messa strategicamente in atto dalla grande borghesia francese preoccupata dal crollo del Secondo Impero e dall’avvento repubblicano.
In questo contesto si può certamente collocare l’uso sempre più frequente di merletto nella moda e in questo materiale sono spesso confezionate parti strategiche delle vesti come mantelline, camicette, carré, jabots, guimpes, persino le balze a corolla delle gonne che si apriranno come fiori sotto l’influsso crescente del Liberty: la preziosa collezione di camicette bianche, le bluse, tutte databili all’inizio del XX secolo, così come le mantelline esposte nel percorso del Museo, ne sono una significativa testimonianza.
Nella sezione della Biancheria personale, si evidenzia come per la donna elegante si inaugura tra XIX e XX secolo, un’epoca di ossessiva ricerca di nuove e raffinate soluzioni, in coordinamento con il gusto del proprio guardaroba esterno. Gli indumenti si fanno sempre più ricercati, adornati con profusione di pizzi e merletti, progettati con varie tecniche e realizzati da laboratori specializzati, che aguzzano l’ingegno e la fantasia per elaborare nuove e sempre sorprendenti tipologie.
Ricami bianco su bianco o in colori pastello, antichi merletti di famiglia riemersi da aviti bauli, trine confezionate dalle risorte manifatture italiane e francesi, ma anche pizzi eseguiti modernamente a macchina, contribuiscono alla realizzazione e alla decorazione degli innumerevoli quanto indispensabili capi della ‘moderna’ biancheria: parure da sposa, abiti leggeri da ‘garden party’, camicette, sottovesti, busti e copribusti, camicie da giorno (matinée) e da notte, vestaglie e deshabillé, mantelline, cuffie da casa e da notte, camiciole, mutandoni, calze, fazzoletti; per non parlare poi dell’attenzione riservata ai corredini da neonato e da battesimo, strategica occasione rituale, quest’ultima, per sfoggiare sfarzo e ricchezza da parte delle nuove classi borghesi emergenti. Tutte queste tipologie di manufatti attestano nelle sale del Museo il permanere di questa moda che si diffonde ad opera del crescente numero di riviste di moda dell’epoca.
I piccoli bordi ricamati delle cuffie da giorno e da notte, esposte al Museo, sono testimonianza dei capolavori di finezza esecutiva della produzione dei primi venti anni del Novecento.
Nella terza sezione, Biancheria per la casa, si evidenzia come, avviate alle attività di ricamo, alla realizzazione di merletti ad ago o fuselli e alla cura del complesso insieme di oggetti che costituiva la propria dote matrimoniale, le fanciulle dai tempi del collegio collezionavano “imparaticci”, sui quali fissavano tutte le tecniche di ricamo apprese e una grande varietà di disegni, tratti dai numerosi manuali di lavoro femminile: uno di questi, molto colorato, si trova nel percorso del Museo.
A partire dalla fine del XIX secolo la futura sposa non realizzava più personalmente la totalità del proprio corredo, preferendo rivolgersi a negozi o a grandi magazzini specializzati in questo settore, se non addirittura alle famose “cucitrici di bianco” oppure a laboratori conventuali, dove si svolgevano pazienti e lunghi lavori di ricamo, molto raffinati e di lenta esecuzione.
Nonostante l’introduzione del colore nelle lenzuola e nella biancheria avvenuta durante il Secondo Impero, anche grazie al contributo di donne eccentriche quali la Contessa di Castiglione, per il corredo si continuerà a preferire il ricamo e il tessuto bianchi e, nella scelta dei motivi decorativi, quelli floreali, caricati di simbologie inneggianti ala felicità e all’amore eterno (ad esempio il fiocco o “nodo d’amore), interpretati con grande senso artistico e attenti a riportare nel dettaglio ogni minimo particolare.
Persino la “biancheria da tavola” assume sempre più importanza dai primi del secolo. Il ricamo colorato rimane a lungo maggiormente indicato per la biancheria da colazione o da thè nelle quali i cotoni e le sete colorate compongono ghirlande e mazzi di fiori, bordure a punto croce, medaglioni a farfalle, uccelli e figure allegoriche.
L’istituzione del Museo trae origine dalle donazioni che hanno avuto luogo a partire dall’anno 2000, stimolate in buona misura dalla presenza a Valtopina della Scuola di Ricamo organizzata dalla Pro Loco e dai consensi che ha via via acquisito nel tempo, a testimonianza di come il mecenatismo sia ancora vivo in Italia e veicolo di conoscenza e cultura.
In primo luogo sono pervenuti manufatti appartenenti a storiche famiglie di Foligno e Spello, per estendersi un po’ a tutta l’area della produzione perugina e raggiungere altre regioni: la Toscana e la Liguria. I contatti sistematici con altri musei, principalmente con il Museo del Merletto di Rapallo, hanno favorito, infatti, l’ingresso tra le opere del costituendo Museo del Ricamo e del Tessile di Valtopina di una cospicua e significativa campionatura di manufatti, dono di una storica famiglia di industriali liguri che tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 hanno segnato la produzione siderurgica italiana.
Il Comune di Valtopina ha accolto le varie iniziative con grande attenzione e sensibilità tramutandole in un progetto organico presentato alla Regione Umbria, che ha determinato a sua volta la partecipazione del Ministero del Ministero delle Finanze e il cofinanziamento dell’Unione Europea.
Il progetto culturale e l’impianto museologico sono stati elaborati da Museum Multiservizi s.a.s., società specializzata nel settore dei musei, delle mostre e degli eventi culturali, che ha provveduto altresì alla realizzazione del Museo.
Il patrimonio attuale del Museo si compone di quasi quattrocento pezzi già in parte selezionati all’atto della donazione secondo le varie tipologie tecniche, l’uso, le aree di produzione dei manufatti, nonché il loro stato di conservazione. Il Museo si articola in tre sezioni: la Moda femminile, la Biancheria personale, la Biancheria per la casa.
Nella sezione della Moda femminile con gli abiti esposti viene evidenziata la rapida semplificazione cui vanno incontro gli abiti tra fine Ottocento e primi venti anni del Novecento, ai quali sono riferibili i due preziosi abiti da cerimonia esposti.
Ancora nell’ultimo quarto del secolo XIX l’ispirazione al passato appare caratteristica preponderante della moda internazionale, sottoposta a suggestioni storiche, che del resto avevano contemporaneamente scandito arte, architettura e artigianato. L’avvio di questa moda revivalistica è messa strategicamente in atto dalla grande borghesia francese preoccupata dal crollo del Secondo Impero e dall’avvento repubblicano.
In questo contesto si può certamente collocare l’uso sempre più frequente di merletto nella moda e in questo materiale sono spesso confezionate parti strategiche delle vesti come mantelline, camicette, carré, jabots, guimpes, persino le balze a corolla delle gonne che si apriranno come fiori sotto l’influsso crescente del Liberty: la preziosa collezione di camicette bianche, le bluse, tutte databili all’inizio del XX secolo, così come le mantelline esposte nel percorso del Museo, ne sono una significativa testimonianza.
Nella sezione della Biancheria personale, si evidenzia come per la donna elegante si inaugura tra XIX e XX secolo, un’epoca di ossessiva ricerca di nuove e raffinate soluzioni, in coordinamento con il gusto del proprio guardaroba esterno. Gli indumenti si fanno sempre più ricercati, adornati con profusione di pizzi e merletti, progettati con varie tecniche e realizzati da laboratori specializzati, che aguzzano l’ingegno e la fantasia per elaborare nuove e sempre sorprendenti tipologie.
Ricami bianco su bianco o in colori pastello, antichi merletti di famiglia riemersi da aviti bauli, trine confezionate dalle risorte manifatture italiane e francesi, ma anche pizzi eseguiti modernamente a macchina, contribuiscono alla realizzazione e alla decorazione degli innumerevoli quanto indispensabili capi della ‘moderna’ biancheria: parure da sposa, abiti leggeri da ‘garden party’, camicette, sottovesti, busti e copribusti, camicie da giorno (matinée) e da notte, vestaglie e deshabillé, mantelline, cuffie da casa e da notte, camiciole, mutandoni, calze, fazzoletti; per non parlare poi dell’attenzione riservata ai corredini da neonato e da battesimo, strategica occasione rituale, quest’ultima, per sfoggiare sfarzo e ricchezza da parte delle nuove classi borghesi emergenti. Tutte queste tipologie di manufatti attestano nelle sale del Museo il permanere di questa moda che si diffonde ad opera del crescente numero di riviste di moda dell’epoca.
I piccoli bordi ricamati delle cuffie da giorno e da notte, esposte al Museo, sono testimonianza dei capolavori di finezza esecutiva della produzione dei primi venti anni del Novecento.
Nella terza sezione, Biancheria per la casa, si evidenzia come, avviate alle attività di ricamo, alla realizzazione di merletti ad ago o fuselli e alla cura del complesso insieme di oggetti che costituiva la propria dote matrimoniale, le fanciulle dai tempi del collegio collezionavano “imparaticci”, sui quali fissavano tutte le tecniche di ricamo apprese e una grande varietà di disegni, tratti dai numerosi manuali di lavoro femminile: uno di questi, molto colorato, si trova nel percorso del Museo.
A partire dalla fine del XIX secolo la futura sposa non realizzava più personalmente la totalità del proprio corredo, preferendo rivolgersi a negozi o a grandi magazzini specializzati in questo settore, se non addirittura alle famose “cucitrici di bianco” oppure a laboratori conventuali, dove si svolgevano pazienti e lunghi lavori di ricamo, molto raffinati e di lenta esecuzione.
Nonostante l’introduzione del colore nelle lenzuola e nella biancheria avvenuta durante il Secondo Impero, anche grazie al contributo di donne eccentriche quali la Contessa di Castiglione, per il corredo si continuerà a preferire il ricamo e il tessuto bianchi e, nella scelta dei motivi decorativi, quelli floreali, caricati di simbologie inneggianti ala felicità e all’amore eterno (ad esempio il fiocco o “nodo d’amore), interpretati con grande senso artistico e attenti a riportare nel dettaglio ogni minimo particolare.
Persino la “biancheria da tavola” assume sempre più importanza dai primi del secolo. Il ricamo colorato rimane a lungo maggiormente indicato per la biancheria da colazione o da thè nelle quali i cotoni e le sete colorate compongono ghirlande e mazzi di fiori, bordure a punto croce, medaglioni a farfalle, uccelli e figure allegoriche.
01
settembre 2007
Inaugurazione
01 settembre 2007
arti decorative e industriali
Location
MUSEO DEL RICAMO E DEL TESSILE – PALAZZO COMUNALE
Valtopina, (Perugia)
Valtopina, (Perugia)
Orario di apertura
Mercoledì e sabato ore 15.30-18.00 orario invernale, ore 16.00-18-30 orario estivo
Da martedì a venerdì ore 10.00-12.00 su richiesta
Per eventi: Domenica pomeriggio
Lunedì chiuso
Vernissage
1 Settembre 2007, ore 19